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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Procedimento amministrativo Numero: 5492 | Data di udienza: 6 Giugno 2012
* PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO – Normativa in materia di risoluzione di crisi bancarie – Finalità – Organi disciolti della Banca – Soci – Partecipazione al procedimento – Impossibilità.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione: Lazio
Città: Roma
Data di pubblicazione: 14 Giugno 2012
Numero: 5492
Data di udienza: 6 Giugno 2012
Presidente: Bianchi
Estensore: Sapone


Premassima

* PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO – Normativa in materia di risoluzione di crisi bancarie – Finalità – Organi disciolti della Banca – Soci – Partecipazione al procedimento – Impossibilità.



Massima

 

TAR LAZIO, Roma, Sez. 3^ – 14 giugno 2012, n. 5492

 

PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO – Normativa in materia di risoluzione di crisi bancarie Finalità – Organi disciolti della Banca – Soci – Partecipazione al procedimento – Impossibilità.

 

La normativa in materia di risoluzione di crisi bancarie non attribuisce agli organi disciolti della Banca nonché ai soci alcun diritto di informazione ovvero di partecipazione nei procedimenti di gestione di crisi bancarie, in quanto la normativa de qua non è finalizzata a tutelare gli interessi dei soci o degli organi disciolti, ma piuttosto ad impedire che la situazione di crisi di un istituto di credito possa ripercuotersi in modo negativo sulla stabilità dell’intero sistema creditizio, con conseguente pregiudizio in capo ai depositanti e ai risparmiatori; pertanto tali procedimenti si considerano ad istruttoria chiusa.

 

Pres. Bianchi, Est. Sapone – G.S.P. ed altri (avv.ti Iannotta ed altri) c. Ministero dell’Economia e delle Finanze ed altro.


Allegato


Titolo Completo

TAR LAZIO, Roma, Sez. 3^ – 14 giugno 2012, n. 5492

SENTENZA

 

TAR LAZIO, Roma, Sez. 3^ – 14 giugno 2012, n. 5492

 
N. 05492/2012 REG.PROV.COLL.
N. 07581/2011 REG.RIC.
 
 
 
REPUBBLICA ITALIANA
 
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
 
(Sezione Terza)
 
ha pronunciato la presente
 
SENTENZA
 
sul ricorso n.7581 del 2011 proposto da:
 
I) Pardino Giuseppe Stefano e Iantorno Vittorio, nella qualità di soci e di componenti del disciolto Consiglio di amministrazione della Banca di Credito Cooperativo di San Vincenzo la Costa;
II) Antonio Iannotta nella qualità di socio e di ex direttore generale della citata azienda bancaria;
III) De Lio Francesco, De Cicco Elena Margherita, Pardino Davide, Di Blase Ornella, Lombardo Tiziana, Tela Carla, Iusi Alessio, Fallico Cristian, Passarelli Flavia, Passarelli Elena, Mauro Libero, Bastari Umberto, Bastari Francesco, Porto Rosa, Pardino Francesco Pietro, Iantorno Berardo, De Filippis Angela Carmelina, Bastari Valentina, Iantorno Francesco, Iantorno Rosetta Alba, Lo Bianco Annalisa, Passarelli Annamaria, Iantorno Maria Emma, tela Michele, Satino Carlo Carmine, Tela Adolfo, Rago Francesca e Gregorio Iannotta, in qualità di soci della banca de qua;
rappresentati e difesi, anche disgiuntamente, dagli avv.ti Gregorio Iannotta, Federica Iannotta e Michele Costa ed elettivamente domiciliati presso lo studio dell’avv. Gregorio Iannotta in Roma, Viale Bruno Buozzi n.82;
 
contro
 
– il Ministero dell’Economia e delle Finanze, in persona del Ministro pro-tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato presso la cui sede in Roma, Via dei Portoghesi n.12, è domiciliatario;
– la Banca d’Italia, in persona del Governatore pro-tempore, rappresentata e difesa, anche disgiuntamente, dagli avv.ti Giuseppe Agresti, Flavia Sforza e Carmine De Vito ed elettivamente domiciliata presso la propria sede legale in Roma, Via Nazionale n.91;
 
nei confronti di
 
– dell’avv. Alessandro Leproux, in qualità di commissario liquidatore della Banca di Credito Cooperativo di San Vincenzo La Costa in liquidazione coatta amministrativa, rappresentato e difeso, anche disgiuntamente, dal prof. avv. Luisa Torchia e dall’avv. Tommaso di Nitto ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avv. Torchia in Roma, Via Sannio n.65;
 
