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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Danno ambientale, Diritto processuale penale, Rifiuti, VIA VAS AIA Numero: 18741 | Data di udienza: 19 Ottobre 2011

* VIA – Autorizzazione integrata ambientale (AIA) – Continuità normativa – RIFIUTI – Fattispecie: condotta colposa nello spandimento di liquami zootecnici – DANNO AMBIENTALE – Specifico compito di vigilanza e controllo – Società – Responsabilità dei singoli – Individuazione – Necessità – Responsabilità indifferenziata in quanto tutti soci con pari poteri – Esclusione  – Art. 29 quattuordecies D. L.vo n.152/06 – Art. 16 c.2° D. L.vo 52/09 – DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Decreto penale per reati contravvenzionali – Oblazione – Limiti.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 16 Maggio 2012
Numero: 18741
Data di udienza: 19 Ottobre 2011
Presidente: Ferrua
Estensore: Grillo


Premassima

* VIA – Autorizzazione integrata ambientale (AIA) – Continuità normativa – RIFIUTI – Fattispecie: condotta colposa nello spandimento di liquami zootecnici – DANNO AMBIENTALE – Specifico compito di vigilanza e controllo – Società – Responsabilità dei singoli – Individuazione – Necessità – Responsabilità indifferenziata in quanto tutti soci con pari poteri – Esclusione  – Art. 29 quattuordecies D. L.vo n.152/06 – Art. 16 c.2° D. L.vo 52/09 – DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Decreto penale per reati contravvenzionali – Oblazione – Limiti.



Massima

 

 

CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez.3^ 16 maggio 2012 (Ud. 19/10/2011)  Sentenza n. 18741

VIA – Autorizzazione integrata ambientale (AIA) – Continuità normativa – RIFIUTI – Fattispecie: condotta colposa nello spandimento di liquami zootecnici – Art. 29 quattuordecies D. L.vo n.152/06 – Art. 16 c.2° D. L.vo n.52/09.
 
L’originaria ipotesi contravvenzionale disciplinata dall’art. 16 comma 2 del D. L.vo n.59/05 è stata trasfusa – senza alcuna modifica – nel testo rappresentato dall’art. 29 quattuordecies del D. Lvo n.152/06 introdotto dall’art. 2 comma 24 del D. L.vo n.128/10 che ha, appunto, inserito nel corpo normativo preesistente alcune modifiche in materia di autorizzazione integrata ambientale.  Il testo dell’art. 29 quattuordecies del D. Lvo n. 128/10 costituisce ictu oculi l’esatta riproposizione del precedente testo contenuto nell’art. 16 comma 2 del D. L.vo n.59/05 con conseguente continuità normativa della fattispecie, così come esattamente affermato dal GIP.  Tale conclusione impedisce quindi di accedere alla tesi prospettata dalle ricorrenti di una avvenuta abrogazione del precedente reato di cui all’art. 16 comma 2 contenuto nel D. L.vo n.59/05, in quanto l’abrogazione prevista nell’incipit dell’art. 4 del D. L.vo n.128/10 dell’intero corpo. del D. L.vo n.59/05 è solo di tipo formale. Invero la materia della autorizzazione integrata ambientale, opportunamente rielaborata in alcuni punti (ma non nel sistema sanzionatorio che è rimasto, rispetto a quello precedente, assolutamente identico sia quanto alla entità e tipologia di pene sia quanto alla indicazione delle condotte vietate), ha trovato organica e definitiva collocazione nel D. L.vo n.152/06 come modificato dal citato D.L.vo n.128/10. 
Fattispecie: condotta colposa nello spandimento di liquami zootecnici provenienti da un terreno agricolo ove era ubicata l’azienda.
 
(annulla con rinvio sentenza ex artt. 438 e ss. c.p.p. pronunciata in data 29/11/2010 il GIP del Tribunale di Piacenza) Pres. Ferrua Est. Grillo Ric. Testa ed altri
 
 
DANNO AMBIENTALE – Specifico compito di vigilanza e controllo – Società – Responsabilità dei singoli – Individuazione – Necessità – Responsabilità indifferenziata in quanto tutti soci con pari poteri – Esclusione.
 
