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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Diritto urbanistico - edilizia, Rifiuti Numero: 3818 | Data di udienza: 10 Gennaio 2012

* RIFIUTI – Impianti di smaltimento e recupero – Artt. 196 e 208 d.lgs. n. 152/2006 – Collocazione in area industriale – Obbligatorietà – Esclusione – Previsione di cui all’art. 196 – Criterio direttivo di preferenza – Destinazione agricola – Finalità – Discarica – Incompatibilità – Esclusione.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 5^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 28 Giugno 2012
Numero: 3818
Data di udienza: 10 Gennaio 2012
Presidente: Trovato
Estensore: Saltelli


Premassima

* RIFIUTI – Impianti di smaltimento e recupero – Artt. 196 e 208 d.lgs. n. 152/2006 – Collocazione in area industriale – Obbligatorietà – Esclusione – Previsione di cui all’art. 196 – Criterio direttivo di preferenza – Destinazione agricola – Finalità – Discarica – Incompatibilità – Esclusione.



Massima

 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. 5^ – 28 giugno 2012, n. 3818


RIFIUTI – Impianti di smaltimento e recupero – Artt. 196 e 208 d.lgs. n. 152/2006 – Collocazione in area industriale – Obbligatorietà – Esclusione – Previsione di cui all’art. 196 – Criterio direttivo di preferenza.

L’articolo 196 del d.lgs. n. 152/2006 non impone che la realizzazione di impianti di smaltimento e recupero dei rifiuti debba avvenire necessariamente ed esclusivamente in aree industriale, esprimendo piuttosto un criterio direttivo di preferenza cui devono attenersi in linea di principio le regioni. Un simile criterio direttivo è volto a sottolineare la natura industriale di tali impianti, collocandoli quindi preferibilmente, in coerenza con il disegno urbanistico delineato dallo strumento di governo del territorio, nella zona da quest’ultimo individuata per le attività industriali; tuttavia, la circostanza che tale collocazione costituisca solo una indicazione di massima ovvero un criterio preferenziale è confermata dalla espressa previsione che essa deve essere comunque compatibile con le peculiari caratteristiche dell’area:  il legislatore ha quindi inteso fissare una indicazione preferenziale, astratta, salvo poi a demandare in concreto la verifica e la valutazione della sua compatibilità. In questa ottica deve essere apprezzata la previsione contenuta nel sesto comma dell’art. 208 del D. Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, secondo cui “L’approvazione (…) costituisce, ove occorra, variante allo strumento urbanistico e comporta la dichiarazione di pubblica utilità, urgenza ed indifferibilità dei lavori”. Essa invero sarebbe ultronea e priva di qualsiasi utilità se l’impianto da realizzare dovesse essere collocato obbligatoriamente ed esclusivamente in zona industriale, laddove la ricordata previsione normativa ne permette invece la collocazione anche in una zona che, secondo le previsioni urbanistiche, non la tollererebbe, subordinatamente al riscontro ed alla valutazione di compatibilità in concreto da parte dell’amministrazione.

(Conferma T.A.R. LOMBARDIA, Milano, n. 597/2011) – Pres. Trovato, Est. Saltelli – Provincia di Lodi e altro (avv. Ferrari) c. L. s.r.l. (avv.ti Robaldo, Caliandro e Masini)

DIRITTO URBANISTICO – RIFIUTI – Destinazione agricola – Finalità –Discarica – Incompatibilità – Esclusione.

La destinazione agricola di una determinata area è volta non tanto e non solo a garantire il suo effettivo utilizzo a scopi agricoli, quanto piuttosto a preservarne le caratteristiche attuali di zona di salvaguardia da ogni possibile nuova edificazione, con la conseguenza che, salvo diverse specifiche previsioni, essa non può considerarsi incompatibile con la realizzazione di un impianto di discarica, tanto più che quest’ultimo deve essere ragionevolmente localizzato al di fuori della zona abitata (C.d.S., sez. V, 1° ottobre 2010, n. 7243; 16 giugno 2009, n. 3853). Il potere di pianificazione del territorio non può precludere del resto insediamenti industriali in zone a destinazione agricola, salvo che in via eccezionale, quando cioè si sia in presenza di un assetto agricolo di particolare pregio, consolidato da tempo remoto ovvero favorito da opere di bonifica, ciò anche in considerazione del fatto che la destinazione agricola ha in realtà lo scopo di impedire insediamenti abitativi residenziali e non già quello di precludere in via assoluta e radicale qualsiasi intervento urbanisticamente rilevante (C.d.S., sez. V, 18 settembre 2007, n. 4861).

(Conferma T.A.R. LOMBARDIA, Milano, n. 597/2011) – Pres. Trovato, Est. Saltelli – Provincia di Lodi e altro (avv. Ferrari) c. L. s.r.l. (avv.ti Robaldo, Caliandro e Masini)
 


Allegato


Titolo Completo

CONSIGLIO DI STATO, Sez. 5^ - 28 giugno 2012, n. 3818

SENTENZA

 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. 5^ – 28 giugno 2012, n. 3818

N. 03818/2012REG.PROV.COLL.
N. 04552/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente


SENTENZA

sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 4552 del 2011, proposto da:
PROVINCIA DI LODI, in persona del Presidente della Giunta provinciale in carica, e COMUNE DI MELETI, in persona del sindaco in carica, rappresentati e difesi dall’avv. Giuseppe Franco Ferrari, con domicilio eletto presso l’avv. Giuseppe Franco Ferrari in Roma, via di Ripetta, 142;

contro

LOMBARDIA AMBIENTE S.R.L., in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dagli avv. Enzo Robaldo, Francesco Caliandro e Maria Stefania Masini, con domicilio eletto presso l’avv. Maria Stefania Masini in Roma, via della Vite, n. 7;

nei confronti di

COMUNE DI CORNOVECCHIO; ARPA LOMBARDIA; ARPA LOMBARDIA – DIPARTIMENTO PROVINCIALE DI LODI; ASL N.306 DELLA PROVINCIA DI LODI; REGIONE LOMBARDIA, ognuno in persona del proprio rispettivo legale rappresentante in carica, tutti non costituiti in giudizio;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. LOMBARDIA – MILANO, Sez. IV, n. 597 del 1° marzo 2011, resa tra le parti, concernente AUTORIZZAZIONE ALLA REALIZZAZIONE DI UN IMPIANTO DA ADIBIRSI ALLE OPERAZIONI DI RECUPERO DI RIFIUTI SPECIALI NON PERICOLOSI (FANGHI BIOLOGICI);

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Lombardia Ambiente s.r.l., che ha spiegato anche appello incidentale;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 10 gennaio 2012 il Cons. Carlo Saltelli e uditi per le parti gli avvocati Ferrari e Robaldo;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.