– della Banca per lo Sviluppo della Cooperazione di Credito spa, in persona del legale rappresentante pro-tempore, non costituita in giudizio;
 
per l’annullamento
a) del decreto dell’intimato Ministero n.499 del 26.5.2011 con il quale è stata revocata l’autorizzazione all’attività bancaria alla Banca di Credito Cooperativo San Vincenzo La Costa, già in amministrazione straordinaria, e la stessa è stata posta in liquidazione coatta amministrativa ai sensi dell’art.80, commi 1 e 2, del D.lgvo n.385/1993;
b) del provvedimento della Banca d’Italia del 27.5.2011 con il quale è stato nominato l’avv. Alessandro Leproux commissario liquidatore della citata azienda bancaria e i signori avv. Fabrizio Maimeri, dott. Paolo Farano e avv. Francesco Ronchi componenti del Comitato di Sorveglianza;
c) del provvedimento della Banca di Italia del maggio 2011 con il quale è stata autorizzata la cessione delle attività e delle passività facenti capo alla menzionata azienda bancaria alla Banca per lo Sviluppo della Cooperazione di Credito spa;
d) di tutti gli atti presupposti, connessi e/o conseguenziali.
 
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Banca D’Italia e di Ministero dell’Economia e delle Finanze e di Alessandro Leproux e di Soc Banca Per Lo Sviluppo della Cooperazione di Credito Spa e di Banca di Credito Cooperativo di San Vincenzo La Costa;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 6 giugno 2012 il dott. Giuseppe Sapone e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO
 
Con il proposto gravame gli odierni ricorrenti hanno impugnato:
a) il decreto dell’intimato Ministero n.499 del 26.5.2011 con il quale è stata revocata l’autorizzazione all’attività bancaria alla Banca di Credito Cooperativo San Vincenzo La Costa, già in amministrazione straordinaria, e la stessa è stata posta in liquidazione coatta amministrativa ai sensi dell’art.80, commi 1 e 2, del D.lgvo n.385/1993;
 
b) il provvedimento della Banca d’Italia del 27.5.2011 con il quale è stato nominato l’avv. Alessandro Leproux commissario liquidatore della citata azienda bancaria e i signori avv. Fabrizio Maimeri, dott. Paolo Farano e avv. Francesco Ronchi componenti del Comitato di Sorveglianza;
 
c) il provvedimento della Banca di Italia del 27 maggio 2011 con il quale è stata autorizzata la cessione delle attività e delle passività facenti capo alla menzionata azienda bancaria alla Banca per lo Sviluppo della Cooperazione di Credito spa.
 
Nella narrativa dei presupposti fattuali sottostanti la controversia in trattazione è stato fatto presente che:
I) con decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze n.958 del 27 novembre 2009, su conforme proposta della Banca di Italia, la BCCC di San Vincenzo La Costa è stata sottoposta ad amministrazione straordinaria ai sensi dell’art.70, comma 1, lett. a) e b) del TUB per la concomitante sussistenza di gravi irregolarità e violazioni normative e per la previsione di gravi perdite tali da ridurre il patrimonio al di sotto del minimo richiesto per legge;
 
II) il suddetto decreto ministeriale ritualmente impugnato è stato considerato legittimo sia da questo Tribunale (sentenze nn.6185/2010 e 6189/2010) che dal Consiglio di Stato ( sez.IV, n.8106/2010);
 
III) in esito alla procedura di amministrazione straordinaria, la quale è stata oggetto di proroga semestrale disposta con decreto dell’intimato ministero del 26.11.2010, avendo gli organi straordinari escluso, sulla base della situazione aziendale appurata, ogni possibilità di utile continuazione in via autonoma dell’attività bancaria, la Banca di Italia ha proposto al resistente Ministero l’adozione del provvedimento di liquidazione coatta amministrativa ai sensi dell’art.80, comma 1, del TUB per violazioni normative e irregolarità amministrative nonchè per la previsione di perdite di eccezionale gravità;
 
IV) il suddetto Ministero, uniformandosi a tale proposta, ha adottato il contestato decreto n.499/2011 con il quale è stata revocata l’autorizzazione rilasciata alla BCC di San Vincenzo La Costa per l’esercizio dell’attività bancaria e l’ha posta in liquidazione coatta amministrativa;
 
