CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez.3^, 13 marzo 2012 (Ud. 25/01/2012) Sentenza n. 9576
DIRITTO VENATORIO – Caccia all’interno di oasi regionali – Tabellazione – Elemento costitutivo del reato – Esclusione – Pubblicazione del divieto sul bollettino regionale – Insufficienza – Mancanza di tabellazione o inadeguatezza – Consapevolezza del divieto – Onere della prova – Art. 10 c. 9 L. n. 157/1992.
La tabellazione, ancorché imposta per le oasi regionali dall’articolo 10 comma 9 della legge statale n. 157 del 1992, non costituisce un elemento costitutivo del reato in assenza del quale esso per i parchi regionali non sarebbe configurabile, ma serve solo a rendere opponibile ai terzi il divieto, avendo il legislatore ritenuto insufficiente la pubblicazione del divieto sul bollettino regionale. Pertanto, in presenza di una tabellazione regolare, la conoscenza del divieto si presume ed il trasgressore, salvo casi eccezionali, non può invocare a propria discolpa l’ignoranza del divieto. La stessa mancanza di tabellazione o la sua inadeguatezza non determina peraltro automaticamente l’esclusione del reato o la non punibilità del reo ma pone a carico dell’accusa l’onere di dimostrare che, nonostante la mancanza di tabelle, il trasgressore aveva la consapevolezza del divieto. A tal fine non é però sufficiente la pubblicazione del divieto. In definitiva con la tabellazione il divieto si presume noto e l’accusa non deve dimostrare la conoscenza da parte del trasgressore. Senza la tabellazione il divieto si presume ignoto e deve essere l’accusa a dimostrare che, nonostante la mancanza di tabebellazione, il trasgressore era a conoscenza del divieto. Non v’è invero alcuna plausibile ragione per esentare dalla sanzione colui il quale è a conoscenza del divieto, pur mancando la tabellazione. Diversamente opinando potrebbe rimanere esente da pena il cacciatore che si introduca nell’area dopo avere rimosso il cartello collocato nel luogo da dove è entrato e, sorpreso dagli agenti, si giustifichi facendo rilevare che nel luogo, da dove era entrato non esisteva alcuna segnalazione.
(conferma sentenza della Corte d’appello di Cagliari del 7/6/2011) Pres. Mannino, Rel. Petti, Ric. Falco
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez.3^, 13 marzo 2012 (Ud. 25/01/2012) Sentenza n. 9576
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
TERZA SEZIONE PENALE
Composta dai sigg. magistrati:
Dott. Saverio Felice Mannino – Presidente
Dott. Ciro Petti – Consigliere Rel.
Dott. Alfredo Maria Lombardi – Consigliere
Dott. Silvio Amoresano – Consigliere
Dott. Giulio Sarno – Consigliere
Ha pronunciato la seguente
SENTENZA
– Sul ricorso proposto dal difensore di Falco Gianluca, nato il 19 giugno del 1978 a Muravera e Paesano Massimo, nato a Muravera il 10 luglio del 1988, avverso la sentenza della Corte d’appello di Cagliari del 7 giugno del 2011;
– Udita la relazione svolta dal consigliere dott. Ciro Petti;
– Sentito il Procuratore generale nella persona del doti Giuseppe Volpe, il quale ha concluso per il rigetto del ricorso;
– Sentito il difensore avv Aldo Luchi, il quale ha concluso per l’accoglimento del ricorso;
– Letti il ricorso e la sentenza impugnata, osserva quanto segue
IN FATTO
Con sentenza del 7 giugno del 2011, la Corte d’appello di Cagliari confermava quella resa dal tribunale della medesima città, con cui Falco Gianluca e Paesano Massimo erano stati condannati alla pena di mesi quattro di arresto ed euro 400,00 di ammenda, quali responsabili, in concorso di circostanze attenuanti generiche, del reato di cui all’articolo 30 lettera d) della legge 11 febbraio 1992 n 157 in relazione all’articolo 21 della stessa legge ed all’articolo 61 lettera d) della Legge regionale n 23 del 1998, per avere esercitato la caccia all’interno dell’Oasi permanente di protezione faunistica ” Costa Rey”. Fatto accertato in Muravera i130 novembre del 2006.
