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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Rifiuti Numero: 1644 | Data di udienza: 21 Aprile 2011

* RIFIUTI – Attività di recupero – Comunicazione di inizio attività – Iscrizione al registro di cui all’art. 216, c. 3, d.lgs. n. 152/2006 – Presupposto dell’indicazione dello stabilimento nel quale i rifiuti sono destinati ad essere trattati – Detenzione o possesso non titolati – Insufficienza – Ragioni – Accertamento postumo dell’originaria carenza del requisito – Cancellazione dal registro.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 1^
Regione: Campania
Città: Salerno
Data di pubblicazione: 11 Ottobre 2011
Numero: 1644
Data di udienza: 21 Aprile 2011
Presidente: Onorato
Estensore: Grasso


Premassima

* RIFIUTI – Attività di recupero – Comunicazione di inizio attività – Iscrizione al registro di cui all’art. 216, c. 3, d.lgs. n. 152/2006 – Presupposto dell’indicazione dello stabilimento nel quale i rifiuti sono destinati ad essere trattati – Detenzione o possesso non titolati – Insufficienza – Ragioni – Accertamento postumo dell’originaria carenza del requisito – Cancellazione dal registro.



Massima

TAR CAMPANIA, Salerno, Sez. 1^ – 11 ottobre 2011, n. 1644

RIFIUTI – Attività di recupero – Comunicazione di inizio attività – Iscrizione al registro di cui all’art. 216, c. 3, d.lgs. n. 152/2006 – Presupposto dell’indicazione dello stabilimento nel quale i rifiuti sono destinati ad essere trattati – Detenzione o possesso non titolati – Insufficienza – Ragioni – Accertamento postumo dell’originaria carenza del requisito – Cancellazione dal registro.

L’art. 216, 3° comma del d. lgs. n. 152/1006 (conforme, in parte qua, al previgente art. 33, 3° comma del d. lgs. n. 22/1997), laddove richiede che alla dichiarazione di inizio attività per l’esercizio delle operazioni di recupero presentata dall’impresa si accompagni, tra l’altro, l’indicazione dello “stabilimento […]nel quale i rifiuti […]sono destinati ad essere trattati”, non può essere inteso come riferimento all’indicazione di uno stabilimento di cui l’impresa abbia la disponibilità in via di mero fatto (id est, detenzione o possesso non titolati): ché, se così fosse, dovrebbe ammettersi l’eventualità che, in ogni momento, quella prospettata disponibilità possa venir meno per iniziativa del titolare del relativo diritto, vanificando la stessa logica della stabilità dei presupposti per l’iscrizione in apposito registro. Ne discende che il (postumo) accertamento della (originaria) carenza del ridetto presupposto, impone all’Amministrazione di verificare la compatibilità con la perdurante iscrizione nel registro e, in difetto, di procedere alla cancellazione ed alla consequenziale inibizione di prosecuzione di quella attività (di recupero di rifiuti) non più giuridicamente autorizzata.

Pres. Onorato, Est. Grasso – Centro R. (avv. Vuolo) c. Provincia di Salerno (avv. Cornetta)


Allegato


Titolo Completo

TAR CAMPANIA, Salerno, Sez. 1^ - 11 ottobre 2011, n. 1644

SENTENZA

TAR CAMPANIA, Salerno, Sez. 1^ – 11 ottobre 2011, n. 1644

 

N. 01644/2011 REG.PROV.COLL.
N. 00331/2010 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

sezione staccata di Salerno (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 331 del 2010, proposto da:
Centro Recupero Riciclaggio delle Materie Prime Secondarie di Piccolo Antonio, rappresentato e difeso dall’avv. Luigi Vuolo, con domicilio eletto in Salerno, al largo Plebiscito, n. 6;

contro

Provincia di Salerno, in persona del Presidente in carica pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv. Ugo Cornetta, con domicilio eletto in Salerno, al l.go De Pioppi,n. 1, presso la sede dell’Avvocatura Provinciale;

nei confronti di

Curatela del Fallimento “Piccolo Alfonso S.a.s.”, non costituita in giudizio;

per l’annullamento

1) della nota dirigenziale prot. n.15252/09, recante divieto prosecuzione dell’attività di recupero rifiuti; 2) delle note prott. nn.15188/09-9252/09-11915/09;