V) sulla base del menzionato decreto il resistente Istituto con provvedimento del 27.5.2011, pure impugnato in questa sede, ha nominato il Commissario Liquidatore e i membri del Comitato di Sorveglianza;
 
VI) il Commissario liquidatore, in linea con le direttive fornite dalla Banca di Italia nella lettera di conferimento dell’incarico e dopo avere acquisito il parere favorevole del Comitato di Sorveglianza e l’autorizzazione della BI ( determinazione n.462339 del 27 maggio 2011, pure gravata in questa sede) ha, quindi, proceduto alla cessione delle attività e delle passività, esistenti alla data della cessione, come risultanti dalla ultima situazione contabile disponibile all’avvio della l.c.a., alla Banca per lo Sviluppo e la Cooperazione di Credito spa.
Avverso i gravati provvedimenti sono stati dedotti i seguenti motivi di doglianza:
 
1) Violazione e falsa applicazione dell’art.3 della L. n.241/1990. Violazione e falsa applicazione dell’art.23 della Costituzione. Violazione dell’art.41 della Costituzione. Violazione e falsa applicazione dell’art.24 della Costituzione. Eccesso di potere per sviamento di potere;
2) Violazione e falsa applicazione dell’art.24 della Costituzione. Violazione e falsa applicazione dei principi e norme che disciplinano il giusto procedimento, il principio di trasparenza e il principio di buon andamento. Violazione e falsa applicazione della L, n.241/1990 anche in relazione all’art. 24 della L. n.262/2005. Violazione e falsa applicazione del regolamento della banca di Italia di cui al provvedimento del 25 giugno 2008, adottato on esecuzione dell’art.24 della L. n.262/2005. Violazione e falsa applicazione dell’art.80 del TUB anche in relazione all’art.24 della L. n.262/2005.
 
Eccesso di potere per sviamento e per erronea valutazione dei presupposti di fatto e di diritto del provvedimento impugnato;
3) Violazione e falsa applicazione dell’art.80 TUB ed in particolare dei commi 1 e 2 del predetto articolo, anche in relazione all’art.70 del TUB. Violazione dell’art.97 della Costituzione. eccesso di potere per sviamento e per travisamento dei presupposti di fatto e di diritto;
4) Violazione delle norme che disciplinano nell’ipotesi di liquidazione coatta amministrativa il trasferimento dell’impresa posta in l.c.a. Violazione e falsa applicazione degli artt.1362 e ss cod.civ essendo state erroneamente interpretate le pattuizioni di cui al rogito per atto Notaio Gisonna del 27.5.2011 rep. n.315784 ed essendo stato frainteso il concetto di azienda di cui all’art.2555 cod.civ. Violazione e falsa applicazione dell’art.2555 del cod. civ. Eccesso di potere per abuso di potere e per travisamento dei presupposti di fatto e di diritto;
5) Violazione e falsa applicazione dell’art.2555 cod. civ. e del concetto di avviamento. Comportamento illecito degli autori della cessione dell’azienda bancaria in questione che hanno operato all’evidente fine di realizzare un motivo comune ed illecito: artt.1345 e 1418 cod. civ. Eccesso di potere per abuso di potere e per travisamento dei presupposti di fatto e di diritto;
 
6) Violazione e falsa applicazione degli artt. 782, 1321, 1325, 1343, 1345, 1418 e 2358 del cod. civile. Eccesso di potere per abuso e per travisamento dei presupposti di fatto e di diritto;
 
7) Violazione e falsa applicazione dei principi e norme che impongono la trasparenza dell’azione amministrativa, nonchè dei principi e norme caratterizzanti i procedimenti concorsuali e quelli amministrativi. Eccesso di potere per abuso di potere e conflitto di interessi.
Si sono costituiti sia le intimate amministrazioni che il commissario liquidatore, i quali hanno prospettato il difetto di giurisdizione dell’adito Tribunale in relazione alle censure prospettate avverso il contratto di cessione delle attività e passività della BCC in questione, hanno contestato con ampie e stringenti argomentazioni, richiamando a tal fine l’ampia giurisprudenza in materia, del tutto ignorata dagli odierni ricorrenti, la fondatezza delle proposte doglianze, concludendo per il rigetto delle stesse.
 
Alla pubblica udienza del 6 giugno 2012 il ricorso è stato assunto in decisione.
 
