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Fratturazione idraulica in Italia: sì o no?

 

CARLO LUCA COPPINI* e FILIPPO PILERI**




1. Introduzione. – 2. I giacimenti di gas, convenzionali e non convenzionali: due differenti tecniche estrattive. – 3. I vantaggi e il lato oscuro del fraking. – 4. Conclusioni.

 

 

1. Introduzione.

Questi tempi di avversa congiuntura economica sono senza dubbio caratterizzati da una particolare preoccupazione per l’onerosità e la scarsità delle risorse energetiche di cui, sempre più affannosamente, si sostentano le nostre società industrializzate. La faticosa ricerca di nuove fonti energetiche sta divenendo sempre più la vera sfida di questo secolo, soprattutto sotto la spinta produttiva e inquinante dei così detti “Paesi emergenti”.

Dopo l’11 marzo 2011, data dell’incidente di Fukushima, tutte le nazioni hanno avuto modo di interrogarsi su quale sia la strada da intraprendere alla ricerca di quella che potrebbe essere definita la “pietra filosofale” dei nostri tempi, ossia di un’accessibile fonte energetica duratura e a basso costo, in sostituzione dei sempre più cari ed ormai “razionati” combustibili fossili, della pericolosa energia nucleare e delle ancor insufficienti energie rinnovabili.
In un siffatto scenario, è oggetto d’indagine e di molteplici speculazioni una materia destinata ad essere, senza dubbio, il centro delle prossime ricerche scientifiche in tema di nuove risorse energetiche: la fratturazione idraulica (meglio nota come fraking). Questo è un processo estrattivo di gas combustibile ideato negli Stati Uniti ad inizio Novecento e solo recentemente, per grazia del miracoloso sviluppo tecnologico contemporaneo, posto in pratica con buoni risultati che potrebbero letteralmente configurare un nuovo assetto geopolitico per la detenzione e distribuzione mondiale delle materie prime energetiche.


È opportuno, dunque, approfondire la tematica concernente questo nuovo procedimento estrattivo del gas metano, focalizzando l’analisi sui suoi aspetti positivi dello stesso e sui dubbi e timori che tale tecnica sta sollevando.

 


2. I giacimenti di gas, “convenzionali” e “non convenzionali”: due differenti tecniche estrattive.

 

Il gas metano, che ovunque si usa quale combustibile fossile, è il risultato di un processo millenario di sedimentazione e decomposizione di materiale organico il quale, depositatosi sugli antichi fondali marini fra 145-90 milioni di anni fa, venne ricoperto, nel corso dei millenni, da sedimenti e ulteriori strati rocciosi in seguito ai movimenti tellurici della crosta terrestre che hanno dato l’aspetto attuale ai continenti.
Dalla decomposizione di questa materia organica si sono generati gli idrocarburi (nel caso in esame, il metano) inclini a spostarsi verso la superficie, se nulla impedisce la loro risalita. Nel loro percorso verso l’alto dalle profondità della terra, gli idrocarburi possono, in una prima ipotesi, incorrere in quello che viene definito in gergo una “trappola”, vale a dire uno strato di rocce impermeabili che ne blocca la migrazione e ne favorisce l’accumulo massivo nella stessa, venendo così a costituire un giacimento di tipo “convenzionale”.


In tale ipotesi, il procedimento estrattivo tradizionale degli idrocarburi consiste nell’intercettare la “trappola” impermeabile e, attraverso un processo di trivellazione, bucare lo strato che imprigiona il gas andando a permetterne la naturale risalita dello stesso. Questo è il procedimento estrattivo del gas metano definito “convenzionale”.


Per converso, in una seconda ipotesi, è possibile che, nel loro processo di risalita, gli idrocarburi siano incappati non in una “trappola” impermeabile, ma in uno strato roccioso sedimentario, poroso e permeabile (le c.d. rocce di scisto) venendo assorbiti da esse: si forma così un giacimento gassoso “intrinseco” alle rocce di scisto definito di tipo “non convenzionale”.


