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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Beni culturali ed ambientali Numero: 5066 | Data di udienza: 3 Luglio 2012

* BENI CULTURALI E AMBIENTALI – Autorizzazione paesaggistica in sanatoria – Divieto – Art. 146 d.lgs. n. 42/2004 – Ratio – Classificazione dei volumi edilizi rilevante sul piano urbanistico – Rilevanza sotto il profilo paesaggistico – Esclusione – Parere della sovrintendenza – Natura vincolante – Silenzio assenso o inerzia devolutiva – Operatività – Esclusione.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 6^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 24 Settembre 2012
Numero: 5066
Data di udienza: 3 Luglio 2012
Presidente: Maruotti
Estensore: Scola


Premassima

* BENI CULTURALI E AMBIENTALI – Autorizzazione paesaggistica in sanatoria – Divieto – Art. 146 d.lgs. n. 42/2004 – Ratio – Classificazione dei volumi edilizi rilevante sul piano urbanistico – Rilevanza sotto il profilo paesaggistico – Esclusione – Parere della sovrintendenza – Natura vincolante – Silenzio assenso o inerzia devolutiva – Operatività – Esclusione.



Massima

 

CONSIGLIO DI STATO, sez. 6^ – 24 settembre 2012, n. 5066


BENI CULTURALI E AMBIENTALI – Autorizzazione paesaggistica in sanatoria – Divieto – Art. 146 d.lgs. n. 42/2004 – Ratio.

L’autorizzazione paesaggistica non può essere rilasciata in sanatoria successivamente alla realizzazione, anche parziale, delle opere (art. 146, comma 4, d.lgs. n. 42 del 2004), al di fuori dai casi tassativamente previsti dall’art. 167, commi 4 e 5; con tale scelta il legislatore ha inteso presidiare ulteriormente il regime delle opere incidenti su beni paesaggistici, escludendo in radice che l’esame di compatibilità paesistica possa essere postergato all’intervento realizzato (sine titulo o in difformità dal titolo rilasciato) e ciò al fine di escludere che possa riconnettersi al fatto compiuto qualsivoglia forma di legittimazione giuridica;  in altri termini, il richiamato art. 167 del codice n. 42 del 2004, evidentemente in considerazione delle prassi applicative delle leggi succedutesi in materia di condoni e sanatorie (caratterizzate di regola dall’esercizio di poteri discrezionali delle autorità preposte alla tutela del vincolo paesaggistico), ha inteso tutelare più rigorosamente i beni sottoposti al medesimo vincolo, precludendo in radice ogni valutazione di compatibilità ex post delle opere abusive (tranne quelle tassativamente indicate nello stesso art. 167).


(Conferma T.a.r. Puglia, Lecce, n. 1459/2008) – Pres. Maruotti, Est. Scola – G.R. (avv.ti Mormandi e Micioni) c. Ministero per i beni e le attività culturali (Avv. Stato) e altri (n.c.)

BENI CULTURALI E AMBIENTALI – Art. 167 d.lgs. n. 42/2004 – Classificazione dei volumi edilizi rilevante sul piano urbanistico – Rilevanza sotto il profilo paesaggistico – Esclusione.

Tenuto conto del testo e della ratio dell’art. 167 del d.lgs. n. 42/2004, nella prospettiva della tutela del paesaggio, non è rilevante la classificazione dei volumi edilizi che si suole fare al fine di evidenziare la loro neutralità, sul piano del carico urbanistico, poiché le qualificazioni giuridiche rilevanti sotto il profilo urbanistico ed edilizio non hanno rilievo, quando si tratti di qualificare le opere sotto il profilo paesaggistico, sia quando si tratti della percezione visiva di volumi, a prescindere dalla loro destinazione d’uso, sia quando comunque si tratti di modificare un terreno o un edificio o il relativo sottosuolo.

(Conferma T.a.r. Puglia, Lecce, n. 1459/2008) – Pres. Maruotti, Est. Scola – G.R. (avv.ti Mormandi e Micioni) c. Ministero per i beni e le attività culturali (Avv. Stato) e altri (n.c.)
 

BENI CULTURALI E AMBIENTALI – Art. 167 d.lgs. n. 42/2004 – Parere della sovrintendenza – Natura vincolante – Silenzio assenso o inerzia devolutiva – Operatività – Esclusione.

