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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Procedimento amministrativo Numero: 1901 | Data di udienza:

PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO – Procedura selettiva interna conclusa – Revoca – Motivazione insufficiente – Illegittimità.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione: Campania
Città: Napoli
Data di pubblicazione: 23 Aprile 2012
Numero: 1901
Data di udienza:
Presidente: Romano
Estensore: Palmarini


Premassima

PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO – Procedura selettiva interna conclusa – Revoca – Motivazione insufficiente – Illegittimità.



Massima

 

 
TAR CAMPANIA, Napoli, Sez. 3^, 23 aprile 2012, Sentenza n. 1901

PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO – Procedura selettiva interna conclusa – Revoca – Motivazione insufficiente – Illegittimità. 
 
Non emergono ragioni di convenienza amministrativa nell’adozione di un provvedimento di revoca di una procedura selettiva interna praticamente conclusa da parte della P.A., quando questa non abbia illustrato le ragioni sostanziali, di merito e/o di legittimità, che l’hanno indotta a non adottare gli atti finali (essenzialmente l’approvazione della graduatoria) della procedura stessa, e quando il provvedimento di secondo grado sia stato emanato nel silenzio dell’organo al quale l’Amministrazione stessa aveva chiesto un parere, senza sciogliere, quindi, il nodo interpretativo della legittimità, alla luce della nuova normativa, della prosecuzione della progressione verticale.
 
Pres. Romano, Est. Palmarini,  Palamone ed altro (avv. Armenante) c. Regione Campania (avv. Saturno)

Allegato


Titolo Completo

TAR CAMPANIA, Napoli, Sez. 3^, 23 aprile 2012, Sentenza n. 1901

SENTENZA

 

 
N. 01901/2012 REG.PROV.COLL.
N. 06563/2011 REG.RIC.
 
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Terza)
 
ha pronunciato la presente
 
SENTENZA
 
sul ricorso numero di registro generale 6563 del 2011, proposto da:
Giulia Palamone e Alfonso Buonaiuto, rappresentati e difesi, giusta procura a margine del ricorso introduttivo, dall’Avvocato Francesco Armenante, con il quale elettivamente domiciliano in Napoli, presso lo studio Cervelli alla via Massimo Stanzione n. 18;
 
contro
 
la Regione Campania, in persona del Presidente della G.R. p.t., rappresentata e difesa, giusta procura in calce alla copia del ricorso notificato e in virtù di decreto n. 263/2011, dall’Avvocato Rosaria Saturno con il quale elettivamente domicilia in Napoli alla via S. Lucia n. 81;
 
per l’annullamento
 
a) del decreto dirigenziale n. 263 del 7 ottobre 2011, pubblicato sul BURC n. 65 del 17 ottobre 2011 con il quale la Regione Campania ha revocato la procedura selettiva interna per n. 15 posti di categoria D, posizione economica D1, profilo professionale di “Istruttore Direttivo Amministrativo”, di cui al bando pubblicato sul BURC n. 28 del 26 giugno 2006;
 
b) di tutti gli atti presupposti e connessi ivi compreso, per quanto di interesse, la delibera di G.R. n. 290 del 21 giugno 2011;
 
nonché, in subordine, per il risarcimento del danno da ritardo.
 
 
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della Regione Campania;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 22 marzo 2012 il dott. Paola Palmarini e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 
FATTO
 
Con il ricorso in epigrafe, notificato il 12 dicembre 2011 e depositato il successivo giorno 22, i ricorrenti, dipendenti della Giunta regionale Campania, inquadrati nella categoria C5, hanno impugnato il decreto con il quale la Regione Campania ha revocato la procedura selettiva interna per n. 15 posti di categoria D, posizione economica D1, profilo professionale “Istruttore Direttivo Amministrativo” indetta con il bando pubblicato sul BURC n. 28 del 26 giugno 2006.
 
