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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Appalti Numero: 2686 | Data di udienza: 10 Ottobre 2012

* APPALTI – Controversie riguardanti l’affidamento – Legittimazione al ricorso – Soggetti partecipanti alla gara – Bando di gara – Discrezionalità dell’amministrazione – Bando preclusivo della partecipazione – Valutazione in termini oggettivi della potenziale insostenibilità dell’importo a base d’asta.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 1^
Regione: Lombardia
Città: Milano
Data di pubblicazione: 7 Novembre 2012
Numero: 2686
Data di udienza: 10 Ottobre 2012
Presidente: Mariuzzo
Estensore: Lombardi


Premassima

* APPALTI – Controversie riguardanti l’affidamento – Legittimazione al ricorso – Soggetti partecipanti alla gara – Bando di gara – Discrezionalità dell’amministrazione – Bando preclusivo della partecipazione – Valutazione in termini oggettivi della potenziale insostenibilità dell’importo a base d’asta.



Massima

 

TAR LOMBARDIA, Milano, Sez. 1^ – 7 novembre 2012, n. 2686

APPALTI – Controversie riguardanti l’affidamento – Legittimazione al ricorso – Soggetti partecipanti alla gara.

La legittimazione al ricorso, nelle controversie riguardanti l’affidamento dei contratti pubblici, spetti esclusivamente ai soggetti partecipanti alla gara (al di fuori delle ipotesi tassativamente enucleate dalla giurisprudenza), poiché solo tale qualità si connette all’attribuzione di una posizione sostanziale differenziata e meritevole di tutela. In questa veste, il ricorrente che ha partecipato legittimamente alla gara può far valere tanto un interesse “finale” al conseguimento dell’appalto affidato al controinteressato, quanto, in via alternativa (e normalmente subordinata) l’interesse “strumentale” alla caducazione dell’intera gara e alla sua riedizione (sempre che sussistano, in concreto, ragionevoli possibilità di ottenere l’utilità richiesta).

Pres. Mariuzzo, Est. Lombardi – S. s.r.l. (avv.ti Gili e Belvedere) c. Comune di Besana in Brianza (avv.ti Zoppolato e Baglivo)
 

APPALTI – Bando di gara – Discrezionalità dell’amministrazione – Bando preclusivo della partecipazione – Valutazione in termini oggettivi della potenziale insostenibilità dell’importo a base d’asta.

Se è vero che l’amministrazione conserva intatta la sua sfera di ampia discrezionalità (sia amministrativa che tecnica) nello stabilire regole e modalità, oltre che potenziale rimuneratività, della procedura che va ad indire, è altresì corretta l’affermazione per cui un bando di gara si presenta di per sé già manifestamente preclusivo della partecipazione qualora costringa l’impresa ad accettare una logica di assunzione dell’appalto in perdita. Ovviamente, ciò non significa né che l’amministrazione debba contrattare l’importo a base d’asta con le eventuali potenziali partecipanti né che le imprese possano sulla base di una diversa valutazione tecnica contestare in giudizio qualsiasi bando di gara considerato non remunerativo senza adempiere all’onere formale della presentazione di un’offerta. Occorre al contrario riscontrare, prima di esperire un’istruttoria che riesamini gli aspetti tecnici che hanno condotto l’amministrazione a scegliere un determinato importo a base d’asta, alcuni indici sintomatici di una scelta irrazionale. Occorre insomma che l’esame dell’ammissibilità del ricorso sia preceduto da una valutazione in termini oggettivi della potenziale insostenibilità dell’importo a base d’asta e non da una prospettazione meramente soggettiva avanzata dalla parte avente interesse alla riedizione della gara.

