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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Diritto dell'energia Numero: 1827 | Data di udienza: 10 Novembre 2011

* DIRITTO DELL’ENERGIA – Regione Veneto – Varianti ex art. 50, cc. 4-8 e 16 l.r. n. 61/1985, necessarie all’installazione di pannelli solari e fotovoltaici – Confinamento degli impianti in aree con destinazione produttiva – Illegittimità – Art. 4 l.r. n. 10/2010 – Impianti fotovoltaici non integrati e non aderenti con potenza non superiore a 20kW – Esclusione dalla VIA – Presunzione di marginalità – Previsione di piano – Divieto di installazione in aree z.t.o. agricole – Ambiti puntuali e puntuale giustificazione – Art. 12, c. 7 d.lgs. n. 387/2003.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 2^
Regione: Veneto
Città: Venezia
Data di pubblicazione: 14 Dicembre 2011
Numero: 1827
Data di udienza: 10 Novembre 2011
Presidente: Urbano
Estensore: Gabbricci


Premassima

* DIRITTO DELL’ENERGIA – Regione Veneto – Varianti ex art. 50, cc. 4-8 e 16 l.r. n. 61/1985, necessarie all’installazione di pannelli solari e fotovoltaici – Confinamento degli impianti in aree con destinazione produttiva – Illegittimità – Art. 4 l.r. n. 10/2010 – Impianti fotovoltaici non integrati e non aderenti con potenza non superiore a 20kW – Esclusione dalla VIA – Presunzione di marginalità – Previsione di piano – Divieto di installazione in aree z.t.o. agricole – Ambiti puntuali e puntuale giustificazione – Art. 12, c. 7 d.lgs. n. 387/2003.



Massima

 

TAR VENETO, Sez. 2^ – 14 dicembre 2011, n. 1827


DIRITTO DELL’ENERGIA – Regione Veneto – Varianti ex art. 50, cc. 4-8 e 16 l.r. n. 61/1985, necessarie all’installazione di pannelli solari e fotovoltaici – Confinamento degli impianti in aree con destinazione produttiva – Illegittimità.

L’art. 48 della l.r. Veneto 11/04 stabilisce che, fino all’approvazione del primo piano d’assetto del territorio, il Comune può adottare, tra l’altro, le varianti disciplinate dall’articolo 50, commi da 4 a 8 e 16, della l.r. 27 giugno 1985, n. 61, e quelle necessarie per l’installazione di pannelli solari e fotovoltaici: la norma si riferisce evidentemente all’ipotesi che, in mancanza della variante, tali installazioni siano precluse da previgenti previsioni di piano, che il legislatore regionale vede con sfavore tale da aver introdotto sul punto una specifica deroga. Escludere pertanto che sulle aree con destinazione non produttiva possano essere realizzati impianti per la produzione di energia, eccede evidentemente la deroga introdotta dal ripetuto art. 48 l.r. 11/04, giacchè altera le destinazioni d’uso, modificandone il contenuto, per di più in senso sfavorevole.

Pres. Urbano, Est.Gabbricci – D.T. (avv.ti Domenichelli e Zambelli) c. Comune di brendola (avv. Calegari)

DIRITTO DELL’ENERGIA – Regione Veneto – Art. 4 l.r. n. 10/2010 – Impianti fotovoltaici non integrati e non aderenti con potenza non superiore a 20kW – Esclusione dalla VIA – Presunzione di marginalità – Previsione di piano – Divieto di installazione in aree z.t.o. agricole – Ambiti puntuali e puntuale giustificazione – Art. 12, c. 7 d.lgs. n. 387/2003.

Ai sensi dell’art. 4 della l.r. Veneto 22 gennaio 2010, n. 10, gli impianti fotovoltaici non integrati e non aderenti, con potenza di picco non superiore a 20 kW, non sono normalmente soggetti a valutazione d’impatto ambientale e richiedono soltanto una denuncia di inizio attività (attualmente una s.c.i.a.). Ciò determina così una presunzione di marginalità di tali opere, quanto alla loro incidenza sul territorio: sicché una previsione di piano che li vieti potrà riguardare solo ambiti puntuali e dovrà avere una puntuale giustificazione, particolarmente penetrante qualora coinvolga aree in z.t.o. agricole e non sottoposte a vincoli ambientali. Infatti, ex art. 12, VII comma, del d. lgs. 29 dicembre 2003, n. 387, gli impianti in questione “possono essere ubicati anche in zone classificate agricole dai vigenti piani urbanistici”, così determinando una presunzione di legittimità per tale collocazione, che spetterà all’Amministrazione superare.

