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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Rifiuti Numero: 36611 | Data di udienza: 29 Maggio 2012

* RIFIUTI – Vasche di raccolta del percolato – Sequestro preventivo – Prescrizioni all’indagato imposte dal pubblico ministero – Efficacia – Esclusione – Art. 192 D.Lgs. n. 152/2006.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 21 Settembre 2012
Numero: 36611
Data di udienza: 29 Maggio 2012
Presidente: Petti
Estensore: Andronio


Premassima

* RIFIUTI – Vasche di raccolta del percolato – Sequestro preventivo – Prescrizioni all’indagato imposte dal pubblico ministero – Efficacia – Esclusione – Art. 192 D.Lgs. n. 152/2006.



Massima

 

 

CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez.3^ 21 Settembre 2012 (Cc. 29/05/2012) Sentenza n. 36611 
 
RIFIUTI – Vasche di raccolta del percolato – Sequestro preventivo – Prescrizioni all’indagato imposte dal pubblico ministero – Efficacia – Esclusione.
 
L’esigenza di evitare l’ulteriore protrarsi dell’illecita condotta, nella specie attraverso un sequestro preventivo di vasche di raccolta del percolato, non può essere soddisfatta mediante l’adozione delle prescrizioni e cautele puntualmente dettagliate dallo stesso pubblico ministero nel provvedimento di autorizzazione all’utilizzo delle vasche, perché non esiste alcuna norma dell’ordinamento che consenta al pubblico ministero di imporre prescrizioni all’indagato, in mancanza di un provvedimento di sequestro.
 
(annulla con rinvio ordinanza n. 60/2011 TRIB. LIBERTA’ di BENEVENTO, del 16/11/2011) Pres. Petti, Est. Andronio, Ric. PM in proc. Lonardo

 


Allegato


Titolo Completo

CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez.3^ 21 Settembre 2012 (Cc. 29/05/2012) Sentenza n. 36611

SENTENZA

 

 

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
TERZA SEZIONE PENALE
 
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
 
Dott. CIRO PETTI – Presidente 
Dott. SILVIO AMORESANO – Consigliere
Dott. LUIGI MARINI – Consigliere
Dott. MARIAPIA GAETANA SAVINO – Consigliere 
Dott. ALESSANDRO MARIA ANDRONIO – Consigliere Rel.
 
ha pronunciato la seguente
 
SENTENZA
 
sul ricorso proposto da PMT PRESSO TRIBUNALE DI BENEVENTO 
nei confronti di:
1) LONARDO LUCIO N. IL 18/03/1954 * C/
2) ROMITO MASSIMO N. IL 03/07/1958 * C/
avverso l’ordinanza n. 60/2011 TRIB. LIBERTA’ di BENEVENTO, del 16/11/2011
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ALESSANDRO MARIA ANDRONIO;
sentite le conclusioni del PG Dott. E.D., per l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata.
 
RITENUTO IN FATTO
 
1. – Con ordinanza dell’11 novembre 2011, il Tribunale di Benevento ha rigettato l’appello proposto dal pubblico ministero avverso l’ordinanza del Gip dello stesso Tribunale dell’11 ottobre 2011, con la quale era stato revocato il sequestro preventivo adottato dal medesimo Gip il 3 ottobre 2011, in relazione ai seguenti reati ipotizzati a carico degli indagati Lonardo e Romito: 
1) artt. 40, secondo comma, 81, secondo comma, 110 cod. pen., 6, comma 1, lettera b), del decreto-legge n. 172 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 210 del 2008, perché, in concorso tra loro e con altri, il Lonardo quale legale rappresentante, e il Romito, quale responsabile tecnico di una società per azioni, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, anche in tempi diversi, abbandonavano acque meteoriche miste a liquidi di percolato di discarica e colaticci provenienti dalla gestione di rifiuti, sversandoli nel suolo e nel sottosuolo in modo incontrollato; 
2) reato di cui agli artt. 40, secondo comma, 81, secondo comma, 110 cod. pen., 6, comma 1, lettera e), del citato decreto-legge n. 172 del 2008, perché, in concorso tra loro e con altri, nella stessa veste di cui sopra, con più azioni e omissioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, anche in tempi diversi, gestivano una discarica non autorizzata comprensiva di due vasche, di metri quadrati 2000 e metri quadrati 1200; 
3) per i reati di cui agli artt. 81, secondo comma, 110, 328 cod. pen., perché, in concorso tra loro, con più azioni e omissioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, anche in tempi diversi, nella veste di cui sopra, come pubblici ufficiali o incaricati di pubblico servizio, indebitamente rifiutavano e omettevano atti dell’ufficio che dovevano essere compiuti senza ritardo per ragioni di igiene e sanità, non provvedendo a far rimuovere immediatamente il percolato presente e comunque non adottando tutti gli atti idonei ad impedire che le acque meteoriche miste a liquidi di percolato di discarica penetrassero nel suolo e nel sottosuolo in modo incontrollato.
 
2. – Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Benevento, premettendo di avere, dopo l’esecuzione del sequestro, rigettato la richiesta di dissequestro presentata dagli indagati, pur autorizzando l’utilizzo dei beni sequestrati, con urla serie di prescrizioni finalizzate a contenere i fenomeni di inquinamento in atto. 
 
Prosegue il ricorrente evidenziando che il sequestro era stato revocato successivamente dal Gip, il quale aveva rilevato che: 
a) il sistema non idoneo alla raccolta del percolato atteneva solo le vasche in gestione post mortem al consorzio BN1; 
b) l’attività di stoccaggio di rifiuti solidi urbani posta in essere dalla società degli indagati avveniva sulla base di titoli abilitativi, della cui validità ed efficacia non era possibile dubitare, perché si trattava di un’ordinanza contingibile e urgente con la quale il sindaco aveva autorizzato l’utilizzazione delle aree di una discarica per il deposito temporaneo e lo stoccaggio di rifiuti; 
c) i motivi del sequestro preventivo non riguardavano la società degli indagati, che doveva comunque richiedere l’autorizzazione ordinaria per lo stoccaggio provvisorio dei rifiuti.
 
Il ricorrente prospetta quattro motivi di violazione di legge.
 
2.1. – Con una prima doglianza, si lamenta che il Tribunale ha affermato che l’esigenza di evitare l’ulteriore protrarsi dell’illecita condotta può essere soddisfatta mediante l’adozione di prescrizioni e cautele puntualmente dettagliate dallo stesso pubblico ministero nel provvedimento di autorizzazione all’utilizzo delle vasche. Evidenzia il ricorrente che il pubblico ministero non ha il potere di ordinare prescrizioni all’indagato, in mancanza di un provvedimento di sequestro.
 
2.2. – Si contesta, in secondo luogo, l’assunto del Tribunale secondo cui, trattandosi di un reato formale, il sequestro sarebbe giustificato solo nel caso in cui fosse impossibile il rilascio dell’autorizzazione. Sostiene il ricorrente che – contrariamente a quanto ritenuto dal Tribunale – le contestazioni mosse agli indagati non sono solo di carattere formale, perché consistono anche in attività di inquinamento diretto e in omissioni rispetto agli obblighi di impedire condotte inquinanti.
 
2.3. – Si rileva, in terzo luogo, la contraddittorietà dell’affermazione del Tribunale secondo cui la società degli indagati agisce sia in carenza di autorizzazione sia in forza di un provvedimento contingibile ed urgente del sindaco, che ne legittimano operato. Secondo la prospettazione del pubblico ministero, in ogni caso, le ordinanze contingibiii e urgenti, che si susseguono dal 2008, sono prive dei requisiti di legittimità richiesti dalla giurisprudenza, con la conseguenza che si è in presenza di una vera e propria discarica non autorizzata.
 
