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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Procedimento amministrativo Numero: 5463 | Data di udienza: 24 Gennaio 2012
* PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO – DIRITTO URBANISTICO – Decreto di imposizione di un vincolo – Provvedimento discrezionale – Necessità di dialogo fra parte pubblica e privata – Assenza di comunicazione dell’avvio del procedimento ex art. 7 l. n. 241/90 – Illegittimità.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 2^ quater
Regione: Lazio
Città: Roma
Data di pubblicazione: 14 Giugno 2012
Numero: 5463
Data di udienza: 24 Gennaio 2012
Presidente: Scafuri
Estensore: Rizzetto


Premassima

* PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO – DIRITTO URBANISTICO – Decreto di imposizione di un vincolo – Provvedimento discrezionale – Necessità di dialogo fra parte pubblica e privata – Assenza di comunicazione dell’avvio del procedimento ex art. 7 l. n. 241/90 – Illegittimità.



Massima

 

TAR LAZIO, Roma, Sez. 2^ quater – 14 giugno 2012, n. 5463

 

PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO – DIRITTO URBANISTICO – Decreto di imposizione di un vincolo – Provvedimento discrezionale – Necessità di dialogo fra parte pubblica e privata – Assenza di comunicazione dell’avvio del procedimento ex art. 7 l. n. 241/90 – Illegittimità.

 

Il decreto di imposizione di un vincolo ove non sia stato preceduto dalla comunicazione dell’avvio del procedimento ex art. 7 l. n. 241/90 nei confronti dei proprietari dell’immobile, nei cui confronti esplicherà i suoi effetti, è illegittimo, in considerazione del particolare sacrificio o compressione della sfera dominicale che il privato subisce in conseguenza dell’imposizione del vincolo stesso, in quanto il contraddittorio con il privato è tanto più necessario, in quanto si tratta di provvedimenti amplissimamente discrezionali, sia nel momento dell’individuazione degli immobili da vincolare, sia nel momento della formulazione di quelle prescrizioni in cui il vincolo di volta in volta si sostanzia; pertanto, il rispetto delle garanzie procedimentali sancite dalla l. n. 241/90 deve essere assicurato anche nella prospettiva di “collaborazione procedimentale” cui sono tenute entrambi le parti (pubblica e privata) coinvolte nello svolgimento dell’azione amministrativa, che implica il superamento dell’esigenza del mero rispetto delle prescrizioni formali imposte dalla normativa in materia, e che, in un’ottica di legalità sostanziale, richiede, in una visione unitaria del rapporto amministrativo, che tutti i soggetti che in esso partecipano abbiano la possibilità di evidenziare circostanze di fatto e rappresentare interessi coinvolti in modo tale che lo scambio sia effettivamente utile per entrambi.

 

Pres. Scafuri, Est. RizzettoR.D.M. ed altri (avv.ti Vigoriti ed altri) c. Ministero Per i Beni e Le Attivita’ Culturali ed altro.


Allegato


Titolo Completo

TAR LAZIO, Roma, Sez. 2^ quater – 14 giugno 2012, n. 5463

SENTENZA

 

TAR LAZIO, Roma, Sez. 2^ quater – 14 giugno 2012, n. 5463

 

 

N. 05463/2012 REG.PROV.COLL.

N. 10346/2002 REG.RIC.
 
 
 
