I POTERI DI DENUNCIA IN MATERIA DI DANNO AMBIENTALE E L’OBBLIGO DEL MINISTERO DI PROVVEDERE.
LUCA PRATI*
Il TAR Campania, Napoli, Sez. I, con sentenza datata 8 febbraio 2012, n. 676, si è espresso sulla portata giuridica ed i limiti del procedimento previsto dall’art. 309 del D.Lgs. 152/2006, relativo ai poteri di denuncia degli Enti territoriali, dei privati e delle associazione ambientaliste in relazione al danno ambientale in senso stretto.
E’ noto che il legislatore, all’art. 311, comma 1, del D.Lgs. 152/2006 ha individuato chiaramente l’unico titolare delle azioni di risarcimento del danno nello Stato, attribuendo la legittimazione ad agire solo ed esclusivamente al Ministro dell’ambiente, con il patrocinio obbligatorio ed organico dell’Avvocatura dello Stato.
Tuttavia ai sensi del comma 1 dell’art. 309 del codice le Regioni, le Province autonome e gli Enti locali, anche associati, nonché le persone fisiche o giuridiche che “sono o che potrebbero essere colpite dal danno ambientale o che vantino un interesse legittimante la partecipazione al procedimento relativo all’adozione delle misure di precauzione, di prevenzione o di ripristino previste dalla Parte VI del decreto n. 152/2006”, possono presentare al Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, depositandole presso le Prefetture, denunce e osservazioni, corredate da documenti ed informazioni, concernenti qualsiasi caso di danno ambientale o di minaccia imminente di danno ambientale e chiedere l’intervento statale a tutela dell’ambiente
Le organizzazioni non governative che promuovono la protezione dell’ambiente, cui all’articolo 13 della legge 8 luglio 1986, n. 349, sono riconosciute ex lege titolari dell’interesse di cui al comma 1 dell’art. 309 suddetto.
L’art. 309 prevede altresì che il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio valuti le richieste di intervento e le osservazioni ad esse allegate afferenti casi di danno o di minaccia di danno ambientale, e quindi provveda a “informare senza dilazione i soggetti richiedenti dei provvedimenti assunti al riguardo”.
Il potere di denuncia attribuito dall’art. 309 tenta evidentemente di compensare la sottrazione della legittimazione ad agire che il codice dell’ambiente ha operato nei confronti degli Enti territoriali; si tratta per altro di una compensazione certamente insufficiente, anche in quanto nulla proibiva la presentazione di tali “denunce” anche nel regime previgente, a prescindere da un obbligo di riscontro da parte ministeriale.
Ebbene, secondo il giudice amministrativo la denuncia di danno ambientale con la quale si richiede l’intervento statale a tutela dell’ambiente ai sensi dell’art. 309 D.Lgs. 152/2006 determina a carico del Ministero dell’ambiente un obbligo di «valuta [re] le richieste di intervento e le osservazioni ad esse allegate afferenti casi di danno o di minaccia di danno ambientale», che non deve però confondersi con l’assunzione doverosa e vincolata di azioni di precauzione, prevenzione o ripristino, imponendo semplicemente la verifica della effettiva ricorrenza dei presupposti per l’azione statale, salva ogni discrezionalità sulle misure più opportune da intraprendere a termini di legge: vale a dire l’obbligo di avvio di un procedimento che si chiude con una motivata decisione di accogliere o rifiutare la richiesta di azione formulata dal privato istante. E’ in questo senso che «il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio … informa senza dilazione i soggetti richiedenti dei provvedimenti assunti al riguardo» cioè dando loro comunicazione della decisione sulla denuncia, delle relative ragioni e, solo nel caso di esito positivo della stessa, degli interventi conseguentemente assunti.
In caso di mancato riscontro della denunzia di danno ambientale nei termini predetti, si determina una ipotesi di silenzio inadempimento, avverso la quale è consentito il ricorso di cui all’art. 310 del medesimo decreto legislativo.
In definitiva, ciò che il giudice amministrativo ha chiarito è che da un lato il Ministero non ha un obbligo di adottare le azioni sollecitate dal soggetto che abbia presentato la denuncia, ma bensì semplicemente quello di pronunciarsi, con idonea motivazione, sulla richiesta dell’Ente territoriale, del privato o dell’associazione ambientalista, nell’ambito della propria discrezionalità.
Peraltro, deve essere anche ricordato che i soggetti indicati all’art. 309 hanno altresì il diritto di agire per il risarcimento del danno subito a causa del ritardo nell’attivazione, da parte del medesimo Ministro, delle misure di precauzione, di prevenzione o di contenimento del danno ambientale, mediante ricorso al giudice amministrativo in sede di giurisdizione esclusiva.
L’art. 133 del codice del processo amministrativo (decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104) ha ora previsto che il giudice amministrativo abbia giurisdizione esclusiva sulle controversie aventi ad oggetto atti e provvedimenti adottati in violazione delle disposizioni in materia di danno all’ambiente, nonché avverso il silenzio inadempimento del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e per il risarcimento del danno subito a causa del ritardo nell’attivazione, da parte del medesimo Ministro, delle misure di precauzione, di prevenzione o di contenimento del danno ambientale, nonché quelle inerenti le ordinanze ministeriali di ripristino ambientale e di risarcimento del danno ambientale.
Sebbene quindi sia chiaro, nel nuovo regime, che i privati non possono agire contro i diretti responsabili per la tutela dell’ambiente, essi potrebbero invece ricorrere in via giurisdizionale per ottenere il risarcimento del “danno all’ambiente” patito a causa dell’inerzia del Ministero dell’ambiente in relazione a “qualsiasi caso di danno ambientale o di minaccia imminente di danno ambientale”. Inerzia che certo si mostrerà più grave quando il Ministero abbia omesso di riscontrare motivatamente il proprio rifiuto di intervento.
* Avvocato in Milano