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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Beni culturali ed ambientali Numero: 2182 | Data di udienza: 27 Ottobre 2011

* BENI CULTURALI E AMBIENTALI – Vincolo paesaggistico – Istanza di sanatoria – Organo preposto alla tutela – Indicazioni in ordine agli adattamenti necessari per la compatibilità dell’opera – Obbligo  – Esclusione.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione: Puglia
Città: Lecce
Data di pubblicazione: 15 Dicembre 2011
Numero: 2182
Data di udienza: 27 Ottobre 2011
Presidente: Trizzino
Estensore: Caprini


Premassima

* BENI CULTURALI E AMBIENTALI – Vincolo paesaggistico – Istanza di sanatoria – Organo preposto alla tutela – Indicazioni in ordine agli adattamenti necessari per la compatibilità dell’opera – Obbligo  – Esclusione.



Massima

TAR PUGLIA, Lecce, Sez. 3^ – 15 dicembre 2011, n. 2182


BENI CULTURALI E AMBIENTALI – Vincolo paesaggistico – Istanza di sanatoria – Organo preposto alla tutela – Indicazioni in ordine agli adattamenti necessari per la compatibilità dell’opera – Obbligo  – Esclusione.

L’organo preposto alla tutela del vincolo paesaggistico non è tenuto, in sede di esame di istanze di sanatoria, a fornire indicazioni circa gli adattamenti eventualmente idonei a rendere l’opera compatibile con l’ambiente, essendo la possibilità di indicare prescrizioni o accorgimenti prevista dalla normativa solo per la diversa ipotesi di preventiva richiesta di autorizzazione paesaggistica, allorché oggetto della valutazione è un progetto; in sede di sanatoria si tratta, invece, di opere già realizzate abusivamente, che vanno valutate per come si presentano (T.A.R. Toscana Firenze, sez. III, 14 gennaio 2011, n. 75).


Pres. Trizzino, Est. Caprini –D.A.L. (avv. Sticchi Damiani) c. Comune di Otranto (avv. Conte)


Allegato


Titolo Completo

TAR PUGLIA, Lecce, Sez. 3^ - 15 dicembre 2011, n. 2182

SENTENZA

 

TAR PUGLIA, Lecce, Sez. 3^ – 15 dicembre 2011, n. 2182

N. 02182/2011 REG.PROV.COLL.
N. 00268/2007 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia

Lecce – Sezione Terza

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 268 del 2007, proposto da:
D’Alba Lucia, rappresentata e difesa dall’avv. Ernesto Sticchi Damiani, elettivamente domiciliata presso il suo studio, in Lecce, via 95 Rgt Fanteria, 9;

contro

Comune di Otranto, rappresentato e difeso dall’avv. Andrea Conte, elettivamente domiciliato presso il suo studio in Lecce, via Orsini del Balzo, 24;

per l’annullamento

– del provvedimento prot. n. 1166 del 5 dicembre 2006, notificato in data 13 dicembre 2006, del tecnico delegato del Comune di Otranto;

– di ogni altro atto presupposto, connesso e/o consequenziale ed, in particolare, ove occorra:

del verbale prot. n. 11408 del 31 dicembre 2004 e del parere istruttorio reso in data 5 dicembre 2006;

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Otranto;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 27 ottobre 2011 la dott.ssa Gabriella Caprini e uditi per le parti l’avv. Sticchi Damiani per la ricorrente e l’avv. Conte per la P.A.;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

I. La ricorrente impugna il rigetto dell’istanza di sanatoria edilizia relativa all’installazione di pannelli prefabbricati, a chiusura -sia lateralmente che a copertura- di uno spazio, adiacente ad un volume tecnico posto sulla terrazza del fabbricato ed originariamente costituito da n. 4 pilastri con sovrastanti travetti frangisole in cemento armato.

Grava, altresì, il diniego dell’accertamento di compatibilità paesaggistica, richiesto ai sensi dell’art. 1, comma 39, della l. n. 308/2004, contenuto nel medesimo atto.

II. A sostegno del gravame deduce i seguenti motivi di ricorso:

1) violazione, falsa ed erronea interpretazione ed applicazione degli artt. 7, 8 e 10 bis della l. n. 241/1990, degli artt. 1, comma 39, della l. n. 308/2004 e 159 del d.lgs. n. 42/2004;

2) eccesso di potere per erronea presupposizione in fatto ed in diritto, per difetto e carenza di istruttoria, per illogicità, irragionevolezza e contraddittorietà dell’azione amministrativa nonché per disparità di trattamento.