Da rigettare è il primo motivo di doglianza con cui gli odierni ricorrenti, sul presupposto che il gravato decreto ministeriale n.499 del 26.5.2011 è motivato per relationem con riferimento alla proposta formulata dalla Banca di Italia, ne sostengono l’illegittimità in quanto la suddetta proposta non sarebbe stata trascritta nè richiamata nel suo contenuto minimo nel suddetto decreto nè sarebbe stata previamente comunicata agli stessi prima dell’adozione del decreto de quo.
 
Al riguardo il Collegio osserva che:
a) la consolidata e sterminata giurisprudenza, la cui notorietà esime da ogni citazione, ha costantemente affermato la correttezza della motivazione per relationem;
b) la mancata trascrizione ovvero l’insufficiente richiamo del provvedimento richiamato non inficia in alcun modo la legittimità del provvedimento richiamante, ma autorizza unicamente la proposizione di motivi aggiunti;
c) la proposta formulata dalla Banca di Italia non doveva essere comunicata agli interessati prima dell’adozione del provvedimento di liquidazione coatta amministrativa da parte del resistente Ministero, atteso che l’art.80, comma 3, del TUB testualmente dispone che “Il decreto del Ministro dell’economia e delle finanze e la proposta della Banca d’Italia sono comunicati dai commissari liquidatori agli interessati, che ne facciano richiesta, non prima dell’insediamento ai sensi dell’art. 85”.
 
Pure da rigettare è la successiva doglianza, prospettante la violazione dei principio di partecipazione previsto dall’art.24 della L. n.241/1990 e dal Regolamento della Banca di Italia, in quanto non è stato consentito agli organi disciolti della Banca nonchè ai soci di intervenire nel procedimento conclusosi con il contestato decreto ministeriale.
 
Al riguardo, in linea con quanto sostenuto da tutte le parti resistenti, deve essere evidenziato che la normativa in materia di risoluzione di crisi bancarie non attribuisce ai soggetti di cui sopra alcun diritto di informazione ovvero di partecipazione nei procedimenti in questione, in quanto la normativa de qua non è finalizzata a tutelare gli interessi dei soci o degli organi disciolti, ma piuttosto ad impedire che la situazione di crisi di un istituto di credito possa ripercuotersi in modo negativo sulla stabilità dell’intero sistema creditizio, con conseguente pregiudizio in capo ai depositanti e ai risparmiatori, per cui in considerazioni di tali finalità la giurisprudenza ha affermato che i procedimenti di gestione di crisi bancarie sono procedimenti ad istruttoria chiusa.
 
Nè risulta conferente il richiamo delle disposizioni di cui al regolamento della Banca di Italia, le quali si limitano a sancire il rispetto di alcune regole di cui alla L. n.241/1990, ma non possono in alcun modo prevedere nei procedimenti di risoluzione delle crisi bancarie forme di partecipazione procedimentale in contrasto con quanto previsto dalla normativa primaria.
 
Nè risulta, infine, idoneo a suffragare la fondatezza della censura de qua il richiamo ai principi dei procedimenti sanzionatori, trattandosi di procedimenti strutturati diversamente in ragione delle differenti finalità sottese agli stessi.
Infondato è anche il successivo motivo di doglianza con cui i ricorrenti contestano la sussistenza degli estremi previsti dalla vigente normativa per l’adozione di un provvedimento di liquidazione coatta amministrativa sostenendo, apoditticamente, che le violazioni normative e le irregolarità che in quanto considerate gravi avevano giustificato l’adozione della amministrazione straordinaria, sarebbero diventate gravissime per colpa degli amministratori straordinari.
 
Al riguardo, come ben sottolineato dalla Banca di Italia il costante indirizzo giurisprudenziale, meticolosamente richiamato nella memoria conclusionale ( pagg.27-28), ha avuto modo di affermare con riferimento alla circostanza per cui gli stessi fatti già valutati gravi ai fini della sottoposizione ad amministrazione straordinaria siano poi considerati eccezionalmente gravi tali da giustificare la sottoposizione a liquidazione coatta amministrativa che la valutazione di eccezionale gravità può essere giustificata dai più approfonditi esami che possono essere effettuati durante l’amministrazione straordinaria, atteso che la gestione diretta assunte dagli organi straordinari permette di acquisire maggiore e più completa conoscenza della situazione aziendale rispetto a quella acquisita in sede di accertamenti ispettivi, i quali sono condizionati da tempi più ristretti e dalla necessaria collaborazione degli esponenti aziendali.
 