La responsabilità soggettiva dei singoli imputati, tutti accomunati dall’identica qualità di socio con pari poteri rivestita in seno ad una società ” deve essere  adeguatamente motivata.  Pertanto, non può mancare da parte del Giudice una disamina dei singoli ruoli svolti in concreto dagli imputati nella società onde verificare se e chi tra di essi avesse uno specifico compito di vigilanza e controllo sulla consistenza e sul grado di imbibizione del terreno agricolo sul quale doveva essere sparso il liquame proveniente dal vicino allevamento suino.  Né può ritenersi rispondente ai criteri della logica l’affermazione di responsabilità indifferenziata dei ricorrenti poggiante sul mero dato formale di essere tutti soci con pari poteri, occorrendo invece verificare – secondo i canoni propri della responsabilità (in questo caso colposa) – chi tra costoro avesse nell’organigramma societario compiti specifici di controllo preventivo e vigilanza, pena lo sconfinamento in una ipotesi di responsabilità oggettiva.

(annulla con rinvio sentenza ex artt. 438 e ss. c.p.p. pronunciata in data 29/11/2010 il GIP del Tribunale di Piacenza) Pres. Ferrua Est. Grillo Ric. Testa ed altri
 

DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Decreto penale per reati contravvenzionali – Oblazione – Limiti.
 
In tema di procedimento penale per reati contravvenzionali la facoltà di richiedere l’oblazione può essere esercitata fino a quando il decreto penale non sia divenuto esecutivo con il passaggio in giudicato per mancata opposizione (Cass. Sez. 1^ 21.10.1996 n. 10378, Rv. 207154).
 
(annulla con rinvio sentenza ex artt. 438 e ss. c.p.p. pronunciata in data 29/11/2010 il GIP del Tribunale di Piacenza) Pres. Ferrua Est. Grillo Ric. Testa ed altri

Allegato


Titolo Completo

CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez.3^ 16 maggio 2012 (Ud. 19/10/2011) Sentenza n. 18741

SENTENZA

 

 
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
 
composta dagli Ill.mi Sigg.:
1. Dott. Giuliana FERRUA – Presidente
2. Dott. Mario GENTILE – Consigliere
3. Dott. Renato GRILLO – Consigliere rel.
4. Dott. Luigi MARINI – Consigliere
5.     Dott. Elisabetta ROSI              – Consigliere
 
ha pronunciato la seguente
 
SENTENZA
 
– sul ricorso proposto da: TESTA Bruna, nata a Cortemaggiore il 16.07.1948 MELODI Federica, nata a Parma il 18.08.1971 MELODI Lisa, nata a Monticelli D’Ongina il 5.02.1978 MELODI Valentina, nata a Piacenza il 9.03.1984
– avverso la sentenza emessa dal G.I.P. del Tribunale di Piacenza il 29 novembre 2010
– udita nella udienza pubblica del 19 ottobre 2011 la relazione fatta dal Consigliere Dr. Renato GRILLO;
– udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. Gioacchino IZZO che ha concluso per l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata;
– sentito il difensore delle ricorrenti nella persona dell’Avv. Flavio DELLA GIOVANNA
 
Svolgimento del processo e motivi della decisione
 
Con sentenza ex artt. 438 e ss. c.p.p. pronunciata in data 29 novembre 2010 il GIP del Tribunale di Piacenza dichiarava TESTA Bruna, MELODI Federica, MELODI Lisa e MELODI Valentina, tutte imputate del reato di cui all’art. 16 comma 2° del D. Lg.vo 59/05, colpevoli del detto reato irrogando nei confronti di ciascuna di esse la pena – così diminuita per il rito – di € 3.000,00 di ammenda.
 
Il GIP, a seguito dell’opposizione a decreto penale di condanna per il reato di cui all’art. 16 comma 2° del D. L.vo 52/09 emesso nei riguardi delle predette imputate, all’esito del giudizio svoltosi con le forme del rito abbreviato aveva qualificato la condotta nel reato di cui all’art. 29 quattuordecies del D. L.vo 152/06, affermando che tale disposizione si poneva in continuità normativa rispetto al previgente testo normativo oggetto della contestazione.
 