REPUBBLICA ITALIANA
 
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
 
(Sezione Seconda Quater)
 
ha pronunciato la presente
 
SENTENZA
 
sul ricorso numero di registro generale 10346 del 2002, proposto da: 
De’ Marchis Ranieri, rappresentato e difeso dagli avv. Vincenzo Vigoriti, Giampaolo Maria Cogo, Silvia Maria Specchio, con domicilio eletto presso Giampaolo Maria Cogo in Roma, l.go Messico, 7; 
 
contro
 
Ministero Per i Beni e Le Attivita’ Culturali, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Dello Stato, domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12; Soprintendenza Regionale Beni e Attivita’ Culturali L’Aquila; 
 
nei confronti di
 
De’ Marchis Giorgio, rappresentato e difeso dall’avv. Riccardo Lopardi, con domicilio eletto presso Angelo Romano in Roma, via Paolo Emilio, 71; 
 
per l’annullamento
DECRETO DEL 23/05/2002 CON CUI E’ STATO IMPOSTO IL VINCOLO DI PERTINENZA SULLE COLLEZIONI BIBLIOGRAFICHE E DOCUMENTALI CONSERVATE A PALAZZO DE’ MARCHIS
 
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero Per i Beni e Le Attivita’ Culturali e di De’ Marchis Giorgio;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 24 gennaio 2012 il dott. Floriana Rizzetto e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 
FATTO
 
Il Sig. Ranieri de Marchis, premesso di essere comproprietario del palazzo de Marchis, assoggettato a vincolo in considerazione dell’interesse storico-artistico, nonché di alcune sculture interessate dagli atti gravati, impugna il decreto della Soprintendenza Regionale per l’Abruzzo del 23.5.2002 con cui è stata sottoposta a vincolo pertinenziale la biblioteca in cui è collocata la cd. raccolta de Marchis, una collezione di cataloghi di mostre d’arte creata dal contro interessato Sig. Giorgio de Marchis Bonanni D’Ocre nel periodo in cui era Direttore della Galleria d’arte moderna di Roma – sottoposta a vincolo archivistico con decreto della Soprintendenza Archivistica per l’Abruzzo-Pescara del 18.3.2002 – ed altre opere ivi situate. Impugna altresì ove occorra anche tutti gli altri atti presupposti, connessi e conseguenziali.
Il ricorso è affidato ai seguenti motivi:
 
1) Violazione e falsa applicazione dell’art. 7 e dei principi di trasparenza, pubblicità partecipazione ed efficacia della legge n. 241/90. Violazione dell’art. 97 Cost.
2) Violazione e falsa applicazione dell’art. 2 e 6 del D.Lgs. 29.10.1990 n. 490; dell’art. 7 co. 3 del DLvo n. 368/98. Eccesso di potere per difetto assoluto dei presupposti, travisamento dei fatti.
Illogicità. Sviamento. Violazione del principio del giusto procedimento.
3) Violazione e falsa applicazione dell’art. 3 della legge n. 241/90. Eccesso di potere per difetto di motivazione. Illogicità manifesta. Sviamento.
4) Violazione degli art. 42 Cost. e 832 cc.
 
Si è costituito per resistere il Ministero per i Beni e le Attività Culturali, depositando documentazione.
Il proprietario della raccolta assoggettata a vincolo è intervenuto ad adiuvandum, eccependo l’incompetenza territoriale del Tar adito, l’inammissibilità per difetto di interesse del ricorrente nonché ulteriore inammissibilità sulla base della circostanza che tali beni sono collocati nei locali dell’immobile in questione, già vincolato e visitabile dal pubblico.
 
Con memoria di replica il ricorrente ha contro dedotto.
 
Con ordinanza collegiale n. 6324 del 6.11.2002 l’istanza di sospensiva è stata respinta.
Con motivi aggiunti il ricorrente ha dedotto ulteriori, specifiche censure, relativamente al decreto della Soprintendenza Archivistica per l’Abruzzo-Pescara del 18.3.2002 con il quale è stata sottoposta a vincolo archivistico la raccolta di cataloghi d’arte in questione.
In vista dell’udienza il ricorrente ha depositato memoria conclusionale.
La causa è stata quindi chiamata e posta in decisione all’udienza pubblica del 24.1.2012.
 