Pres. Mariuzzo, Est. Lombardi – S. s.r.l. (avv.ti Gili e Belvedere) c. Comune di Besana in Brianza (avv.ti Zoppolato e Baglivo)


Allegato


Titolo Completo

TAR LOMBARDIA, Milano, Sez. 1^ - 7 novembre 2012, n. 2686

SENTENZA

 

TAR LOMBARDIA, Milano, Sez. 1^ – 7 novembre 2012, n. 2686

N. 02686/2012 REG.PROV.COLL.
N. 02795/2011 REG.RIC.
N. 02923/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2795 del 2011, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
San Germano S.r.l., rappresentata e difesa dagli avv.ti Luigi Gili e Giuseppe Marco Belvedere, con domicilio eletto presso lo studio del primo in Milano, Via San Barnaba, 39


contro

Comune di Besana in Brianza, rappresentato e difeso dagli avv.ti Maurizio Zoppolato e Fabio Baglivo, con domicilio eletto presso lo studio del primo in Milano, Via Dante, 16

nei confronti di

Gelsia Ambiente S.r.l., rappresentata e difesa dall’avv. Francesco Ferrari, con domicilio eletto presso il suo studio in Milano, Via Larga, 16

e con l’intervento di

ad adiuvandum:
F.I.S.E. – Federazione Imprese di Servizi, rappresentata e difesa dagli avv.ti Stefano Cresta e Giuseppe Belvedere, con domicilio eletto presso lo studio del secondo in Milano, Via San Barnaba, 39

sul ricorso numero di registro generale 2923 del 2011, proposto da:
Luigi Frigerio S.r.l., rappresentato e difeso dagli avv.ti Lucia Carrozza, Elena e Giancarlo Tanzarella, con domicilio eletto presso il loro studio in Milano, Piazza Velasca, 5


contro

Comune di Besana in Brianza, rappresentato e difeso dagli avv.ti Maurizio Zoppolato e Fabio Baglivo, con domicilio eletto presso lo studio del primo in Milano, Via Dante, 16

nei confronti di

Gelsia Ambiente S.r.l., rappresentata e difesa dall’avv. Francesco Ferrari, con domicilio eletto presso il suo studio in Milano, Via Larga, 16

per l’annullamento,

quanto al ricorso n. 2795 del 2011:

della delibera della Giunta comunale n. 223 del 27 luglio 2011, avente ad oggetto “atto di indirizzo per l’affidamento del servizio di igiene urbana ed ambientale mediante nuova procedura a seguito di gara andata deserta”, nonché della determinazione del Responsabile dell’Area Lavori pubblici n. 626 del 2 agosto 2011, con la quale è stata indetta la procedura negoziata in questione, previa approvazione della lettera di invito, del disciplinare di gara, del capitolato speciale d’appalto e relativi allegati;

della Lettera di invito, prot. n. 24790 del 3 agosto 2011, con la quale San Germano è stata invitata a presentare offerta nella procedura negoziata;

della nota prot. n. 25789 del 17 agosto 2011, con la quale il comune di Besana in Brianza ha rigettato l’istanza di annullamento in autotutela della procedura negoziata di cui sopra, avanzata dall’ATI San Germano S.r.l.- Frigerio S.r.l.;

di ogni altro atto antecedente, preparatorio, presupposto e consequenziale,

atti impugnati con il ricorso principale;

della determinazione del responsabile dell’area lavori pubblici n. 785 del 13.10.2011, con la quale sono state disposte l’aggiudicazione provvisoria e la contestuale aggiudicazione definitiva della gara de qua a Gelsia Ambiente S.r.l., di tutti i verbali della commissione giudicatrice riunitasi il 27.9.2011, 11, 12 e 13.10.2011,

atti impugnati con i motivi aggiunti;

quanto al ricorso n. 2923 del 2011:

della delibera della Giunta comunale n. 223 del 27 luglio 2011, avente ad oggetto “atto di indirizzo per l’affidamento del servizio di igiene urbana ed ambientale mediante nuova procedura a seguito di gara andata deserta”, nonché della determinazione del Responsabile dell’Area Lavori pubblici n. 626 del 2 agosto 2011, con la quale è stata indetta la procedura negoziata in questione, previa approvazione della lettera di invito, del disciplinare di gara, del capitolato speciale d’appalto e relativi allegati;

della Lettera di invito, prot. n. 24790 del 3 agosto 2011, con la quale la Frigerio è stata invitata a presentare offerta nella procedura negoziata;

della nota prot. n. 25789 del 17 agosto 2011, con la quale il comune di Besana in Brianza ha rigettato l’istanza di annullamento in autotutela della procedura negoziata di cui sopra, avanzata dall’ATI San Germano S.r.l.- Frigerio S.r.l.;

di tutti i verbali della commissione giudicatrice riunitasi il 27.9.2011, 11, 12 e 13.10.2011;