III. Si è costituita l’Amministrazione intimata concludendo per il rigetto del ricorso.

IV. Alla udienza pubblica del 27 ottobre 2011 fissata per la trattazione la causa è stata trattenuta per la decisione.

V. Il ricorso non può essere accolto.

V.1. Con il primo motivo la parte lamenta la mancata comunicazione dell’avvio di procedimento nonché del preavviso di rigetto con riferimento ad entrambi i provvedimenti gravati.

La censura va disattesa alla stregua del consolidato orientamento – che il Collegio ritiene di condividere integralmente – in ordine alla:

A) Non sussistenza dell’obbligo di comunicazione di avvio del procedimento ai sensi dell’art. 7. l. 7 agosto 1990 n. 241 in relazione al rigetto dell’istanza di concessione in sanatoria, essendo il relativo procedimento attivato ad istanza di parte: l’interessato è già a conoscenza dell’avvio del procedimento, avendolo egli stesso provocato (Consiglio Stato, sez. IV, 21 febbraio 2011, n. 1085; T.A.R. Calabria Catanzaro, sez. II, 11 febbraio 2011, n. 205; T.A.R. Toscana Firenze, sez. III, 14 gennaio 2011, n. 75; T.A.R. Sardegna Cagliari, sez. II, 14 dicembre 2010, n. 2686);

A.1.) Il tradizionale orientamento maggioritario che nega l’obbligo della comunicazione per i procedimenti ad istanza di parte non merita di essere abbandonato, pure a seguito dell’introduzione, ad opera della l. 11 febbraio 2005 n. 15, delle norme di cui alla lett. c) bis e c) ter, del comma 2 dell’art. 8, l. n. 241 del 1990, in base alle quali, nei procedimenti ad iniziativa di parte, nella comunicazione di avvio deve essere indicata la data entro la quale il procedimento deve concludersi ed i rimedi esperibili in caso di inerzia dell’Amministrazione nonché la data di presentazione della relativa istanza. Tali previsioni, che a parere di alcuni hanno definitivamente consacrato l’obbligo di avvio della comunicazione di avvio anche nei procedimenti ad istanza di parte, ben possono essere riferite, ad altri soggetti diversi dall’istante che, in tale categoria di procedimenti, devono essere destinatari della comunicazione di avvio, a norma dell’art. 7, l. n. 241 del 1990. La norma in discorso non toglie solidità all’argomento per il quale la comunicazione nei confronti dell’istante costituisce un inutile aggravamento del procedimento, atteso che l’interessato ha certamente conoscenza dell’esistenza dello stesso, di talché l’avviso di avvio sarebbe una mera duplicazione di formalità (T.A.R. Calabria Catanzaro, sez. I, 20 maggio 2010, n. 796).

A.2.) Peraltro, in via analogica, è sufficiente richiamare il pacifico orientamento per cui l’omessa indicazione nel provvedimento del termine e dell’autorità competente per l’impugnazione non comporta alcuna conseguenza sulla legittimità e l’efficacia dell’atto carente, ma impedisce unicamente il formarsi di preclusioni, ponendosi pertanto quale obiettiva presunzione circa la sussistenza dei presupposti per la concessione dell’errore scusabile e per la conseguente remissione in termini ai fini dell’instaurazione rituale del giudizio (cfr. ex plurimis Cons. Stato, sez. IV, 30 marzo 2000, n. 1814).

B) L’omissione della comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza del privato, strumento atto a potenziare il contraddittorio procedimentale, non rileva, ai sensi dell’art. 21 octies comma 2, prima parte, l. n. 241 del 1990, laddove il provvedimento, adottato in violazione delle norme sul procedimento o sulla forma degli atti, non possa avere un contenuto diverso da quello in concreto adottato. Tale disposizione deve trovare applicazione anche nei casi in cui l’attività dell’Amministrazione, pur essendo astrattamente connotata da discrezionalità amministrativa o tecnica, in concreto risulti vincolata per effetto di un autovincolo imposto dall’Amministrazione stessa (T.A.R. Campania Napoli, sez. III, 25 ottobre 2010, n. 21436)

B.1.) Orbene, nel caso in esame il provvedimento emanato non poteva avere un contenuto diverso da quello emanato, trattandosi di abuso commesso in zona vincolata ancora in corso di realizzazione alla data del 10 dicembre 2004 (v. sopralluogo effettuato dall’Ufficio competente in pari data) e pertanto non ultimato alla data del 31 marzo 2003, come previsto dall’art. 32, comma 25, del d.l. n. 269/2003.