FATTO

I.1. Con istanza in data 4 luglio 2005 Lombardia Ambiente s.r.l. chiedeva alla Provincia di Lodi, ai sensi degli articoli 27 e 28 del D. Lgs. 22/97 (ora articolo 208 del D. Lgs. 3 aprile 2006, n. 152), l’autorizzazione per la realizzazione e l’esercizio nel Comune di Meleti di un impianto di stoccaggio e trattamento di fanghi biologici, da avviarsi a recupero mediante spandimento in agricoltura, su di un’area di sua proprietà.

Il Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, sez. IV, con la sentenza n. 96 del 23 gennaio 2008, annullava la determinazione dirigenziale n. 453 del 27 giugno 2006, con cui la Provincia di Lodi aveva negato l’autorizzazione per difetto di motivazione e di istruttoria.

I.2. Riavviato il procedimento a seguito del passaggio in giudicato della predetta sentenza, veniva convocata la conferenza dei servizi prevista dall’articolo 208 del D. Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, che nella riunione del 4 aprile 2009 prendeva atto della necessità di ulteriori approfondimenti istruttori circa i criteri di localizzazione degli impianti di trattamento dei rifiuti di cui alla D.G.R. n. 220 del 2005, con particolare riferimento alla fascia di rispetto stradale, a quella di rispetto delle infrastrutture lineare energetiche e alla distanza da funzioni sensibili e rinviava ogni decisione ad epoca successiva alla definizione di detti aspetti (con aggiornamento della relativa documentazione).

La Provincia di Lodi con nota prot. 18966.09.08.11 del 6 giugno 2009 disponeva la sospensione del procedimento autorizzativo in corso sul presupposto dell’adozione in data 18 aprile 2009 da parte del Comune di Meleti del Piano del Governo del Territorio (P.G.T.) e della conseguente applicazione della clausola di salvaguardia di cui all’articolo 13, comma 12, della legge regionale 11 marzo 2005, n. 12.

I.3. Lombardia Ambiente s.r.l. chiedeva al Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia l’annullamento della predetta sospensione e degli altri atti, connessi, antecedenti e preordinati (tra cui in particolare la delibera del Consiglio comunale di Meleti n. 11 del 18 aprile 2009, di adozione del P.G.T., nella parte in cui istituiva la “fascia di tutela ambientale ed idrogeologica FTAI” che vietava l’ubicazione di impianti di stoccaggio provvisorio e definitivo di rifiuti.

A sostegno dell’impugnativa deduceva: 1) “Violazione e falsa applicazione dell’articolo 13, comma 12, della l.r. 11 marzo 2005, n. 12 – Violazione e falsa applicazione dell’articolo 12, comma 3, del d.p.r. 6 giugno 2001, n. 380 – Violazione e falsa applicazione dell’articolo 208 del d. lgs. 3 aprile 2006, n. 152 – Eccesso di potere per violazione del giusto procedimento, per difetto di istruttoria, per illogicità manifesta e per difetto di motivazione”; 2) “Violazione e falsa applicazione dell’articolo 208, comma 6, del d. lgs. 3 aprile 2006, n. 152 – Violazione della d.g.r. 27 giugno 2005, n. 8/220 – Violazione e falsa applicazione dell’articolo 13, comma 12, della l.r. 11 marzo 2005, n. 12 – Violazione e falsa applicazione dell’articolo 12, comma 3, del d.p.r. 6 giugno 2001, n. 380 – Eccesso di potere per violazione, per difetto di istruttoria, per illogicità manifesta, per errata valutazione dei presupposti e per difetto di motivazione”; 3) “Violazione del d.p.c.m. 24 maggio 2001, di approvazione del Piano stralcio per l’assetto idrogeologico del fiume Po (P.A.I.) – Violazione della d.g.r. 7/7365 del 2 dicembre 2001 -Violazione del Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale (PTCP) della Provincia di Lodi – Eccesso di potere per contraddittorietà, per difetto di istruttoria, per errata valutazione dei presupposti di fatto, per illogicità manifesta e difetto di motivazione”; 4) “Eccesso di potere per sviamento, per illogicità manifesta e per difetto di motivazione – Violazione della d.g.r. 27 giugno 2005, n. 8/220”.

In sintesi, secondo la ricorrente, la misura di salvaguardia non poteva essere applicata ai procedimenti autorizzativi di cui all’art. 208 del D. Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, essendo espressamente prevista soltanto per le richieste di permesso di costruire e per le denunce di inizio di attività, tanto più che il predetto art. 208, per un verso, non prevedeva alcuna ipotesi di sospensione o interruzione del relativo procedimento, mentre, per altro verso, l’autorizzazione ivi prevista costituiva automatica variante allo strumento urbanistico vigente; ciò senza contare che le previsioni dell’adottato P.G.T. del Comune di Meleti, asseritamente incompatibili con la istanza presentata, non integravano un vero e proprio vincolo idrogeologico e che la stessa istituzione della “fascia di tutela ambientale ed idrogeologica (FTAI)” era illegittima in quanto la presunta instabilità della zona, che la giustificava, oltre a non trovare conferma né nel PAI, né nel PTCP, era smentita dalla relazione tecnica allegata alla domanda di autorizzazione.