Pres. Urbano, Est.Gabbricci – D.T. (avv.ti Domenichelli e Zambelli) c. Comune di brendola (avv. Calegari)


Allegato


Titolo Completo

TAR VENETO, Sez. 2^ - 14 dicembre 2011, n. 1827

SENTENZA

 

TAR VENETO, Sez. 2^ – 14 dicembre 2011, n. 1827

N. 01827/2011 REG.PROV.COLL.
N. 01533/2010 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

nel giudizio, introdotto con il ricorso 1533/10, integrato da motivi aggiunti, proposto da Dino Todescato, rappresentato e difeso dagli avv. ti A. e V. Domenichelli e F. Zambelli con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Venezia Mestre, via Cavallotti 22;

contro

il Comune di Brendola (Vicenza), in persona del sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. A. Calegari, con domicilio presso la Segreteria del T.A.R. per il Veneto, ex art. 25 c.p.a.;

per l’annullamento

quanto al ricorso principale,

dell’ordine 30 giugno 2010, n. 9537 di non effettuare le opere per l’installazione di un impianto fotovoltaico;

della deliberazione 22 giugno 2010, n. 140, della giunta comunale di Brendola;

quanto ai motivi aggiunti depositati il 22.10.2010,

del provvedimento 30 settembre 2010, prot. n. 14031,

della deliberazione 29 settembre 2010, n. 87, del consiglio comunale di Brendola,

e, quanto ai motivi aggiunti, depositati il 21 marzo 2011

della delibera 29 novembre 2010, n. 103 del consiglio comunale di Brendola, recante approvazione della variante al p.r.g.;

e per il risarcimento del danno sofferto.

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Brendola;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 10 novembre 2011 il cons. avv. Gabbricci e uditi l’avv. Bigolaro, in sostituzione di Domenichelli, per il ricorrente e l’avv. Calegari per il Comune intimato;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

A. Il 12 luglio 2008 Dino Todescato presentò al Comune di Brendola (Vicenza ) una denuncia d’inizio attività per un impianto fotovoltaico ad inseguimento solare, “non aderente e non integrato” con edifici, secondo le definizioni di cui alla pur successiva l.r. 22 gennaio 2010, n. 10, e di potenza di picco non superiore a 20 kW.

B. Il ricorrente non avviò però senz’altro i lavori: il 7 marzo 2009 presentò invece una variante alla precedente D.I.A., e, dopo che l’Amministrazione ebbe interloquito, ne seguì, in data 16 giugno 2010, una nuova denuncia in variante.

C. Pochi giorni dopo il Comune, con la deliberazione di giunta 22 giugno 2010, n. 140, individuò gli ambiti zonali comunali in cui permettere l’installazione di impianti per la produzione energetica, alimentati da fonti rinnovabili: quelli non integrati, in particolare, furono permessi soltanto nelle aree a destinazione artigianale/industriale ed in quelle ricadenti ad ovest della s.p. 500.

D. In applicazione di tale deliberazione, il responsabile dell’Area tecnica comunale ordinò al Todescato, con nota 30 giugno 2010, n. 9537, di non effettuare i lavori di installazione dell’impianto.

Ne seguì il ricorso introduttivo del presente giudizio, proposto avverso entrambi i provvedimenti ed integrato con una domanda risarcitoria e con un’istanza cautelare.

E. Poco prima che si svolgesse l’udienza camerale, fissata per decidere su quest’ultima richiesta, il consiglio comunale approvò la deliberazione 29 settembre 2010, n. 87, con la quale fu adottata una variante al p.r.g. di “modifica alle norme tecniche di attuazione in materia di impianti tecnologici”.