dell’aggiudicazione provvisoria della gara in questione alla Gelsia Ambiente S.r.l., nonché dell’aggiudicazione definitiva disposta con determinazione n. 785 del 13 ottobre 2011 e comunicata alla Frigerio in pari data;

di ogni altro atto antecedente, preparatorio, presupposto e consequenziale, e per quanto occorra:

degli atti relativi alla precedente procedura aperta, avviata dal Comune di Befana in Brianza con bando spedito alla GUCE in data 3 giugno 2011 e relativi allegati;

della delibera della Giunta comunale n. 133 del 12 maggio 2011 di indirizzo per l’affidamento dei servizi di igiene urbana ed ambientale mediante la precedente procedura aperta andata deserta, nonché la determinazione del Responsabile dell’Area Lavori pubblici n. 433 del 3 giugno 2011.

Visti i ricorsi, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Comune di Besana in Brianza e di Gelsia Ambiente S.r.l.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 10 ottobre 2012 il dott. Roberto Lombardi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

Con ricorsi depositati rispettivamente in data 14 ottobre e 27 ottobre 2011, San Germano S.r.l. e Frigerio S.r.l., riunite in raggruppamento temporaneo di imprese e interessate alla partecipazione al bando indetto dal comune di Besana in Brianza per l’affidamento in appalto della gestione dei servizi comunali di igiene urbana – in quanto, tra l’altro, già gestori del medesimo servizio -, impugnavano, chiedendone la sospensione in via incidentale, le delibere e tutti gli altri atti con i quali il citato comune aveva indetto prima la procedura aperta (gara andata deserta) e poi, per lo stesso servizio, la procedura negoziata (terminata con aggiudicazione definitiva alla odierna controinteressata).

In particolare, oggetto comune dei due ricorsi era la contestazione della legittimità dell’importo posto a base di gara; tale importo sarebbe stato frutto di un calcolo non corretto da parte dell’Amministrazione, sia con riferimento ai presumibili introiti dell’appaltatore – derivanti in particolare dai ricavi/contributi connessi alla cessione degli imballaggi e dal materiale recuperabile – sia con riferimento agli effettivi costi delle prestazioni richieste.

Nel suo ricorso, peraltro, Frigerio s.r.l. impugnava anche gli atti della procedura aperta cui aveva partecipato la sola controinteressata, ivi compresa l’aggiudicazione definitiva in favore di questa, deducendo l’illegittimità della partecipazione di Gelsia Ambiente alla gara in oggetto, in quanto la stessa, essendo già affidataria diretta di servizi pubblici locali in altri comuni brianzoli, non avrebbe potuto, sulla scorta della normativa introdotta dal d.l. n. 138/2011, acquisire in gestione, in qualsiasi modo (direttamente o indirettamente), servizi ulteriori.

Frigerio S.r.l. deduceva poi due ulteriori vizi di legittimità che avrebbero dovuto portare la stazione appaltante ad escludere la controinteressata dalla procedura negoziata, uno afferente alla mancata iscrizione da parte di Gelsia Ambiente all’Albo nazionale dei gestori ambientali per la Categoria 10 (bonifica dei beni contenenti amianto), l’altro relativo ad una errata formulazione dell’offerta economica.

Tali profili di illegittimità venivano successivamente dedotti, con motivi aggiunti, anche da San Germano s.r.l., che contestava altresì, oltre alla particolare natura societaria di Gelsia Ambiente, già affidataria di servizi pubblici locali in house, anche l’anomalia della sua offerta.

Si costituiva con intervento ad adiuvandum F.I.S.E. (Federazione Imprese di Servizi); si costituivano, altresì, l’amministrazione convenuta e la controinteressata, le quali resistevano ai ricorsi, eccependo innanzitutto la loro inammissibilità, in quanto esperiti da due società che non avevano presentato domanda di partecipazione né alla procedura aperta né a quella negoziata. Questa Sezione concedeva la sospensiva richiesta, e nominava poi, all’udienza pubblica di trattazione, un consulente tecnico al fine di stabilire “se l’importo a base d’asta per l’esecuzione del servizio di cui al ricorso fosse manifestamente insufficiente a coprire i relativi costi ed a garantire all’impresa appaltatrice un seppur ridotto margine di utile, dimodoché nessun soggetto operante sul mercato con una logica imprenditoriale avrebbe potuto formulare un’offerta remunerativa”.

