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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Diritto venatorio e della pesca Numero: 34755 | Data di udienza: 25 Maggio 2011

* DIRITTO VENATORIO – CACCIA – Silenzio venatorio – Esercizio dell’attività di caccia – Effetti – Disciplina applicabile – Legge quadro e  disposizione di legge regionale – Art.18 L. n. 157/1992.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 26 Settembre 2011
Numero: 34755
Data di udienza: 25 Maggio 2011
Presidente: Petti
Estensore: Rosi


Premassima

* DIRITTO VENATORIO – CACCIA – Silenzio venatorio – Esercizio dell’attività di caccia – Effetti – Disciplina applicabile – Legge quadro e  disposizione di legge regionale – Art.18 L. n. 157/1992.



Massima

 

 

CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 3^ 26/09/2011 (Ud. 25/05/2011) Sentenza n. 34755

 
DIRITTO VENATORIO – CACCIA – Silenzio venatorio – Esercizio dell’attività di caccia – Effetti – Disciplina applicabile – Legge quadro e  disposizione di legge regionale – Art.18 L. n. 157/1992.
 
Il contenuto del divieto dell’attività venatoria enunciato nell’art.18 della legge n. 157 del 1992 va individuato facendo riferimento alla legge regionale (Cass. Sez.3, n. 20678 dell’11/3/2004, Rea) e pertanto è evidente che per giornate di silenzio venatorio  devono essere considerate non solo quelle espressamente indicate come tali dalla legge quadro sulla caccia (ossia il martedì e venerdì), ma anche quelle nelle quali l’esercizio della caccia non sia consentito in virtù di disposizione di legge regionale. 
 
(conferma sentenza n. 6626/2009 GIUDICE UDIENZA PRELIMINARE di TARANTO, del 11/05/2010) Pres. Petti, Est. Rosi, Ric. Costantino ed altri

Allegato


Titolo Completo

CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 3^ 26/09/2011 (Ud. 25/05/2011) Sentenza n. 34755

SENTENZA

 

 

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
TERZA SEZIONE PENALE
 
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
 
Dott. CIRO PETTI                                 – Presidente
Dott. ALFREDO MARIA LOMBARDI    – Consigliere
Dott. SILVIO AMORESANO                   – Consigliere
Dott. ELISABETTA ROSI                    – Consigliere Rel. 
Dott.  SANTI GAZZARA                        – Consigliere
 
ha pronunciato la seguente
 
SENTENZA
 
sul ricorso proposto da:
1) COSTANTINO PAOLO N. IL 29/01/1945
2) COSTANTINO FRANCESCO N. IL 28/08/1933 
3) COSTANTINO DONATO N. IL 22/01/1938
avverso la sentenza n. 6626/2009 GIUDICE UDIENZA  PRELIMINARE di TARANTO, del 11/05/2010
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 25/05/2011 la relazione fatta dal Consigliere Dott. ELISABETTA ROSI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Guglielmo passacantanto che ha concluso per il rigetto 
Udito il difensore avv. V. M. del foro di Roma che ha chiesto l’accoglimento
 
RITENUTO IN FATTO
 
Il G.U.P. presso il Tribunale di Taranto, all’esito di giudizio abbreviato, con sentenza dell’11 maggio 2010 ha condannato alla pena di 200 euro di ammenda Costantino Paolo, Costantino Francesco e Costantino Donato, per il reato di cui agli artt. 110 c.p., 30 lett. a) legge n.157 del 1992, perché in concorso tra loro esercitavano l’attività venatoria in periodo in cui vigeva il divieto di caccia, in Ginosa il 24 settembre 2009.
 
Gli imputati, tramite il proprio difensore, hanno proposto ricorso per cassazione per il seguente motivo: violazione dell’art. 606 c.1. lett. b) c.p.p. per erronea applicazione della legge penale con riferimento all’art. 30, lett. f) della legge n. 157 del 1992. Il giudice di merito ha condannato gli imputati ritenendo che il giorno dell’accertamento (giovedì) fosse giorno di silenzio venatorio, nonostante abbia dato atto che i giudici del Tribunale del riesame in relazione al sequestro probatorio dei fucili avessero ritenuto che non fosse di silenzio venatorio. L’art. 18 della legge quadro sulla caccia prevede che il numero delle giornate di cacca settimanale non possa essere superiore a tre e che le regioni possono consentire la libera scelta al cacciatore, escludendo i giorni di martedì e venerdì, che sono  definiti di silenzio venatorio, nei periodi intercorrenti tra l’1 ottobre ed il 30 novembre. II calendario venatorio della regione Puglia aveva stabilito che la caccia per l’anno 2009 si apriva il 20 settembre e che le giornate consentite di caccia erano i giorni mercoledì, sabato e domenica; nel periodo 12 ottobre – 15 novembre le giornate di caccia erano due fisse (mercoledì e domenica) ed una a scelta del cacciatore, escluse quelle del martedì e venerdì di silenzio venatorio. Pertanto il reato di cui all’art. 30 lett. f) attiene all’esercizio della caccia nelle sole giornate di silenzio venatorio e quindi il martedì e venerdì e non il giovedì quale era il 24 settembre 2009.
 
CONSIDERATO IN DIRITTO
 
Il motivo di ricorso non è fondato.
 
Come affermato dalla giurisprudenza, il contenuto del divieto dell’attività venatoria enunciato nell’art.18 della legge n. 157 del 1992 va individuato facendo riferimento alla legge regionale (cfr. Sez.3, n. 20678 dell’11/3/2004, Rea, Rv. 228916) e pertanto è evidente che per giornate di silenzio venatorio  devono essere considerate non solo quelle espressamente indicate come tali dalla legge quadro sulla caccia (ossia il martedì e venerdì), ma anche quelle nelle quali l’esercizio della caccia non sia consentito in virtù di disposizione di legge regionale. Orbene, nel caso di specie, è pacifico, ed ammesso dagli stessi ricorrenti, che il giorno dell’accertamento dei fatti (24 settembre, giovedì) l’attività venatoria non fosse consentita nella regione Puglia, che aveva disposto per la l’anno 2009 l’apertura della caccia il 20 settembre, fissando quali giornate consentite il mercoledì, sabato e domenica e, di conseguenza intendendo le altre quali giorni di silenzio venatorio.
 
La sentenza impugnata è pertanto immune da censure, avendo applicato correttamente la disciplina normativa; il ricorso deve pertanto essere rigettato e ciascun ricorrente deve essere condannato, ai sensi del disposto di cui all’art. 616 c.p.p., al pagamento delle spese processuali.
 
PQM
 
rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti singolarmente al pagamento delle spese processuali.
 
Così deciso in Roma, il 25 maggio 2011.

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