F. Il nuovo IV comma dell’art. 22 bis n.t.a. – riprendendo il contenuto dell’atto di giunta, che venne contestualmente convalidato, facendo così retroagire gli effetti del nuovo provvedimento – dispone, infatti, che “Gli impianti per la produzione di energie alternative, seppur di potenza superiore ai 6 KW, quali impianti fotovoltaici, impianti eolici o impianti per la produzione di acqua calda che non siano integrati o parzialmente integrati con i tetti delle abitazioni o degli edifici esistenti non sono ammessi in tutte le zone del territorio comunale escluse quelle a destinazione artigianale/industriale e nelle aree ricadenti ad ovest della S.P. 500”.

G. Subito dopo, il Comune emanò un nuovo provvedimento, dichiaratamente destinato ad integrare il precedente ordine del 22 giugno, adducendo, da un lato, il contrasto delle opere previste dal progetto del Todescato con la nuova variante al p.r.g. e, dall’altro, il contrasto dell’opera progettata con altre norme tecniche, nonché con il piano d’area dei Monti Berici.

H. Avverso i due nuovi atti, il Todescato ha presentato motivi aggiunti, rinnovando contestualmente la domanda di provvedimento cautelare.

I. La Sezione, con ordinanza 5 novembre 2010, n. 758, ha sospeso i provvedimenti impugnati, affermando che “impregiudicato l’esame approfondito delle censure mosse in ordine alla contestata competenza del Comune in materia, nonché in relazione alla strumentalità (e alla natura dei poteri esercitati dal Comune, ecc.) della variante sulla quale si basa il contestato provvedimento inibitorio – l’ordine impugnato con i motivi aggiunti del 30.09.2010, presentandosi come integrativo di quello precedente (impugnato con il ricorso principale), ad esso si collega poiché aggiunge alle motivazioni già addotte a sostegno di quello, ulteriori argomenti; che tale nuovo ordine inibitorio, pur considerato insieme con il precedente, è intervenuto allorquando gli effetti propri della DIA si erano già verificati a causa del tempo trascorso dalla presentazione dell’ultima DIA (16.06.2010)”.

J. In seguito, con deliberazione consiliare 29 novembre 2010, n. 103, il consiglio comunale ha approvato la variante: atto esso pure oggetto di gravame con i nuovi motivi aggiunti.

K. Il Comune si è costituito in giudizio, insistendo per la pronuncia d’infondatezza per tutte le domande presentate.

DIRITTO

1.1. Appare conveniente muovere dalle censure dirette contro la variante adottata ed approvata dal consiglio comunale: giacché le sue prescrizioni costituiscono il presupposto del provvedimento, il quale ha vietato i lavori oggetto di d.i.a, l’annullamento di quella travolgerebbe il secondo, e la d.i.a., a sua volta, diverrebbe definitiva per non essere stata validamente interloquita nel termine di trenta giorni all’epoca previsto.

1.2.1. La variante è anzitutto censurata per violazione e falsa applicazione dell’art. 50, IV comma, lett. l), della l.r. 61/85, dell’art. 48 della l.r. 11/04, e della l.r. 14/2009, nonché per violazione e falsa applicazione del d. lgs. 387/03 e della l.r. 10/2010.

1.2.2. Il Comune di Brendola ha posto a fondamento della variante de qua il precitato art. 50, sostenendo che si tratterebbe di una “modifica alle norme tecniche di attuazione e al regolamento edilizio, con esclusione degli indici di edificabilità, delle definizioni e delle modalità di calcolo degli indici e dei parametri urbanistici, nonché delle destinazioni d’uso e delle modalità di attuazione”.

Al contrario, secondo il ricorrente, il confinamento degli impianti non integrati per la produzione di energie alternative, nelle z.t.o. a destinazione artigianale/industriale e nelle aree ricadenti ad ovest della S.P. 500, non sarebbe solo normativa, ma inciderebbe “sulla destinazione d’uso di specifiche zone del territorio comunale”, tra cui quelle agricole, “nonché sull’edificabilità delle stesse, compiendo dunque una scelta urbanistica fondamentale, non assumibile con le procedure di variante prevista dal comma 4 dell’art. 50 della L.R. 61/85”.