Sotto tale profilo, va, anzi, sottolineata la natura vincolata del provvedimento di sanatoria – o di diniego della sanatoria – edilizia, poiché costituente mero risultato dell’attività di controllo circa la conformità dell’intervento alla normativa urbanistico-edilizia (T.A.R. Piemonte Torino, sez. I, 14 giugno 2006, n. 2487; T.A.R. Puglia Lecce, sez. I, 26 gennaio 2006, n. 507)

B.2.) Né l’organo preposto alla tutela del vincolo è tenuto, in sede di esame di istanze di sanatoria a fornire indicazioni circa gli adattamenti eventualmente idonei a rendere l’opera compatibile con l’ambiente, essendo la possibilità di indicare prescrizioni o accorgimenti prevista dalla normativa solo per la diversa ipotesi di preventiva richiesta di autorizzazione paesaggistica, allorché oggetto della valutazione è un progetto; in sede di sanatoria si tratta, invece, di opere già realizzate abusivamente, che vanno valutate per come si presentano (T.A.R. Toscana Firenze, sez. III, 14 gennaio 2011, n. 75).

V.2. Con il secondo motivo di gravame, la parte deduce un vizio procedimentale che si sostanzierebbe nell’applicazione alla domanda inoltrata ai sensi dell’art. 1, comma 39, della l. n. 308/2004 (condono paesaggistico) di un “iter”, quello di cui all’art. 159 del d.lgs. n. 42/2004 (cd. Codice Urbani) attinente a fattispecie del tutto diversa (Regime transitorio in materia di autorizzazione paesaggistica).

In particolare, mentre la prima disciplina prevede che l’Amministrazione comunale (cui è delegato il relativo potere della Regione) si pronunci solo previa acquisizione del parere della Soprintendenza, la seconda normativa dispone, invece, che l’autorizzazione paesaggistica, rilasciata dalla medesima Autorità comunale, sia solo successivamente sottoposta ad un controllo di legittimità da parte della Soprintendenza.

Il motivo è infondato.

V.2.1. A prescindere dalla constatazione in fatto che il provvedimento impugnato reca, nelle premesse, il richiamo sia alla normativa di cui al d.lgs. n. 42/2004 (autorizzazione) che a quella di cui alla l. n. 308/2004 (condono), indipendentemente dalla specificazione nel dispositivo decisionale, appare indubbio che l’Amministrazione comunale abbia fatto applicazione, nella sostanza, della norma di natura eccezionale che consente l’accertamento postumo, in sanatoria, della conformità paesaggistica di opere abusive, in deroga al regime ordinario.

Invero, l’art. 1, comma 39, l. n. 308 del 2004, c.d. condono paesaggistico, introduce una deroga per il tempo di vigenza alla disciplina a regime di cui all’art. 146 d.lg. n. 42 del 2004 consentendo l’accertamento postumo di compatibilità ambientale – “id est”, sanatoria – nei confronti dei procedimenti pendenti aventi ad oggetto gli interventi edilizi rilevanti sotto l’aspetto paesaggistico, per i quali non sia stato richiesto nulla osta paesaggistico (T.A.R. Puglia Bari, sez. III, 5 settembre 2005, n. 3780).

V.2.3. Quanto all’assenza del parere preventivo, in realtà, dal provvedimento impugnato nulla si desume in ordine all’interessamento, preliminare o postumo, della Soprintendenza salvo il richiamo ad un parere istruttorio negativo del 5 dicembre 2006, non meglio qualificato e del quale non si conosce il contenuto: la relativa censura appare, pertanto, generica in quanto non adeguatamente suffragata in fatto e, come tale, inammissibile.

