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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Diritto processuale amministrativo Numero: 6537 | Data di udienza:

* DIRITTO PROCESSUALE AMMINISTRATIVO – Sottoscrizione del mandato da parte di un avvocato diverso a quello a cui è stata conferita la procura – Nullità del ricorso – In caso di palese errore materiale – Ammissibilità – Eccezione.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3
Regione: Lazio
Città: Roma
Data di pubblicazione: 17 Luglio 2012
Numero: 6537
Data di udienza:
Presidente: Bianchi
Estensore: Soricelli


Premassima

* DIRITTO PROCESSUALE AMMINISTRATIVO – Sottoscrizione del mandato da parte di un avvocato diverso a quello a cui è stata conferita la procura – Nullità del ricorso – In caso di palese errore materiale – Ammissibilità – Eccezione.



Massima

 

TAR LAZIO, Roma, Sez. 3^ – 17 luglio 2012, n. 6537

 

DIRITTO PROCESSUALE AMMINISTRATIVO – Sottoscrizione del mandato da parte di un avvocato diverso a quello a cui è stata conferita la procura – Nullità del ricorso – In caso di palese errore materiale – Ammissibilità – Eccezione.

 

Il ricorso è nullo quando è sottoscritto da avvocato diverso da quello cui risulta essere stato conferito il mandato e ciò perché il conferimento della procura al legale che abbia sottoscritto il ricorso non può desumersi dalla circostanza che egli abbia autenticato la sottoscrizione apposta dalla parte in calce a un mandato che è stato conferito a un diverso avvocato; la nullità va, invece, negata in caso di palese errore materiale nella stesura della procura, quando nel “corpo” di quest’ultima è stato indicato come difensore un legale diverso, del medesimo studio, da quello che ha sottoscritto il ricorso, facendo applicazione del principio secondo cui il rilascio della procura in calce o a margine dell’atto di citazione o della comparsa di costituzione non richiede formule solenni ed espresse in termini tassativi, essendo sufficiente che sia deducibile la volontà di conferire al difensore i relativi poteri e facoltà. (Nel caso in esame i nomi dei professionisti interessati sono completamente diversi e ciò ha reso ancora più riconoscibile l’errore e la ricostruzione dell’effettiva volontà della parte).

 

Pres. Bianchi, Est. Soricelli – A.I., (avv. Clarizia) c. Luspio (avv.ti Cardarelli ed altri).

 


Allegato


Titolo Completo

TAR LAZIO, Roma, Sez. 3^ – 17 luglio 2012, n. 6537

SENTENZA

 

TAR LAZIO, Roma, Sez. 3^ – 17 luglio 2012, n. 6537

N. 06537/2012 REG.PROV.COLL.

N. 10049/2011 REG.RIC.
 
 
 
REPUBBLICA ITALIANA
 
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
 
(Sezione Terza)
 
ha pronunciato la presente

SENTENZA
 
sul ricorso n. 1295 del 1997, proposto da Ançelita Iacovitti, rappresentata e difesa dall’avvocato Angelo Clarizia, presso il cui studio in Roma, via Principessa Clotilde n. 2, è elettivamente domiciliata;
 
contro
 
la Libera Università degli studi per l’innovazione e le organizzazioni (Luspio), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Francesco Cardarelli, Diego Campugiani e Giovanni Zampetti, elettivamente domiciliata presso lo studio dell’avvocato Cardarelli, in Roma, via Palestrina n. 47;
 
nei confronti di
 
il ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, in persona del legale rappresentante, rappresentato e difeso dall’avvocatura generale dello Stato, presso la cui sede in Roma, via dei Portoghesi n. 12, è domiciliato ex lege; 
 
per l’annullamento, previa sospensione dell’esecuzione
delle note del Rettore della Luspio 15 settembre 2011 prot. n. RTU – 167/2011/tt e 13 ottobre 2011, prot. n. RTU – 197-2011-lr e per l’accertamento della ricorrente a beneficiare del trattamento economico in godimento sino al momento di effettivo inquadramento nell’amministrazione pubblica interessata ex artt. 119 e 120 D.P.R. 11 luglio 1980, n. 382.
 
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Libera Università degli Studi Per L’Innovazione e Le Organizzazioni Luspio e di Ministero dell’Istruzione dell’Universita’ e della Ricerca;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 4 luglio 2012 il dott. Davide Soricelli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 
FATTO
 
1. La ricorrente è stata nominata ricercatore presso la LUSPIO per il s.s.d. Lin/02 (didattica delle lingue moderne) con provvedimento del 17 gennaio 2005.
 