2.4. – Non competendo al giudice il sindacato di legittimità sull’ordinanza contingibile ed urgente, questo avrebbe dovuto adottare un sequestro con facoltà di uso delle cose sequestrate sulla base di determinate prescrizioni e condizioni, contemperando così le esigenze di tutela del territorio e di tutela della salute pubblica.
 
CONSIDERATO IN DIRITTO
 
3. – Il ricorso è fondato e deve essere accolto.
 
La motivazione dell’ordinanza impugnata si fonda sulle seguenti considerazioni: a) le vasche gestite dalla società degli indagati non sono di per sé inidonee, ma generano un inconveniente igienico e ambientale, per la loro mancata copertura e per le modalità attraverso le quali avvengono le operazioni di carico e scarico dei rifiuti da parte degli automezzi che li trasportano; b) tali inconvenienti possono essere risolti con l’utilizzo dell’impianto di lavaggio delle ruote degli automezzi o adottando altre precauzioni atte ad evitare il fenomeno; c) i reati contestati sono astrattamente sussistenti; d) l’esigenza di evitare l’ulteriore protrazione della condotta illecita può essere soddisfatta mediante l’adozione di prescrizioni e cautele atte ad assicurare ia captazione del percolato, come già puntualmente dettagliate dallo stesso pubblico ministero nel provvedimento del 10 ottobre 2011, di autorizzazione all’utilizzo delle vasche in sequestro; e) nel caso di specie, le attività sono svolte in mancanza di autorizzazione e in forza di un’ordinanza di necessità e urgenza del sindaco, con la conseguenza che, trattandosi di condotte criminose meramente formali, l’adozione del sequestro potrebbe essere giustificata solo laddove risultasse l’impossibilità del rilascio dell’autorizzazione.
 
Emergono con evidenza, da tale complesso argomentativo, le violazioni di legge evidenziate dal ricorrente.
 
3.1. – Quanto ai primo motivo di ricorso, deve infatti rilevarsi che l’esigenza di evitare l’ulteriore protrarsi dell’illecita condotta non può essere soddisfatta mediante l’adozione delle prescrizioni e cautele puntualmente dettagliate dallo stesso pubblico ministero nel provvedimento di autorizzazione all’utilizzo delle vasche, perché non esiste alcuna norma dell’ordinamento che consenta al pubblico ministero di imporre prescrizioni all’indagato, in mancanza di un provvedimento di sequestro.
 
3.2. – Fondato è anche il secondo motivo di ricorso, perché le condotte contestate agli indagati – come descritte nell’imputazione provvisoria – non hanno carattere meramente formale, ma consistono in vere e proprie attività di inquinamento, poste in essere attraverso comportamenti positivi od omissivi.
 
3.3. – Del pari fondati sono il terzo e il quarto motivo di ricorso, perché dal tenore generale dell’ordinanza impugnata, non emerge quale sia, nel caso in esame, l’esatta portata delle ordinanze contingibili e urgenti che legittimerebbero l’operato degli indagati, le quali sono sottoposte dall’ordinamento – come è noto (ex plurimis, Cass. pen., sez. 3, 4 giugno 2008, n. 27505, Rv. 240389; sez. 3, 20 gennaio 2005, n. 17414, Rv. 231635) – a precisi limiti e condizioni di legittimità, trattandosi di atti adottati in deroga rispetto alla legislazione vigente. E ciò, anche in considerazione dell’ordinanza dell’11 ottobre 2011, con la quale il Sindaco impone il ripristino dello stato dei luoghi, in forza dell’art. 192 del D.Lgs. n. 152 del 2006, rilevando pregiudizi per l’ambiente e dettando puntuali prescrizioni circa l’impianto in questione.
 
4. – L’ordinanza impugnata deve, dunque, essere annullata con rinvio ai Tribunale di Benevento, in diversa composizione, perché proceda a nuovo giudizio facendo applicazione dei principi enunciati ai precedenti punti 3.1., 3.2., 3.3.
 
P.Q.M.
 
Annulla l’ordinanza impugnata, con rinvio al Tribunale di Benevento.
 
Così deciso in Roma, il 29 maggio 2012.

 

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