I due imputati si erano difesi sostenendo che non si erano resi conto di trovarsi in un’area protetta perché la zona non era adeguatamente segnalata e perimetrata.
Ricorrono per cassazione i due imputati per mezzo del comune difensore sulla base di tre motivi.
Con il primo i ricorrenti, dopo avere premesso che la zona in questione era stata costituita con decreto dell’assessore regionale della difesa dell’Ambiente e non con legge dello Stato, deducono la violazione dell’articolo 5 del codice penale, in relazione all’articolo 10 comma 9 della legge n 157 del 1992, per l’ignoranza del vincolo in mancanza della prescritta tabellazione.
Precisano che, mentre deve ritenersi inescusabile l’ignoranza della legge, può considerarsi scusabile la mancata conoscenza del provvedimento amministrativo che individua un’oasi permanente faunistica, in mancanza della prescritta tabellazione.
Con il secondo motivo deducono la violazione dell’articolo 10 comma 9 della legge n 157 del 1992, per avere la Corte ritenuto irrilevante l’accertata mancanza delle prescritte tabelle perimetrali nonché per avere sostenuto che l’articolo 74 comma 7 della legge regionale n. 23 del 1998, in forza del quale non si applicano le sanzioni a chi si introduce in aree sottoposte a divieti non delimitate o delimitate in modo difforme da quanto previsto dall’articolo 39 della legge anzidetta, si riferisca alle sole sanzioni amministrative e non anche a quelle penali per la riserva di legge spettante allo Stato: a tal fine precisano che l’articolo 10 comma nove della legge statale impone alle regioni la tabellazione delle zone dove vige il divieto di caccia e che il comma 7 dell’articolo 74 della legge regionale dianzi citata non viola il principio di riserva di legge, perché rientra nel potere legislativo esclusivo della Regione Sardegna nelle materie riservate condizionare la punibilità alla segnalazione della zona protetta.
Con il terzo motivo lamentano mancanza e contraddittorietà della motivazione sul contrasto di giudicati dedotto con i motivi d’appello e ritenuto insussistente dalla corte territoriale benché, con la sentenza n. 1218 del 2010, il Tribunale di Cagliari avesse assolto il correo Spanu Stefano Janathan proprio per la mancanza di perimetrazione tabellare dell’area.
IN DIRITTO
Il ricorso va respinto perché infondato.
Con riferimento ai primi due motivi che, essendo strettamente connessi, vanno esaminati congiuntamente, si osserva che essi si fondano sulla premessa che gli imputati non erano a conoscenza del divieto per la mancanza di tabellazione o comunque per la mancanza di idonea tabellazione.
I giudici del merito hanno accertato invece che il divieto era stato pubblicato sul bollettino ufficiale della regione Sardegna fin dal 1986 e che l’area era stata perimetrata anche se, con il passare del tempo, alcuni cartelli erano stati rimossi ed altri erano stati resi illeggibili dagli spari degli stessi cacciatori. I giudici del merito, a prescindere dalla pubblicazione, hanno ritenuto comunque provata la conoscenza del divieto da parte dei due imputati in base di alcune circostanze univoche ossia per il fatto che uno dei due abitava proprio nella zona mentre l’altro a pochi chilometri di distanza da essa; che entrambi esercitavano abitualmente la caccia in quella zona e che in prossimità del luogo dove avevano parcheggiato l’auto esisteva un vistoso cartello con l’indicazione del divieto nonché sulla circostanza che gli stessi, per non destare sospetti, avevano parcheggiato l’auto fuori del perimetro della zona in cui vigeva il divieto. I giudici del merito hanno quindi accertato che, nonostante l’inadeguatezza della segnalazione, resa tale anche per il comportamento di alcuni cacciatori, gli attuali ricorrenti erano consapevoli del divieto.