La causa veniva infine trattenuta in decisione, una volta depositata agli atti la consulenza tecnica, all’udienza del 10 ottobre 2012.

Preliminarmente, i due ricorsi vanno riuniti, in quanto connessi sia con riferimento all’oggetto delle censure dedotte che con riguardo alle parti coinvolte nella lite.

Il nodo fondamentale da risolvere, per potere compiutamente e adeguatamente dare una risposta alla questioni giuridiche sollevate congiuntamente da ricorrenti, amministrazione e controinteressata, è quello della possibilità di impugnare una procedura di appalto per errata determinazione dell’importo di gara, pur senza aver presentato domanda di partecipazione ad essa.

Le parti hanno diligentemente riportato, al riguardo, i precedenti giurisprudenziali che ritenevano utili alla risoluzione, in un senso o nell’altro, del suddetto quesito, per cui occorre innanzitutto chiedersi se in tali precedenti sia rinvenibile un caso analogo e se la risoluzione di tale caso sia stata soddisfacente e condivisibile alla luce dei principi generali in materia di legittimazione ed interesse ad agire, anche con riferimento alle coordinate fissate sul punto dall’Adunanza plenaria n. 4 del 2011.

In relazione alla posizione espressa da amministrazione e controinteressata, favorevoli a una pronuncia di inammissibilità dei ricorsi proposti direttamente contro i bandi di gara, in assenza di una clausola escludente, viene certamente in luce, tra le altre, per la sua autorevolezza e la sua compatibilità con il caso in esame, la sentenza n. 2033 dell’1.4.2011 del Consiglio di Stato, V Sezione.

In tale circostanza, il Giudice di secondo grado ha confermato la sentenza con la quale il Tribunale amministrativo aveva dichiarato inammissibile l’azione proposta direttamente contro il bando di gara da parte di alcune società che non avevano partecipato ad essa, ritenendo come non preclusivo in astratto alla loro partecipazione un termine troppo breve per potere presentare un’offerta remunerativa.

Ha sostenuto il Consiglio di Stato, a tale riguardo, che “l’impugnazione di un bando di gara è consentito, dalla giurisprudenza amministrativa, alle imprese che non abbiano presentato domanda di partecipazione alla gara medesima, soltanto quando il bando stesso preveda delle norme che non consentono la partecipazione alla gara indetta, nel senso che se le imprese suddette avessero partecipato alla gara, sarebbero state sicuramente escluse, mentre nel caso di specie ciò non è, in quanto le censure si appuntano non sulla impossibilità di partecipare alla gara, alla quale sarebbero state sicuramente ammesse, se in possesso dei requisiti richiesti, ma sulla ritenuta difficoltà di poter formulare un’offerta remunerativa a cagione della esiguità del termine concesso dal bando, il che è assolutamente diverso dalla presenza di norme che non consentono neppure la partecipazione (si vedano, sul punto, conformemente a quanto in questa sede argomentato, Cons. St., Ad. plen., n. 1 del 2003 e Sez. V, n. 4338 del 2009).”

A fronte di tale soluzione, la posizione espressa dalle ricorrenti, che tendono a fare rientrare all’interno di clausole discriminatorie e direttamente lesive anche un importo a base di gara manifestamente incongruo, appare compiutamente affrontata dalla sentenza n. 177 del 14 gennaio 2011 del Consiglio di Stato, VI Sezione, e dalla decisione n. 980 del 2003, cui la prima rimanda, dello stesso Consiglio di Stato.

Nella prima delle due decisioni appena citate gli appellati (ricorrenti in primo grado) non avevano impugnato direttamente un bando di concorso (per la copertura di alcuni posti di capo-squadra dei Vigili del fuoco) che, in violazione di un preciso disposto di legge, aveva omesso di indicare le materie dell’esame scritto, determinando così in capo ai candidati rilevanti difficoltà nella preparazione delle prove stesse.

