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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Beni culturali ed ambientali, Diritto urbanistico - edilizia Numero: 41091 | Data di udienza: 29 Settembre 2011

* BENI CULTURALI ED AMBIENTALI – Zona sottoposta a vincolo paesaggistico – Immobile abusivamente costruito – Sequestro preventivo – Art.44, lett. c), d.P.R. n. 380/2001DIRITTO URBANISTICO – Interventi edilizi in zona paesaggisticamente vincolata – Difformità totale o parziale ovvero in variazione essenziale – Sanzione penale applicabile – Individuazione – Art. 32, c.3, d.P.R. n.380/2001 – Assenza di autorizzazione – Provvedimento di sequestro preventivo – Ignoranza inevitabile – Presupposti per la configurabilità – Scriminante della buona fede – Limiti.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 11 Novembre 2011
Numero: 41091
Data di udienza: 29 Settembre 2011
Presidente: Ferrua
Estensore: Teresi


Premassima

* BENI CULTURALI ED AMBIENTALI – Zona sottoposta a vincolo paesaggistico – Immobile abusivamente costruito – Sequestro preventivo – Art.44, lett. c), d.P.R. n. 380/2001DIRITTO URBANISTICO – Interventi edilizi in zona paesaggisticamente vincolata – Difformità totale o parziale ovvero in variazione essenziale – Sanzione penale applicabile – Individuazione – Art. 32, c.3, d.P.R. n.380/2001 – Assenza di autorizzazione – Provvedimento di sequestro preventivo – Ignoranza inevitabile – Presupposti per la configurabilità – Scriminante della buona fede – Limiti.



Massima

 

 

CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 11/11/2011 (Cc. 29/09/2011), Sentenza n. 41091

 
BENI CULTURALI ED AMBIENTALI – DIRITTO URBANISTICO – Zona sottoposta a vincolo paesaggistico – Immobile abusivamente costruito – Sequestro preventivo – Art.44, lett. c), d.P.R. n. 380/2001
 
In materia edilizia è legittimo disporre il sequestro preventivo di un immobile abusivamente costruito la cui edificazione risulti già ultimata purché le conseguenze “ulteriori” rispetto alla consumazione del reato abbiano carattere antigiuridico e possano essere impedite per effetto dell’accertamento del reato e purché il pericolo presenti i requisiti della concretezza e dell’attualità.  Fattispecie: decreto di sequestro preventivo, di un complesso residenziale eseguito in difformità del permesso di costruire in zona sottoposta a vincolo paesaggistico.
 
(conferma ordinanza del Tribunale di Roma in data 11.01.2011) Pres. Ferrua, Est. Teresi, Ric. Dell’Aguzzo
 
 
 
BENI CULTURALI ED AMBIENTALI – DIRITTO URBANISTICO – Interventi edilizi in zona paesaggisticamente vincolata – Difformità totale o parziale ovvero in variazione essenziale – Sanzione penale applicabile – Individuazione – Art. 32, c.3, d.P.R. n.380/2001.
 
In presenza d’interventi edilizi in zona paesaggisticamente vincolata, ai fini della loro qualificazione giuridica e dell’individuazione della sanzione penale applicabile, è indifferente la distinzione tra interventi eseguiti in difformità totale o parziale ovvero in variazione essenziale, in quanto l’art. 32, comma terzo, d.P.R. 6 giugno 2001, n.380, prevede espressamente che tutti gli interventi realizzati in zona sottoposta a vincolo paesaggistico eseguiti in difformità dal titolo abilitativo, inclusi quelli eseguiti in parziale difformità, si considerano come variazioni essenziali e, quindi, quali difformità totali [Cass. Sez. III n.16392/2010].
 
(conferma ordinanza del Tribunale di Roma in data 11.01.2011) Pres. Ferrua, Est. Teresi, Ric. Dell’Aguzzo
 
 
 
BENI CULTURALI ED AMBIENTALI – DIRITTO URBANISTICO – Struttura abusiva – Zona sottoposta a vincolo paesaggistico – Assenza di autorizzazione – Provvedimento di sequestro preventivo.
 