Espongono i ricorrenti:
 
– di aver partecipato alla selezione de qua finalizzata all’inquadramento nella superiore categoria D1 mediante progressione verticale, sostenendo tutte le prove selettive;
 
– che la Commissione di concorso concludeva i propri lavori in data 19 gennaio 2010 senza adottare ulteriori provvedimenti;
 
– che per tale ragione, inoltravano diffida alla Regione affinché concludesse la procedura e, successivamente non ottenendo risposta, adivano il T.A.R. ai sensi dell’art. 31 del c.pa.;
 
– che con le sentenze nn. 620/2011 e n. 3959/2011 il T.A.R. ordinava alla Regione di concludere il procedimento anche, eventualmente, con l’adozione di un provvedimento di secondo grado (autoannullamento/revoca della procedura avviata);
 
– che l’amministrazione regionale con il provvedimento impugnato revocava la procedura selettiva interna sulla base dell’incertezza normativa in materia di progressioni verticali e della situazione finanziaria dell’ente (violazione del patto di stabilità interno e sussistenza di tetti alla spesa corrente).
 
A sostegno del gravame deducono i seguenti motivi:
 
1) violazione dell’art. 97 della Cost., violazione degli artt. 3, 16, 21 quinquies e 21 nonies della legge n. 241 del 1990, violazione dell’art. 35 del d.lg. n. 165/2001, violazione dell’art. 1, comma 2 ed art. 11, comma 5 del D.P.R. n. 487/1994, falsa applicazione della l. n. 133/2008, del d.lg n. 150/2009 e della l. n. 122/2010 e sviamento in quanto il decreto non è supportato da idonea motivazione atteso che i pareri richiesti nell’ambito del procedimento al Dipartimento della funzione pubblica sull’applicazione della normativa in tema di progressioni verticali (artt. 24 e 62 del d.lg. n. 150/2009) non sono mai stati resi e non sono state indicate altre ragioni di interesse pubblico alla revoca della procedura;
 
2) falsa applicazione della legge n. 133/2008, del d.lg. n. 150/2009, della l. n. 122/2010, erroneità dei presupposti e illogicità manifesta in quanto:
 
– le norme in materia di finanza pubblica locale citate inibiscono nuove assunzioni e non sono applicabili alla fattispecie ove si controverte dell’approvazione di una graduatoria di una procedura concorsuale ormai interamente espletata;
 
– non assume valenza ostativa alla conclusione del procedimento neppure l’art. 62 del d.lg. n. 150/2009 (il quale stabilisce che le progressioni fra le aree avvengono tramite concorso pubblico, ferma restando la possibilità per l’amministrazione di destinare al personale interno, in possesso dei titoli di studio richiesti per l’accesso dall’esterno, una riserva di posti comunque non superiore al 50% di quelli messi a concorso), considerato che nel caso di specie si è svolta una regolare procedura concorsuale;
 
– contraddittoriamente l’amministrazione, in vigenza delle stesse norme, ha definito altre procedure concorsuali;
 
3) violazione dell’art. 2 della legge n. 241 del 1990, eccesso di potere per illogicità, sproporzionalità ed omessa ponderazione dei contrapposti interessi in quanto la mera approvazione della graduatoria non ha alcun impatto sul patto di stabilità interno (che, peraltro, risulta essere stato successivamente rispettato) e l’amministrazione non ha indicato altre ragioni di pubblico interesse per giustificare la mancata conclusione di una procedura nella sostanza già completata;
 
4) violazione dell’art. 7 della legge n. 241/1990 in quanto l’amministrazione ha omesso la comunicazione di avvio del procedimento vieppiù necessaria nel caso di provvedimenti di secondo grado.
 
In via subordinata all’accoglimento della domanda di annullamento, i ricorrenti chiedono che venga accertata la sussistenza del danno da ritardo. Ciò in quanto:
 
5) in base all’art. 35, comma 3, lettera a) del d.lg. n. 165/2001 e agli artt. 1, comma 2 e 11, comma 3, lettera a) del D.P.R. n. 487/1994, le procedure concorsuali devono concludersi entro 6 mesi dall’effettuazione delle prove scritte.
 