“Ora – ha sostenuto in suddetta occasione il Giudice di secondo grado -, è pur vero che, per consolidato orientamento, l’illegittimità delle clausole di bando può essere ordinariamente fatta valere soltanto all’esito delle prove concorsuali, salvo che si tratti di clausole a valenza c.d. ‘escludente’, cioè che per il loro contenuto ostativo impediscono ex ante la partecipazione al concorso (es., Cons. Stato, V, 15 ottobre 2010, n. 7515; V, 10 agosto 2010, n. 5555; VI, 8 luglio 2010, n. 4437: tutte seguendo Cons. Stato, ad. plen., 27 gennaio 2003, n. 1 in tema di pubblici appalti). Tuttavia, analogamente a quanto è stato ritenuto in tema di gare per contratti pubblici, anche in tema di concorsi pubblici, attesa l’eadem ratio, appare ravvisabile l’onere di immediata impugnazione da parte dell’interessato delle clausole illegittime della lex specialis che comportano, a carico del partecipante medio, una oggettiva, straordinaria e rilevante difficoltà operativa, tale per sua natura da non rimanere sul piano dell’astrattezza e potenzialità lesiva, ma da realizzare già, in ragione dell’immediato vulnus alla normale capacità organizzativa del candidato e dunque al suo interesse alla partecipazione in condizioni di alea ordinarie, l’effetto negativo di un’immediata e diretta lesione della sua sostanziale partecipazione. Infatti gli straordinari aggravi (bene dimostrati nella specie dagli accadimenti riportati) generano anch’essi – in termini di utilità pratica della partecipazione del candidato – la sostanziale impossibilità di partecipare adeguatamente e razionalmente, il che riconduce questa ipotesi a quella generale relativa alle clausole impeditive (…). Con tali considerazioni converge, ad imporre oneri di impugnativa più stringenti, un’esigenza di sollecita certezza e di contrasto del rischio di inutili dilatazioni dei tempi del procedimento, che sarebbero provocati dalla necessità di attendere, per impugnare, l’esito dell’intera procedura.

Così appare essere nella specie, dove la difformità del bando dalla previsione normativa generava già di suo, senza necessità che si procedesse ulteriormente nelle operazioni, una tale condizione di aggravio organizzativo e perciò lesiva in capo ai candidati, e dunque un interesse a reagirvi in giudizio mediante immediata impugnazione”.

Nella decisione n. 980 del 2003 il Consiglio di Stato affrontava invece più specificamente il tema delle gare per contratti pubblici, enucleando tutta una serie di ipotesi in cui sarebbe stato necessario impugnare direttamente il bando di concorso, senza dunque attendere l’esito della procedura selettiva.

“È il caso di clausole che impediscono o rendono più difficoltosa la partecipazione alla gara stessa, fissando modalità operative o particolari requisiti soggettivi dei concorrenti, e di clausole irragionevoli che non consentono una corretta partecipazione alla procedura ovvero una ponderata formulazione dell’offerta. Nonché il caso di prescrizioni del bando che impongono determinati oneri formali alle imprese partecipanti o relative ad un “modus operandi” fissato per il funzionamento della commissione aggiudicatrice. In tutte queste evenienze, pertanto, viene ad emergere un pregiudizio attuale e concreto che determina in capo a chi intenda partecipare alla gara l’onere di immediata impugnazione del bando, senza attendere l’ulteriore corso della procedura con il rischio di una inutile dilazione di tempi del procedimento”

Occorre, ad ogni modo, e per completezza di esposizione, ricordare come l’Adunanza plenaria n. 4/2011, nel rimarcare la distinzione tra legittimazione ad agire ed interesse al ricorso, abbia limitato a poche tassative ipotesi la possibilità di impugnazione diretta del bando.

Approfondendo il tema della legittimazione al ricorso nel settore specifico delle controversie in materia di affidamento dei contratti pubblici, il Consiglio di Stato ha statuito che “in linea di principio, gli orientamenti interpretativi più consolidati affermano la regola secondo cui la legittimazione al ricorso deve essere correlata ad una situazione differenziata, in modo certo, per effetto della partecipazione alla stessa procedura oggetto di contestazione.

La regola, ormai consolidata, subisce, ora, alcune notevoli deroghe, concernenti, rispettivamente:

– la legittimazione del soggetto che contrasta, in radice, la scelta della stazione appaltante di indire la procedura;

– la legittimazione dell’operatore economico “di settore”, che intende contestare un “affidamento diretto” o senza gara;

– la legittimazione dell’operatore che manifesta l’intenzione di impugnare una clausola del bando “escludente”, in relazione alla illegittima previsione di determinati requisiti di qualificazione.