Ai fini della legittimità del provvedimento di sequestro preventivo, la sola esistenza della struttura abusiva, realizzata senza autorizzazione e in una zona sottoposta a vincolo paesaggistico, integra il requisito della concretezza a dell’attualità cautelare, che sussiste proprio perché l’offesa al territorio è destinata in tal modo a perdurare e a consolidarsi. [Cassazione Sezione III n. 43880/2004].
 
(conferma ordinanza del Tribunale di Roma in data 11.01.2011) Pres. Ferrua, Est. Teresi, Ric. Dell’Aguzzo
 
 
 
DIRITTO URBANISTICO – Ignoranza inevitabile – Presupposti per la configurabilità – Scriminante della buona fede – Limiti – Art.44, lett. c), d.P.R. n. 380/2001.
 
In materia urbanistica, ai fini della configurabilità dell’ignoranza inevitabile, e quindi scusabile, della legge penale, la scriminante della buona fede può trovare applicazione solo nell’ipotesi in cui l’agente abbia fatto tutto il possibile per adeguarsi al dettato della norma e questa sia stata violata per cause indipendenti dalla volontà dell’agente medesimo, al quale, quindi, non può essere mosso alcun rimprovero, neppure di semplice leggerezza.
 
(conferma ordinanza del Tribunale di Roma in data 11.01.2011) Pres. Ferrua, Est. Teresi, Ric. Dell’Aguzzo

Allegato


Titolo Completo

CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 11/11/2011 (Cc. 29/09/2011), Sentenza n. 41091

SENTENZA

 

REPUBBLICA ITALIANA
In nome del popolo italiano
 
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Terza Sezione Penale
 
Composta dagli Ill.mi Signori:
 
1. dott. Giuliana Ferrua                 – Presidente
2. dott. Alfredo Teresi                 – Consigliere Rel.
3. dott. Alfredo Maria Lombardi – Consigliere
4. dott. Amedeo Franco                 – Consigliere
5. dott. Luigi Marini                         – Consigliere
 
ha pronunciato la seguente
 
SENTENZA
 
– sul ricorso proposto da Dell’Aguzzo Giuseppe, nato a Roma il 10.03.1963, indagato del reato di cui all’art.44, lettera c), d.P.R. n. 380/2001 avverso l’ordinanza del Tribunale di Roma in data 11.01.2011 che ha annullato parzialmente il decreto di sequestro preventivo, emesso dal GIP in data 7.12.2010, di un complesso residenziale sito in Fregene eseguito in difformità del permesso di costruire in zona sottoposta a vincolo paesaggistico [limitatamente al cambio di destinazione d’uso dei locali cantina e all’ampliamento di un locale wc] e ha confermato il sequestro relativamente alle modifiche dei prospetti e all’esecuzione di muri in cemento armato di altezza superiore a mt. 2;
– Visti gli atti, l’ordinanza denunciata e il ricorso;
– Sentita nella Camera di Consiglio la relazione del Consigliere dott. Alfredo Teresi;
– Sentito il PM nella persona del PG, dott. Giuseppe Volpe, che ha chiesto il rigetto del ricorso;
– Sentiti i difensori del ricorrente, avv. Mario Lupi e avv. Ugo Biagianti i quali hanno chiesto l’accoglimento del ricorso;
 
OSSERVA
 
Con ordinanza 11.01.2011 il Tribunale di Roma, in parziale accoglimento della domanda di riesame proposta da Dell’Aguzzo Giuseppe, amministratore unico della s.r.l. Cuma 6, annullava parzialmente il decreto di sequestro preventivo, emesso dal GIP in data 7.12.2010, di un complesso residenziale sito in Fiumicino-Fregene eseguito in difformità del permesso di costruire in zona sottoposta a vincolo paesaggistico [limitatamente al cambio di destinazione d’uso dei locali cantina e all’ampliamento di un locale wc] e confermava il sequestro relativamente alle modifiche dei prospetti e all’esecuzione di muri in cemento armato di altezza superiore a mt. 2.
 