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Provincia di Salerno Presidente;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 21 aprile 2011 il dott. Giovanni Grasso e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

1.- Con ricorso notificato in data 26 febbraio 2010 e ritualmente depositato il 1° marzo successivo, la ditta Centro Recupero Riciclaggio delle Materie Prime Secondarie di Piccolo Antonio, operante nel settore del recupero dei rifiuti non pericolosi ed a tal fine iscritta nell’apposito Registro provinciale delle imprese ex art. 216, 3° comma d. lgs. 3 aprile 2006, n. 152, impugnava i provvedimenti, meglio distinti in epigrafe, con il quale la Provincia di Salerno – sull’acclarato presupposto che la sede operativa dichiarata dalla società ricorrente (alla via della Rinascita, n. 10 in Sant’Egidio del Monte Albino) fosse oggetto di occupazione senza titolo – l’aveva dapprima diffidata ad esibire, nel termine di sessanta giorni, idoneo titolo di disponibilità delle aree e, quindi, disposto a suo carico il divieto di prosecuzione dell’attività e la contestazione cancellazione dall’apposito registro.

A sostegno del proposto gravame lamentava:

a) violazione e falsa applicazione degli artt. 178, 197, 214 e 216 del d. lgs. n. 152/2001, dell’art. 33 del d. lgs. n. 22/1997, del D. M. del 5 febbraio 2008, degli artt. 1, 3 e 21 quinquies della l. n. 241/1990, degli artt. 1337 e 1338 c.c., degli artt. 41 e 97 Cost., una ad eccesso di potere sotto plurimo rispetto: a suo dire, il divieto di prosecuzione dell’attività sarebbe previsto, dall’art. 216, comma 4 del d. lgs. n. 152/2006, nei soli casi (da riguardasi quali tassativi, avuto se non altro riguardo alla natura e funzione sanzionatoria della previsione) di mancato rispetto delle norme tecniche, nonché dei tempi e delle modalità di esercizio, senza alcun riguardo alla pretesa sussistenza di un titolo giuridico di disponibilità delle relative aree, per giunta, in tesi, neppure richiesto ai fini della iscrizione nell’apposito registro provinciale delle imprese (essendo, a tal fine, necessaria e sufficiente l’indicazione dello stabilimento sul quale i rifiuti sarebbero stati trattati);

b) violazione del medesimo, complessivo paradigma normativo, una ad eccesso di potere, per ritenuta carenza dei presupposti (segnatamente inerenti la rilevanza delle sopravvenienze, la consistenza degli interessi in gioco e la rilevanza dei maturati affidamenti) per l’esercizio della potestà di autotutela, nella specie asseritamente frutto di determinazione non sorretta da adeguato supporto giustificativo;

c) ulteriore violazione di legge ed eccesso di potere, avuto distinto riguardo al rilievo che la contestata misura sarebbe stata arbitrariamente assunta sul rilievo che il prospettato iter preordinato, ai fini della regolarizzazione del titolo di disponibilità delle aree, alla sottoscrizione di concordato preventivo con la curatela del fallimento cui era stata giudizialmente attribuita la proprietà (pur, per altro rispetto, oggetto di azione di usucapione proposta dalla stessa ricorrente), non fosse in di conclusione: laddove, a suo dire, sarebbe stato necessario proprio attendere la definizione di quest’ultima procedura prima dell’adozione di ogni provvedimento in sede amministrativa;

d) violazione dei principi in tema di contraddittorio procedimentale, avuto riguardo al mancato invio della comunicazione di cui all’art. 10 bis della legge n. 241/90.