DIRITTO
 
In via preliminare, l’eccezione di incompetenza territoriale di questo Tribunale, dedotta dall’interventore ad opponendum va ritenuta inammissibile in quanto sollevata con semplice memoria non notificata alle altre parti anziché con le forme prescritte dall’art. 31 L. 6 dicembre 1971 n. 1034.
Il ricorso è fondato sotto l’assorbente profilo di censura inerente la violazione delle garanzie di partecipazione procedimentale sancite dalla legge n. 241/90.
 
Invero detto provvedimento, con cui è stato apposto il vincolo pertinenziale sulla biblioteca ed alcune opere ivi presenti, è stato notificato solo al proprietario della raccolta di cataloghi di mostre assoggettata a vincolo archivistico, il quale è anche comproprietario dei locali e beni assoggettati a vincolo pertinenziale, omettendo tuttavia di effettuare analoga comunicazione al ricorrente anch’egli comproprietario ed utilizzatore dei locali in cui è collocato il bene archivistico in questione e quindi portatore di un interesse opposto a quello che ha indotto lo studioso ha promuovere l’assoggettamento a vincolo dei beni librari e del contesto ambientale.
 
Tale interesse non viene meno per il fatto che il Palazzo sia già vincolato e visitabile dal pubblico, in quanto il provvedimento in questione va ad aggiungere ulteriori limitazioni al godimento dei locali interessati dal nuovo vincolo sancendone l’immodificabilità dell’insieme e quindi compromettendone ulteriormente le possibilità di utilizzo e soprattutto assoggetta a vincolo pertinenziale anche le statue di proprietà del ricorrente. La circostanza sopra evidenziata vale altresì a chiarire l’effettivo interesse a ricorrere al fine di disattendere l’eccezione di inammissibilità sollevata dall’interventore ad opponendum.
 
Il provvedimento impugnato è pertanto da ritenersi illegittimo per violazione dell’art. 7, l. 7 agosto 1990 n. 241 alla stregua dell’ orientamento giurisprudenziale consolidato nel senso che il decreto di imposizione di un vincolo ove non sia stato preceduto dalla comunicazione dell’avvio del procedimento nei confronti dei proprietari dell’immobile nei cui confronti esplicherà i suoi effetti è illegittimo, in considerazione del particolare sacrificio o compressione della sfera dominicale che ilprivato subisce in conseguenza dell’imposizione del vincolo.
Al riguardo è stato infatti già da tempo risalente chiarito che “l’art. 7 della legge n. 241/90 riguarda anche i procedimenti preordinati all’emanazione di provvedimenti di vincolo come quello in discorso. Anzi si direbbe che il contraddittorio con il privato si tanto più necessario, in quanto si tratta di provvedimenti amplissimamente discrezionali, sia nel momento dell’individuazione degl’immobili da vincolare, sia nel momento della formulazione di quelle prescrizioni in cui il vincolo di volta in volta si sostanzia. L’ampiezza di tale discrezionalità e la sua natura tecnica riducono sensibilmente i margini del sindacato giurisdizionale di legittimità; solo nella fase dell’istruttoria in contraddittorio è dunque concretamente possibile, per il privato, rappresentare elementi utili ad orientare correttamente le scelte di merito” (T.A.R. Umbria Perugia, 13 maggio 1999 , n. 355; cfr. T.A.R. Campania Napoli, sez. IV, 10 gennaio 1996 , n. 32; Cons. St., VI n. 1063 del 19.11.1996).
 
