Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime |
Categoria: Acqua - Inquinamento idrico,
Diritto dell'energia
Numero: 18700 |
Data di udienza:
* ACQUA – DIRITTO DELL’ENERGIA – Concessione di derivazione – Prelievo di acqua da pozzi e fiume – Raffreddamento di una centrale termoelettrica – Possibilità di riduzione del 50% del canone di concessione – Presupposti – Restituzione delle acque con le stesse caratteristiche qualitative e quantitative – Riuso dell’acqua all’interno del ciclo produttivo – Fattispecie – Art.18, c. 1, lett. d) L. n.36/1994 – Art. 2697 cod. civ..
Provvedimento: Sentenza
Sezione: Sezione Unite
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 13 Settembre 2011
Numero: 18700
Data di udienza:
Presidente: Vittoria
Estensore: Salme'
Premassima
* ACQUA – DIRITTO DELL’ENERGIA – Concessione di derivazione – Prelievo di acqua da pozzi e fiume – Raffreddamento di una centrale termoelettrica – Possibilità di riduzione del 50% del canone di concessione – Presupposti – Restituzione delle acque con le stesse caratteristiche qualitative e quantitative – Riuso dell’acqua all’interno del ciclo produttivo – Fattispecie – Art.18, c. 1, lett. d) L. n.36/1994 – Art. 2697 cod. civ..
Massima
CORTE DI CASSAZIONE CIVILE, Sezioni Unite 13 settembre 2011, Sentenza n.18700
ACQUA – DIRITTO DELL’ENERGIA – Concessione di derivazione – Prelievo di acqua da pozzi e fiume – Raffreddamento di una centrale termoelettrica – Possibilità di riduzione del 50% del canone di concessione – Presupposti – Restituzione delle acque con le stesse caratteristiche qualitative e quantitative – Riuso dell’acqua all’interno del ciclo produttivo – Fattispecie – Art.18, c. 1, lett. d) L. n.36/1994 – Art. 2697 cod. civ..
Non sussiste violazione e falsa applicazione della Legge n. 36 del 1994, articolo 18, comma 1, lettera d), e dell’articolo 2697 cod. civ., quando viene provato il riuso dell’acqua all’interno del ciclo produttivo, che costituisce uno dei due presupposti alternativi del diritto al dimezzamento del canone, e della restituzione delle acque. Nella specie, dopo l’utilizzazione per il raffreddamento della centrale termoelettrica, nella stessa quantita’ e con le stesse qualita’ di quelle prelevate, che costituisce il secondo presupposto, doveva ritenersi provata dovendo presumersi che l’utilizzazione dell’acqua per il raffreddamento esclude una perdita di quantita’ dell’acqua se non quella per evaporazione e non determina in astratto una modifica delle qualita’ chimiche e organolettiche delle acque stesse.
(conferma sentenza n.100/2010 del TRIBUNALE SUPERIORE DELLE ACQUE PUBBLICHE, depositata il 24/06/2010) Pres. Vittoria, Rel. Salme’
Allegato
Titolo Completo
CORTE DI CASSAZIONE CIVILE, Sezioni Unite 13 settembre 2011, Sentenza n.18700
SENTENZA
CORTE DI CASSAZIONE CIVILE, Sezioni Unite 13 settembre 2011, Sentenza n.18700
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONI UNITE CIVILI
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VITTORIA Paolo – Primo presidente f.f.
Dott. PROTO Vincenzo – Presidente di sezione
Dott. FIORETTI Francesco Maria – Consigliere
Dott. GOLDONI Umberto – Consigliere
Dott. SALME’ Giuseppe – Consigliere Rel.
Dott. SALVAGO Salvatore – Consigliere
Dott. BUCCIANTE Ettore – Consigliere
Dott. SPIRITO Angelo – Consigliere
Dott. PETITTI Stefano – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
REGIONE LOMBARDIA, in persona del Presidente della Giunta regionale pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA BONCOMPAGNI 71-C, presso lo studio Dell’avvocato POMPA GIULIANO M., rappresentata e difesa dall’avvocato CEDERLE MARCO, per delega a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
PO. EU. S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, LUNGOTEVERE MARZIO 3, presso lo studio dell’avvocato VAIANO DIEGO, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato TANZARELLA GIANCARLO, per delega a margine del controricorso;
– controricorrente –
– avverso la sentenza n. 100/2010 del TRIBUNALE SUPERIORE DELLE ACQUE PUBBLICHE, depositata il 24/06/2010;
– udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 07/06/2011 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE SALME’;
– uditi gli avvocati Giuliano M. POMPA, Giancarlo TANZARELLA;
– udito il P.M. in persona dell’Avvocato Generale Dott. CICCOLO Pasquale Paolo Maria, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La s.p.a. Po. Eu., titolare di concessione di derivazione per il prelievo di acqua da alcuni pozzi e dal fiume (…) per il raffreddamento della propria centrale termoelettrica, con ricorso del 23 dicembre 2004 ha convenuto in giudizio la regione Lombardia davanti al tribunale regionale delle acque pubbliche presso la Corte d’appello di Milano, per sentirsi riconoscere il diritto a godere della riduzione del 50% del canone di concessione per ogni modulo di acqua assentito, ai sensi della Legge 5 gennaio 1994, n. 36, articolo 18, comma 1, lettera d), per gli anni 2001-2005, chiedendo altresi’ la restituzione di quanto versato in eccesso.