Il provvedimento impugnato veniva sospeso dall’adito tribunale, sez. IV, con ordinanza in data 6 luglio 2009, confermata dal Consiglio di Stato (Quinta Sezione) con ordinanza n. 6856 del 29 settembre 2009, proprio sul presupposto che il procedimento per l’autorizzazione ex art. 208 del D. Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, non poteva essere sospeso dall’adozione di un piano urbanistico anche in ragione dell’effetto di variante urbanistica riconosciuta al rilascio dell’autorizzazione unica.

I.4. A seguito del nuovo impulso all’istruttoria della domanda di Lombardia Ambiente s.r.l. la conferenza dei servizi si riuniva il 5 ottobre 2009 per la ulteriore disamina del progetto presentato, come integrato secondo gli approfondimenti indicati nella riunione del 3 aprile 2009 e, tenuto conto dei pareri espressi dai soggetti partecipanti (Provincia, Comune di Meleti, Comune di Cornovecchio, ARPA e ASL), esprimeva parere contrario all’approvazione del progetto; con nota prot. 31822,09.08.11 del 13 ottobre 2009 la Provincia di Lodi comunicava a Lombardia Ambiente s.r.l. il preavviso di rigetto ex art. 10 bis della legge 7 agosto 1990, n. 241, indicando le ragioni del parere contrario espresso dalla conferenza dei servizi.

Quindi con determinazione dirigenziale n. 669/2009 del 4 novembre 2009, valutate le osservazioni svolte dalla società interessata, veniva definitivamente denegata l’autorizzazione richiesta.

I.5. Lombardia Ambiente s.r.l. con motivi aggiunti impugnava tale nuovo diniego, in uno con tutti gli atti presupposti e connessi, deducendo: a) quanto al primo profilo di diniego (imperniato sull’asserita incompatibilità dell’impianto con la destinazione urbanistica, agricola, di cui al PRG vigente e al PGT adottato del Comune di Meleti), a1) “Violazione degli articoli 33 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034 (elusione della sentenza TAR Lombardia, sez. IV, n. 96 del 23 gennaio 2008)”; a2) “Violazione e falsa applicazione degli articoli 196 e 208 del d. lgs. 3 aprile 2006, n. 152 – Violazione della DGR 27 giugno 2005 n. 8/220. Violazione del punto 8.5.4 della DGR 13 febbraio 2008 n. 8/6581 – Violazione del Piano Rifiuti adottato dalla Provincia di Lodi (paragrafo “I nuovi criteri localizzativi degli impianti di gestione dei rifiuti” della Relazione, pag. 152) – Eccesso di potere per contraddittorietà, per illogicità manifesta, per errata valutazione dei presupposti, per difetto di istruttoria, per sviamento e per difetto di motivazione”; b) quanto al secondo profilo di diniego (incompatibile con la fascia FTAI istituita dall’adottato PGT del Comune di Meleti), b1) “Violazione degli articoli 33 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034 (elusione dell’ordinanza del Consiglio di Stato, sez. V, 29 settembre 2009 n. 6856) – Violazione dell’art. 208, comma 6, del D. Lgs. 3 aprile 2006, n. 152 – Eccesso di potere per violazione del giusto procedimento, per difetto di istruttoria, per illogicità manifesta, per sviamento e per difetto di motivazione”; b2) “Violazione degli articoli 33 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034 (elusione dell’ordinanza del Consiglio di Stato, sez. V, 29 settembre 2009 n. 6856), sotto altro profilo – Violazione e falsa applicazione dell’articolo 13, comma 12, della l.r. 11 marzo 2005, n. 12 – Violazione e falsa applicazione dell’articolo 12, comma 3, del d.p.r. 6 giugno 2001, n. 380 – Eccesso di potere per violazione del giusto procedimento, per difetto di istruttoria, per illogicità manifesta e per difetto di motivazione”; b3) “Violazione e falsa applicazione dell’art. 208 del d. lgs. 3 aprile 2006, n. 152 – Eccesso di potere per contraddittorietà per illogicità manifesta, per errata valutazione dei presupposti, per difetto di istruttoria, per sviamento e difetto di motivazione”; b4) “Violazione e falsa applicazione dell’articolo 208 del d. lgs. 3 aprile 2008, n. 152 – Eccesso di potere per contraddittorietà per illogicità manifesta, per errata valutazione dei presupposti, per difetto di istruttoria, per sviamento e per difetto di motivazione”; b5) “Illegittimità derivata dell’adottato PGT di Meleti – Motivi terzo e quarto del ricorso introduttivo del giudizio”.

Ad avviso della società ricorrente, già con la sentenza n. 96 del 23 gennaio 2008, passata in giudicato, il Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, sez. IV, aveva rilevato che il criterio indicato dall’art. 196 del D. Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, secondo cui le strutture destinate ad ospitare a recupero i rifiuti dovevano essere allocate in zona industriale, esprimeva una mera preferenza, così che il diniego di autorizzazione ex art. 208 del D. Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, non poteva fondarsi sul fatto che l’impianto proposto fosse collocato in zona agricola, tanto più che, per un verso, nel caso di specie si trattava di una struttura che avrebbe trattato fanghi biologici che, dopo l’igienizzazione, sarebbero stati recuperati in agricoltura mediante spandimento sui terreni, e che, per altro verso, il Piano rifiuti adottato dalla Provincia di Lodi nell’ottobre 2009 prevedeva espressamene che gli impianti di trattamento di fanghi biologici trovavano migliore collocazione fuori dei centri abitati in zona agricola.

