Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime |
Categoria: Rifiuti
Numero: 6440 |
Data di udienza: 14 Giugno 2012
* RIFIUTI – Discarica – Proprietario frontista – Interesse all’impugnazione – Vicinitas – Insufficienza – Prova del danno subito – Necessità – Orientamento contrario.
Provvedimento: Sentenza
Sezione: 1^ ter
Regione: Lazio
Città: Roma
Data di pubblicazione: 16 Luglio 2012
Numero: 6440
Data di udienza: 14 Giugno 2012
Presidente: Morabito
Estensore: Morabito
Premassima
* RIFIUTI – Discarica – Proprietario frontista – Interesse all’impugnazione – Vicinitas – Insufficienza – Prova del danno subito – Necessità – Orientamento contrario.
Massima
TAR LAZIO, Roma, Sez. 1^ ter – 16 luglio 2012, n. 6440
RIFIUTI – Discarica – Proprietario frontista – Interesse all’impugnazione – Vicinitas – Insufficienza – Prova del danno subito – Necessità – Orientamento contrario.
La mera vicinitas non legittima il proprietario frontista ad insorgere avverso il provvedimento di approvazione di una discarica, essendo invece necessaria anche l’ulteriore prova del danno che da questo egli riceve nella sua sfera giuridica o per il fatto che la localizzazione dell’impianto riduce il valore economico del fondo situato nelle sue vicinanze, o perché le prescrizioni dettate dall’autorità competente in ordine alle modalità di gestione dello stesso impianto sono inidonee a salvaguardare la salute di chi vive nelle sue vicinanze o, infine, per il significativo incremento del traffico veicolare, potenzialmente idoneo ad incidere in senso pregiudizievole sui terreni limitrofi; pertanto, il mero collegamento di un fondo con il territorio sul quale è localizzata una discarica non è da solo sufficiente a legittimare il suo proprietario a provocare uti singulus il sindacato di legittimità su qualsiasi provvedimento amministrativo preordinato alla tutela di interessi generali che nel territorio trovano la loro esplicazione (Consiglio Stato, n. 2460/2012). (Per altro orientamento del Consiglio Stato – Sez. V, 18 agosto 2010, n. 5819: ai fini della sussistenza della legittimazione ad agire, è sufficiente la vicinitas – intesa come vicinanza dei soggetti che si ritengono lesi dalla realizzazione del sito prescelto per l’ubicazione del nuovo impianto – non potendo addossarsi alla parte ricorrente il gravoso onere della prova dell’effettività del danno subendo, poiché tale prova, non potendo prescindere dall’effettiva realizzazione dell’impianto, finirebbe per svuotare di significato il principio costituzionale del diritto di difesa di cui all’art. 24 Cost. rendendolo possibile solo allorquando il diritto alla salute e/o all’ambiente salubre fossero già definitivamente ed irrimediabilmente compromessi o esposti a pericolo).
Pres. Est. Morabito – N.L., (avv. Adinolfi) c. Regione Campania (avv. Schiano di Colella Lavina) ed altri