Relativamente al quantum del risarcimento, i ricorrenti deducono di avere diritto alle differenze retributive maturate e maturande, nonché il ristoro delle ulteriori possibilità professionali e curriculari precluse dal mancato superamento del concorso e del danno morale subito.
 
Si è costituita per resistere al ricorso la Regione Campania.
 
Con l’ordinanza n. 81 del 13 gennaio 2012 la Sezione ha riconosciuto sussistenti le ragioni di cui all’art. 55, comma 10 del c.p.a. per la sollecita fissazione dell’udienza di merito.
 
Nell’imminenza dell’udienza del 22 marzo 2012, all’esito della quale la causa è stata trattenuta in decisione, sia i ricorrenti, sia l’amministrazione resistente hanno depositato ulteriori memorie difensive insistendo nelle rispettive posizioni.
 
DIRITTO
 
1. Il ricorso è fondato e va accolto.
 
Oggetto della presente controversia è il provvedimento con il quale la Regione Campania ha revocato la procedura selettiva interna per n. 15 posti di categoria D, posizione economica D1, profilo professionale di “Istruttore Direttivo Amministrativo”, indetta con il bando pubblicato sul BURC n. 28 del 26 giugno 2006.
 
I ricorrenti, dipendenti della Giunta regionale campana, appartenenti alla categoria C5, hanno partecipato a tutte le prove selettive per accedere all’inquadramento superiore mediante progressione verticale e, nell’inerzia dell’amministrazione, hanno adito il T.A.R. ai sensi dell’art. 31 del c.p.a. per ottenere una motivata risposta circa la conclusione (o meno) della procedura concorsuale iniziata nel 2006. Questa Sezione con le sentenze nn. 620 e 3959 del 2011 ha accolto il ricorso ordinando alla Regione di concludere il procedimento di cui è causa ferma restando “la generale potestà amministrativa di autotutela, sia in sede di riesame per l’emergere di vizi originari degli atti (autoannullamento), sia in sede di revisione della opportunità e convenienza amministrativa e dell’attualità del bisogno che aveva causato l’avvio della procedura (revoca, che può ricorrere anche allorquando intervenga una norma successiva che abbia vietato le stesse procedure già avviate)”.
 
L’amministrazione regionale con il decreto impugnato ha stabilito che “in mancanza degli elementi indicati in premessa” (ovvero: “a1) possibilità di procedere all’approvazione della graduatoria di merito e alla nomina dei vincitori delle progressioni verticali alla luce dell’entrata in vigore degli artt. 24 e 62 del d.lgs. n. 150/2009; a2) modalità di quantificazione del costo dell’eventuale assunzione dei vincitori della procedura selettiva interna, ai fini del rispetto dell’art. 14, comma 9 della legge n. 122/2010 e verifica dell’incidenza del costo delle assunzioni nell’ambito delle economie di spesa derivate dalle cessazioni nell’anno precedente; a3) definizione, dell’art. 9, comma 21 della legge n. 122/2010 dell’eventuale inquadramento giuridico ed economico dei vincitori della procedura selettiva in oggetto”) la procedura “si intende revocata per cui il procedimento dovrà ritenersi concluso negativamente”.
 
In sostanza, la Regione pone a base del provvedimento di secondo grado impugnato due questioni: 1) “l’incertezza del quadro normativo in materia di progressioni verticali”, 2) “le limitazioni di carattere finanziario” derivanti dalla violazione del patto di stabilità interno e dai tetti di spesa per il personale.
 
Fondatamente si dolgono i ricorrenti della carenza motivazionale dell’atto gravato emesso in violazione dei principi dettati in materia dalle disposizioni di cui agli artt. 21 quinquies e 21 nonies della legge n. 241 del 1990.
 
Ed, invero, come emergerà dalla disamina della motivazione dell’atto, non è dato comprendere le ragioni sostanziali, di merito e/o di legittimità, che hanno indotto l’amministrazione a non adottare gli atti finali (essenzialmente l’approvazione della graduatoria) di una procedura selettiva praticamente conclusa (la circostanza che tutte le prove concorsuali sono state completate non è contestata dall’amministrazione resistente).
 