1.2.3. In ogni caso, la determinazione di limitare gli impianti fotovoltaici non integrati a determinate zone del comune contrasterebbe con quanto disposto dalla disciplina statale e regionale: i Comuni, secondo il Todescato, non avrebbero potere alcuno “in ordine alla localizzazione degli impianti di energia rinnovabile nel proprio territorio”.

1.3.1. La variante è altresì censurata di eccesso di potere per irragionevolezza, illogicità ed ingiustizia manifesta, difetto d’istruttoria e di motivazione: la scelta pianificatoria del Comune di Brendola, qui contestata, sarebbe anche del tutto irragionevole ed illogica, non adeguatamente motivata, e comunque basata su di un’erronea istruttoria.

Le deliberazioni impugnate, infatti, non offrono ragioni per giustificare la decisione di escludere da gran parte del territorio comunale gli impianti fotovoltaici non integrati, sebbene si tratti di una scelta che pregiudica interessi individuali e collettivi, collegati alla produzione di energia mediante fonti alternative non inquinanti.

2.1. Orbene, è intanto opportuno osservare come l’art. 48 della l.r. 11/04 stabilisca che, fino all’approvazione del primo piano d’assetto del territorio, il Comune può adottare, tra l’altro, le varianti disciplinate dall’articolo 50, commi da 4 a 8 e 16, della l.r. 27 giugno 1985, n. 61, e quelle necessarie per l’installazione di pannelli solari e fotovoltaici.

2.2. Ora, è evidente che la variante di cui qui si discute non era in alcun modo “necessaria” per consentire gli interventi in questione: la norma si riferisce evidentemente all’ipotesi che, in mancanza della variante, tali installazioni siano precluse da previgenti previsioni di piano, che il legislatore regionale vede con sfavore tale da aver introdotto sul punto una specifica deroga.

2.3. Per quanto poi concerne le varianti di cui all’art. 50 l.r. 61/85, si deve riconoscere che la previsione approvata dal consiglio pone, quanto meno, una specifica restrizione nell’uso delle aree con destinazione non produttiva, e che rappresentano una parte cospicua del territorio comunale: escludere che sulle stesse possa essere realizzata una determinata tipologia di opere (gli impianti per produrre energia) fino ad allora permessa, eccede la deroga introdotta dal ripetuto art. 48 l.r. 11/04, giacchè altera le destinazioni d’uso, modificandone il contenuto, per di più in senso sfavorevole.

3.1. Già per questi motivi, dunque, la variante va annullata; più in generale, bisogna riconoscere che la stessa non contiene un’adeguata giustificazione, che il suo contenuto avrebbe comunque imposto, poiché vieta la realizzazione di interventi che l’ordinamento sta viceversa incentivando.

3.2. Intanto, a’ sensi dell’art. 4 della l.r. 22 gennaio 2010, n. 10, gli impianti fotovoltaici non integrati e non aderenti, con potenza di picco non superiore a 20 kW, (come quello de quo), non sono normalmente soggetti a valutazione d’impatto ambientale e richiedono soltanto una denuncia di inizio attività (attualmente una s.c.i.a.).

3.3. Ciò determina così una presunzione di marginalità di tali opere, quanto alla loro incidenza sul territorio: sicché una previsione di piano che li vieti potrà riguardare solo ambiti puntuali e dovrà avere una puntuale giustificazione, particolarmente penetrante qualora coinvolga aree in z.t.o. agricole e non sottoposte a vincoli ambientali. Infatti, ex art. 12, VII comma, del d. lgs. 29 dicembre 2003, n. 387, gli impianti in questione “possono essere ubicati anche in zone classificate agricole dai vigenti piani urbanistici”, così determinando una presunzione di legittimità per tale collocazione (e la proprietà Todescato, come già detto, è in zona agricola), che spetterà all’Amministrazione superare.

3.4. In sintesi, dunque, sebbene non possa in astratto venire del tutto precluso all’Amministrazione comunale di porre restrizioni all’installazione di impianti per la produzione di energia, si deve tuttavia trattare, perché siano legittime, di limitazioni puntuali, adeguatamente giustificate dalla peculiarità della situazione, dovendosi in generale presumere l’idoneità a ricevere tali impianti dell’ intero territorio comunale, in disparte le aree sottoposte a vincoli pasaggistici o equivalenti.