Una tale situazione è data riscontrare nella fattispecie in esame, in quanto. come evidenziato dalla Relazione dei Commissari Straordinari all’esercizio 1° gennaio 2009 – 27 maggio 2011 e redatta con riferimento al bilancio di chiusura della gestione commissariale ” il quadro aziendale per inadeguatezza organizzativa e patrimoniale è risultato addirittura più grave di quanto già riscontrato in sede ispettiva e non rimediabile con interventi finalizzati al risanamento dell’azienda”.
 
La correttezza dell’operato dei Commissari straordinari è stato, inoltre, successivamente suffragato sia dalla Relazione del 16 gennaio 2012 della società KPMG sulla revisione contabile del bilancio di chiusura dell’amministrazione straordinaria sia dalla due diligence operata dalla B.C.C. Gestione Crediti – Società Finanziaria per la Gestione Crediti spa effettuata in senso all’istruttoria preordinata all’acquisizione delle attività e delle passività della San Vincenzo in cui è stato dato contezza del fatto che in quelle partite anomale oggetto di cessione e già oggetto di svalutazione da parte dei Commissari era ulteriormente insito un potenziale rischio legale di non recuperabilità.
Con il quarto motivo di doglianza, prospettato avverso il provvedimento con cui la Banca d’Italia ha autorizzato il commissario liquidatore a procedere alla cessione delle attività e delle passività facenti capo all’azienda bancaria in liquidazione, i ricorrenti ne contestano la legittimità sul presupposto che sarebbero state violate non precisate norme che prescrivono l’effettuazione di una pubblica gara tra i potenziali acquirenti e per la presunta celerità con cui sarebbe stata autorizzata la cessione de qua.
 
Anche tale censura non è suscettibile di favorevole esame.
Al riguardo premesso che:
a) la materia in questione è disciplinata dall’art.90 del T.U.B., il cui secondo comma stabilisce che” I commissari, con il parere favorevole del comitato di sorveglianza e previa autorizzazione della Banca d’Italia, possono cedere le attività e le passività, l’azienda, rami d’azienda nonché beni e rapporti giuridici individuabili in blocco. La cessione può avvenire in qualsiasi stadio della procedura, anche prima del deposito dello stato passivo; il cessionario risponde comunque delle sole passività risultanti dallo stato passivo. Si applicano le disposizioni dell’art. 58, commi 2, 3 e 4, anche quando il cessionario non sia una banca o uno degli altri soggetti previsti dal comma 7 del medesimo articolo”
b) giusta il consolidato orientamento giurisprudenziale, dettagliatamente indicato a pag. 39 della memoria conclusionale della Banca d’Italia, la scelta della cessione delle attività e passività in alternativa alle altre misure previste dall’art.90 TUB è affidata alla valutazione di merito degli organi liquidatori e della Banca di Italia il cui provvedimento autorizzatorio non è sindacabile in sede di giudizio di legittimità se non in presenza di una macroscopica irrazionalità o di un palese errore sui presupposti di fatto;
 
il Collegio sottolinea che:
1) i ricorrenti non hanno fornito alcun elemento atto a dimostrare l’irragionevolezza della scelta operata dal Commissario liquidatore ed autorizzata dal resistente Istituto;
2) la effettuazione di una gara tra le potenziali banche acquirenti non è prescritta da alcuna norma disciplinante la materia oggetto della presente controversia, e tale esclusione è razionalmente giustificata dalle esigenze di riservatezza, incompatibili con la pubblicità di una gara, sottostanti la procedura de qua, in considerazione della circostanza che avendo la gara ad oggetto un’azienda decotta, ogni pubblicizzazione della stessa rischierebbe di diffondere ancor più il panico tra i clienti della banca, aggravandone la situazione di crisi e determinando condizioni tali da scoraggiare i potenziali acquirenti.
 
In ordine all’asserita celerità che avrebbe contraddistinto la procedura di cessione in questione e che avrebbe precluso di vagliare la percorribilità di strade alternative alla stessa, è da rilevare che tale profilo di doglianza risulta non fondato in punto di fatto, atteso che, rivelatasi non praticabile la possibilità di procedere ad una ricapitalizzazione dell’azienda bancaria, era emerso, come affermato dalla Relazione finale, dapprima l’interesse all’acquisizione di attività e passività della BCC di Mediocrati, poi non concretizzatosi e successivamente quello di Banca Sviluppo che, dopo aver effettuato, una due diligence sui principali aggregati della banca nonchè sopralluoghi presso la struttura ha comunicato formalmente in data 14.4.2011 la disponibilità a rendersi cessionaria delle attività e delle passività della BCC di San Vincenzo la Costa con l’intervento del FDGCC.
 