Peraltro, sempre secondo la tesi della ricorrente, sussisteva un macroscopico difetto di istruttoria circa la valutazione di incompatibilità dell’impianto con la disciplina urbanistica soltanto adottata (e le relative finalità), a nulla rilevando che la astratta ragionevolezza della stessa previsione (intervenuta ad oltre quattro anni di distanza dalla presentazione della domanda di autorizzazione), tanto più che era escluso l’assoggettamento dell’impianto a VIA in quanto l’area interessata era risultata priva di vincoli imposti da leggi statali e regionali, in quanto pianeggiante e non franosa, e rispettosa anche della fascia di rispetto del regime vincolistico del PTCP della Provincia di Lodi relativamente alla tutela riservata agli orli di terrazzo e ai dossi fluviali; così che il diniego non aveva minimamente tenuto conto delle osservazioni contenute negli atti prodotti dai propri tecnici e di quelli dell’ARPA, da cui non emergeva alcuna criticità idrica.

I.6. Con ulteriori motivi aggiunti Lombardia Ambiente s.r.l. impugnava anche la deliberazione del Consiglio comunale del Comune di Meleti n. 13 del 6 marzo 2010 di approvazione del P.G.T., così come definito dalla legge regionale 11 marzo 2005, n. 12, in uno con gli atti presupposti, connessi e preordinati, tra cui, per quanto occorra, denunciando: 1) “Violazione dell’art. 13, commi 7 e 7 bis, della L.R. Lombardia 11 marzo 2005, n. 12 – Eccesso di potere per violazione del giusto procedimento”; 2) “Violazione della Dir. 27 giugno 2001 n. 2001/42/CE – Violazione degli articoli 4 e seguenti del d. lgs. 3 aprile 2006, n. 152 – Violazione dell’articolo 107 del d. lgs. 18 aagosto 2000, n. 267 – Eccesso di potere per violazione del giusto procedimento e per violazione del principio di imparzialità e di buon andamento dell’azione amministrativa – Incompetenza”; 3) “Violazione del d.p.c.m. 24 maggio 2007 di approvazione del Piano stralcio per l’Assetto Idrogeologico del fiume Po (PAI) – Violazione della d.g.r. 7/7365 del 2 dicembre 2001 – Violazione del Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale (PTCP) della Provincia di Lodi – Violazione degli articoli 136 e seguenti del d. lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 – Eccesso di potere per contraddittorietà, per difetto di istruttoria, per errata valutazione dei presupposti di fatto, per illogicità manifesta e per difetto di motivazione”; 4) “Violazione degli artt. 8, comma 1, lett. c) e 57 della L.R. Lombardia 11 marzo 2005, n. 12 – Eccesso di potere per contraddittorietà, per illogicità manifesta, per assenza dei presupposti, per carenza di istruttoria e difetto di motivazione”; 5) “Violazione degli articoli 6 e seguenti della L.R. Lombardia 11 marzo 2005, n. 12 – Eccesso di potere per sviamento per illogicità manifesta e per difetto di motivazione – Violazione d.g.r. 27 giugno 2005 n. 8/220”; 6) “Illegittimità derivata (illegittimità del procedimento di adozione del PGT di Meleti – Motivi terzo e quarto del ricorso introduttivo del presente giudizio”.

Secondo la ricorrente, non solo l’approvazione del P.G.T. era avvenuta in data 6 marzo 2010, oltre i termini massimi fissati dall’art. 7 e 7 bis della legge regionale 11 marzo 2005, n. 12, per quanto, in violazione dei principi nazionali e comunitari, in relazione alla procedura di valutazione VAS, vi era stata un’inammissibile commistione tra autorità procedente e autorità competente, concentrata nella figura del responsabile dell’ufficio tecnico comunale, anche sindaco; quanto agli altri motivi venivano poi sostanzialmente riproposte le censure relative alla illegittima (e strumentale) istituzione della c.d. “Fascia Tutela Ambientale e Idrogeologica (FTAI)”.

I.7. L’adito tribunale, sez. IV, con la sentenza n. 597 del 1° marzo 2011, nella resistenza della Provincia di Lodi, del Comune di Meleti e del Comune di Cornovecchio, ha innanzitutto dichiarato improcedibile il ricorso relativamente alla misura soprassessoria, divenuta inefficace per l’intervenuta approvazione del PGT; ha poi respinto l’eccezione di irricevibilità dei motivi aggiunti con i quali era stata impugnata la delibera di approvazione del PGT (il termine di 60 giorni decorrendo dall’ultima pubblicazione, avvenuta – obbligatoriamente ex art. 13, comma 12, della L.R. 12/2005 – sul B.U.R.L. del 14 luglio 2010) e di conseguenza ha respinto anche l’eccezione di improcedibilità dell’impugnazione della delibera di adozione del PGT; ha invece accolto l’eccezione di inammissibilità del ricorso originario quanto all’impugnazione della delibera di adozione del PGT, atteso che il diniego di autorizzazione era fondato non già sulle previsioni del PGT, quanto piuttosto sulla obiettiva natura dell’area, sulla presenza di orli di terrazzo e sulla vocazione agricola dell’area.

Dichiarato pertanto in parte improcedibile, per sopravvenuto difetto di interesse, e per il resto inammissibile, per difetto originario di interesse ad impugnare il PGT adottato, il ricorso introduttivo e dichiarati inammissibili i secondi e i terzi motivi aggiunti, il tribunale, esaminati i primi motivi aggiunti, ha annullato gli atti impugnati (diniego di autorizzazione), in quanto la destinazione agricola dell’area su cui doveva realizzarsi l’impianto oggetto dell’istanza di autorizzazione non poteva considerarsi ostativa al rilascio dell’autorizzazione stessa, tanto più che il Programma regionale di gestione dei rifiuti (Relazione dell’ottobre 2009), a proposito degli impianti di trattamento dei fanghi di depurazione, ne prevedeva proprio la collocazione in area agricola; inoltre non vi era alcun elemento idoneo a giustificare l’asserita incompatibilità del progetto con la tutela riservata, in sede di pianificazione provinciale, agli orli di terrazzo.

I.8. La Provincia di Lodi ed il Comune di Meleti hanno chiesto la riforma di tale sentenza alla stregua di due motivi di gravame.