La tecnica della fratturazione idraulica è stata studiata al fine di ricavare il gas da questo secondo tipo di giacimenti “non convenzionali”. Il procedimento estrattivo del gas “non convenzionale” si serve, in principio, di una tecnica ormai collaudata in campo di perforazioni in mare aperto, ossia quella della trivellazione orizzontale: una trivella discende fino al giacimento di rocce di scisto, le perfora e comincia a trivellare lo strato roccioso da esse costituito attraversandolo in senso orizzontale. In questo condotto orizzontale vengono calate e fatte saltare delle cariche per aprire delle fenditure nello strato roccioso. A questo punto entra in gioco il secondo passaggio, innovativo, che consiste nel pompare nel pozzo, ad una pressione di centinaia di atmosfere, una soluzione (rectius flusso) composta da acqua, sabbia e sostanze chimiche (meglio specificate a seguire). Gli additivi chimici hanno la funzione di blandire le rocce di scisto e mantenere basso il coefficiente di viscosità del fluido; la pressione di iniezione esercitata da suddetto fluido causa delle macro fratture nello strato roccioso, mentre la sabbia svolge il compito di impedire che le fratture si richiudano di modo da permettere il rilascio di quelle preziose micro particelle di gas imprigionate all’interno delle rocce di scisto.

 


3. I vantaggi ed il lato oscuro del fraking.

 

L’innovativa tecnica estrattiva del fraking, fantascientifica fino a pochi anni or sono, è stata recentemente applicata con successo in Nord America, su un grande giacimento di rocce di scisto detto “Marcellus Shale”, fra gli stati dell’Ohio, West Virginia, Virginia, Pennsylvanya e New York. L’attività estrattiva sulle “Marcellus” sta ottenendo concreti risultati da parte di alcune compagnie pioniere del settore (Quicksilver Resources, Chevron, Halliburton e altre…) capaci oggi di estrarre gas “non convenzionale” a costi competitivi.
Il buon esito dello sfruttamento dalle rocce di scisto (da sempre considerato proibitivo per gli elevati costi di attuazione) ha generato gran entusiasmo in vari paesi del mondo, sull’onda del fervore che negli USA ha consacrato il gas “non convenzionale” quale antibiotico “per ogni male” in termini di sviluppo, occupazione e indipendenza energetica.


In quegli Stati nordamericani nel cui sottosuolo si nascondono le rocce di scisto, tradizionalmente i meno industrializzati e dalle economie più depresse, si sta assistendo in questi ultimi anni a una rapida evoluzione infrastrutturale e dei servizi che gravitano intorno alle grandi industrie estrattive del gas di scisto, non trascurando neppure l’incremento di forza lavoro che questi grandi impianti estrattivi richiedono: una nuova rivoluzione industriale, dunque, in territori di forte e radicata tradizione agricola.


Ad un primo sguardo, la fonte energetica “riscoperta” attraverso lo sfruttamento dei giacimenti di gas “non convenzionale” promette sicuri vantaggi che possono riassumersi in tre punti essenziali:
1) offre una risorsa energetica nazionale e a basso costo (fino al 50% in meno, rispetto al gas convenzionale d’importazione);
2) favorisce l’indipendenza energetica da altri paesi produttori di gas convenzionale.
3) sviluppa zone periferiche economicamente depresse;
4) crea nuovi posti di lavoro.


Tutti i validi motivi sopra citati, e in particolare il primo due fra quelli annoverati, stanno suscitando un fortissimo interesse europeo nei confronti delle nuove opportunità riconducibili all’estrazione e la raffinazione del gas di scisto.
Ed invero, soprattutto i paesi dell’est, come Polonia, Romania e Bulgaria, il cui sottosuolo è ricco di giacimenti di rocce di scisto, stanno considerando con particolare interesse la concreta possibilità di “importare” la nuova tecnica estrattiva, divenendo produttori di energia a basso costo. Ed è presente in queste giuste ambizioni produttive un più che legittimo entusiasmo ad investire in una tecnologia innovativa ma anche un desiderio di emancipazione dalla travagliata dipendenza energetica dalla Russia (ed in particolare, dagli umori di Mosca, le cui vertenze con questo o quel paese non di rado hanno reso altalenante la fornitura di gas verso alcune delle ex repubbliche sovietiche).
In tale contesto, anche l’Italia sta guardando ad una simile prospettiva con gran entusiasmo: Eni ha acquisito il 27% della Quicksilver e la Sorgenia ha sottoscritto con il governo polacco accordi per sfruttamento delle notevoli risorse minerarie di cui è dotato il sottosuolo di quel Paese.