D’altra parte non può essere sottaciuta l’importanza, nella materia in esame, del rispetto delle garanzie procedimentali sancite dalla legge n. 241/90 anche nella prospettiva, evidenziata da recente dottrina, di “collaborazione procedimentale” cui sono tenute entrambi le parti (pubblica e privata) coinvolte nello svolgimento dell’azione amministrativa, che implica il superamento dell’esigenza del mero rispetto delle prescrizioni formali imposte dalla normativa in materia, e che, in un’ottica di legalità sostanziale, richiede, in una visione unitaria del rapporto amministrativo, che tutti i soggetti che in esso partecipano abbiano la possibilità di evidenziare circostanze di fatto e rappresentare interessi coinvolti in modo tale che lo scambio sia effettivamente utile per entrambi. Ciò anche, o meglio, ancor più, nel settore della tutela e della valorizzazione dei beni culturali, in cui, secondo i recenti orientamenti del legislatore, la collaborazione tra parte pubblica e privata assume un valore emblematico dell’esercizio del potere non solo in senso autoritativo, di imposizione di limiti e vincoli a beni di proprietà di privati.
In tale settore, infatti, l’Autorità amministrativa entra con il possibile destinatario del provvedimento in un rapporto eminentemente collaborativo, in particolare ove si prospetti la scelta di soluzioni alternative, sicchè, nella materia in esame, le garanzie procedimentali previste in via generale dalla legge n. 241/90 vadano considerate non solo nella limitata ottica difensiva della possibilità per il privato di far valere le proprie posizioni nei confronti di un’Autorità intesa ad incidere negativamente la sua sfera giuridica con provvedimenti impositivi nel vincolo, ma in un’ottica più ampia, che veda “un’amministrazione che dialoga” sin dall’inizio del rapporto, presentandosi alla controparte privata come “mediatrice istituzionale” tra istanze ed interessi articolati e che solo al termine di un approfondito, completo ed effettivo mutuo interscambio, saranno alla fine sintetizzati nel “provvedimento” conclusivo del procedimento, come richiesto anche di recente dalla dottrina in tema di responsabilità per “mancata collaborazione procedimentale” dell’amministrazione (TAR Lazio, Sez. II quater n. 7756 30 luglio 2008).
 
Tali esigenze, difensive e collaborative, meritano particolare attenzione anche nella fattispecie in esame, in cui il mancato coinvolgimento degli altri comproprietari ed utilizzatori del locale in questione ha impedito a questi di rappresentare alcune circostanze di rilievo, che avrebbero potuto eventualmente determinare un esito diverso del procedimento in contestazione (quali, ad es.la valutazione della stessa raccolta di cataloghi di mostre al fine del vincolo come bene librario, piuttosto che archivistico, etc.).
 
Né in senso contrario vale invocare la diversa formulazione dell’art. 7 del D.lvo n. 490/99 che fa riferimento “al proprietario, possessore o detentore a qualsiasi titolo della cosa che ne forma oggetto”, che quindi sembrerebbe, grazie all’uso della congiunzione disgiuntiva tra “possessore” e “detentore”, consentire all’amministrazione di scegliere liberamente il destinatario cui inviare detta comunicazione.
Se si seguisse l’interpretazione letterale sopra richiamata della disposizione in esame – che riprende la formula tralaticia della previsione dei soggetti cui notificare il decreto impositivo di vincolo operata dalla l. n. 1089/1939 con riferimento ad un’ampia platea indifferenziata di possibili destinatari che si giustificava con la natura non recettizia del provvedimento di vincolo (dispiegante i suoi effetti a prescindere dalla sua notifica e secondo alcuni addirittura della stessa trascrizione dell’atto nei registri della conservatoria immobiliare) – si perverrebbe a conseguenze inaccettabili in quanto il proprietario del bene vedrebbe gravemente compromesso il proprio diritto di proprietà, privato di importanti facoltà, senza aver neppure potuto difendere le proprie posizioni nella naturale sede procedimentale, in quanto non avvisato dell’avvio del procedimento, avendo l’Amministrazione ritenuto sufficiente inviare la relativa comunicazione ad uno solo dei soggetti sopraindicati che detenga magari temporaneamente il bene in questione.
 