Con il primo, rubricato “Violazione e falsa applicazione della d.g.r. Lombardia 8/220/2005 e della d.g.r. 8/6561/2008 e degli artt. 196 e 208, d. lgs. 152/2006, nonché dell’art. 33, l. 1034/1971 e del PTCP della Provincia di Lodi – Travisamento dei presupposti di fatto e di diritto – Erroneità della motivazione”, le amministrazioni appellanti hanno sostenuto che il diniego di autorizzazione non riposava affatto sulla astratta natura escludente della destinazione agricola dell’area, bensì sul fatto che, dovendo l’impianto essere ubicato preferibilmente in area industriale, non era stata fornita alcuna prova dell’impossibilità di una simile collocazione, per quanto la predetta area era incompatibile a causa dell’esistenza di vincoli imposti dal PTCP della Provincia di Lodi in ragione della pregnante tutela che meritava la zona; peraltro il richiamo alle previsioni del Piano regionale dei rifiuti era irrilevante e non pertinente, in quanto la prevista possibilità di ubicare gli impianti di compostaggio e depurazione biologica dei fanghi riutilizzabili in agricoltura in zona agricola era subordinata alla condizione che le aree stesse non fossero soggette a tutela.

Con il secondo motivo, denunciando “Violazione e falsa applicazione degli artt. 20 e 208 d. lgs. 152/2006 del PTCP della Provincia di Lodi e dell’art. 33 l. 1034/1971. Travisamento dei presupposti di fatto e di diritto. Erroneità della motivazione”, hanno osservato che l’incompatibilità del progetto proposto era determinata dalla tutela degli orli di terrazzo (emergenze morfologiche – naturalistiche, indicate nel PTCP della Provincia di Lodi), così che trovava giustificazione la previsione da parte del Comune di Meleti della (contestata) fascia di rispetto, atteso che il PTCP rimetteva ai singoli comuni la valutazione delle modalità di tutela di tali particolari elementi naturali.

In definitiva, secondo le appellanti, il Comune di Meleti aveva correttamente ritenuto di prevedere il rispetto di 500 metri lungo tutto il corso del Colatore Gaudiolo con una fascia di tutela ambientale ed idrogeologico, anche in ragione della vulnerabilità dell’area (manifestatasi con il franamento rilevato nel Comune di Cornovecchio, in un’area del tutto limitrofa), tanto più che nell’area insisteva una struttura socio – sanitaria e che nessun sub procedimento di VIA (favorevole) aveva avuto luogo, in quanto il progetto presentato era stato ritenuto non produttivo di effetti ambientali rilevanti; per altro verso, poi, alcun rilievo ai fini della riscontrata illegittimità del provvedimento di diniego poteva essere attribuito al mero parere, non vincolante, dell’ARPA.

Lombardia Ambiente s.r.l., oltre a dedurre l’infondatezza dell’avverso gravame, chiedendone il rigetto, ha spiegato appello incidentale condizionato, con cui ha riproposto i motivi dichiarati inammissibili per la denegata ipotesi di accoglimento dell’appello principale.

I.9. All’udienza pubblica del 10 gennaio 2012, dopo la rituale discussione, la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

II. L’appello principale è infondato.

II.1. Come esposto in narrativa, con il primo motivo di gravame, le amministrazioni appellanti, denunciando “Violazione e falsa applicazione della d.g.r. Lombardia 8/220/2005 e della d.g.r. 8/6561/2008 e degli artt. 196 e 208, d. lgs. 152/2006, nonché dell’art. 33, l. 1034/1971 e del PTCP della Provincia di Lodi – Travisamento dei presupposti di fatto e di diritto – Erroneità della motivazione”, hanno sostenuto che, diversamente da quanto ritenuto dai primi giudici, il diniego di autorizzazione non sarebbe stato fondato sul mero riscontro della destinazione agricola dell’area, astrattamente ostativa, bensì sul fatto che, per un verso, dovendo l’impianto essere preferibilmente ubicato in area industriale, non era stata fornita alcuna prova dell’impossibilità di una diversa collocazione dell’impianto, e, per altro verso, sulla esistenza di vincoli imposti dal PTCP della Provincia di Lodi per la tutela della zona.

Tali argomentazioni non sono meritevoli di favorevole considerazione.

II.1.1. Deve rilevarsi che, come emerge dalla lettura della determinazione REGTA/669/2009 del 4 novembre 2009 del dirigente del Settore Tutela Territoriale ed Ambientale della Provincia di Lodi, il diniego di autorizzazione (per la realizzazione e l’esercizio di un impianto di stoccaggio e trattamento di fanghi biologici, da avviarsi a recupero mediante spandimento in agricoltura, su un’area di sua proprietà sita nel Comune di Meleti) è stato innanzitutto imperniato proprio sulla destinazione urbanistica dell’area, classificata – nello strumento urbanistico vigente del Comune di Meleti, sia in quello vigente, sia nel PGT adottato – come zona E, agricola, precisandosi poi, per un verso, che l’articolo 196 del D. Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, prevedeva che per la realizzazione di impianti di smaltimento e recupero dei rifiuti dovevano essere privilegiate le aree industriali, e, per altro verso, che la previsione contenuta nell’art 27, comma 5, del D. Lgs. n. 22 del 1997 (ora 208 del D. Lgs. 3 aprile 2006, n. 152), secondo cui l’approvazione del progetto di un nuovo impianto di smaltimento o di recupero di rifiuti, anche pericolosi, costituiva automatica variante allo strumento urbanistico “ove occorra”, comportava che la collocazione dell’impianto in zona diversa da quella industriale doveva essere considerata un’eccezione, dovendosi provare l’impossibilità di una diversa collocazione dell’impianto da realizzare.

II.1.2. Peraltro detta motivazione, ad avviso della Sezione, è frutto di un’erronea interpretazione delle disposizioni contenute nei ricordati articoli 196 e 208 del D. Lgs. 3 aprile 2006, n. 152.