Questo acceleramento degli eventi deve, a ogni buon conto, essere colto come occasione preziosa per una seria e oculata riflessione su ciò che sta attualmente accadendo proprio nel paese in cui, in tema di fratturazione idraulica, tutto ha avuto inizio: gli USA.
Nel 2000 è stato girato un documentario inchiesta sulla crescita vertiginosa degli impianti estrattivi del gas di scisto in Nord America, che ha sollevato grande scalpore nell’opinione pubblica americana. In questo reportage del regista Josh Fox, “Gasland” (2010), è stato posto l’accento sul problema degli effetti indesiderati prodotti dall’attività estrattiva di gas “non convenzionale”.


Il Professor Anthony R. Ingraffea, docente di Ingegneria Civile presso la Cornell University di New York e pioniere nello studio del procedimento estrattivo del gas di scisto, riassume in cinque punti i pericoli che comporta il procedimento estrattivo da un giacimento non convenzionale, problemi scientificamente certi, già riscontrati e attualmente oggetto di ulteriori studi:
1) la fratturazione delle rocce di scisto è un processo che per essere portato a compimento necessita di enormi quantitativi d’acqua, sottraendo la stessa all’agricoltura, all’allevamento e, più in generale, ai bisogni delle popolazioni;
2) le sostanze chimiche, in aggiunta all’acqua, che vanno a comporre il flusso iniettato nel pozzo orizzontale sono, solo per citarne alcune, metanolo, acido cloridrico, acido glicolico, glicole etilenico, formaldeide, tutte sostanze chimiche altamente tossiche. Le stesse filtrano attraverso lo strato roccioso (che si ricorda, non è impermeabile) inquinando le falde acquifere;
3) i giacimenti di rocce scisto contengono radio 226. Il fluido chimico che le attraversa per causarne la fratturazione, quando risale verso la superficie per essere stoccato e, nel migliore dei casi, smaltito, porta con sé materiale radioattivo e cancerogeno. La fratturazione idraulica non produce, quindi, solo rifiuti liquidi tossici, ma anche radioattivi.
4) il continuo viavai di automezzi pesanti, autocisterne, autopompe e quant’altro, viola e stravolgendo la conformazione paesaggistica e biologica di quei luoghi (prima incontaminati) che hanno la sfortuna di ospitare i pozzi di gas, incrementando il traffico e il caos nei centri urbani.
In definitiva, per molte organizzazioni ambientaliste gli impianti estrattivi di gas “non convenzionale” sarebbero delle autentiche bombe ecologiche in grado di fare “terra bruciata” intorno a loro, a discapito di risorse idriche potabili, agricoltura, allevamento e paesaggio.

 


4. Conclusioni

 

Le tematiche proposte hanno voluto offrire una breve visione d’insieme sul fenomeno della fratturazione idraulica. Si sono trattati gli argomenti di quanti sostengono l’importanza di fare ricerca e investire per lo sviluppo delle economie nazionali nell’insegna di un processo estrattivo del gas di scisto sicuro e sostenibile, e si sono riportate anche le ragioni dei detrattori del fraking che lo vorrebbero invece bandito tout court.
In ultima analisi e per dovere di cronaca, è d’uopo richiamare la recente presa di posizione di alcuni Governi europei a riguardo dell’estrazione del gas di scisto nei propri confini nazionali.


A partire dal Paese ove tutto ha avuto inizio, gli USA, lo stato di New York e ha proibito il fraking nel proprio territorio. Allo stesso modo, lo scorso 18 gennaio, ha statuito il legislatore bulgaro, revocando alla compagnia statunitense Chevron l’autorizzazione che la stessa aveva ottenuto nel 2011 per compiere ricerche di giacimenti di gas “non convenzionale” nella parte nordorientale del Paese. Stesso orientamento ha assunto anche il parlamento francese, legislatore tradizionalmente attento alle politiche ambientali. Anche in Spagna, nella comunità autonoma della Cantabria, è attualmente in corso un assai vivace dibattito fra associazioni ambientaliste, Comuni e Governo autonomo, per la moratoria del fraking nel territorio di questa piccola regione settentrionale della Penisola Iberica.


Queste considerazioni devono far riflettere quanti si auspicano l’introduzione del fraking anche in Italia, in Toscana, in Sicilia o magari in Sardegna, terre il cui sottosuolo ospita formazioni di scisto. Ad abundantiam, coloro che ciecamente si contentano di estrarre il gas di scisto fuori “dal giardino di casa” per importare, poi, solo il prodotto finito, tengano a mente che alla lunga, chi inquina il “giardino del vicino” finisce inevitabilmente col ritrovarsi i rifiuti anche sull’uscio di casa propria.

 

 

*Avvocato in Milano
** Dottore in giurisprudenza


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