Rilevava il tribunale che le residue violazioni, commesse in difformità del titolo abilitativo in una zona assoggettata a vincolo paesaggistico, costituivano variazione essenziale e che le esigenze preventive sussistevano in ragione della localizzazione delle costruzioni non ancora ultimate in zona vincolata integrando il requisito dell’attualità del pericolo.
 
Proponeva ricorso per cassazione l’indagato denunciando
– violazione degli art. 309, comma 9, e 324 c.p.p. per mancanza di potere e illegittima estensione delle valutazioni a elementi fattuali diversi da quelli sui quali era basata la misura cautelare;
– eccesso di potere per erronea rappresentazione del periculum;
– violazione dell’art. 321 c.p.p. poiché il periculum era stato ravvisato esclusivamente per l’aggravio del carico urbanistico [in conseguenza dei notevoli incrementi volumetrici accertati, poi eliminati] e non era configurabile per violazioni che non alterano il peso insediativo e che non erano contestate nel decreto di sequestro;
– mancanza di motivazione sull’elemento soggettivo del reato in relazione alla presentazione in data 16.12.2010, antecedente al provvedimento di sequestro preventivo, di una richiesta in variante al permesso di costruire. L’autodenuncia per la variazione dei prospetti e per la recinzione in muratura piena denotava, quindi, buona fede.
 
Chiedeva l’annullamento dell’ordinanza.
 
Il ricorso è infondato e deve essere rigettato con le conseguenze di legge.
 
Secondo la giurisprudenza di questa Corte [con le specificazioni indicate dalle Sezioni Unite con la sentenza 29.1.1997, PM in proc. Bassi] nei procedimenti incidentali aventi a oggetto il riesame di provvedimenti di sequestro, non è ipotizzabile una piena cognitio del Tribunale, al quale è conferita esclusivamente la competenza a conoscere della legittimità dell’esercizio della funzione processuale attribuita alla misura e a verificare, quindi, la correttezza del perseguimento degli obiettivi endoprocessuali che sono propri della stessa, con l’assenza di ogni potere conoscitivo circa il fondamento dell’accusa, potere questo riservato al giudice del procedimento principale.
Tale interpretazione limitativa della cognizione incidentale risponde all’esigenza di far fronte al pericolo di utilizzare surrettiziamente la relativa procedura per un preventivo accertamento sul merito, cosi da determinare una, non consentita, preventiva verifica della fondatezza dell’accusa il cui oggetto finirebbe per compromettere la rigida attribuzione di competenze nell’ambito di un medesimo procedimento.
L’accertamento della sussistenza del fumus commissi deficit va compiuto sotto il profilo della congruità degli elementi rappresentati, che non possono essere censurati sul piano fattuale, per apprezzarne la coincidenza con le reali risultanze processuali, ma che vanno valutati cosi come esposti, al fine di verificare se essi consentono – in una prospettiva di ragionevole probabilità – di sussumere l’ipotesi formulata in quella tipica.
II Tribunale del riesame, dunque, deve svolgere l’indispensabile ruolo di garanzia, tenendo nel debito conto le contestazioni difensive sull’esistenza della fattispecie dedotta ed esaminando sotto ogni aspetto l’integralità dei presupposti che legittimano il sequestro.
 
Nella specie, il ricorrente sostiene che il tribunale abbia mantenuto il sequestro preventivo sulla base di elementi fattuali diversi da quelli sui quali era basata la misura cautelare che aveva tenuto conto esclusivamente degli accertati aumenti volumetrici e non di altre violazioni.
 
L’assunto è infondato stante che all’imputato è stato espressamente contestato, al capo x, anche di avere eseguito illegalmente modeste modifiche dei prospetti e muri in cemento armato di altezza superiore a mt. 2 in violazione dell’art. 29 delle NTA del PRG [secondo cui non sono consentite sui confini interni recinzioni in muratura piena] e che il GIP ha menzionato, nel decreto impositivo, non soltanto i lavori esorbitanti rispetto al permesso di costruire, ma anche le difformità evidenziate nella relazione del CT.
 