La regione ha chiesto il rigetto della domanda per l’insussistenza del presupposto del dimezzamento del canone consistente nella restituzione delle acque ricevute con le stesse caratteristiche qualitative e quantitative di quelle prelevate.
Il t.r.a.p., con sentenza 20 giugno 2008, ha riconosciuto il diritto della Po. Eu. al dimezzamento del canone per gli anni 2001-2005, ha dichiarato inammissibile analoga domanda presentata in relazione agli anni 2006 e 2007 ed ha accolto la domanda di ripetizione dell’indebito relativa ai maggiori canoni pagati.
Il tribunale superiore delle acque pubbliche, con sentenza 24 giugno 2010 ha confermato tale decisione osservando, per quanto ancora rileva in questa sede, innanzitutto, che era provato il riuso dell’acqua all’interno del ciclo produttivo, che costituisce uno dei due presupposti alternativi del diritto al dimezzamento del canone, e che la restituzione delle acque, dopo l’utilizzazione per il raffreddamento della centrale termoelettrica, nella stessa quantita’ e con le stesse qualita’ di quelle prelevate, che costituisce il secondo presupposto, doveva ritenersi provata dovendo presumersi che l’utilizzazione dell’acqua per il raffreddamento esclude una perdita di quantita’ dell’acqua se non quella per evaporazione e non determina in astratto una modifica delle qualita’ chimiche e organolettiche delle acque stesse. Ne’ la regione aveva provato il contrario.
Ricorre per cassazione sulla base di tre motivi la regione. Resiste con controricorso la Po. Eu. . Entrambe le parti hanno presentato memorie.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo, deducendo la violazione e falsa applicazione dell’articolo 490 c.p.c. del 1865, ossia violazione del principio della mutatio libelli, la ricorrente, premesso che la Legge n. 36 del 1994, articolo 18 prevede il diritto al dimezzamento del canone in presenza di due distinti ed alternativi presupposti e cioe’, da un lato, la restituzione delle acque con caratteristiche identiche a quelle prelevate e dall’altro il riuso delle stesse nell’ambito del medesimo ciclo produttivo, sostiene che la Po. Eu. , dopo aver chiesto la riduzione del canone, nel corso del giudizio di primo grado, sulla base dell’ipotesi di cui al n. 1), ha poi affermato in appello, per la prima volta, che il suo diritto si giustificava in base all’ipotesi n. 2), ossia quella del riuso delle acque.
Il motivo e’ infondato perche’ nell’atto introduttivo del giudizio la societa’ privata ha chiesto che le fosse riconosciuto il diritto al dimezzamento del canone “nella ricorrenza di entrambi i presupposti normativi”.
2. Col secondo motivo di ricorso, la ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione della Legge n. 36 del 1994, articolo 18, comma 1, lettera d), e dell’articolo 2697 cod. civ., in relazione al riuso delle acque nel medesimo ciclo produttivo. Osserva la regione che il fatto del riuso e’ stato semplicemente affermato dal privato, nella comparsa di costituzione di fronte al TSAP, senza fornire alcun elaborato o rappresentazione idonei a dimostrare tale circostanza. La difesa regionale, pertanto – a differenza di quanto sostenuto nell’impugnata sentenza – non aveva alcun onere di replica sul punto, sicche’ si e’ limitata a chiedere la precisazione delle conclusioni evidenziando tale carenza. Si domanda, quindi, ai fini dell’applicazione corretta dell’articolo 2697 cod. civ., se la contestazione di un fatto semplicemente affermato debba essere fatta mediante la prova di fatti contrari da parte del convenuto, ancorche’ l’attore non abbia adempiuto, a sua volta, all’onere probatorio che incombe su di lui.
Il motivo e’ inammissibile perche’ e’ diretto a contestare un giudizio di fatto incensurabile in questa sede se non sotto il profilo, non dedotto dalla ricorrente, della mancanza, insufficienza o illogicita’ della motivazione.
3. Col terzo motivo di ricorso, la ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione della Legge n. 36 del 1994, articolo 18, comma 1, lettera d), e dell’articolo 2697 cod. civ., in relazione al requisito della restituzione delle acque con le medesime caratteristiche di quelle prelevate, deducendo che la societa’ attrice ha prodotto, in primo grado, alcune analisi chimiche delle acque che ne dimostravano l’assenza di capacita’ inquinante, ma prive di riferimento al rapporto tra acque in entrata ed acque in uscita dall’impianto. A prescindere dagli accertamenti in fatto, tuttavia, cio’ che la regione contesta e’ che la sentenza del t.s.a.p., sostanzialmente invertendo l’onere della prova ed avvalendosi in modo inesatto dell’istituto della presunzione, abbia ritenuto dimostrati fatti e circostanze dei quali la societa’ attrice non aveva dato la prova, senza tenere presente che il ricorso alle presunzioni sarebbe stato possibile soltanto dopo aver dato atto dell’impossibilita’ di effettuare il dovuto confronto tra le acque in entrata e quelle in uscita dall’impianto.
Il motivo e’ assorbito, perche’ dovendo rimanere ferma l’affermazione del diritto alla riduzione del canone sulla base del riutilizzo delle acque all’interno del ciclo produttivo e rappresentando tale circostanza un presupposto alternativo a quello della restituzione in quantita’ e qualita’ identiche a quelle prelevate e’ del tutto priva d’interesse la valutazione della sussistenza del secondo presupposto. Il ricorso, pertanto deve essere rigettato. Le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.
la corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese con euro 7.200,00 (di cui euro 200,00 per esborsi) oltre alle spese generali e agli accessori, come per legge.