2.- Esaminata e disattesa, in prime e seconde dure, l’istanza incidentale intesa alla sospensione, in via cautelare, degli effetti dei provvedimenti impugnati, alla pubblica udienza del 21 aprile 2011, sulle reiterate conclusioni dei difensori delle parti costituite, la causa veniva riservata per la decisione.

DIRITTO

1.- Il ricorso non è fondato e merita di essere respinto.

2.- Vale, anzitutto, puntualizzare, quanto alla esatta qualificazione della natura del potere in concreto esercitato dall’Amministrazione, che – a dispetto delle apparenze e dello stesso richiamo effettuato, nella giustificazione del provvedimento impugnato, al 4° comma dell’art. 216 del d. lgs. n. 152/2006 – la contestata misura si atteggia anzitutto, nella parte in cui, in termini logicamente pregiudiziali, dispone la cancellazione della ditta ricorrente dall’apposito registro delle imprese esercenti l’attività di smaltimento dei rifiuti, quale manifestazione di autotutela.

Benvero, il postumo riscontro, conseguente ad apposita verifica istruttoria, dell’(originario) difetto dei presupposti di legge in tesi richiesti per l’utile inserimento nel ridetto registro, evoca – indipendentemente, beninteso, dall’apprezzamento della correttezza della consequenziale determinazione rimotiva, di cui dovrà dirsi subito di seguito – l’ordinaria attivazione, all’esito del relativo procedimento di secondo grado, della generale possibilità di sottoporre a verifica la correttezza e la legittimità di ogni provvedimento amministrativo, oggi generaliter prefigurata e disciplinata all’art. 21 quinquies e all’art. 21 novies della l. n. 241/1990, quanto rispettivamente alla revoca e all’annullamento d’ufficio.

Si tratta, come è evidente – e come, nella stessa, strutturata articolazione dei motivi di gravame parte ricorrente fa mostra di non ignorare – di precisazione importante, che vale di per sé a sottrarre conferenza alla prima delle formalizzate doglianze, incentrata sulla tipicità dei poteri sanzionatori intestati all’Amministrazione ed alla tassatività dei sottesi presupposti (esattamente puntualizzati da Cons. Stato, sez. IV, 24 dicembre 2007, n. 6618, peraltro richiamata – proprio per quel che precede – a sproposito): vero piuttosto essendo che quello di autotutela rappresenta un potere generale, che non necessita per tal via (oggi avuto senz’altro riguardo alle richiamate previsioni della legge generale dell’azione amministrativa) di apposita e specifica previsione caso per caso.

È chiaro – così esattamente ricostruita la vicenda che ne occupa – che la misura inibitoria contestualmente adottata dall’Amministrazione (sotto la specie del divieto di prosecuzione dell’attività di recupero rifiuti) non rappresenta che la coerente (ed, invero, automatica ed ineludibile) conseguenza del venir meno del presupposto fondamentale, rimosso in autotutela, della iscrizione nell’apposito registro delle imprese, e non certo della (mai contestata) inosservanza delle norme tecniche sulla quantità e quantità dei rifiuti gestiti o sulle modalità del relativo recupero.

3.- Ciò posto, non può essere favorevolmente recepito il (distinto) assunto di parte ricorrente, secondo cui la disponibilità delle aree (recte: la sussistenza di un titolo giuridico di disponibilità) non rappresentasse punto un reale presupposto per l’iscrizione nel registro, al qual fine sarebbe stata richiesta solo l’indicazione delle aree in cui i rifiuti sarebbero stati trattati.