Sottoposta al giudizio previsto dall’articolo 31 D.P.R. 4 luglio 1980, n. 382, ella non otteneva per due volte una valutazione favorevole e, di conseguenza, veniva collocata fuori ruolo con decreto rettorale del 5 luglio 2011.
 
Il successivo 27 luglio 2011 la ricorrente, avvalendosi della facoltà prevista dall’ultimo comma del citato articolo 31 chiedeva il passaggio ad altra amministrazione in base all’articolo 120.
 
Successivamente ella chiedeva di essere informata in ordine allo stato del procedimento; la Luspio, quindi, con una prima nota del 15 settembre 2011 le chiedeva di indicare le amministrazioni pubbliche presso le quali intendesse presentare domanda di inquadramento e – contemporaneamente – le faceva presente che avrebbe continuato a erogarle il trattamento economico sino alla data del 31 dicembre 2011.
Alla nota dell’Università era data risposta il successivo 5 ottobre; in tale occasione la ricorrente – oltre a indicare gli enti pubblici presso i quali avrebbe desiderato essere reinquadrata – faceva presente che, in base all’ultimo comma dell’articolo 120 del citato D.P.R. n. 382, il trattamento economico le sarebbe spettato sino al momento di effettivo inquadramento presso l’amministrazione pubblica di destinazione.
Seguiva la nota del 13 ottobre 2011 con cui il Rettore della LUSPIO ribadiva che l’ente, “non essendo un’amministrazione dello Stato”, le avrebbe pagato lo stipendio per il solo periodo di nove mesi dalla pubblicazione del provvedimento di non conferma in base all’ultimo comma dell’articolo 120.
 
2. Di qui il ricorso all’esame con cui la ricorrente denuncia che le note dell’università sono illegittime in quanto l’articolo 120, comma 7, espressamente riconosce al ricercatore non confermato che abbia chiesto l’inquadramento presso altra amministrazione pubblica il diritto di continuare a beneficiare del trattamento economico in godimento sino al momento di effettivo inquadramento presso l’amministrazione di destinazione e quindi anche dopo la scadenza del termine di nove mesi per la conclusione di tale procedimento stabilito dal comma 6 del medesimo articolo.
 
3. La Luspio si è costituita in giudizio e: a) ha eccepito l’inammissibilità del ricorso denunciando che: a1) esso è stato sottoscritto da avvocato privo di procura speciale; a2) il giudice amministrativo difetta di giurisdizione sulla controversia; in subordine la Luspio chiede che il ricorso sia respinto in quanto infondato.
 
Si è anche costituito in giudizio il ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca che si è limitato al deposito di una memoria di stile.
4. Con ordinanza n. 92 del 12 gennaio 2012 la sezione ha accolto la domanda di tutela cautelare.
 
DIRITTO
 
1. Preliminarmente occorre esaminare le eccezioni di inammissibilità sollevate dalla Luspio.
 
2. Questa anzitutto eccepisce che il ricorso è nullo perché è stato sottoscritto da un avvocato diverso da quello cui è stato conferito il mandato difensivo; di fatto l’avvocato che è indicato come difensore della ricorrente nell’epigrafe del ricorso e che lo ha sottoscritto è diverso da quello indicato nella procura a margine della prima pagina del ricorso; in pratica, come conferma il rilievo che la sottoscrizione della ricorrente in calce alla procura è stata autenticata dal medesimo avvocato che è indicato come difensore nel ricorso e che lo ha sottoscritto, vi è stato un errore materiale nella stesura della procura, nel senso che nel “corpo” di quest’ultima è stato indicato come difensore un legale diverso (si tratta di altro avvocato del medesimo studio) da quello che ha sottoscritto il ricorso (insomma l’avvocato A. Clarizia è indicato come difensore nell’epigrafe del ricorso, che ha poi sottoscritto, e ha autenticato la sottoscrizione della ricorrente in calce al mandato che però risulta formalmente conferito a altro avvocato del suo studio).
 
L’eccezione è infondata.
 
