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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Acqua - Inquinamento idrico Numero: 3087 | Data di udienza: 19 Dicembre 2011

INQUINAMENTO IDRICO – Molitura delle olive – Acque reflue – Scarico senza autorizzazione – Configurabilità del reato – Artt. 137 e 101, c. 7°, lett.c) D.L.vo n.152/2006.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 25 Gennaio 2012
Numero: 3087
Data di udienza: 19 Dicembre 2011
Presidente: De Maio
Estensore: Amoresano


Premassima

INQUINAMENTO IDRICO – Molitura delle olive – Acque reflue – Scarico senza autorizzazione – Configurabilità del reato – Artt. 137 e 101, c. 7°, lett.c) D.L.vo n.152/2006.



Massima

 

 

CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. 3^, 25 gennaio 2012 (Ud. 19/12/2011) Sentenza n. 3087


INQUINAMENTO IDRICO – Molitura delle olive – Acque reflue – Scarico senza autorizzazione – Configurabilità del reato – Artt. 137 e 101, c. 7°, lett.c) D.L.vo n.152/2006.
 
Anche dopo l’entrata in vigore del D.L.vo 3 aprile 2006 n.152 è stato ribadito che lo scarico senza autorizzazione di acque reflue derivanti dall’attività di molitura delle olive integra il reato di cui all’art.137 del medesimo decreto (prima previsto dall’art.59 D.L.vo 11 maggio 1999 n.152), non essendo tali reflui assimilabili alla acque reflue urbane in base al di sposto dell’art.101, comma settimo, lett.c) del D.Lgs. n.152 del 2006 (Cass. Sez.3 n.26524 del 20.5.2008).
 
(Annulla per prescrione del reato sentenza del 13.10.2010 del Tribunale di Siracusa, sez. dist. di Avola), Pres. De Maio, Est. Amoresano, Ric. Nobile

Allegato


Titolo Completo

CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. 3^, 25 gennaio 2012 (Ud. 19/12/2011) Sentenza n. 3087

SENTENZA

 

 
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
TERZA SEZIONE PENALE
 
Composta dagli Ill.mi Sigg.
Dott. Guido De Maio – Presidente
Dott. Aldo Fiale          – Consigliere
Dott. Amedeo Franco – Consigliere
Dott. Silvio Amoresano         – Consigliere Rel.
Dott. Luigi Marini – Consigliere
 
ha pronunciato la seguente
 
SENTENZA
 
– sul ricorso proposto da Nobile Giorgio nato il 4.3.1952
– avverso la sentenza del 13.10.2010 del Tribunale di Siracusa, sez. dist. di Avola
– sentita la relazione fatta dal Consigliere Silvio Amoresano
– sentite le conclusioni del P.G., dr. Mario Fraticelli, che ha chiesto annullarsi con rinvio l’impugnata sentenza
 
OSSERVA
 
1) Con sentenza del 13.10.2010 il Tribunale di Siracusa, sez. disc. di Avola, in composizione monocratica, condannava Nobile Giorgio alla pena di euro 6.000,00 di ammenda per il reato di cui all’art.59 comma 1 D.L.vo n. 152/99 perché, titolare del frantoio oleario ubicato in Rosolini via Immacolata 113, effettuava nuovi scarichi di acque reflue industriali senza autorizzazione.
 
Assumeva il Tribunale che era stato pacificamente accertato, in punto di fatto, che le acque di vegetazione delle olive venivano raccolte in una cisterna di decantazione, mentre le acque di lavaggio affluivano, tramite un pozzetto, nelle pubblica fognatura e che per tale scarico l’imputato non era munito di alcuna autorizzazione. Trattandosi di acque provenienti da insediamento industriale era configurabile il reato contestato. Non era poi maturata la prescrizione, avendo il reato natura permanente (nel caso di specie era stato accertato che opere strutturali consentivano il deflusso automatico in pubblica fognatura).
 
2) Ricorre per cassazione Nobile Giorgio, a mezzo del difensore, denunciando, con il primo motivo, la violazione ed errata applicazione dell’art.59 comma 1 D.L.vo n. 152/99. La condotta sanzionata penalmente riguarda uno scarico che abbia ad oggetto “acque reflue industriali”. Ad essere rilevante non è il criterio formale della provenienza, quanto la qualità del refluo, che deve essere diverso da quello delle acque domestiche e meteoriche di dilavamento. Le acque provenienti dall’attività di molitura delle olive sono costituite principalmente dalle cd.”acque di vegetazione”. Nel caso di specie, invece, risulta pacificamente che lo scarico si riferiva solo alle acque di lavaggio provenienti dall’attività di molitura delle olive, che non hanno caratteristiche tali (in relazione alla loro composizione) per poter essere considerate reflui industriali. Con il secondo motivo denuncia la 1v mancanza ed illogicità della motivazione, avendo il Tribunale semplicisticamente affermato la responsabilità penale dell’imputato, provenendo lo scarico da insediamento industriale, senza minimamente motivare in ordine alle caratteristiche qualitative e quantitative delle acque ed in ordine alla assimilazione delle acque di lavaggio alle acque reflue industriali.
 