All’affermazione di colpevolezza il GIP era pervenuto avendo ravvisato una condotta colposa a carico di ciascuna delle predette imputate nello spandimento di liquami zootecnici provenienti da un terreno agricolo ove era ubicata l’azienda “PALAllINA SOCIETA’ AGRICOLA” di cui le quattro imputate erano socie e che aveva inquinato il Cavo Fontana sito nel Comune di Monticelli D’Ongina.
 
Ricorrono avverso la detta sentenza tutte le imputate a mezzo del loro difensore fiduciario, denunciando con un primo motivo violazione della legge processuale (art. 141 comma 3 disp. Att. C.p.p.) per avere il GIP omesso di indicare nel decreto penale di condanna, in assenza di apposito avviso da parte del P.M., la facoltà riservata ai destinatari del decreto di richiedere l’oblazione.
 
In seno allo stesso motivo il ricorrente deduce una ulteriore violazione di legge per non avere il GIP consentito, una volta effettuata la derubricazione del reato originario, la rimessione in termini alle imputate al fine di una eventuale ammissione all’oblazione richiesta nel corso della discussione.
 
Rileva ancora il difensore che comunque la diversa qualificazione del fatto doveva ritenersi contra legem attesa l’intervenuta abrogazione dell’art. 16 comma 2° del D. L.vo 59/05 per effetto dell’art. 4 del D. L.vo 128/10.
 
Con un secondo motivo viene dedotta violazione della legge penale (art. 16 comma 2° D. L.vo 59/05) e difetto di motivazione per avere il GIP individuato la responsabilità delle imputate in modo indifferenziato e senza alcuna valutazione in ordine al singolo ruolo svolto da ciascuna delle ricorrenti in seno alla società, tralasciando altresì di considerare la circostanza che il reato era stato materialmente commesso da terzi.
 
Il ricorso è fondato nei limiti infradescritti.
 
Con riferimento al rimo motivo non è condivisibile la censura’relativa al mancato avviso nel decreto penale di condanna notificato alle imputate della facoltà di poter accedere all’oblazione: invero tale avviso non rientra tra i requisiti richiesti dall’art. 460 cod. proc. pen. per l’emissione del decreto penale di condanna.
 
Quanto, poi, alla facoltà di poter richiedere l’oblazione, essa può ben essere richiesta dall’imputato prima dell’apertura del dibattimento (o anche, ma a determinate condizioni, nel corso del dibattimento) dopo che sia stata proposta opposizione al decreto penale.
 
Invero per pacifico orientamento di questa Corte, nel procedimento penale per reati contravvenzionali la facoltà di richiedere l’oblazione può essere esercitata fino a quando il decreto penale non sia divenuto esecutivo con il passaggio in giudicato per mancata opposizione (Cass. Sez. 1^ 21.10.1996 n. 10378, Rv. 207154).
 
Nel caso in esame nessuna violazione dei diritti difensivi si è quindi verificata in conseguenza dell’asserito mancato avviso della facoltà di richiedere l’oblazione, in quanto non previsto dalla legge.
 
Peraltro la disposizione invocata dalla difesa delle ricorrenti (art. 141 comma 4° Disp. Att. cod. proc. pen.) che prevede la rimessione in termini dell’imputato nel caso di modifica dell’originaria imputazione in una diversa per la quale sia invece ammissibile l’oblazione, non trova applicazione nella ipotesi in cui la modifica sia intervenuta direttamente da parte del giudice con la sentenza di condanna (Cass. Sez. Un. 28.2.2006 n. 7645, Antolitano ed altro, Rv. 233029).
 
Tuttavia l’imputato che abbia tempestivamente invocato una più favorevole qualificazione giudica del fatto rispetto a quella preclusiva dell’accesso all’oblazione può dolersi dell’impossibilità di addivenirvi qualora il giudice abbia effettuato solo con la sentenza di condanna ed all’esito del dibattimento, la richiesta derubricazione in un reato suscettibile di oblazione (cass. Sez. 1^ 17.4.2003 n. 29434. Rv. 225033; nello stesso senso Cass. Sez. Un. cit.).
 