V.2.4. In subordine, con il medesimo motivo di ricorso, la parte contesta la natura generica ed apodittica della valutazione contenuta nel provvedimento gravato in punto di materiali utilizzati che, secondo l’Amministrazione intimata, “non risultano compatibili con i caratteri ambientali e paesaggistici del sito, in riferimento alle tipologie edilizie esistenti nell’area interessata”.

La censura è parimenti priva di pregio.

Per la tutela paesaggistica-ambientale costituisce “ius receptum” il principio per cui i pareri e i nulla-osta in materia ambientale espressi dagli organi deputati alla tutela in questione costituiscono una valutazione di natura tecnico-discrezionale volta a verificare la compatibilità o meno dell’opera alle esigenze di rispetto delle caratteristiche paesaggistiche-ambientali che connotano lo stato dei luoghi oggetto del vincolo.

Nell’esercizio di un siffatto potere l’organo a ciò preposto deve dare contezza del suo operato a mezzo di una motivazione che metta in evidenza l’iter logico seguito per giustificare le proprie conclusioni e valga a rendere il giudizio reso del tutto congruo (Consiglio di stato, sez. IV, 16 luglio 2010, n. 4591).

Nel caso specifico, l’atto autorizzatorio fornisce la ricostruzione dell’itinerario seguito in ordine alle ragioni di compatibilità/incompatibilità effettiva che, in riferimento agli specifici valori paesistici del luogo, possono consentire o meno la sanatoria dei lavori eseguiti, considerati nella loro globalità e non esclusivamente in semplici episodi di dettaglio (T.A.R. Lazio Roma, sez. II, 19 aprile 2011, n. 3420).

Sotto il profilo del sindacato estrinseco non appare viziata da elementi di manifesta illogicità o irrazionalità, la valutazione che ritenga incompatibile con una zona sottoposta a vincolo paesaggistico l’utilizzo di “pannelli prefabbricati montati su telaio in profilato di alluminio” – in uno spazio nel quale, tra l’altro, già insistono n. 4 pilastri con sovrastanti paletti frangisole di cemento armato -, non potendo il giudice sostituire i propri apprezzamenti sulla compatibilità ambientale a quelli espressi dall’ente locale.

V.2.5. Irrilevanti, ai fini della legittimità dei provvedimenti impugnati nel presente giudizio, sono situazioni analoghe delle quali non si conoscono i presupposti.

V.3. Infine, è infondata, per mancanza di prova, anche l’ultima censura con cui il ricorrente contesta la violazione dell’articolo 31 della legge n. 47/85 in quanto l’abuso di cui trattasi, di modestissime dimensioni, in realtà sarebbe stato ultimato alla data del 31 marzo 2003 e non ancora in corso di realizzazione, come accertato con il verbale di sopralluogo, alla data del 10 dicembre 2004.

Secondo tale norma, infatti, “si intendono ultimati gli edifici per i quali sia completato il rustico e completata la copertura”.

A prescindere dalla circostanza che, nel caso specifico, si tratta della trasformazione in vano, mediante chiusura, di un preesistente spazio sul quale già insistevano 4 pilastri con sovrastanti travetti frangisole (dunque manufatto già dotato di parziale copertura), il verbale redatto e sottoscritto a seguito di sopralluogo, attestante l’esistenza di manufatti abusivamente realizzati, costituisce atto pubblico, fidefaciente fino a querela di falso ai sensi dell’art. 2700 c.c. delle circostanze di fatto in esso acclarate (T.A.R. Piemonte Torino, sez. I, 2 marzo 2009, n. 618), né del resto il ricorrente ha allegato circostanze di fatto, oltre che di diritto, tali da contrastare senza dubbio le risultanze dello stesso (T.A.R. Campania Napoli, sez. III, 25 ottobre 2010, n. 21436).

VI. A quanto esposto, consegue che il ricorso non è meritevole di accoglimento.

VII. Sussistono, tuttavia, giusti motivi per compensare le spese e competenze di giudizio tra le parti.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia Lecce – Sezione Terza definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Compensa tra le parti le spese e competenze di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Lecce nella camera di consiglio del giorno 27 ottobre 2011 con l’intervento dei magistrati:

Rosaria Trizzino, Presidente
Ettore Manca, Consigliere
Gabriella Caprini, Referendario, Estensore
        
L’ESTENSORE

IL PRESIDENTE
        

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 15/12/2011
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
 

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