Le diverse deroghe, ampiamente studiate dagli interpreti, si connettono ad esigenze e a ragioni peculiari, inidonee a determinare l’affermazione di una nuova regola generale di indifferenziata titolarità della legittimazione al ricorso, basata sulla mera qualificazione soggettiva di imprenditore potenzialmente aspirante all’indizione di una nuova gara. (…) La legittimazione del soggetto che contrasta immediatamente il bando di gara (in relazione alle sue clausole “escludenti”), senza partecipare al procedimento, ha una giustificazione logica evidente, direttamente collegata alla affermazione giurisprudenziale dell’onere di sollecita impugnazione di tale atto lesivo, senza attendere l’esito della selezione.

In tali circostanze, la certezza del pregiudizio determinato dal bando rende superflua la domanda di partecipazione e l’adozione di un atto esplicito di esclusione. D’altro canto, la legittimazione spetta, in questo caso, non già a tutti gli imprenditori del settore, genericamente intesi, ma ai soli soggetti cui è impedita la partecipazione, in virtù di una specifica clausola escludente del bando.

Al di fuori delle ipotesi tassativamente enucleate dalla giurisprudenza, pertanto, deve restare fermo il principio secondo il quale la legittimazione al ricorso, nelle controversie riguardanti l’affidamento dei contratti pubblici, spetti esclusivamente ai soggetti partecipanti alla gara, poiché solo tale qualità si connette all’attribuzione di una posizione sostanziale differenziata e meritevole di tutela.

In questa veste, il ricorrente che ha partecipato legittimamente alla gara può far valere tanto un interesse “finale” al conseguimento dell’appalto affidato al controinteressato, quanto, in via alternativa (e normalmente subordinata) l’interesse “strumentale” alla caducazione dell’intera gara e alla sua riedizione (sempre che sussistano, in concreto, ragionevoli possibilità di ottenere l’utilità richiesta). Ma l’interesse strumentale allegato, in questo modo, potrebbe assumere rilievo, eventualmente, solo dopo il positivo riscontro della legittimazione al ricorso.”

Dall’analisi della giurisprudenza citata, e dal raffronto tra le due posizioni espresse dalle parti in lite nell’odierno ricorso, emerge, a parere del Collegio, un concetto di bando “escludente” che può allargarsi fino a ricomprendere al suo interno anche l’ipotesi di un importo a base d’asta del tutto irragionevole secondo una corretta logica di mercato.

Se è vero, infatti, che l’amministrazione conserva intatta la sua sfera di ampia discrezionalità (sia amministrativa che tecnica) nello stabilire regole e modalità, oltre che potenziale rimuneratività, della procedura che va ad indire, è altresì corretta l’affermazione per cui un bando di gara si presenta di per sé già manifestamente preclusivo della partecipazione qualora costringa l’impresa ad accettare una logica di assunzione dell’appalto in perdita.

Ovviamente, ciò non significa né che l’amministrazione debba contrattare l’importo a base d’asta con le eventuali potenziali partecipanti né che le imprese possano sulla base di una diversa valutazione tecnica contestare in giudizio qualsiasi bando di gara considerato non remunerativo senza adempiere all’onere formale della presentazione di un’offerta.

Occorre al contrario riscontrare, prima di esperire un’istruttoria che riesamini gli aspetti tecnici che hanno condotto l’amministrazione a scegliere un determinato importo a base d’asta, alcuni indici sintomatici di una scelta irrazionale.

Occorre insomma che l’esame dell’ammissibilità del ricorso sia preceduto da una valutazione in termini oggettivi della potenziale insostenibilità dell’importo a base d’asta e non da una prospettazione meramente soggettiva avanzata dalla parte avente interesse alla riedizione della gara; ciò, anche in considerazione del fatto che l’impugnazione del bando è necessariamente legata alla presenza in gara di almeno una concorrente, il che appare già di per sé potenzialmente sconfessare l’assunto di chi agisce.

Nel caso di specie, l’approfondimento tecnico sulla sostenibilità in una logica di mercato dell’importo stabilito a base d’asta è stato reso necessario da tre elementi oggettivi e non contestabili presenti in atti.