L’assunto va condiviso perché la tabellazione, ancorché imposta per le oasi regionali dall’articolo 10 comma 9 della legge statale n 157 del 1992, non costituisce un elemento costitutivo del reato in assenza del quale esso per i parchi regionali non sarebbe configurabile, ma serve solo a rendere opponibile ai terzi il divieto, avendo il legislatore ritenuto insufficiente la pubblicazione del divieto sul bollettino regionale. Pertanto, in presenza di una tabellazione regolare, la conoscenza del divieto si presume ed il trasgressore, salvo casi eccezionali, non può invocare a propria discolpa l’ignoranza del divieto. La stessa mancanza di tabellazione o la sua inadeguatezza non determina peraltro automaticamente l’esclusione del reato o la non punibilità del reo ma pone a carico dell’accusa l’onere di dimostrare che, nonostante la mancanza di tabelle, il trasgressore aveva la consapevolezza del divieto. A tal fine non é però sufficiente la pubblicazione del divieto. In definitiva con la tabellazione il divieto si presume noto e l’accusa non deve dimostrare la conoscenza da parte del trasgressore. Senza la tabellazione il divieto si presume ignoto e deve essere l’accusa a dimostrare che, nonostante la mancanza di tabebellazione, il trasgressore era a conoscenza del divieto. Non v’è invero alcuna plausibile ragione per esentare dalla sanzione colui il quale è a conoscenza del divieto, pur mancando la tabellazione.
Diversamente opinando potrebbe rimanere esente da pena il cacciatore che si introduca nell’area dopo avere rimosso il cartello collocato nel luogo da dove è entrato e, sorpreso dagli agenti, si giustifichi facendo rilevare che nel luogo, da dove era entrato non esisteva alcuna segnalazione .
L’interpretazione anzidetta non contrasta con la norma regionale indicata dal ricorrente (art 74 comma 7 della legge Regione Sardegna n 23 del 29 luglio del 1998) e supera il contrasto esistente in questa sezione in materia di tabellazione relativamente ai parchi o alle oasi regionali (cfr Cass. n.32563 del 2006; n. 1989 del 2010). Dispone infatti il comma 7 dell’articolo 74 che “qualora le aree di cui all’articolo 61 comma 1 lettere b),c).,d),e), s) e quelle in genere nelle quali siano vigenti divieti o limitazioni di esercizio di attività venatorie, non siano delimitate o siano delimitate in modo difforme da quanto previsto dall’articolo 39, non sono applicabili sanzioni a carico di chi esercita la caccia essendosi introdotto in dette aree senza avere potuto constatare la vigenza del divieto o delle limitazioni a causa della segnalazione inadeguata” Orbene,argomentando a contrario si deve ritenere che non v’è ragione per escludere la sanzione (amministrativa o penale) allorché si dimostri da parte dell’accusa che il trasgressore ha potuto constatare la sussistenza del divieto nonostante la mancanza o l’inadeguatezza della tabellazione.
Nella fattispecie,come già precisato, i giudici del merito hanno accertato che, pur in presenza di una tabellazione, resa inadeguata anche per colpa dei cacciatori, i due prevenuti erano consapevoli del divieto.
Per quanto concerne il terzo motivo si rileva che il dedotto contrasto è stato esaminato dalla Corte territoriale ed è stato legittimamente ritenuto irrilevante. Invero, le situazioni di contrasto non sono definibili in numero chiuso, potendo essere le più varie e che, peraltro, esse non possono ravvisarsi sulla sola base di un contrasto di principio fra due sentenze, ovvero sulla valutazione dello stesso fatto in relazione però a persone diverse (Cass. 28 maggio 2008 Carafasso) ma devono essere tali da dimostrare, rispetto alla sentenza di condanna, una diversa realtà fattuale, irrevocabilmente accertata in altra sentenza ed idonea a scagionare il condannato. In particolare non può dare luogo a contraddittorietà di decisioni l’affermazione di responsabilità di un soggetto quale concorrente nel medesimo reato dal quale altro soggetto è stato in precedenza assolto per la mancanza dell’elemento psicologico del reato. Il contrasto deve riguardare il fatto e non la diversa valutazione dell’elemento psicologico dei concorrenti nel medesimo reato
P.Q.M.
LA CORTE
Letto l’articolo 616 c.p.p.
Rigetta
Il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
Cosi deciso in Roma il 25 gennaio del 2012