Ai sensi della previsione dell’art. 167, comma 5, d.lgs. n. 42/2004, il parere della Soprintendenza è vincolante (e dev’essere espresso in senso negativo quando risultino realizzati volumi di qualsiasi tipo) e non può essere surrogato da meccanismi di silenzio-assenso o inerzia devolutiva.

 (Conferma T.a.r. Puglia, Lecce, n. 1459/2008) – Pres. Maruotti, Est. Scola – G.R. (avv.ti Mormandi e Micioni) c. Ministero per i beni e le attività culturali (Avv. Stato) e altri (n.c.)


Allegato


Titolo Completo

CONSIGLIO DI STATO, Sez. 6^ - 24 settembre 2012, n. 5066

SENTENZA

 

CONSIGLIO DI STATO, sez. 6^ – 24 settembre 2012, n. 5066

N. 05066/2012REG.PROV.COLL.
N. 06932/2008 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso r.g.a.n. 6932/2008, proposto dal signor Galati Riccardo, rappresentato e difeso dagli avv.ti Giuseppe Mormandi e Giulio Micioni, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Monica Scongiaforno, in Roma, via Postumia, 3;

contro

– il Ministero per i beni e le attività culturali, in persona del ministro in carica, rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliata ria in Roma, via dei Portoghesi, 12;
– il Ministero per i beni e le attività culturali-la Soprintendenza ai beni architettonici per le Province di Lecce, Brindisi e Taranto, in persona del soprintendente in carica, n.c.;
– il Comune di Racale, in persona del sindaco in carica, n.c.;

per la riforma

della sentenza del T.a.r. Puglia, Lecce, sezione I, n. 1459/2008, resa tra le parti e concernente il rilascio di un permesso di costruire ed il diniego di riconoscimento di compatibilità paesaggistica.

Visti il ricorso in appello ed i relativi allegati.
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero appellato.
Visti tutti gli atti e documenti di causa.

Relatore, nell’udienza pubblica del giorno 3 luglio 2012, il Consigliere di Stato Aldo SCOLA ed uditi, per le parti, l’avv. Zaza D’Aulisio, per delega dell’avv. Giuseppe Mormandi, e l’avvocato dello Stato Marina Russo.

Ritenuto e considerato, in fatto e diritto, quanto segue.

FATTO

A) In data 27 novembre 2003, il Comune di Racale rilasciava all’originario ricorrente Riccardo Galati il permesso di costruire prot. n. 80 per la realizzazione di lavori di ristrutturazione ed ampliamento di un’abitazione sita in Marina di Torre Suda, via Ottaviano, ma i lavori venivano ultimati in maniera difforme dal titolo autorizzatorio rilasciato, con una serie di differenziazioni tra le opere effettuate ed il contenuto del permesso di costruire.

In data 1° marzo 2005, il signor Galati inoltrava al Comune di Racale una richiesta di permesso di costruire a sanatoria, per la regolarizzazione delle opere completate in difformità dal permesso di costruire 27 novembre 2003, n. 80.

B) Dopo varie vicende (ivi compresa la trasmissione, alla Soprintendenza per i beni architettonici e per il paesaggio ed il patrimonio artistico e storico per le Province di Lecce, Brindisi e Taranto, di un parere paesaggistico favorevole del Sindaco di Racale: trasmissione non riscontrata dall’organo periferico del Ministero dei beni e delle attività culturali), il responsabile di settore del Comune di Racale trasmetteva nuovamente (con nota 28 febbraio 2007 prot. n. 2627) il progetto in sanatoria alla competente Soprintendenza, ai fini dell’adozione di una pronuncia espressa sull’istanza; la stessa dapprima chiedeva chiarimenti in ordine ai “riferimenti normativi in base ai quali è stata formulata la richiesta di autorizzazione in sanatoria” (con nota 5 aprile 2007 prot. n. 2471 Class. 34.19.10) e successivamente (con nota 12 dicembre 2007 prot. n. 11669 Class. 34.19.07) esprimeva parere negativo “in quanto i lavori realizzati, in assenza di autorizzazione paesaggistica o in difformità da essa, ai sensi dell’art. 167, comma 4, lettera a), hanno determinato creazione di superfici utili o volumi in aumento (rispetto: n.d.r.) a quelli legittimamente realizzati”.