Allegato
Titolo Completo
TAR LAZIO, Roma, Sez. 1^ ter – 16 luglio 2012, n. 6440
SENTENZA
TAR LAZIO, Roma, Sez. 1^ ter – 16 luglio 2012, n. 6440
N. 06440/2012 REG.PROV.COLL.
N. 09111/2011 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Ter)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso n.9111/2011–R.G. proposto dai sigg.ri Nicola Landolfi e G. Vitale nonché dal Circolo Legambiente di Caserta, dall’Associazione Caserta Bene Comune, dal Comitato Emergenza Rifiuti, dall’Associazione Civitas E’, in persona del rispettivo l.r. p.t.: tutti rappresentati e difesi dall’ avv. L. Adinolfi col quale in Roma, presso lo studio commerciale Rosati, alla via Ovidio nr.10, sono elettivamente domiciliati;
contro
– la Regione Campania, in persona del l.r. p.t., rappresentata e difesa dall’avv. M.L. Schiano di Colella Lavina e con la stessa elettivamente domiciliata, ex lege, presso la Segreteria di questo Tribunale;
– il Comune di Caserta, la Provincia di Caserta, l’A.s.l. Caserta, l’Arpac (Agenzia regionale di protezione ambientale Campania), l’Ente ambito Territoriale Ottimale di Napoli – Volturno ATO 2, non costituiti in giudizio;
nei confronti di
della New Ecology s.r.l., in persona del l.r. p.t., rappresentata e difesa dagli avvocati Gabriele e Francesco Casertano presso il cui studio in Roma, alla via Panama n.74, è elettivamente domiciliata;
per l’annullamento
– del decreto dirigenziale n.193 dell’11.8.2011 con cui è stata rilasciata, alla ditta New Ecology, l’A.i.a. ex artt.208 e 209 del d.lgs n.152 del 2006, per la realizzazione e gestione di un impianto di stoccaggio di rifiuti pericolosi e di stoccaggio e trattamento di rifiuti non pericolosi;
– degli atti presupposti: 1) verbale CTI n. 9 del 6 maggio 2011; 2) verbale conferenza dei servizi del 21 luglio 2011; 3) certificato di compatibilità urbanistica del Comune di Caserta prot. n. 36504 del 14 aprile 2005; 4) certificato di destinazione d’uso e agibilità del Comune di Caserta prot. n. 103380 del 13 novembre 2008; 5) autorizzazione allo scarico ATO 2 Napoli Volturno del 14 luglio 2011; 6) parere ARPAC — Dipartimento Provinciale di Caserta del 2 agosto 2011 prot. n. 0615137; 7) ogni altro atto comunque lesivo degli interessi e diritti del ricorrente
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della Regione Campania e della New Ecology s.r.l., ;
Viste le memorie prodotte dalle parti;
Visti gli atti tutti della causa, inclusi i mm.aa. di gravame depositati in data 30.12.2011;
Data per letta alla pubblica udienza del 14.6.2012 la relazione del Consigliere Pietro Morabito ed uditi gli avvocati di cui al verbale d’udienza;
Ritenuto e considerato, in fatto e in diritto, quanto segue:
FATTO
Con il ricorso collettivo in epigrafe è stata impugnata la determinazione n.193 dell’11.8.2011 con cui l’amministrazione regionale ha rilasciato alla ditta New Ecology l’Autorizzazione integrata ambientale ( di seguito: A.i.a.) di cui all’art.208 del d.lgs n.152 del 2006 (di seguito: T.u.a). Detta autorizzazione, fra l’altro:
– reca l’approvazione di un progetto per la realizzazione, nel perimetro del comune di Caserta (nell’ambito della località denominata “Lo Uttaro”), di un impianto per lo stoccaggio di rifiuti pericolosi e per lo stoccaggio e trattamento di rifiuti non pericolosi;
– subordina l’inizio dell’attività consentita all’acquisizione da parte della ditta New Ecology del decreto di classificazione di industria insalubre nonché (una volta ultimati i lavori) all’espletamento dei controlli, da parte della Provincia di Caserta, per l’accertamento della conformità delle opere eseguite rispetto a quelle approvate in sede della Conferenza di servizi tenutasi il 21.7.2011;
– consente, con riferimento alla gestione dei rifiuti, le sole attività (che negli allegati al T.u.a. sono) classificate R13 (per i rifiuti pericolosi) e le sole attività R13,R12,R3 ed R4 per i rifiuti non pericolosi, autorizzando il trattamento di cui alle attività R3 ed R4 per un quantitativo inferiore a 10/t al giorno.
I ricorrenti – che si ritengono legittimati ad agire (i due privati cittadini) in quanto stabilmente residenti nelle immediate vicinanze del sito interessato al progetto ovvero ( le associazioni ed il Comitato) in ragione della loro vocazione statutaria alla preservazione e tutela dell’ambiente – hanno dedotto otto distinte censure con l’atto introduttivo del giudizio ed un’ulteriore doglianza con ricorso aggiuntivo notificato il 20.12.2011 e depositato il successivo 30 dicembre. Entrambi detti ricorsi sono privi sia dei provvedimenti impugnati che di tutti gli atti e/o provvedimenti in seno agli stessi richiamati: a tal riguardo gli esponenti si limitano a rinviare alla produzione documentale allegata ad altro ricorso (nr.8324/2011) prodotto dal comune di S.Marco Evangelista avverso la stessa A.i.a. del quale chiedono la riunione e trattazione congiunta con quello corrente.
I sopra citati motivi di diritto verranno scrutinati e definiti nella parte motiva della presente trattazione
Si sono costituiti in giudizio sia la New Ecology che la Regione Campania.
La prima ha controdedotto su ogni punto dell’opposto gravame, affidando prevalentemente la propria difesa alle argomentazioni sostenute in due articolate perizie di parte.
La Regione Campania non ha prodotto note difensive limitandosi ad allegare all’atto di costituzione in giudizio note d’Ufficio inerenti il presente contenzioso.