Invero lo stesso tenore letterale del terzo comma dell’articolo 196 esclude che la realizzazione di impianti di smaltimento e recupero dei rifiuti debba avvenire necessariamente ed esclusivamente in aree industriale, così esprimendo una previsione tendenziale e di massima, un criterio direttivo di preferenza cui devono attenersi in linea di principio le regioni, coerentemente con la peculiare forma verbale usata dal legislatore, secondo cui le regioni “privilegiano” la realizzazione dei predetti impianti in tali zone.

Del resto è agevole intuire la ratio di un simile criterio direttivo, volto a sottolineare la natura industriale di tali impianti, collocandoli quindi preferibilmente, in coerenza con il disegno urbanistico delineato dallo strumento di governo del territorio, nella zona da quest’ultimo individuata per le attività industriali; tuttavia, la circostanza che tale collocazione costituisca solo una indicazione di massima ovvero un criterio preferenziale è confermata dalla espressa previsione che essa deve essere comunque compatibile con le peculiari caratteristiche dell’area: insomma il legislatore ha inteso fissare una indicazione preferenziale, astratta, salvo poi a demandare in concreto la verifica e la valutazione della sua compatibilità.

Di per sé, quindi, il fatto che l’area su cui era stata prevista la realizzazione dell’impianto, oggetto della negata autorizzazione, non fosse urbanisticamente classificata quale zona industriale non costituiva motivo ostativo al rilascio dell’approvazione, né imponeva, così come suggestivamente insinuato dalle appellanti, al soggetto richiedente di provare l’impossibilità di collocare l’impianto da realizzare in zona industriale, spettando piuttosto all’amministrazione il potere/dovere di verificare comunque la compatibilità del sito prescelto con l’impianto da realizzare.

II.1.3. Né poteva essere invocato, a fondamento del diniego di autorizzazione, la circostanza che l’area su cui era stata prevista la realizzazione dell’impianto fosse urbanisticamente classificata, come zona agricola E.

E’ sufficiente ricordare al riguardo che, secondo un consolidato indirizzo giurisprudenziale, dal quale non vi è motivo di discostarsi, la destinazione agricola di una determinata area è volta non tanto e non solo a garantire il suo effettivo utilizzo a scopi agricoli, quanto piuttosto a preservarne le caratteristiche attuali di zona di salvaguardia da ogni possibile nuova edificazione, con la conseguenza che, salvo diverse specifiche previsioni, essa non può considerarsi incompatibile con la realizzazione di un impianto di discarica, tanto più che quest’ultimo deve essere ragionevolmente localizzato al di fuori della zona abitata (C.d.S., sez. V, 1° ottobre 2010, n. 7243; 16 giugno 2009, n. 3853).

E’ stato anche sottolineato che il potere di pianificazione del territorio non può precludere del resto insediamenti industriali in zone a destinazione agricola, salvo che in via eccezionale, quando cioè si sia in presenza di un assetto agricolo di particolare pregio, consolidato da tempo remoto ovvero favorito da opere di bonifica, ciò anche in considerazione del fatto che la destinazione agricola ha in realtà lo scopo di impedire insediamenti abitativi residenziali e non già quello di precludere in via assoluta e radicale qualsiasi intervento urbanisticamente rilevante (C.d.S., sez. V, 18 settembre 2007, n. 4861).

In questa ottica deve essere apprezzata la previsione contenuta nel sesto comma dell’art. 208 del D. Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, secondo cui “L’approvazione sostituisce ad ogni effetto visti, pareri, autorizzazioni e concessioni di organi regionali, provinciali e cominciali, costituisce, ove occorra, variante allo strumento urbanistico e comporta la dichiarazione di pubblica utilità, urgenza ed indifferibilità dei lavori”.

Essa invero sarebbe ultronea e priva di qualsiasi utilità se l’impianto da realizzare dovesse essere collocato obbligatoriamente ed esclusivamente in zona industriale, laddove la ricordata previsione normativa ne permette invece la collocazione anche in una zona che, secondo le previsioni urbanistiche, non la tollererebbe, subordinatamente al riscontro ed alla valutazione di compatibilità in concreto da parte dell’amministrazione.

Non può poi sottacersi che la stessa Relazione generale del Piano provinciale dei rifiuti della Provincia di Lodi conforta le delineate conclusioni, giacchè proprio quanto alle problematiche della destinazione urbanistica (punto 24) sottolinea che sul punto “vengono recepite le indicazioni del PRGR, applicando il criterio escludente, per tutte le tipologie impiantistiche, alle aree classificate come “centri e nuclei storici”, “ambiti residenziali consolidati” e “ambiti residenziali di espansione” (ex aree A, B e C nei Piani Regolatori Comunali ante L.R. 12/05) ma estendendolo, in senso cautelativo, a tutte le aree residenziali…”, aggiungendo significativamente: “Si precisa inoltre che, con l’eccezione delle discariche e degli impianti di compostaggio/di gestione anaerobica o trattamento di fanghi di depurazione (che, in virtù delle operazioni in essi svolte, trovano miglior collocazione fuori dei centri abitati, in area agricola) e degli impianti di trattamento dei rifiuti non pericolosi delle attività di costruzione e demolizione (che possono essere localizzati all’interno degli ambiti estrattivi di cava, alle condizioni di cui al successivo punto 28) sono da considerarsi idonei alla localizzazione degli impianti i soli ambiti produttivi/artigianali operativi o dismessi”.

II.2. Ugualmente da respingere è il secondo motivo di gravame, con il quale le amministrazioni appellanti hanno rivendicato la legittimità dei provvedimenti impugnati per la dedotta incompatibilità del progetto proposto con la tutela degli orli di terrazzo, quali peculiari emergenze morfologiche-naturalistiche, espressamente previste dal P.T.C.P della Provincia di Lodi ed attuata, sempre nel rispetto delle previsioni del ricordato piano provinciale, con l’istituzione della fascia di rispetto da parte P.G.T del Comune di Meleti.