Con il quinto motivo di doglianza, prospettante in sostanza la violazione dell’art.255 del cod. civile, i ricorrenti sostengono che la cessione de qua non sarebbe consistita in una mera cessione di attività e di passività ma in una cessione di azienda, e conseguentemente lamentano che nel negozio di cessione non si sarebbe in alcun modo tenuto conto dell’avviamento della BCC di San Vincenzo la Costa.
In linea con quanto affermato da tutte le parti resistenti la dedotta censura deve essere dichiarata inammissibile per difetto di giurisdizione dell’adito Tribunale, atteso che i ricorrenti non censurano provvedimenti amministrativi bensì il contenuto del contratto di cessione stipulato tra la BCC la Costa e la Banca Sviluppo e per giurisprudenza consolidata (ex plurimis CS, Ad.Plen.n.10/2011) secondo l’ordinario criterio di riparto di giurisdizione spetta al g.a. conoscere dei vizi del procedimento amministrativo e al g.o. dei vizi del contratto, anche quando si tratti di invalidità derivata dal procedimento amministrativo presupposto del contratto.
 
Con il sesto motivo di doglianza, sempre prospettato avverso il negozio di cessione, gli odierni ricorrenti affermano che il suddetto negozio sarebbe stato posto in essere al di fuori della causa della compravendita ed anche per il perseguimento di uno scopo illecito comune e determinante in quanto non sarebbe previsto nel contratto il pagamento di alcun corrispettivo da parte della Banca avente causa.
Anche tale censura deve essere dichiarata inammissibile per difetto di giurisdizione dell’adito Tribunale per le medesime ragioni sopra specificate.
 
Da rigettare, infine, è il settimo ed ultimo motivo di doglianza con cui è stata contestata la legittimità del provvedimento di nomina a commissario liquidatore dell’avv. Leproux sul presupposto che quest’ultimo aveva ricoperto la carica di componente del Comitato di sorveglianza durante la procedura di amministrazione straordinaria della BCC di San Vincenzo La Costa.
 
In merito è sufficiente rilevare che:
a) non esiste alcuna norma che nell’ambito dei procedimenti relativi alla risoluzione di crisi bancarie vieti a soggetti che hanno ricoperto cariche durante la procedura di amministrazione straordinaria di essere nominati membri di organi nella successiva fase di liquidazione;
b) tale conclusione è in linea con l’orientamento giurisprudenziale in materia, richiamato a pagina 55 della memoria conclusionale della Banca di Italia, secondo cui non sussiste alcuna incompatibilità tra il pregresso svolgimento delle funzioni di membro del Comitato di sorveglianza nella procedura di amministrazione straordinaria e la carica di commissario liquidatore, dovendosi ritenere giustificato il conferimento di tale ultimo incarico ad un soggetto che conosceva adeguatamente le condizioni in cui versava l’azienda bancaria.
Ciò premesso, devono essere rigettate le censure rubricate ai nn.1, 2, 3, 4 e 7, mentre devono essere dichiarate inammissibili per difetto di giurisdizione le censure rubricate ai nn.5 e 6.
 
In ordine a queste ultime, poi, il ricorso ai sensi dell’art. 11 del codice di rito, potrà essere riproposto dinanzi al giudice ordinario entro il termine perentorio di tre mesi dal passaggio in giudicato della presente pronuncia.
Sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese del presente giudizio.
 
P.Q.M.
 
Il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, Sezione III, definitivamente pronunciando sul ricorso n. 7581 del 2011, come in epigrafe proposto, in parte lo rigetta e in parte lo dichiara inammissibile per difetto di giurisdizione dell’adito Tribunale, ed indica, quale giudice munito di giurisdizione, il giudice ordinario, dinanzi al quale la domanda potrà essere riproposta nei termini in premessa indicati.
Spese compensate.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 6 giugno 2012 con l’intervento dei magistrati:
Franco Bianchi, Presidente
Giuseppe Sapone, Consigliere, Estensore
Davide Soricelli, Consigliere
 
 
L’ESTENSORE
IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 14/06/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
 

 

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