3.5. Ora, è evidente che la variante qui impugnata non presenta tale contenuto; sicché il ricorso proposto può essere accolto sotto tale specifico profilo: e, come già esposto, una volta venuto meno il divieto di realizzare impianto fotovoltaici, cade per conseguenza l’ordine emesso nei confronti del Todescato, né il Comune potrebbe comunque emetterlo nuovamente, essendosi definitivamente consumato il relativo potere con il decorso del termine di legge.

4.1. Va peraltro soggiunto, per completezza, che il ricorso è fondato anche seguendo le argomentazioni sintetizzate nel provvedimento cautelare favorevole.

4.2. Invero, bisogna intanto ricordare da una parte come il Comune abbia integrato l’ordine 30 giugno 2010, n. 9537, di non effettuare i lavori, con l’atto 30 settembre 2010, prot. n. 14031; dall’altra, come, introducendo il IV comma all’art. 22 bis delle n.t.a., il consiglio abbia anche dichiarato di convalidare la deliberazione di giunta 22 giugno 2010, n. 140, che avrebbe già introdotto, sia pure senza competenza, la stessa disciplina restrittiva richiamata a fondamento dell’ordine emesso il 30 giugno.

4.3. Ora, è intanto evidente che l’integrazione del 30 settembre elude il termine perentorio stabilito per l’opposizione alla d.i.a., termine che si riferisce evidentemente all’ordine di non effettuare i lavori completo delle ragioni che lo hanno determinato: sicché ne va esclusa la legittimità appunto perché – come rilevato nel quarto motivo aggiunto – emesso tardivamente.

4.4. Per quanto riguarda l’ordine del 30 giugno, esso trae la sua giustificazione dalla deliberazione 140/10 emessa dalla giunta comunale: la quale, peraltro, come osservato dal Todescato nel ricorso principale, non aveva alcuna competenza a deliberare in tale materia, sicché questa e quello sono illegittimi sotto tale profilo.

4.5. Né era possibile, per il Comune, disporre la convalida della stessa deliberazione, ex art. 21 nonies l. 241/90, giacché, come correttamente osserva il ricorrente nel primo motivo aggiunto, il consiglio comunale non ha esercitato lo stesso potere attuato con la deliberazione di giunta, che non poteva dunque sanare.

La giunta, infatti, aveva dettato degli atti di indirizzo diretti agli uffici comunali, e ciò esclude che quel provvedimento costituisse l’adozione, da parte di un organo incompetente, di una variante alle norme tecniche di attuazione del p.r.g. vigente, poi effettivamente assunta dal consiglio: e poiché il potere esercitato da quest’ultimo è diverso da quello esercitato dalla giunta, è evidente che la convalida non può dirsi concretata e, pertanto, non può affermarsi che il contenuto del provvedimento di giunta sia stato sanato con efficacia ex tunc.

5.1. Accolto così il ricorso, con l’annullamento di tutti i provvedimenti gravati, si deve procedere all’esame della domanda risarcitoria ex art. 30 c.p.a., egualmente proposta.

5.2.1. La condotta dell’Amministrazione comunale, secondo il ricorrente (cfr. il secondo ricorso per motivi aggiunti) avrebbe illegittimamente ritardato l’installazione dell’impianto fotovoltaico progettato, così cagionandogli gravissimi danni.

Invero, solo dopo l’ordinanza cautelare n. 758/2010 del 5 dicembre 2010, la d.i.a. è tornata efficace, “consentendo così alla proprietà di concludere le trattative con la banca per ottenere i finanziamenti necessari ai lavori e dunque dare avvio alla installazione dell’impianto”.

5.2.2. Insomma, per i ritardi causati dagli atti impugnati, ed annullati, “la proprietà non ha potuto eseguire i lavori di installazione dell’impianto in tempo utile per godere delle tariffe incentivanti, pari a 0,365 per Kwh prodotto, previste dai decreti ministeriali vigenti per gli impianti messi in esercizio entro 31.12.2010”.