II.2.1. Non vi è dubbio al riguardo che l’apparato normativo del P.T.C.P. della Provincia di Lodi al punto 12 contempli effettivamente “orli di terrazzo e dossi pluviali livello prescrittivo 3 – prescrizioni che gli strumenti di piano comunale e di settore, nonché gli operatori pubblici e privati, debbono rispettare”, così definendoli: “Gli orli di terrazzo e i dossi pluviali, che concorrono spesso a formare fasce dotate di un alto grado di naturalità, costituiscono elementi di riferimento simbiotico come presenze evocative del paesaggio originario e di notevole interesse paesistico in rapporto alla loro evidenza percettiva”.

La predetta previsione aggiunge che “In particolare il P.T.C.P. prevede che deve essere tutelata la struttura morfologica dei luoghi con particolare attenzione al mantenimento dell’andamento altimetrico dei terreni, individuando gli elementi di maggior rilievo quale solchi vallivi, paleo – alvei, scarpate morfologiche”, stabilendo poi che “per gli orli di terrazzo ed i dossi pluviali non è consentito alcun intervento infrastrutturale o di nuova edificazione a partire dall’orlo della scarpata dei terrazzi per una fascia di larghezza non inferiore all’altezza della stessa”; precisa ancora che “In presenza di terreni incoerenti tale fascia può essere raddoppiata. Non sono inoltre consentite nuove edificazioni sulla culminazione dei crinali; sui loro fianchi l’altezza degli edifici di nuova costruzione non dovrà superare la quota delle culminazioni suddette. Il Comune in fase di adeguamento dello strumento urbanistico alle indicazioni del P.T.C.P., individua gli elementi destinati alla valorizzazione anche sulla base della realizzazione geologica. Eventuali interventi sono sottoposti agli specifici regimi autorizzativi della normativa regionale in materia”.

Le delineate previsioni, come si ricava dal loro stesso tenore letterale, costituiscono “indicazioni” di carattere generale (sull’esigenza di tutela e salvaguardia di quelle peculiari strutture morfologiche denominate orli di terrazzo) per il successivo corretto esercizio della potestà urbanistica dell’ente comunale, spettando a quest’ultimo non già un mero obbligo di recepire nel proprio strumento urbanistico la astratta direttiva urbanistica, bensì il più delicato compito, nel rispetto dei principi costituzionali ex art. 97, cui deve essere improntata l’azione amministrativa, di “individuare” gli elementi destinati alla valorizzazione.

L’ente locale, attraverso la necessaria ed adeguata attività istruttoria è pertanto chiamato a “concretizzare” le astratte indicazioni del P.T.C.P., dovendo aver cura ovviamente di contemperare tutti i contrapposti interessi in gioco, pubblici, ivi compresi quelli indicati in sede provinciale e da attualizzare in sede locale) e privati (in relazione all’uso corretto del territorio, ivi compreso il diritto di edificazione)

II.2.2. Sulla scorta di una siffatta ricostruzione del substrato normativo la decisione impugnata non merita le censure mosse.

II.2.2.1. Innanzitutto è significativo che l’ARPA per la Lombardia nelle osservazioni inviate al Comune di Meleti (giusta nota prot. 34266 del 16.3.2009) circa la “proposta di documento di Piano e di Rapporto Ambientale del PGT”, relativamente alla fascia di Tutela Idrogeologica Ambientale (FTAI), così come individuata nella tavola delle previsioni del documento di piano, ha segnalato che “…la stessa non trova riscontro nella relazione sulla componente geologica, idrogeologica e sismica, redatta secondo i criteri di cui al d.g.r. n. 8/1556 del 22/12/05 e successivi aggiornamenti di cui alla d.g.r. n. 8/7374 del 28/05/08, che dovrebbero contenere gli elementi per la concreta individuazione della stessa e degli eventuali vincoli/prescrizioni”.

Tale parere, della cui autorevolezza ed indipendenza non è dato ragionevolmente dubitare (anche in ragione della natura pubblica dell’ente), evidenzia una grave carenza istruttoria della previsione urbanistica del P.G.T del Comune di Meleti che, a sua volta, si riverbera negativamente sulla richiesta di autorizzazione dell’impianto proposto da Lombardia Ambiente s.r.l., dando luogo ad una asserita situazione di incompatibilità che, quanto meno, risulta falsata da una non puntuale e adeguata conoscenza o apprezzamento dello stato dei luoghi.

Né ad escludere il delineato vizio, puntualmente riscontrato dai primi giudici, può invocarsi la materia non vincolante del predetto parere, e tanto meno la ampia discrezionalità delle scelte urbanistiche: quanto al primo profilo è sufficiente ricordare che la natura non vincolante di un parere (negativo), se non costituisce un ostacolo giuridico per l’amministrazione ad adottare un provvedimento contrastante col parere stesso, impone tuttavia all’amministrazione un onere di puntuale motivazione idoneo a giustificare la decisione di disattendere il parere stesso (ciò senza contare che, in realtà, nel caso di specie piuttosto che di un parere contrario, si è in presenza di un atto che sottolinea il mancato apprezzamento di fatti e/o situazioni o caratteristiche dei luoghi); quanto al secondo profilo deve poi rammentarsi che uno dei limiti della insindacabilità della discrezionalità, oltre all’illogicità, irragionevolezza e irrazionalità, è costituita proprio dal travisamento dei fatti (cioè dal mancato corretto apprezzamento dei fatti – nella loro effettiva materialità – da valutare).

Come si ricava dalla lettura dal verbale della Conferenza dei servizi del 5 ottobre 2009 (oltre che dagli impugnati provvedimenti di diniego) non è stata fornita alcuna adeguata motivazione per superare i rilievi critici sollevati dall’Arpa, essendosi limitato il Comune di Meleti ad affermare apoditticamente la necessità di istituire la fascia di protezione ambientale, anche sulla scorta degli indirizzi di programmazione provinciale, mentre l’amministrazione provinciale di Lodi ha sottolineato la sostanziale insindacabilità delle scelte urbanistiche dell’ente locale.