Come è noto la giurisprudenza ha affermato in linea generale il principio secondo cui il ricorso è nullo quanto esso è sottoscritto da avvocato diverso da quello cui risulta essere stato conferito il mandato e ciò perché il conferimento della procura al legale che abbia sottoscritto il ricorso non può desumersi dalla circostanza che egli abbia autenticato la sottoscrizione apposta dalla parte in calce a un mandato che è stato conferito a un diverso avvocato (Cassazione, 20 gennaio 2011, n. 1235 e 1 dicembre 1988, n. 6509).
Non varrebbe a giustificare una soluzione diversa la giurisprudenza invocata dalla ricorrente; e infatti la ricorrente invoca la giurisprudenza che, in relazione al caso in cui, mancando nella procura l’indicazione della identità del difensore nominato, questa sia desumibile dal contesto del ricorso, ammette la validità del ricorso.
 
Il caso in esame tuttavia si presenta peculiare in quanto l’indicazione come procuratore della ricorrente di un avvocato diverso da quello che ha autenticato il mandato e che è indicato come suo difensore in ricorso e che quest’ultimo ha sottoscritto è il frutto di un errore materiale palese; e non solo l’errore è riconoscibile come tale ma dal complesso degli elementi disponibili (cui deve aggiungersi l’ulteriore circostanza che la notifica a mezzo posta è stata curata dall’avvocato Clarizia) può anche ritenersi indubbia la volontà della ricorrente di conferire il mandato a quest’ultimo. In fattispecie pressoché identica la Cassazione (cfr. sentenza 4 agosto 2005, n. 16372) ha negato la nullità facendo applicazione del principio secondo cui il rilascio della procura in calce o a margine dell’atto di citazione o della comparsa di costituzione non richiede formule solenni ed espresse in termini tassativi, essendo sufficiente che sia deducibile la volontà di conferire al difensore i relativi poteri e facoltà. Anzi va aggiunto che nel caso deciso dalla Cassazione l’avvocato indicato come procuratore e quello che aveva autenticato il mandato e curato la predisposizione del ricorso avevano lo stesso cognome e si distinguevano tra loro per il solo prenome mentre nel caso in esame i nomi dei professionisti interessati sono completamente diversi e ciò rende ancora più riconoscibile l’errore e la ricostruzione dell’effettiva volontà della parte.
 
3. La LUSPIO nega inoltre che nella fattispecie sussista la giurisdizione del giudice amministrativo e ciò sotto un duplice profilo.
Da un lato viene eccepito che la Luspio è un ente privato e non pubblico cosicchè i suoi dipendenti non potrebbero mai essere considerati come dipendenti pubblici; sotto diverso profilo si aggiunge che, anche se si volesse ritenere che i ricercatori alle dipendenze di libere università siano soggetti alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, la ricorrente, essendo stata ritenuta non meritevole di conferma, è stata collocata fuori ruolo sin dal 5 luglio 2011 per cui da quella data ella non può più essere considerata un “ricercatore universitario” con conseguente impossibilità di attrarre la controversia alla giurisdizione del giudice amministrativo che comprende il solo contenzioso relativo a ricercatori e docenti universitari.
 
L’eccezione è infondata.
 
Per quanto attiene al profilo relativo alla natura delle libere università, ritiene il Collegio che non possa che farsi riferimento al consolidato orientamento delle sezioni unite della Cassazione che ritengono che queste istituzioni costituiscano enti pubblici non economici (cfr. sentenza 11 marzo 2004, n. 5054 e la giurisprudenza in essa richiamata); di conseguenza le controversie relative al rapporto di lavoro di ricercatori e docenti dipendenti da queste università rientrano nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.
Per quanto riguarda invece il secondo profilo, la circostanza che la ricorrente non abbia ottenuto la conferma (con provvedimento ormai inoppugnabile dato che ella non lo ha impugnato, come affermato dalla LUSPIO nei suoi atti difensivi) e sia stata collocata fuori ruolo non implica che ella non sia più un ricercatore (per quanto non confermato e in attesa di mobilità verso un altro ente pubblico); ma, anche se si volesse ritenere che la ricorrente abbia cessato di essere un ricercatore, nondimeno la sua domanda si fonda sul suo cessato status di ricercatore nel senso che essa ha comunque a oggetto l’accertamento di un diritto che trova il suo fondamento nello status (anche se poi cessato) di ricercatore universitario e quindi verrebbe comunque attratta alla giurisdizione del giudice amministrativo.
4. Si può quindi passare all’esame del merito del ricorso che è fondato.
 
La questione che il Collegio è chiamato a risolvere consiste nell’interpretazione del disposto degli ultimi due commi dell’articolo 120 del D.P.R. n. 382 del 1980.
 