C) La nota 12 dicembre 2007 prot. n. 11669 della Soprintendenza, con la quale veniva espresso il parere negativo sulla compatibilità paesistica degli interventi realizzati dal signor Galati in difformità dal permesso di costruire n. 80 del 2003 (come pure ogni altro atto presupposto, connesso o comunque collegato) era impugnata per: 1) violazione dell’art. 3, legge n. 241 del 1990, eccesso di potere per inadeguatezza della motivazione, difetto istruttorio, illogicità, contraddittorietà, violazione dell’art. 97, Cost., e violazione del codice dei beni culturali; 2) ulteriore violazione delle norme del codice dei beni culturali e del paesaggio, eccesso di potere per violazione del principio di leale cooperazione tra istituzioni, irragionevolezza e travisamento dei presupposti di fatto e diritto; 3) eccesso di potere per travisamento dei fatti, erroneità dei presupposti, carenza di attività istruttoria, difetto di motivazione, irragionevolezza e violazione del principio di proporzionalità ed efficienza dell’attività amministrativa; 4) violazione degli artt. 7 e 10-bis, legge n. 241/1990; 5) violazione dell’art. 146, commi 7 e 8, d.lgs. n. 42/2004, eccesso di potere, incompetenza e violazione del principio di leale collaborazione tra le istituzioni.

D) Si costituivano in giudizio il Ministero e la Soprintendenza intimati, controdeducendo sul merito del ricorso, che veniva respinto, trattandosi di fattispecie non riferibile alla previsione di cui all’art. 146, d.lgs. 22 gennaio 2004 n. 42 (codice dei beni culturali e del paesaggio), applicabile solo nelle ipotesi fisiologiche in cui l’autorizzazione paesaggistica sia stata richiesta prima di procedere alla trasformazione del territorio.

Donde il rigetto del ricorso, con sentenza poi impugnata dal signor Galati soccombente, per le medesime doglianze già dedotte in prime cure e qui ribadite pure in apposita memoria riassuntiva: vizio di motivazione (cfr. C.S., sez. VI, sent. n. 1690/2007), anche quanto al ribaltato nulla osta comunale (non sindacabile nel merito e già revocato previo silenzio ministeriale: cfr. C.S., Ad. pl., sent. n. 9/2001), per indebito riesame della proposta di progetto di sanatoria (il reinvio della pratica costituendo un mero sollecito e non una nuova istanza di sanatoria), con l’applicazione di una norma inesistente alla data del nulla osta sindacale (art. 167, comma 4, lett. a), d.lgs. n. 42/2004, come modificato dall’art. 27, d.lgs. n. 157/2006, non potendosene applicare l’art. 146, comma 12, nel periodo transitorio di cui all’art. 159: cfr. C.S., sez. VI, sent. n. 1917/2007) e trattandosi d’interventi non interessanti i parametri urbanistici o paesistici né le volumetrie (accorpamento; pensilina frangisole; tratto di sottoscala con appoggio in muratura; breve tratto di ringhiera in pietra leccese per m. 1,30), data l’ininfluenza dell’ampliato garage interrato e della centrale termica (cfr. C.S., sez. IV, sent. n. 271/2008); il tutto, in violazione delle necessarie garanzie partecipative ed in violazione dei termini perentori imposti alla Soprintendenza (cfr. Corte cost., sent. n. 302/1988).

Il Ministero appellato si costituiva in giudizio e resisteva al gravame.

All’esito della pubblica udienza di discussione la vertenza passava in decisione.

DIRITTO

I) L’appello è infondato e va respinto, dovendosi condividere quanto ritenuto dai primi giudici (dalle cui conclusioni il collegio non ha motivo di discostarsi), per le ipotesi in cui l’autorizzazione sia richiesta dopo l’esecuzione dei lavori (e, quindi, a sanatoria, come nel caso di specie): l’art. 146, comma 12, d.lgs. 22 gennaio 2004 n. 42 (modificato dall’art. 16, d.lgs. 24 marzo 2006 n. 157), prevede un generale divieto di rilasciare autorizzazioni paesistiche a sanatoria, salvi i casi e con le modalità di cui all’art. 167, commi 4 e 5, citato codice.