In data 31.12.2011 i ricorrenti hanno depositato un atto contenente mm.aa. di gravame la cui produzione, a loro avviso, è legittimata dalla documentazione esibita dal Comune di Caserta nella qualità di contro interessato in altra causa (ric.n.8324/2011-R.G.) promossa dal Comune di S.Marco Evangelista avverso i medesimi atti gravati col ricorso in epigrafe. La documentazione sopra indicata non è stata unita ai predetti mm.aa. di gravame con i quali, in ogni caso, si insiste sulla fondatezza delle censure già denunciate nel ricorso introduttivo del presente giudizio.
All’udienza del 14.6.2012 la causa è stata trattenuta per la relativa decisione.
DIRITTO
I)- Avverso il provvedimento impugnato i ricorrenti hanno dedotto i motivi di diritto di seguito indicati.
1)- Eccesso di potere per erroneo presupposto di fatto; difetto di istruttoria e falsa rappresentazione della realtà; superficialità dell‘agire amministrativo e sviamento; violazione e falsa applicazione degli artt. 24 e 25 del DPR n. 380/01.
Il procedimento concluso con la determinazione dirigenziale n. 193/2011 trova quale suo atto presupposto e prodomico il certificato di agibilità del Comune di Caserta del 13 novembre 2008 prot. n. 103380. Tale certificato è stato rilasciato malgrado Via Edison, sulla quale si affaccia l’opificio, sia priva della fogna comunale. Con nota del 2 novembre 2011, la New Ecology S.r.l. ha affermato che vi è un “collettore fognario consortile” ed ha allegato le autorizzazione dell’ATO 2 del 14 luglio 2011 e 9 settembre 2010, che, però, autorizzano lo scarico dei reflui nelle pubbliche fognature dell’ATO 2 – Napoli Volturno e, più precisamente, nella fognatura del Comune di Caserta, che non esiste per stessa ammissione della parte controinteressata, la quale, infatti, afferma che la fogna è privata. Quindi, tutta la procedura della conferenza di servizi si è basata sul falso presupposto che esisteva un collettore fognario pubblico. La mancanza della fognatura rende illegittimi sia il certificato di agibilità, che l’autorizzazione dell’ATO, travolgendo tutta la procedura.
2)- Violazione degli artt. 252 e ss. del d.lgs. n. 152/2006; violazione e falsa applicazione della l. n. 296/98 e dei DD.MM. 10 gennaio 2000, 8 marzo 2001 e 31 gennaio 2006. –
La zona ove si intende realizzare il contestato sito di stoccaggio rientra nel SIN “litorale domizio flegreo e agro aversano” di cui alla legge n. 426/98 e ai DD.MM. 10 gennaio2000, 8 marzo 2001 e 31 gennaio 2006. All’interno del perimetro di un SIN si ritiene che tutta la superficie sia potenzialmente contaminata e, come tale, soggetta a caratterizzazione ai sensi degli artt. 252 e ss del d.lgs. n. 152/2006 che rimette alla competenza del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare la procedura di bonifica del SIN. La caratterizzazione del sito è prodomica a qualsivoglia attività e successiva autorizzazione, in quanto va prima bonificato il sito contaminato e, poi, su di esso possono svolgersi attività autorizzate. La Regione Campania, invece, ha ritenuto non necessario lo studio di caratterizzazione.
3)- Violazione acquis comunitario e Direttive DEE 85/337/CE del 27 giugno 1985 e 2000/76/CE; violazione di tutti i principi in tema di procedure VIA e AIA art. 20 e ss. T.U. n. 152/06; violazione e falsa applicazione del d.lgs. n. 59/05; eccesso di potere per difetto di istruttoria e perplessità. –
L’autorizzazione non è stata preceduta da alcun monitoraggio dal punto di vista dalla valutazione ambientale, nonostante nel corso dell’istruttoria fosse emersa la circostanza che gran parte dell’attività R13 relativa ai rifiuti pericolosi comporta anche quella di cui al D15. Trattandosi di operazioni che necessitano anche del deposito preliminare con riferimento a rifiuti pericolosi, era necessaria la VIA o, comunque, la verifica di assoggettabilità a VIA.