E’, di conseguenza, incensurabile la ritenuta sussistenza del fumus, anche a seguito dell’annullamento del provvedimento sulla modifica della destinazione d’uso dei locali cantina, alla luce dell’orientamento di questa Corte secondo cui in presenza d’interventi edilizi in zona paesaggisticamente vincolata, ai fini della loro qualificazione giuridica e dell’individuazione della sanzione penale applicabile, è indifferente la distinzione tra interventi eseguiti in difformità totale o parziale ovvero in variazione essenziale, in quanto l’art. 32, comma terzo, d.P.R. 6 giugno 2001, n.380, prevede espressamente che tutti gli interventi realizzati in zona sottoposta a vincolo paesaggistico eseguiti in difformità dal titolo abilitativo, inclusi quelli eseguiti in parziale difformità, si considerano come variazioni essenziali e, quindi, quali difformità totali [Sezione III n.16392/2010 RV. 246960].
 
Peraltro, il Tribunale si è implicitamente adeguato all’orientamento di questa Corte secondo cui “ai fini della legittimità del provvedimento di sequestro preventivo, la sola esistenza della struttura abusiva, realizzata senza autorizzazione e in una zona sottoposta a vincolo paesaggistico, integra il requisito della concretezza a dell’attualità cautelare, che sussiste proprio perché l’offesa al territorio è destinata in tal modo a perdurare e a consolidarsi” [Cassazione Sezione III n. 43880/2004 RV. 230184].
 
Non è puntuale anche il secondo motivo con cui si assume, in contrasto con obiettive emergenze processuali, che il periculum sarebbe stato ravvisato esclusivamente per l’aggravio dei carico urbanistico [in conseguenza dei notevoli incrementi volumetrici accertati, poi eliminati] e non per le altre violazioni che non alteravano il peso insediativo e che non erano state contestate nel decreto di sequestro.
 
Puntualizzato che in materia edilizia è legittimo disporre il sequestro preventivo di un immobile abusivamente costruito la cui edificazione risulti già ultimata purché le conseguenze “ulteriori” rispetto alla consumazione del reato abbiano carattere antigiuridico e possano essere impedite per effetto dell’accertamento del reato e purché il pericolo presenti i requisiti della concretezza e dell’attualità [Cassazione SU, CC 29 gennaio 2003, Innocenti], va osservato che, nella specie, il Tribunale ha valutato tale profilo, specificando che le costruzioni non erano ancora ultimate donde la necessità che non fossero portate a ulteriore compimento e che l’accertamento, in sede del sopralluogo in data 20.12.2010, della permanenza di talune delle violazioni oggetto di specifiche contestazioni da parte dell’accusa, nonché di altre riscontrate difformità rispetto al progetto di variante n. 86/2010, assumeva rilievo quale valido elemento atto a dimostrare la propensione dell’imputato a trasgredire ripetutamente le prescrizioni del permesso di costruire e a dare concretezza e attualità all’elemento del periculum.
 
E’ palesemente illogica la censura sull’elemento psicologico del reato che difetterebbe per avere l’indagato richiesto il rilascio di una variante con l’indicazione delle opere eseguite illegalmente prima del provvedimento di sequestro.
 
Tale condotta, infatti, lungi dall’integrare la dedotta posizione, rende evidente l’inconsistenza della doglianza sulla dedotta buona fede per la quale non costituisce elemento di supporto la circostanza fattuale segnalata dall’imputato perché ai fini della configurabilità dell’ignoranza inevitabile, e quindi scusabile, della legge penale, la scriminante della buona fede può trovare applicazione solo nell’ipotesi in cui l’agente abbia fatto tutto il possibile per adeguarsi al dettato della norma e questa sia stata violata per cause indipendenti dalla volontà dell’agente medesimo, al quale, quindi, non può essere mosso alcun rimprovero, neppure di semplice leggerezza [Sezione III n. 1042/1990, RV. 1863 94].
 
Il rigetto del ricorso comporta l’onere delle spese del procedimento.
 
P.Q.M.
 
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento. 
 
Cosi deciso nella Camera di Consiglio in Roma il 29.09.2011.

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