Presupposto indefettibili, quindi, per una rimessione in termini è che il reato originario – ostativo alla possibilità di avvalersi dell’oblazione – venga successivamente derubricato o comunque diversamente qualificato con la coeva possibilità astratta di accesso all’oblazione. Tale ipotesi non era (e non è) ricorrente nel caso in esame in quanto il giudice non ha proceduto ad una diversa qualificazione giuridica del fatto rispetto ad altra impeditiva della facoltà di richiedere l’oblazione, ma si è limitato ad un diverso inquadramento normativo della fattispecie originaria rimasta comunque immutata nelle sue linee essenziali.
 
Conseguentemente è stata correttamente negata dal GIP la concessione di un termine per l’accesso all’oblazione per l’assorbente e decisiva considerazione che in realtà il fatto ritenuto in sentenza era (ed é) del tutto identico al fatto originariamente contestato, senza quindi che possa parlarsi di derubricazione o diversa qualificazione del fatto originariamente contestato come, peraltro, emerge pacificamente dal dispositivo della sentenza impugnata.
 
Sotto altro profilo – concernente, stavolta, l’asserita abrogazione del reato originariamente contestato per effetto di quanto previsto dall’art. 4 del D. L.vo 128/10 – la censura delle ricorrenti è priva di pregio.
 
Ripercorrendo l’excursus normativo della fattispecie in esame, si osserva che l’originaria ipotesi contravvenzionale disciplinata dall’art. 16 comma 2 del D. L.vo 59/05 è stata trasfusa — senza alcuna modifica — nel testo rappresentato dall’art. 29 quattuordecies del D. Lvo 152/06 introdotto dall’art. 2 comma 24 del D. L.vo 128/10 che ha, appunto, inserito nel corpo normativo preesistente alcune modifiche in materia di autorizzazione integrata ambientale.
 
Il testo dell’art. 29 quattuordecies del D. Lvo 128/10 costituisce ictu oculi l’esatta riproposizione del precedente testo contenuto nell’art. 16 comma 2 del D. L.vo 59/05 con conseguente continuità normativa della fattispecie, così come esattamente affermato dal. GIP.
 
Tale conclusione impedisce quindi di accedere alla tesi prospettata dalle ricorrenti di una avvenuta abrogazione del precedente reato di cui all’art. 16 comma 2 contenuto nel D. L.vo 59/05, in quanto l’abrogazione prevista nell’incipit dell’art. 4 del D. L.vo 128/10 dell’intero corpo del D. L.vo 59/05 è solo di tipo formale.
 
Invero la materia della autorizzazione integrata ambientale, opportunamente rielaborata in alcuni punti (ma non nel sistema sanzionatorio che è rimasto, rispetto a quello precedente, assolutamente identico sia quanto alla entità e tipologia di pene sia quanto alla indicazione delle condotte vietate), ha trovato organica e definitiva collocazione nel D. L.vo 152/06 come modificato dal citato D.L.vo 128/10.
 
Fondato, di contro, appare il secondo motivo di ricorso in quanto da parte del GIP non è stata sviluppata una adeguata motivazione in merito alla responsabilità soggettiva delle singole imputate, tutte accomunate secondo la motivazione del GIP dall’identica qualità di socio con pari poteri rivestita in seno alla società “PALAZZINA SOCIETA’ AGRICOLA”: invero manca da parte del Giudice una disamina dei singoli ruoli svolti in concreto dalle imputate nella società onde verificare se e chi tra di esse avesse uno specifico compito di vigilanza e controllo sulla consistenza e sul grado di imbibizione del terreno agricolo sul quale doveva essere sparso il liquame proveniente dal vicino allevamento suino.
 
Né può ritenersi rispondente ai criteri della logica l’affermazione di responsabilità indifferenziata delle quattro odierne ricorrenti poggiante sul mero dato formale di essere tutte socie con pari poteri, occorrendo invece verificare — secondo i canoni propri della responsabilità (in questo caso colposa) – chi tra costoro avesse nell’organigramma societario compiti specifici di controllo preventivo e vigilanza, pena lo sconfinamento in una ipotesi di responsabilità oggettiva.
 
Va, quindi, in accoglimento di tale specifico motivo, disposto l’annullamento della sentenza impugnata con rinvio al Tribunale di Piacenza per un nuovo esame sul punto alla luce dei rilievi testé enunciati.
 
P.Q.M.
 
Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Piacenza.
 
Così deciso in Roma 19 ottobre 2011
 

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