In particolare, quanto alla prima questione, l’amministrazione regionale ha chiesto un parere al Dipartimento della funzione pubblica circa l’applicazione alla procedura selettiva di cui si discute degli artt. 24 e 62 del d.lg. n. 150/2009 a mente dei quali a decorrere dal 1° gennaio 2010 “le progressioni verticali tra le aree avvengono tramite concorso pubblico, ferma restando la possibilità per l’amministrazione di destinare al personale interno, in possesso dei titoli di studio richiesti per l’accesso dall’esterno, una riserva di posti comunque non superiore al 50% di quelli messi a concorso”. La Regione, in mancanza del parere richiesto (il Ministero è, infatti, rimasto silente) e senza sciogliere il nodo interpretativo della legittimità, alla luce della nuova normativa, della prosecuzione della progressione verticale avviata nel 2006, ha, sic et simpliciter, adottato il provvedimento di revoca della procedura selettiva. In altri termini, a parte la dichiarata incertezza normativa relativa alle progressioni verticali, l’amministrazione non ha indicato altre ragioni, chiare e convincenti, di interesse pubblico, sottese alla determinazione di secondo grado.
 
Ciò vale anche per le problematiche di carattere finanziario (che rappresentano la seconda questione sollevata), evocate nel provvedimento impugnato, ossia: la violazione del patto di stabilità interno, il rispetto dell’art. 14, comma 9 della legge n. 122/2010 che pone determinati limiti alle assunzioni di nuovo personale, gli obiettivi di spesa fissati dalla delibera di G.R. n. 290/2011 e le modalità di inquadramento giuridico ed economico dell’eventuale assunzione dei vincitori della selezione interna alla luce dell’art. 9, comma 21 della legge n. 122/2010 che ha stabilito per il triennio 2011 – 2013 che le progressioni di carriera comunque denominate hanno effetto in quegli anni solo a fini giuridici e non economici. Come efficacemente dedotto dai ricorrenti, i citati vincoli di finanza pubblica non vengono in rilievo nella fattispecie, ove si controverte, non della assunzione di nuovo personale, bensì dell’approvazione della graduatoria finale di una procedura concorsuale ormai interamente espletata che non comporta, in sé, la sopportazione di nuovi oneri da parte dell’amministrazione regionale. Né può dubitarsi dell’interesse qualificato dei ricorrenti, anche ai soli fini curriculari e a prescindere dall’eventuale e successivo inquadramento superiore, a essere inseriti nella graduatoria della selezione interna indetta tra il personale della Giunta regionale.
 
Ancora una volta, non emergono le ragioni, né di legittimità, né di convenienza amministrativa (ciò anche nel bilanciamento dei contrapposti interessi, pubblici e privati) che hanno portato all’arresto del procedimento in questione nella sua fase conclusiva.
 
Per i sopra esposti motivi, di carattere assorbente, il provvedimento merita di essere annullato. Il Collegio non deve farsi carico dell’esame della domanda risarcitoria che la parte ricorrente ha formulato in via subordinata alla eventuale reiezione della domanda di annullamento.
 
2. Le spese seguono la soccombenza e trovano liquidazione in dispositivo.
 
P.Q.M.
 
il Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania, Terza Sezione di Napoli, definitivamente pronunciano sul ricorso in epigrafe (R.G. n. 6563/2011), lo accoglie e, per l’effetto, annulla il provvedimento impugnato.
 
Condanna la Regione Campania a rifondere alla parte ricorrente le spese del giudizio che si liquidano in complessivi euro 2.000,00 (duemila/00), oltre maggiorazioni, I.V.A. e c.a.p., come per legge.
 
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
 
Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 22 marzo 2012 con l’intervento dei magistrati:
 
Saverio Romano, Presidente
 
Paolo Carpentieri, Consigliere
 
Paola Palmarini, Referendario, Estensore
 
 
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 23/04/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
 

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