Con il terzo motivo denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt.132, 133, 163 175 c.p. in relazione alla determinazione della pena ed alla mancata concessione dei benefici di legge. Il Tribunale ha preso in considerazione, per negare la sospensione e la non menzione, il precedente penale, senza tener conto che, in ordine allo stesso, era intervenuta causa estintiva per il decorso positivo del termine quinquennale di cui all’art.163 c.p.
 
Con il quarto motivo, infine, denuncia la violazione di legge in relazione alla mancata declaratoria di estinzione del reato per intervenuta prescrizione. Il Tribunale erroneamente ha ritenuto che il reato contestato fosse di natura permanente (peraltro non risulta neppure accertato che la condotta si sia protratta oltre la data del I’ accertamento).
 
**********
 
3) I primi due motivi di ricorso sono infondati.
 
3.1) La giurisprudenza consolidata di questa Corte riteneva, sulla base del chiaro disposto dell’art.2 lett.h) del D.L.vo n.152/99, che nella nozione di acque reflue industriali rientrasse qualsiasi tipo di acque reflue, scaricate da edifici o installazioni in cui si svolgevano attività commerciali o produzioni di beni, diversi; dallo acque reflue domestiche e dalle acque meteoriche di dilavamento.
 
Si riteneva, pertanto, che gli scarichi derivanti dalla molitura delle olive senza la prescritta autorizzazione non integrassero “il reato di cui all’art.59 del decreto legislativo 11 maggio 1999 n.152 in quanto assimilabili alle acque reflue domestiche solo se l’attività del frantoio sia inserita con carattere di normalità e complementarietà in una impresa dedita esclusivamente alla coltivazione del fondo ed alla silvicoltura ed in presenza delle condizioni previste dall’art.28 del citato decreto n.152, tra cui quella per la quale la materia prima lavorata deve provenire per almeno due terzi esclusivamente dall’attività di coltivazione dei fondi dei quali si abbia, a qualsiasi titolo, la disponibilità” (cfr.ex multis Cass.pen.sez.3 n.10626 del 22.1.2003; conf. Cass.sez.3 n.4068 del 31.3.2000; Cass.sez.3 n.35843 del 3.9.2004).
 
Anche dopo l’entrata in vigore del D.L.vo 3 aprile 2006 n.152 è stato ribadito che “lo scarico senza autorizzazione di acque reflue derivanti dall’attività di molitura delle olive integra il reato di cui all’art.137 del medesimo decreto (prima previsto dall’art.59 D.Lgs, 11 maggio 1999 n.152), non essendo tali reflui assimilabili alla acque reflue urbane in base al di sposto dell’art.101, comma settimo, lett.c) del D.Lgs. n.152 del 2006” (Cass. Sez.3 n.26524 del 20.5.2008).
 
3.1.1) Non risultando (non viene neppure dedotto) che ricorressero le condizioni previste prima dall’ art.28 D.L.vo 152/1999 e poi dall’art.101 comma 7 lett.c) D.Lgs. n.152/2006, correttamente, il Tribunale ha ritenuto configurabile il reato contestato.
 
4) Fondato è, invece, il quarto motivo di ricorso. Pur riconoscendosi, secondo la giurisprudenza prevalente di questa Corte, la natura di reato permanente dell’ ipotesi contestata, non vi è prova che la condotta antigiuridica, con violazione del bene giuridico protetto dalla norma, sia perdurata anche successivamente all’accertamento eseguito, come da contestazione, in data 17.11.2005.
 
Il termine massimo di prescrizione di anni 4 e mesi 6 secondo la disposizione più favorevole di cui al previgente art.157 c.p. (il reato risulta commesso in epoca antecedente all’entrata in vigore della L.251/2005) è, pertanto, maturato in data 17.5.2010 e quindi prima della sentenza impugnata.
 
La sentenza impugnata va, conseguentemente, annullata senza rinvio per essere il reato ascritto estinto per intervenuta prescrizione.
 
P. Q. M.
 
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata per essere il reato estinto per prescrizione.
 
Così deciso in Roma il 19 dicembre 2011
 

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