Il rilascio dell’autorizzazione a sanatoria è, quindi, possibile solo nelle ipotesi (lavori che non abbiano determinato creazione di superfici utili o volumi ovvero aumento di quelli legittimamente realizzabili; impiego di materiali in difformità dall’autorizzazione paesaggistica; lavori comunque configurabili quali interventi di manutenzione ordinaria o straordinaria, ai sensi dell’art. 3, d.P.R. 6 giugno 2001 n. 380) previste dal quarto comma e con le modalità previste dal quinto comma dell’articolo 167 del codice dei beni culturali e del paesaggio (il proprietario, possessore o detentore a qualsiasi titolo dell’immobile o dell’area presenta apposita domanda all’autorità preposta alla gestione del vincolo, ai fini dell’accertamento della compatibilità paesistica degli interventi medesimi; l’autorità competente si pronuncia sulla domanda entro il termine perentorio di centottanta giorni, previo parere vincolante della Soprintendenza, da rendersi entro il termine perentorio di novanta giorni; qualora venga accertata la compatibilità paesaggistica, il trasgressore è tenuto al pagamento di una somma equivalente al maggiore importo tra il danno arrecato e il profitto conseguito mediante la trasgressione).

Quanto all’ambito di applicazione del richiamato art. 167, commi 4 e 5, la Sezione ritiene di dover ribadire quanto già affermato con la propria sentenza 20 giugno 2012 n. 3578, la quale ha osservato che:

– l’autorizzazione paesaggistica non può essere rilasciata in sanatoria successivamente alla realizzazione, anche parziale, delle opere (art. 146, comma 4, d.lgs. n. 42 del 2004), al di fuori dai casi tassativamente previsti dall’art. 167, commi 4 e 5;

– con tale scelta il legislatore ha inteso presidiare ulteriormente il regime delle opere incidenti su beni paesaggistici, escludendo in radice che l’esame di compatibilità paesistica possa essere postergato all’intervento realizzato (sine titulo o in difformità dal titolo rilasciato) e ciò al fine di escludere che possa riconnettersi al fatto compiuto qualsivoglia forma di legittimazione giuridica;

– in altri termini, il richiamato art. 167 del codice n. 42 del 2004, evidentemente in considerazione delle prassi applicative delle leggi succedutesi in materia di condoni e sanatorie (caratterizzate di regola dall’esercizio di poteri discrezionali delle autorità preposte alla tutela del vincolo paesaggistico), ha inteso tutelare più rigorosamente i beni sottoposti al medesimo vincolo, precludendo in radice ogni valutazione di compatibilità ex post delle opere abusive (tranne quelle tassativamente indicate nello stesso art. 167);

– ove le opere risultino diverse da quelle sanabili ed indicate nell’art. 167, le competenti autorità non possono che emanare un atto dal contenuto vincolato e cioè esprimersi nel senso della reiezione dell’istanza di sanatoria;

– l’unica eccezione a tale rigida prescrizione riguarda il caso in cui i lavori, pur se realizzati in assenza o difformità dell’autorizzazione paesaggistica, non abbiano determinato creazione di superfici utili o volumi ovvero aumento di quelli legittimamente realizzati;

– tenuto conto del testo e della ratio dell’art. 167, nella prospettiva della tutela del paesaggio non è rilevante la classificazione dei volumi edilizi che si suole fare al fine di evidenziare la loro neutralità, sul piano del carico urbanistico, poiché le qualificazioni giuridiche rilevanti sotto il profilo urbanistico ed edilizio non hanno rilievo, quando si tratti di qualificare le opere sotto il profilo paesaggistico, sia quando si tratti della percezione visiva di volumi, a prescindere dalla loro destinazione d’uso, sia quando comunque si tratti di modificare un terreno o un edificio o il relativo sottosuolo.

II) Ai sensi della previsione dell’art. 167, comma 5, d.lgs. n. 42/2004, il parere della Soprintendenza è, quindi, vincolante (e dev’essere espresso in senso negativo quando risultino realizzati volumi di qualsiasi tipo) e non può essere surrogato da meccanismi di silenzio-assenso o inerzia devolutiva ed anche l’eventuale applicazione alla fattispecie dell’art. 146 del codice dei beni culturali e del paesaggio non cambierebbe certo i termini del problema, dovendo trovare comunque applicazione la previsione dell’ottavo comma della disposizione citata, assegnante comunque valore vincolante al parere della Soprintendenza fino all’“approvazione del piano paesaggistico ai sensi dell’articolo 143, comma 3, e all’avvenuto adeguamento ad esso degli strumenti urbanistici comunali” (evenienze ben lungi dal verificarsi).