4) Violazione del P.R.G. e dello statuto ASI; eccesso di potere per falsità di presupposti; violazione dell’art. 21 della legge della Regione Campania 13 agosto 1998, n. 16, e delle leggi n. 634/1957 e n. 555/1959. –
L’opificio è sottoposto alle disposizioni del P.R.G. del Consorzio ASI che costituisce un Piano urbanistico sovracomunale al quale il Comune di Caserta deve adeguarsi. Ai sensi dell’art. 2 delle N.d.A. del P.R.G. ASI, i progetti esecutivi degli stabilimenti industriali devono essere approvati in via preventiva dal Consiglio Direttivo del Consorzio ASI. Dopo detta preliminare approvazione il Consiglio, entro due mesi, è tenuto ad inoltrarli al Comune per il rilascio del permesso di costruire. Sempre secondo il citato articolo 2, i progetti “esecutivi” devono essere accompagnati dallo “studio dell’impianto industriale” che deve essere valutato favorevolmente dal Consiglio Direttivo. Il progetto deve essere conforme alle N.d.A. del Piano ASI con riferimento alle zonizzazioni, destinazioni all’uso, distanze dai confini, altezze, indici di copertura e quant’ altro.
Malgrado ciò, il Consorzio ASI di Caserta non è stato invitato a partecipare alle conferenze di servizi.
5) Violazione dell’art. 216 del R.D. n. 1265/77; violazione di tutti i principi in tema di classificazione delle industrie insalubri.
Tutta la conferenza di servizi si è svolta in assenza del decreto di classificazione industria insalubre di competenza del Comune di Casetta, necessaria e prevista dalla normativa richiamata.
6)- Eccesso di potere per contraddittorietà con precedenti atti della stessa Amministrazione procedente; sviamento e falsità dei presupposti; inesatta configurazione della realtà. –
La Provincia di Caserta, con deliberazione del Commissario straordinario n. 20 CS del 23 febbraio 2010, ha recepito e fatta propria la proposta di Piano Provinciale Gestione Rifiuti della Provincia di Caserta, redatto dalla II Università degli Studi di Napoli – Facoltà di Scienze Ambientali, dando contestualmente avvio al procedimento di Valutazione Ambientale Strategica (VAS). La proposta di PPGR induce a ritenere che presso Lo Uttaro non possano essere allocati ulteriori impianti di trattamento rifiuti. Il procedimento deve, quindi, ritenersi viziato da illogicità perché la Provincia di Caserta, nell’esprimere il parere favorevole in sede di conferenza di servizi, ha contraddetto sé stessa.
7)- Violazione dell’art. 195, co 1, lett. e), del d.lgs. n. 152/06. – L’individuazione delle aree per la realizzazione di impianti di trattamento rifiuti deve avvenire, in base alla norma indicata, “sentiti” i Comuni. Il Comune di San Marco Evangelista non è stato “sentito” al riguardo e, quindi, la determinazione dirigenziale n. 193/2011 deve ritenersi illegittima.
8) Eccesso di potere per sviamento e contraddittorietà. – Il contestato sito di stoccaggio sorgerà su un terreno della superficie di mq. 3.360, distinto con la particella n. 5195 del NCEU del Comune di Caserta, ossia immediatamente fuori il perimetro dell’Area vasta di Lo Uttaro, oggetto di un’azione di bonifica e di ripristino della qualità dell’ambiente delle aree di proprietà pubblica o utilizzate per fini pubblici, come da Piano di Caratterizzazione dell’area redatto dell’ARPAC nel settembre 2008 e approvato dal Ministero dell’Ambiente nella conferenza di servizi decisoria dell’11/11/2008. La stessa area era stata inserita già nel 2005 nel Piano Regionale di bonifica e tutta la zona rientra nel Sito di interesse nazionale Litorale Domitio Flegreo e Agro Aversano. Appare, quindi, contraddittorio che la Regione Campania possa autorizzare la localizzazione di un’industria insalubre di I^ classe proprio in quella zona per la cui bonifica la stessa Regione ha stanziato la somma di € 15.000.000,00 a valere sui fondi Por Fesr 2007/2013 come da Protocollo d’Intesa tra Regione Campania e Comune di Caserta sottoscritto in data 25/03/2010 e approvato con Delibera della Giunta Regionale n. 682 dell’8/l0/2010.
Come si è già anticipato in narrativa, l’amministrazione regionale, costituitasi in giudizio, non ha prodotto memorie o note difensive; mentre la controinteressata New Ecology s.r.l. ha, partitamente, contestato le deduzioni avversarie sostenendone l’infondatezza.
II)- I promotori dell’odierno giudizio sono due cittadini casertani residenti in zona (Villaggio ex Saint Gobain) che si dichiara prossima al sito (loc. Lo Uttaro) dove è stata autorizzata, col provvedimento impugnato, la realizzazione e messa in esercizio di un impianto per lo stoccaggio di rifiuti pericolosi e per lo stoccaggio e trattamento di rifiuti non pericolosi. Ricorrono, altresì, i sodalizi in epigrafe indicati nonché il Circolo Legambiente di Caserta.