In primo luogo, la circostanza per cui la procedura aperta – che aveva preceduto la fase negoziata – fosse andata effettivamente deserta; in secondo luogo, la particolare composizione dell’importo a base d’asta (sottrazione dalla cifra totale dei potenziali introiti derivanti dalla cessione/valorizzazione dei materiali suscettibili di recupero); infine, il fatto che l’unica partecipante avesse presentato una percentuale di ribasso estremamente bassa (0,173%).

Il Tribunale ha dunque ritenuto necessario, a fini del decidere, approfondire la questione della rimuneratività dell’importo stabilito a base d’asta tramite una consulenza tecnica di ufficio, e il professionista, nella sua relazione, ha argomentato in modo articolato e per certi versi dubitativo – con argomentazioni che, peraltro, questo Collegio ritiene pertinenti e condivisibili – in ordine al quesito che gli era stato posto.

In sintesi, il consulente incaricato dal Tribunale ha riferito che l’importo posto a base di gara da parte del comune di Besana in Brianza, se parametrato al singolo anno di esercizio, può garantire una copertura dei costi con un relativo margine di utile la cui componente primaria è data dal ricavo ottenibile dalla valorizzazione dei materiali suscettibili di recupero. Ha altresì espresso dei forti dubbi in ordine al fatto che in un periodo di tempo più lungo (cinque anni) la stima effettuata sul predetto ricavo possa considerarsi valida.

Le conclusioni del CTU sono tali da indurre questo Collegio a ritenere inammissibili i ricorsi proposti da San Germano S.r.l. e Frigerio S.r.l.. Non è infatti possibile ritenere come immediatamente “escludente” un bando di gara che, seppure presentando un alto rischio di impresa per le società partecipanti, non fosse di per sé talmente irrazionale da precludere di fatto la partecipazione ad un soggetto operante sul mercato con una logica imprenditoriale. Né appare possibile nell’attuale sistema degli affidamenti pubblici un sindacato del giudice che vada a sostituirsi integralmente a valutazioni discrezionali dell’amministrazione, allorché si sconfini nella sfera della convenienza economica (per i privati) delle sue scelte. D’altro canto, se l’importo a base d’asta fosse stato manifestamente anti-economico nessun soggetto avrebbe partecipato alla gara, né appaiono convincenti le argomentazioni svolte in atti dalle ricorrenti in ordine alla circostanza per cui la controinteressata non opererebbe sul mercato in regime di libera concorrenza.

Era pertanto necessario che le due società invitate dall’amministrazione presentassero la loro offerta e poi, eventualmente, deducessero in giudizioi, qualora escluse, l’illegittimità del bando impugnato. Ciò non è avvenuto, e preclude anche, di conseguenza, la possibilità per le ricorrenti di contestare in sede odierna la legittimità della partecipazione alla gara della controinteressata.

Tutti i motivi vanno, pertanto, considerati inammissibili per difetto di legittimazione attiva da parte delle ricorrenti.

Ai sensi degli artt. 67 c.p.a. e 38 del d.m. n. 140/2012, il compenso complessivamente spettante al consulente tecnico può essere liquidato – tenuto conto della specificità e complessità della prestazione fornita, oltre che dell’impegno profuso dal professionista – in una somma complessiva lorda pari ad € 5.200,00, e va posto definitivamente a carico delle ricorrenti, in solido tra di loro.

Sussistono gravi ragioni, in relazione all’andamento della fase cautelare e alla peculiarità della questione esaminata, per compensare le altre spese del giudizio tra le parti.

P.Q.M.

il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione I),

definitivamente pronunciando sui ricorsi e sui motivi aggiunti, come in epigrafe proposti, li dichiara inammissibili.

Liquida il compenso del consulente tecnico di ufficio in una somma complessiva lorda pari ad € 5.200,00, oltre agli accessori di legge, che pone definitivamente a carico delle ricorrenti, in solido tra di loro.

Compensa tra le parti, per il resto, le spese processuali.

Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 10 ottobre 2012 con l’intervento dei magistrati:

Francesco Mariuzzo, Presidente
Alberto Di Mario, Primo Referendario
Roberto Lombardi, Referendario, Estensore

L’ESTENSORE

IL PRESIDENTE
  

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 07/11/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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