La tesi non persuade, non solo (ciò che avrebbe, pervero, non decisivo rilievo) in relazione alla prassi, che l’Amministrazione provinciale intimata dice costantemente seguita, di subordinare in fatto l’iscrizione per cui è causa alla disponibilità giuridica delle aree, ma – soprattutto – alla luce della corretta esegesi dell’art. 216, 3° comma del d. lgs. n. 152/1006 (conforme, in parte qua, al previgente art. 33, 3° comma del d. lgs. n. 22/1997). Il quale, laddove richiede che alla dichiarazione di inizio attività presentata dall’impresa si accompagni, tra l’altro, l’indicazione dello “stabilimento […]nel quale i rifiuti […]sono destinati ad essere trattati”, non può essere inteso nel senso di accontentarsi del mero fatto della indicazione di uno stabilimento purchessia, né della indicazione di uno stabilimento di cui l’impresa abbia, in tesi, la disponibilità in via di mero fatto (i est, detenzione o possesso non titolati): ché, se così fosse, dovrebbe ammettersi l’eventualità che, in ogni momento, quella prospettata disponibilità possa venir meno per iniziativa del titolare del relativo diritto, vanificando la stessa logica della stabilità dei presupposti per l’iscrizione in apposito registro.

Ne discende che – come già rilevato in sede cautelare – il (postumo) accertamento della (originaria) carenza (a qualunque e non rilevante ordine di ragioni dovuta) del ridetto presupposto, non avrebbe potuto impedire (ed, anzi, avrebbe dovuto imporre) all’Amministrazione di verificare la compatibilità con la perdurante iscrizione nel registro e, in difetto, di procedere alla cancellazione ed alla consequenziale inibizione di prosecuzione di quella attività non più giuridicamente autorizzata.

4.- Le osservazioni che precedono valgono, altresì, ad escludere la fondatezza degli argomenti spesi dalla ricorrente per sostenere la carenza dei presupposti (segnatamente inerenti il necessario apprezzamento della rilevanza, rispetto agli interessi pubblici di attribuzione, delle acquisite sopravvenienze, la doverosa ponderazione comparativa con i configgenti interessi primati e, in definitiva, la valorizzazione dei maturati affidamenti, correlati alla circostanza che l’attività fosse stata esercitata per lungo tempo senza contestazioni di sorta) per l’esercizio dei poteri di autotutela: ché – trattandosi, nei chiariti sensi, di verifica del tutto vincolata dei presupposti per la (perdurante) iscrizione del registro più volte richiamato, all’Amministrazione competeva un mero ed automatico potere di controllo, ad esito parimenti vincolato (ciò che – vale soggiungere – sottrae rilievo, anche nella prospettiva antiformalistica imposta dall’art. 21 octies l. n. 241/90, alla denunziata omissione, affidata ad apposito motivo, delle formalità intese alla valorizzazione dei momenti di contraddittorio infraprocedimentale).

5.- Sulle esposte premesse, va da sé che non potevano acquisire diverso rilievo (se non, come concretamente avvenuto, nella prospettiva della sollecitata regolarizzazione interposita mora) le ragioni “civilistiche” della formale mancanza del titolo (e così, per esempio, la mancata conclusione dell’auspicato concordato fallimentare od anche l’utile e prospettica definizione del giudizio di usucapione): ragioni che non solo non possono essere apprezzate nella presente sede (come, del resto, non sarebbe stato di competenza apprezzare in sede procedimentale), ma che finiscono per confermare, piuttosto che smentire, il riscontrato e perdurante difetto, allo stato dei fatti, per l’iscrizione nel registro delle imprese esercenti l’attività per cui è causa (salva, beninteso, la possibilità di conseguire una nuova iscrizione al sopravvenire dei relativi presupposti).

6.- Il ricorso va, dunque, respinto. Le particolarità della vicenda in fatto inducono il Collegio a disporre, ricorrendone giustificati motivi, l’integrale compensazione di spese e competenze di lite.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania sezione staccata di Salerno (Sezione Prima)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Salerno nella camera di consiglio del giorno 21 aprile 2011 con l’intervento dei magistrati:

Antonio Onorato, Presidente
Sabato Guadagno, Consigliere
Giovanni Grasso, Consigliere, Estensore

L’ESTENSORE

IL PRESIDENTE
  

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 11/10/2011
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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