Ora, per quanto riguarda i detti sodalizi, per nessuno di essi è stata esibita la delibera del competente Organo ( a mente del rispettivo Statuto, il Consiglio direttivo in quanto investito dei poteri di ordinaria e straordinaria amministrazione) che li autorizza ad agire in giudizio.
Per quanto riguarda invece il Circolo Legambiente di Caserta, v’è da ricordare che la legittimazione ad agire può spettare anche ad associazioni di protezione ambientale diverse da quelle riconosciute formalmente con decreto ministeriale, purché effettivamente rappresentative dell’interesse pregiudicato dall’atto impugnato. Il ricorso è cioè proponibile anche da associazioni prive di riconoscimento che perseguano statutariamente e non in maniera occasionale obiettivi di tutela ambientale, abbiano un elevato grado di stabilità e rappresentatività nonché un’area di afferenza ricollegabile alla zona in cui è situato il bene che si assume leso. Il mero scopo associativo non è quindi sufficiente e personificare un interesse diffuso o adespota, facente capo alla popolazione nel suo complesso, quando tale scopo si risolva, senza mediazione alcuna di altre finalità, nell’utilizzazione di tutti i mezzi leciti per non consentire la realizzazione di un determinato progetto e, quindi, in definitiva, nella stessa finalità di proporre l’azione giurisdizionale (nel caso di specie, pur ritenendosi sussistente un collegamento tra il Circolo ricorrenti e il territorio, tuttavia non vi è una manifesta evidenza circa un suo preesistente radicamento nel medesimo territorio, nonché circa la sussistenza di un adeguato grado di rappresentatività e stabilità).
Per quanto attiene, invece, ai sigg.ri Landolfi e Vitale, essi dichiarano di risedere a ridosso del sito “ove si andrà ad aprire l’impianto” e che “la nuova attività comporterà un andirivieni di auto compattatori e camion che giornalmente continueranno a sconquassare le strade e ad inquinare l’ambiente in maniera continuativa, mettendo ulteriormente a rischio la salute e l’incolumità pubblica”.
Orbene, com’è noto, in giurisprudenza si è, in linea di principio, detto che la mera vicinitas non legittima il proprietario frontista ad insorgere avverso il provvedimento di approvazione dell’opera, essendo invece necessaria anche l’ulteriore prova del danno che da questo egli riceve nella sua sfera giuridica (cfr., ex multis,
Cons. St. n. 2460/2012, n.
1134/2010, n.
413/2010; Tar FI, n.5144/2010; Tar NA, n.
1479/2010 e
8807/2009😉 o per il fatto che la localizzazione dell’impianto riduce il valore economico del fondo situato nelle sue vicinanze, o perché le prescrizioni dettate dall’autorità competente in ordine alle modalità di gestione dell’impianto sono inidonee a salvaguardare la salute di chi vive nelle sue vicinanze o, infine, per il significativo incremento del traffico veicolare, potenzialmente idoneo ad incidere in senso pregiudizievole sui terreni limitrofi (su quest’ultimo profilo cfr. Cons.St., V, 16 giugno 2009 n. 3849). Da ciò la conferma che il mero collegamento di un fondo con il territorio sul quale è localizzata una discarica non è da solo sufficiente a legittimare il suo proprietario a provocare uti singulus il sindacato di legittimità su qualsiasi provvedimento amministrativo preordinato alla tutela di interessi generali che nel territorio trovano la loro esplicazione (cfr.
C.d..S., n.2460/2012 cit.; V, 23 aprile 2007, n. 1830).
Fermo l’indirizzo di pensiero dianzi delineato, è però, altrettanto vero che è stato anche sostenuto che, ai fini della sussistenza della legittimazione ad agire, infatti, è sufficiente la vicinitas (intesa come vicinanza dei soggetti che si ritengono lesi dalla realizzazione del sito prescelto per l’ubicazione del nuovo impianto), non potendo addossarsi alla parte ricorrente il gravoso onere della prova dell’effettività del danno subendo. Anche perché tale prova, non potendo prescindere dall’effettiva realizzazione dell’impianto, finirebbe per svuotare di significato il principio costituzionale del diritto di difesa di cui all’articolo 24, Cost. rendendolo possibile solo allorquando il diritto alla salute e/o all’ambiente salubre fossero già definitivamente ed irrimediabilmente compromessi o esposti a pericolo (Consiglio Stato , sez. V, 18 agosto 2010 , n. 5819).