L’articolo 120 disciplina il procedimento per “il passaggio ad altra amministrazione” di “coloro che hanno titolo a presentare domanda per l’inquadramento nel ruolo dei professori associati o in quello dei ricercatori universitari, e che non superino o che non intendano sostenere il giudizio di idoneità”; negli ultimi due commi l’articolo testualmente stabilisce che “le procedure di cui ai commi secondo, terzo, quarto e quinto devono essere espletate entro nove mesi dalla data di presentazione della domanda di cui al secondo comma, e sino a tale termine gli interessati sono mantenuti in servizio nella qualifica e nella sede di appartenenza. Fino al momento dell’effettivo inquadramento nella amministrazione pubblica interessata continuerà ad essere corrisposto il trattamento economico in godimento”.
La tesi della LUSPIO è che i due commi in questione devono essere interpretati in combinato disposto nel senso che il diritto del soggetto che abbia chiesto di passare ad altra amministrazione a continuare a beneficiare del trattamento economico fino alla data di effettiva immissione in ruolo è sottoposto alla condizione che il procedimento si perfezioni entro il termine di nove mesi previsto; in altri termini i due commi vanno interpretati nel senso che: a) il procedimento deve a pena di decadenza concludersi nel termine di nove mesi; b) finchè il procedimento non si è concluso con l’effettivo passaggio all’altra amministrazione l’interessato conserva il diritto al trattamento economico a carico dell’università. Di conseguenza se il procedimento non si perfeziona nel previsto termine di nove mesi alla scadenza di quest’ultimo cessa l’obbligo dell’università di corrispondere il trattamento economico.
 
Si tratta di una tesi che, per quanto ben argomentata, si pone in contrasto con la giurisprudenza del Consiglio di Stato – cui il Collegio ritiene di prestare adesione – che ha invece sostenuto che il termine di 9 mesi dell’articolo 120 ha carattere meramente sollecitatorio e che, sin quando il procedimento non si perfezioni, l’interessato conserva il suo status giuridico ed economico presso l’università di appartenenza (Consiglio di Stato, sez. VI, 3 dicembre 2009, n. 7561, Consiglio di Stato, sez. VI, 1 settembre 2009, n. 5126).
 
Di conseguenza l’unico motivo proposto dalla ricorrente va accolto e riconosciuto il suo diritto a continuare a beneficiare del trattamento economico in godimento fino alla conclusione del procedimento di trasferimento presso altra amministrazione.
 
Va solo aggiunto, in relazione alle difese della LUSPIO che ha evidenziato come il procedimento di assegnazione della ricorrente sia in pratica paralizzato dall’inerzia dei ministeri dell’istruzione e della funzione pubblica che stanno frapponendo una serie di ostacoli e dubbi in ordine al modus procedendi (tanto che pende un ulteriore ricorso presso questo Tribunale in merito alla vicenda) e che essa, a causa di quell’inerzia a cui non può ovviare (dato che l’assegnazione della ricorrente ad altra amministrazione è fatto su cui essa non può incidere), si trova a dover corrispondere ormai da oltre un anno la retribuzione alla ricorrente senza poterla in alcun modo impiegare dato che ella è inidonea allo svolgimento dei compiti per i quali è stata reclutata, che a fronte del quadro normativo e giurisprudenziale delineato e su cui si basa la presente decisione, l’unico rimedio cui la resistente può ricorrere è, quanto alla conclusione del procedimento, lo strumento del silenzio-rifiuto e, quanto alle conseguenze economiche del ritardo che su di essa stanno gravando, l’azione di risarcimento nei confronti del soggetto o dei soggetti pubblici che di quel danno siano responsabili.
 
5. Il ricorso deve dunque essere accolto. Sussistono giusti motivi per disporre la compensazione tra le parti delle spese di giudizio.
 
P.Q.M.
 
Il Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sede di Roma, sezione III, definitivamente pronunciandosi sul ricorso in epigrafe, lo accoglie e per l’effetto dichiara il diritto della ricorrente a beneficiare del trattamento economico in godimento sino alla data di effettivo trasferimento presso altra amministrazione ex articolo 120 D.P.R. 4 luglio 1980, n. 382.
 
Spese compensate.
 
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 4 luglio 2012 con l’intervento dei magistrati:
Franco Bianchi, Presidente
Giuseppe Sapone, Consigliere
Davide Soricelli, Consigliere, Estensore
 
 
L’ESTENSORE
IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 17/07/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
 

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