In tal modo si finirebbe per ammettere la disapplicazione delle garanzie procedimentali sancite dalla legge n. 241/90 – costituenti un principio generale dell’ordinamento giuridico a garanzia di valori costituzionali del buon andamento e dell’imparzialità dell’azione amministrativa – proprio in un settore, come quello dei vincoli su beni privati, soggetto ad amplissimo potere tecnico-discrezionale e sostanzialmente insindacabile nel giudizio di legittimità (TAR Lazio, Sez. II quater n. 4987 del 23.5.2008; n. 7756 del 30 luglio 2008; n. 1901 del 1.3.1901).
 
In tale prospettiva va perciò richiamata la diversità di finalità, natura ed effetti della comunicazione di avvio del procedimento di vincolo gli atti in parola: questa non è unicamente volta a consentire all’interessato di partecipare al procedimento svolgendovi le proprie osservazioni, ma è finalizzata anche ad assicurare la protezione anticipata del bene che si ritiene meritevole di tutela, facendo scattare immediatamente l’applicazione, in via cautelare, delle misure di salvaguardia come previsto dal medesimo art. 7 del D.Lgs. n. 490/1990, che, appunto, giustifica l’ampia scelta nella platea di destinatari di tale comunicazione per determinare l’insorgenza di tutta quella serie di obblighi di conservazione, divieti di alterazione, etc.che costituiscono il particolare regime di tali beni, nelle more della conclusione del relativo procedimento.
 
È a questo fine che nel testo unico approvato con il D.Lgs. n. 490/1999 non viene effettuata una mera trasposizione dell’art. 7 della legge n. 241/1990, ma esso viene modificato per adeguarlo alle finalità cautelari sopra indicati, che ne giustificano il carattere di specialità rispetto alla disciplina generale del procedimento stabilita dalla legge n. 241/90. Tuttavia, tale carattere non può essere invocato– come pretenderebbe la resistente – al fine di consentire un’ingiustificata deroga al regime di garanzie del destinatario del relativo provvedimento finale, quanto, piuttosto, al fine di rafforzarle. In tal senso la giurisprudenza in materia ha affermato l’impossibilità di estendere alla comunicazione prevista per il vincolo “diretto” dall’art. 7 del D.Lgs. n. 499/1999 le forme di pubblicità alternative alla comunicazione personale previste per l’art. 7 della legge n. 241/1990 – tra cui quello della equipollenza della conoscenza comunque acquista dell’avvio del procedimento alla sua comunicazione formale – imponendo l’onere di avvisare il destinatario dell’avvio di un procedimento al quale deve essere messo in grado di partecipare T.A.R. Marche Ancona, sez. I, 07 febbraio 2006 , n. 19; nonché 11.5.2005 n. 581. In tale prospettiva questa stessa Sezione ha già chiarito che, anche qualora la disciplina speciale del procedimento di vincolo non rechi prescrizioni circa l’obbligo di osservanza della cennata garanzia procedimentale, si deve ritenere che, siccome questo comporta la restrizione del diritto dominicale del soggetto inciso, “non v’è ragione alcuna che giustifichi una “deminutio” delle garanzie procedimentali del privato” (T.A.R. Lazio Roma, sez. II, 15 settembre 1998 , n. 1428).
 
Il ricorso deve pertanto essere accolto con conseguente annullamento del provvedimento impugnato, in quanto affetto dal denunciato vizio procedimentale; in esecuzione della presente sentenza, pertanto, l’Amministrazione, dovrà rinnovare il procedimento a partire dalla fase della comunicazione del suo avvio agli interessati e nel rispetto delle garanzie procedimentali sancite dalla legge n. 241/90.
Quanto alle spese, sussistono giusti motivi per disporne l’integrale compensazione tra le parti.
 
P.Q.M.
 
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Quater) accoglie il ricorso in epigrafe e, per l’effetto, annulla l’atto impugnato.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 24 gennaio 2012 con l’intervento dei magistrati:
Angelo Scafuri, Presidente
Stefania Santoleri, Consigliere
Floriana Rizzetto, Consigliere, Estensore
 
 
L’ESTENSORE
IL PRESIDENTE
 
 
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 14/06/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
 

 

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