Dunque le coordinate fattuali e giurisprudenziali sopra tracciate generano perplessità in ordine alla legittimazione a ricorrere degli enti associativi e dei cittadini in epigrafe menzionati: perplessità che richiederebbero, in linea di principio, un approfondimento della relativa tematica. Sennonchè a tale indagine il Collegio ritiene di potersi esentare in quanto il ricorso, pur se ampiamente articolato, non si rivela, per le considerazioni di seguito rassegnate, fondato.
III)- Con il primo motivo di diritto si sostiene che il sito su cui sorge l’impianto sarebbe privo della fogna comunale; il che vizierebbe sia il certificato di agibilità che l’autorizzazione ATO 2 allo scarico che sono stati rilasciati, con conseguente illegittimità del decreto dirigenziale della Regione Campania AGC5 n. 193 dell’11 agosto 2011.
Al riguardo, va considerato che il certificato di agibilità (art. 24 del d.P.R. n. 380 del 2001), attesta la sussistenza delle condizioni di sicurezza, igiene, salubrità, risparmio energetico degli edifici e degli impianti negli stessi installati, valutate secondo quanto dispone la normativa vigente. Esso è richiesto: 1) per le nuove costruzioni; 2) ricostruzioni o sopraelevazioni, totali o parziali; 3) interventi sugli edifici esistenti che possano influire sulle condizioni di cui al comma 1 della stessa norma. Ora anche ammettendo che la fattispecie in trattazione è sussumibile nell’ipotesi sub 3), in ogni caso, detto certificato viene rilasciato dopo il collaudo statico delle opere e dopo la dichiarazione di conformità degli impianti in esso installati alle norme vigenti. Ciò va considerato a prescindere dal fatto che l’immobile ha già un certificato di agibilità come opificio industriale.
Per quanto concerne l’autorizzazione allo scarico, va rilevato che la stessa è disciplinata dall’art. 124 del richiamato Testo unico, che la distingue a seconda che abbia riferimento agli scarichi di acque reflue domestiche (il cui regime è definito dalle Regioni fermo restando che se avvengono in reti fognarie bisogna rispettare i regolamenti del gestore del servizi idrico integrato), ovvero abbia riferimento agli scarichi in pubblica fognatura. La domanda di autorizzazione si fa alla provincia nel primo caso ed all’Ato nel secondo caso.
Nel caso di specie, l’ATO ha rilasciato il 14.7.2011 l’autorizzazione allo scarico dei reflui industriali alla NEW Ecology S.r.l. nella pubblica fognatura del Comune di Caserta, mentre l’Amministrazione comunale ha rilasciato l’agibilità con provvedimento dirigenziale n. 103380 del 13.11.2008 (cfr. documentazione allegata dalla controinteressata).
La parte ricorrente, richiamando una nota in data 2 novembre 2011, ritiene che in conferenza di servizi siano stato prodotti documenti non veritieri, attestanti la presenza di una fognatura comunale in realtà inesistente.
Tuttavia, va rilevato che gli stessi ricorrenti riconoscono l’esistenza di un collettore fognario (denominato FELLACO), anche se le parti in causa non concordano sulla competenza a gestire tale impianto e a rilasciare la relativa autorizzazione: Settore Ciclo integrato acque della Regione Campania, ovvero ATO.
Tanto premesso, e fermo restando che gli atti contestati hanno natura pubblica e, quindi, fanno prova fino a querela di falso (che, nella specie non risulta essere stata proposta), il Collegio, poiché l’interesse che rileva nel caso di specie è quello di tutelare l’ambiente dall’inquinamento, ritiene che, a prescindere dalla competenza a rilasciare l’autorizzazione, la censura sia infondata una volta appurato che gli scarichi reflui dell’impianto immettono in fognatura e non vanno in dispersione.
III.1)- Con il secondo motivo di ricorso si lamenta che il sito interessato dall’impianto ricade all’interno di un SIN (Sito interesse nazionale) “litorale domizio flegreo e agro aversano”, di cui alla legge n. 426/98 ed ai DDMM 10.1.2000, 8.3.2001 e 31.1.2006, potenzialmente contaminato e soggetto a caratterizzazione, per il quale è stata disposta la bonifica dal Ministero dell’Ambiente, sicché sarebbe irrazionale realizzarvi un nuovo impianto.
Al riguardo, va considerato che la controinteressata ha prodotto in giudizio una perizia da cui emerge che i SIN sono due, ma che in nessuno dei due ricade l’area interessata (cfr., in particolare, l’elaborato peritale a firma dell’Arch. Sparano); circostanza questa confermata dal documento relativo al verbale del tavolo tecnico del 13.12.2011, organizzato dalla Regione Campania, al quale ha presenziato il rappresentante Arpac che ha affermato che il sito interessato dall’impianto non è sub perimetrato e, quindi, è estraneo alla caratterizzazione.