II.2.2.2. Sotto altro concorrente profilo poi, occorre rilevare che, come evidenziato dalle difese dell’appellata Lombardia Ambiente s.r.l., l’impianto progettato avrebbe dovuto essere localizzato a circa 500 metri dal limite fissato dalle indicazioni del P.T.C.P (circostanza in relazione alla quale non risulta svolta neppure una specifica contestazione), il che rende ancora più macroscopico il riscontrato vizio di carenza di istruttoria e di motivazione circa la “incompatibilità” tra il predetto progetto e la sua localizzazione, non solo per quanto attiene il punto di vista ambientale, ma anche dal punto di vista idrologico.

Anche la asserita “vulnerabilità”dei luoghi, su cui insistono le amministrazioni appellanti, non trova alcun adeguato e significativo supporto probatorio e, in ogni caso, risultando confutata dalla documentazione prodotta da Lombardia Ambiente s.r.l. (cfr. Progetto definitivo – Risposta alla richiesta di integrazioni progettuali di cui al verbale della Conferenza del 3.4.2009 – del maggio 2009), necessitava di un’adeguata istruttoria (contraria o quanto meno idonea a smentire l’irrilevanza ovvero l’erroneità delle conclusioni indicate nel detto progetto definitivo circa le asserite aree instabili, sui pretesi vincoli idrogeologici e sulle aree soggette a rischio idraulico).

Del resto non può sottacersi che, come risulta dalla documentazione prodotta dall’appellata, l’A.R.P.A. per la Lombardia, con nota in data 10 luglio 2009, relativamente alla F.T.A.I., ha segnalato “nuovamente che la stessa non trovava riscontro nella relazione sulla componente geologica, idrogeologica e sismica, redatta secondo i criteri di cui alla d.g.r.n. 8/71566 del 22/12/05 e successivi aggiornamenti di cui alla d.g.r. n 8/7374 del 28/05/08, che dovrebbe contenere gli elementi per la corretta individuazione della stessa e degli altri vincoli/prescrizioni”; inoltre nella (ulteriore) Relazione in data ottobre 2010 sulla fascia FTAI del PGT del Comune di Meleti, commissionata da Lombardia Ambiente s.r.l., emerge che “alla luce delle verifiche tecniche…è evidente come l’inserimento della FTAI nel PGT del Comune di Meleti non esprima, sotto il profilo tecnico, valori particolarmente degni di tutela, o comunque di tutela differenziata e rafforzata rispetto a quelli delle aree esterne, sia sotto il profilo ambientale sia sotto il profilo geologico”, aggiungendo che “in particolare, con riguardo agli aspetti idrogeologici delle aree comprese nella fase FTAI…deve tassativamente escludersi che le interessate dalla realizzazione dell’impianto di fanghi di Lombardia Ambiente s.r.l. possano presentare peculiari rischi di stabilità, che possono essere totalmente inclusi: è difatti scientificamente comprovato che siffatti sedimi, così come gli orli di terrazzo che fungono da pretesto della previsione pianificatoria…non presentano fattori di rischio idrogeologico maggiori di quelli esterni alla fascia, i quali non godono di altrettanta ingiustificata tutela”.

Indipendentemente dall’enfasi che caratterizza tali conclusioni, esse nella sostanza confermano ragionevolmente la sussistenza dei vizi riscontrati dai primi giudici.

II.2.2.3. E’ appena il caso di rilevare che non inducono a diversa conclusione l’asserita incompatibilità derivante dalla presenza sull’area interessata dall’impianto di una struttura, denominata “Comunità Fontane”, qualificata dalla competente U.S.L. quale struttura socio-sanitaria; ciò non solo perché di tale situazione d incompatibilità non risulta neppure espressa traccia nel preavviso di diniego e nel successivo provvedimento di diniego, ma anche perché non risultano minimamente considerate le osservazioni contenute nel documento prodotto da Lombardia Ambientale s.r.l. nel maggio 2009, denominato “Progetto Definitivo-Risposta alla richiesta d’integrazioni progettuali di cui al verbale della Conferenza dei servizi del 3.4.2009”, secondo cui la predetta struttura quale casa di riposo non rientrava tra le strutture per le quali la D.G.R. n. 220/2005 prescrive la distanza di almeno un chilometro dell’impianto.

Ugualmente irrilevante per sostenere la legittimità dei provvedimenti impugnati è il richiamo, erroneo secondo le appellanti, operato dai primi giudici alle risultanze de procedimento condotto ai sensi dell’art. 20 del D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, per la verifica di assoggettabilità a VIA del progetto di realizzazione dell’impianto: indipendentemente dalla circostanza che non si sia svolto alcun sub procedimento di VIA, è tuttavia un fatto, non contestabile, che quanto alla caratteristica dei luoghi, la magnitudo per la “franosità” è risultata a zero, e con nessuna particolare criticità è stata riscontrata per la morfologia (dovendo pertanto ragionevolmente escludersi l’instabilità dei ruoli).

III. In conclusione, alla stregua delle osservazioni svolte, l’appello principale deve essere respinto. A ciò consegue la conferma della sentenza impugnata, il che rende improcedibile per carenza di interesse l’appello incidentale condizionato spiegato da Lombardia Ambiente s.r.l..

Le spese del presente grado di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, definitivamente pronunciando sull’appello principale proposto dalla Provincia di Lodi e dal Comune di Meleti e sull’appello incidentale spiegato da Lombardia Ambiente s.r.l. avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, sez. IV, n. 597 del 1° marzo 2011, respinge il primo e dichiara improcedibile il secondo.

Condanna le appellanti in solido tra loro al pagamento in favore di Lombardia Ambiente s.r.l. delle spese del presente grado di giudizio che liquida complessivamente in €. 5.000,00 (cinquemila).

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 10 gennaio 2012 con l’intervento dei magistrati:

Pier Giorgio Trovato, Presidente
Francesco Caringella, Consigliere
Carlo Saltelli, Consigliere, Estensore
Manfredo Atzeni, Consigliere
Paolo Giovanni Nicolo’ Lotti, Consigliere

L’ESTENSORE

IL PRESIDENTE
   

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 28/06/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
 

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