Nella fattispecie concreta non si sarebbe potuta poi applicare neanche la previsione dell’art. 159, d.lgs. n. 42/2004, contemplante un regime transitorio destinato a trovare applicazione fino al 1° maggio 2008 (o all’eventuale anteriore approvazione dei piani paesaggistici adeguati al nuovo codice dei beni culturali e del paesaggio) e costituito dalla riproposizione dell’ormai tradizionale strutturazione attribuente alla Soprintendenza il potere di annullare per motivi di legittimità (ed entro un termine perentorio di sessanta giorni) le autorizzazioni paesaggistiche rilasciate dagli organi competenti.

III) L’autorizzazione paesistica, in un primo momento rilasciata dal Comune di Racale (con provvedimento sindacale n. 49 del 16 giugno 2005) è stata successivamente revocata (con provvedimento 22 novembre 2006 prot. n. 16591 del dirigente del servizio edilizia privata) e non è stata più trasmessa alla Soprintendenza (la nota 28 febbraio 2007 prot. n. 2627, che aveva attivato i poteri della Soprintendenza si era, infatti, limitata a trasmettere solo il progetto di sanatoria e non eventuali autorizzazioni rilasciate dall’amministrazione); mancando un provvedimento di autorizzazione paesaggistica da sottoporre alla Soprintendenza, non avrebbe potuto pertanto applicarsi il meccanismo previsto dall’art. 159, comma 3, ruotante intorno al potere di annullamento di un’autorizzazione evidentemente già rilasciata (ed allo stato non più sussistente, in considerazione del provvedimento di autoannullamento dell’autorizzazione paesistica a sanatoria, in precedenza emessa dal Sindaco di Racale).

IV) Il parere negativo emesso dalla Soprintendenza risulta, poi, congruamente motivato ed in linea con l’art. 167, comma 4, d.lgs. n. 42/2004; la lettura della relazione allegata al progetto di sanatoria evidenzia, infatti, chiaramente come fossero state realizzate opere (ampliamento del garage interrato e di una centrale termica) integranti quell’aumento “di superfici utili o volumi” ostativo, ai sensi dell’art. 167, comma 4, codice dei beni culturali e del paesaggio, al rilascio della licenza a sanatoria, nessuna rilevanza potendo assumere – come si evince da quanto sopra esposto sui c.d. volumi tecmici – il richiamo all’orientamento giurisprudenziale (cfr. C.S., sez. V, sent. 1° luglio 2002 n. 3589) escludente rilevanza alle opere interrate: orientamento affermatosi in rapporto alla valutazione del parametro concernente la volumetria della costruzione (onde l’irrilevanza delle costruzioni interrate che, in quanto non utilizzabili al pari di quelle costruite al di sopra del piano di campagna, non aumentino il carico urbanistico) e non applicabile alle ipotesi in cui, al contrario, sia contestata la stessa possibilità di procedere all’edificazione (come nel caso di specie, per la mancanza dell’autorizzazione paesaggistica e non in considerazione della volumetria realizzata).

V) L’impossibilità di applicare alla fattispecie l’art. 159, comma 1, d.lgs. n. 42/2004 (richiamante la necessità di comunicare agli interessati l’invio alla Soprintendenza dell’autorizzazione paesaggistica) e la natura di procedimento avviato ad iniziativa di parte (evidenziata dalla decisione della Adunanza plenaria n. 9 del 2001, le cui argomentazioni sono condivise dalla sezione) escludevano, d’altro canto, la necessità di alcun preavviso procedimentale.

Conclusivamente, l’appello va respinto, con conferma dell’impugnata sentenza, mentre le spese e gli onorari del secondo grado di giudizio si liquidano come in dispositivo, secondo il consueto criterio della soccombenza.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, sezione VI, respinge l’appello del signor Riccardo Galati (r.g.n. 6932/2008) e lo condanna, quale appellante soccombente, a rifondere al Ministero appellato, costituito e vittorioso le spese e gli onorari del giudizio di secondo grado, liquidati in complessivi euro tremila/00 (di cui euro trecento/00 per esborsi), oltre alle spese generali ed ai dovuti accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 3 luglio 2012, con l’intervento dei giudici:

Luigi Maruotti, Presidente
Aldo Scola, Consigliere, Estensore
Maurizio Meschino, Consigliere
Claudio Contessa, Consigliere
Roberta Vigotti, Consigliere

L’ESTENSORE

IL PRESIDENTE
        
   
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 24/09/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
 

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