III.2)- Con il terzo motivo di ricorso si è affermato che il progetto avrebbe dovuto essere sottoposto a VIA (Valutazione di Impatto Ambientale, ex art. 6, d.lgs. n. 152/2006) o a Verifica di assoggettabilità (ex art.20 del medesimo Testo unico ambiente).
A parere del Collegio, anche tali censure sono infondate, perché la fattispecie oggetto di causa non rientra né nell’ambito di applicazione della disciplina della VIA, che attiene ai progetti di cui: – all’allegato II al citato T.U., di competenza statale (diversi da quello di specie); – all’allegato III, che sono assoggettati a VIA in presenza di requisiti quantitativi diversi da quelli (minori) autorizzati; – all’allegato IV, assoggettati a VIA solo se concernono progetti ricadenti in aree protette (e tale non è il caso di specie).
Per quanto riguarda la Verifica assoggettabilità – per quel che interessa in questa sede, la lettera c) dell’articolo 20 del decreto legislativo n. 162/2006 -, rimanda ai progetti di cui all’allegato IV del T.U.. Fra questi vi sono due voci:
za): “impianti di smaltimento e recupero di rifiuti pericolosi” mediante le operazioni di cui all’allegato B lettere ….da D13 a D15 e all’allegato C lettere da R2 a R9..”. Tale disposizione, però, non si applica al caso di specie, in quanto estranea all’impianto in argomento che è autorizzato al solo stoccaggio di rifiuti pericolosi e cioè alla messa in riserva del rifiuto in contenitori a perfetta tenuta. Difatti l’unica operazione prevista è la R13 che è appunto la ‘messa in riserva’ del rifiuto funzionale ad una delle operazioni da R1 a R12 (che però, nel caso di specie, non sono autorizzate con riguardo ai rifiuti pericolosi);
zb): riguarda gli impianti di smaltimento e recupero dei rifiuti non pericolosi con capacità complessiva superiore a 10 t/die mediante le operazioni di cui all’allegato C da R1 a R9. Ma, le operazioni R3 ed R4 sono autorizzate in quantitativo inferiore alle a 10 t/die e, quindi, il progetto non avrebbe dovuto essere sottoposto a verifica di assoggettabilità.
Questi elementi di valutazione sono stati considerati dagli Organi competenti, come è riscontrabile dal verbale della conferenza di servizi del 21 luglio 2011, da cui emerge un’unica prescrizione al riguardo, consistente nell’obbligo di fornire copia dell’atto autorizzativo del termovalorizzatore legittimato al trattamento (R1) delle tipologie di rifiuto con codice CER 150202*, 180108*, 180205* e 191206*.
III.3)- Con il quarto motivo di ricorso (erroneamente indicato con il n. III° nel ricorso introduttivo del giudizio) e con il settimo motivo di censura (anch’esso erroneamente indicato quale VI°) si lamenta l’omesso invito del Consorzio ASI di Caserta e del Comune di S. Marco Evangelista alla Conferenza di servizi.
Sul punto, va ricordato che l’art. 208, del d.lgs. n. 152/2006 (come sostituito dalla lettera a) del comma 1 dell’art. 22, D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205), nel disciplinare il procedimento relativo all’autorizzazione unica per i nuovi impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti, stabilisce, tra l’altro, che “… 3. Entro trenta giorni dal ricevimento della domanda di cui al comma 1, la regione individua il responsabile del procedimento e convoca apposita conferenza di servizi. Alla conferenza dei servizi partecipano, con un preavviso di almeno 20 giorni, i responsabili degli uffici regionali competenti e i rappresentanti delle autorità d’ambito e degli enti locali sul cui territorio è realizzato l’impianto, nonché il richiedente l’autorizzazione o un suo rappresentante al fine di acquisire documenti, informazioni e chiarimenti. …”.
Pertanto, nella descritta sede procedimentale, ai soggetti indicati dalla parte ricorrente non è riconosciuto alcun diritto partecipativo.
III.4)- Con il quinto motivo di ricorso (erroneamente indicato con il n. IV° nel ricorso introduttivo del giudizio) si censura la mancata preventiva adozione del decreto di classificazione industria insalubre.
Al riguardo, il Collegio osserva che le industrie insalubri sono suddivise, ex art. 216 T.U. n.1265 del 1934, in apposito elenco di cui al D.M. 5.9.1994 in due classi. Quella che interessa il caso di specie, rientra nella I^ classe la cui allocazione può essere permessa (non, come nella fattispecie, fuori dall’abitato ma anche) all’interno dell’abitato quante volte l’industriale che la esercita provi che, per l’introduzione di nuovi metodi o speciali cautele, il suo esercizio non reca nocumento alla salute del vicinato.