L’impianto, seguita il ricorrente, produrrà almeno 28.000 Kwh/annui, e ciò significa che alla tariffa di 0,365 € il Gestore dei Servizi Energetici – G.S.E. S.p.A., avrebbe erogato un contributo annuo di € 10.220,00 per 20 anni consecutivi, per un totale di € 204.400,00.

5.2.3. L’impianto è invece entrato in esercizio nel mese di agosto 2011, quando la tariffa incentivante era pari a 0,300 €/Kwh: per cui il contributo GSE non sarà superiore a € 168.000,00, a fronte dei € 204.400,00 che invece avrebbe dovuto corrispondere se l’impianto fosse stato messo in esercizio entro il 31 dicembre 2010, per cui il danno subito dal ricorrente sarebbe pari almeno a € 36.400,00.

5.2.4. Secondo il Comune resistente, all’opposto, è stato lo stesso Todescato – o, meglio, la nuova proprietaria, Stefania Peretti, a quegli subentrata – ad iniziare i lavori soltanto alla fine di gennaio 2011, 85 giorni dopo la pronuncia cautelare del T.A.R., per ultimarli poi soltanto nel seguente mese di agosto, a dieci mesi di distanza dal provvedimento giurisdizionale: che, del resto avrebbe potuto essere richiesto con maggiore celerità, se fosse davvero premuto al Todescato di concludere i lavori entro la fine dell’anno.

In ogni modo, i lavori non avrebbero potuto essere finiti nei novanta giorni prestabiliti, e ciò emergerebbe dalla documentazione dimessa in atti: alla comunicazione di conclusione dei lavori del 28 aprile 2011, è infatti seguita, in data 12 luglio 2011, una s.c.i.a. per il completamento dei lavori stessi.

5.3.1. La domanda risarcitoria è infondata, poiché non è stato adeguatamente comprovato, pur nei limiti del modello probabilistico intrinseco al concetto di lucro cessante, che l’impianto sarebbe divenuto operativo prima della fine del 2010, ove l’Amministrazione non avesse ordinato all’interessato di non dare corso ai lavori.

5.3.2. In effetti, in mancanza dell’ordine, la d.i.a. si sarebbe perfezionata a metà del mese di luglio 2010, e, all’epoca, secondo quanto afferma il ricorrente, questi non disponeva del finanziamento necessario per realizzare l’impianto, e, dunque, neppure dei materiali richiesti per la sua costruzione, o almeno di una parte degli stessi

5.3.3. È allora irrealistico pensare che, con tali premesse, i lavori sarebbero stati avviati prima della metà di ottobre 2010, stante anche la pausa estiva – si osservi che effettivamente, tra l’ordinanza del T.A.R., emessa all’inizio di novembre, e l’inizio dei lavori sono intercorsi circa 90 giorni – sicché si può escludere che l’impianto sarebbe stato completato e collaudato entro il dicembre dello stesso anno, considerato che i lavori per la sua effettiva realizzazione hanno richiesto almeno tre mesi, conformemente al cronoprogramma presentato.

5.3.4. In conclusione, dunque, l’impianto de quo non sarebbe stato comunque completato in termine utile per conseguire i maggiori incentivi, anche se i provvedimenti gravati ed annullati non fossero stati emessi: da ciò la reiezione della domanda risarcitoria, mancando, tra gli atti illegittimi ed il pregiudizio lamentato, il necessario nesso di causalità.

6. Le spese di lite, compensate per metà, attesa la parziale reciproca soccombenza, sono per il resto poste a carico dell’Amministrazione resistente e vengono liquidate come da dispositivo.

 

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe:

a) accoglie la domanda impugnatoria, e, per l’effetto, annulla i provvedimenti in epigrafe impugnati;

b) rigetta la domanda di risarcimento del danno.

Compensa le spese di lite tra le parti, in ragione di un terzo, e condanna il Comune resistente alla rifusione del residuo, che liquida in € 3.500,00 oltre iva e c.p.a. e all’importo del contributo unificato di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Venezia nella camera di consiglio addì 10 novembre 2011 con l’intervento dei signori magistrati:

Amedeo Urbano, Presidente
Angelo Gabbricci, Consigliere, Estensore
Marina Perrelli, Primo Referendario

L’ESTENSORE

IL PRESIDENTE
   

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 14/12/2011
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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