Nel caso di specie, peraltro, al rilascio di tale autorizzazione è stata subordinata l’A.I.A. (cfr. punto 5.2 del provvedimento impugnato) e, quindi, anche tale censura va disattesa.
III.5)- Con il sesto motivo di ricorso (erroneamente indicato con il n. V° nel ricorso introduttivo del giudizio) si lamenta il contrasto tra l’autorizzazione impugnata e la proposta del Piano provinciale rifiuti della Provincia di Caserta.
La censura è infondata in quanto il documento indicato costituisce una ‘proposta’ e non un Piano approvato; inoltre l’omessa produzione, da parte di tutte le parti in causa, di tale documento non consente al Collegio di accertare se da detta Proposta emerga, come si sostiene da parte ricorrente l’impossibilità, o meno ( come si ribadisce dalla contro interessata), di allocare in zona ulteriori impianti di trattamento rifiuti.
III.6)- Con il settimo motivo di ricorso (erroneamente indicato con il n. VI° nel ricorso introduttivo del giudizio) è stata rappresentata la contraddittorietà dell’operato della Regione Campania la quale, da una parte, ha stanziato 15 mln. euro per bonificare la località Lo Uttaro e, dall’altra, ha rilasciato la contestata autorizzazione unica per l’approvazione del progetto e l’autorizzazione alla realizzazione e gestione di un impianto di stoccaggio e trattamento di rifiuti non pericolosi, nonché alle emissioni in atmosfera, in favore della New Ecology S.r.l., relativamente all’impianto sito nel Comune di Caserta, Via Edison, Zona ASI, località Lo Uttaro.
Al riguardo il Collegio, nel ribadire quanto già evidenziato in merito agli altri motivi di ricorso, rileva che la Regione Campania ha adottato il provvedimento impugnato all’esito di una articolata istruttoria, operando una nuova valutazione della situazione di fatto, tenendo conto del motivato parere ARPAC sul punto e del parere della ASL CE1 che è stato condizionato all’adozione di misure volte a preservare le falde acquifere ed evitare odori molesti nella fase realizzativa dell’impianto. Peraltro, va rilevato che l’impianto sarà soggetto a verifiche periodiche e a verifiche di messa a regime da parte degli organi competenti (cfr. punti 8.7, 8.7.1.2.3 e 4 del decreto).
III.7)- Con la residua censura è stata rappresentata la contraddittorietà dell’operato della Regione Campania la quale, da una parte, ha stanziato 15 mln. euro per bonificare la località Lo Uttaro e, dall’altra, ha rilasciato la contestata autorizzazione unica per l’approvazione del progetto e l’autorizzazione alla realizzazione e gestione di un impianto di stoccaggio e trattamento di rifiuti non pericolosi, nonché alle emissioni in atmosfera, in favore della New Ecology S.r.l., relativamente all’impianto sito nel Comune di Caserta, Via Edison, Zona ASI, località Lo Uttaro.
Al riguardo il Collegio, nel ribadire quanto già evidenziato in merito agli altri motivi di ricorso, rileva che la Regione Campania ha adottato il provvedimento impugnato all’esito di una articolata istruttoria, operando una nuova valutazione della situazione di fatto, tenendo conto del motivato parere ARPAC sul punto e del parere della ASL CE1 che è stato condizionato all’adozione di misure volte a preservare le falde acquifere ed evitare odori molesti nella fase realizzativa dell’impianto. Peraltro, va rilevato che l’impianto sarà soggetto a verifiche periodiche e a verifiche di messa a regime da parte degli organi competenti (cfr. punti 8.7, 8.7.1.2.3 e 4 del decreto).
IV)- Alla luce delle considerazioni che precedono il Collegio ritiene che il ricorso sia infondato e debba essere respinto.
In punto spese il Collegio ravvisa nella complessità ed opinabilità delle questioni trattate, i giusti motivi che, a mente dell’art.92 c.p.c., fondano una pronuncia di integrale compensazione delle spese di lite tra tutte le parti in causa.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Ter) respinge il ricorso in epigrafe.
Spese compensate
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 14 giugno 2012 con l’intervento dei magistrati:
Pietro Morabito, Presidente, Estensore
Roberto Proietti, Consigliere
Antonella Mangia, Consigliere
IL PRESIDENTE,
ESTENSORE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 16/07/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)