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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Appalti Numero: 1871 | Data di udienza: 25 Ottobre 2012

* APPALTI – Requisiti di ordine generale – Reati astrattamente incidenti sulla moralità professionale – Gravità e incidenza – Valutazione della stazione appaltante – Valutazione di non gravità – Motivazione implicita o per facta concludentia – Valutazione di gravità – Onere motivazionale – Art. 38, c. 1 d.lgs. n. 163/2006 – Espressione “socio di maggioranza” – Corretta interpretazione.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione: Puglia
Città: Lecce
Data di pubblicazione: 13 Novembre 2012
Numero: 1871
Data di udienza: 25 Ottobre 2012
Presidente: Trizzino
Estensore: Caprini


Premassima

* APPALTI – Requisiti di ordine generale – Reati astrattamente incidenti sulla moralità professionale – Gravità e incidenza – Valutazione della stazione appaltante – Valutazione di non gravità – Motivazione implicita o per facta concludentia – Valutazione di gravità – Onere motivazionale – Art. 38, c. 1 d.lgs. n. 163/2006 – Espressione “socio di maggioranza” – Corretta interpretazione.



Massima

 

TAR PUGLIA, Lecce, Sez. 3^ – 13 novembre 2012, n. 1871


APPALTI – Requisiti di ordine generale – Reati astrattamente incidenti sulla moralità professionale – Art. 38, c. 1, lett. c), d.lgs. n. 163/2006 – Gravità e incidenza – Valutazione della stazione appaltante.

In tema di requisiti di ordine generale da dichiarare ai fini della partecipazione alla gara per l’affidamento di un appalto pubblico, la mera sussistenza di reati astrattamente incidenti sulla moralità professionale non vale a integrare la causa di esclusione di cui all’art. 38 comma 1 lett. c), d.lgs. 12 aprile 2006 n. 163, occorrendo invece una concreta valutazione da parte della stazione appaltante in ordine alla gravità di questi reati. Infatti, in assenza di parametri fissi e predeterminati, la gravità e incidenza dei reati diversi da quelli specificamente indicati dall’art. 45, prg. 2, direttiva 2004/18/CE e comportanti l’esclusione dalla partecipazione a gare pubbliche, devono essere accertate dalla stazione appaltante con la disamina in concreto delle caratteristiche dell’appalto, del tipo di condanna, della natura e delle concrete modalità di commissione del reato (Consiglio Stato, sez. V, 14 settembre 2010, n. 6694). La gravità del reato è, invero, un concetto giuridico a contenuto indeterminato, implicante una valutazione da compiersi non già con riferimento alla fattispecie penale astratta, come normativamente delineata, ma di volta in volta con riferimento ad una serie di parametri quali, a titolo esemplificativo, la maggiore o minore connessione con l’oggetto dell’appalto, il lasso di tempo intercorso dalla condanna, l’eventuale mancanza di recidiva, le ragioni in base alle quali il giudice penale ha commisurato in modo più o meno lieve la pena (T.A.R. Valle d’Aosta, Aosta, sez. I, 20 giugno 2012, n. 59; T.A.R. Abruzzo, L’Aquila, sez. I, 20 marzo 2012, n. 173, T.A.R. Sicilia, Catania, sez. IV, 12 marzo 2012, n. 647).

Pres. Trizzino, Est. Caprini – Impresa R. (avv. Sticchi Damiani) c. Comune di Otranto (avv. Taurino)
 

APPALTI – Precedente penale dichiarato dal concorrente – Valutazione della stazione appaltante – Valutazione di non gravità – Motivazione implicita o per facta concludentia – Valutazione di gravità – Onere motivazionale.

La stazione appaltante, che non ritenga il precedente penale dichiarato dal concorrente incisivo della sua moralità professionale anche sotto il profilo della gravità da valutarsi in relazione all’oggetto specifico dell’appalto, non è tenuta ed esplicitare in maniera analitica le ragioni di siffatto suo convincimento, potendo la motivazione di non gravità del reato risultare anche implicita o per “facta concludentia”, ossia con l’ammissione alla gara dell’impresa, mentre è la valutazione di gravità che richiede l’assolvimento di un particolare onere motivazionale (Consiglio di Stato, sez. III, 11 marzo 2011, n. 1583; Consiglio di Stato, sez. V, 30 giugno 2011 n. 3924).

Pres. Trizzino, Est. Caprini – Impresa R. (avv. Sticchi Damiani) c. Comune di Otranto (avv. Taurino)

APPALTI – Art. 38, c. 1 d.lgs. n. 163/2006 – Espressione “socio di maggioranza” – Corretta interpretazione.

 L’espressione “socio di maggioranza” di cui all’art. 38, primo comma del d.lgs. 12 aprile 2006 n. 163, esprime un valore assoluto, come tale escludente ogni altra possibile relazione proporzionale nella distribuzione del capitale sociale; va esclusa, quindi, ogni diversa accezione della norma che si allontani da tale specifica “voluntas legis”, quale l’evenienza di una partecipazione paritaria al capitale sociale; va invero sottolineato che si tratta pur sempre di norma di stretta interpretazione, sia per l’efficacia potenzialmente inibitoria della partecipazione alle gare che reca, sia per la forte connotazione sanzionatoria che assume alla luce della tipizzazione della causa di esclusione introdotta dalla novella del d.l. 13 maggio 2011 n. 70; conclusivamente, deve ritenersi che, nell’ipotesi di una società con meno di quattro soci, il legislatore abbia voluto riconoscere specifica rilevanza solo alla figura del socio di maggioranza, inteso nei termini indicati, assumendone presuntivamente il ruolo di amministratore di fatto qualificato dalla sua posizione di unico maggiore proprietario del capitale sociale (T.A.R. Campania, Napoli, sez. VIII, 4 aprile 2012, n. 1624).  Secondo il dato letterale della norma, pertanto, il caso di due soci, entrambi titolari di quote sociali per il 50%, non può essere ascritto alla fattispecie del “socio di maggioranza”, contemplato, ai fini del possesso dei requisiti di ordine generale, dalla disposizione “de quo”: nessuno dei soci ha la titolarità della maggior parte del capitale sociale e dunque, senza il consenso dell’altro, il controllo della società. Diversa sarebbe, invece, l’ipotesi in cui il socio al 50%, persona fisica, sia anche amministratore munito del potere di rappresentanza o direttore tecnico, essendo tenuto alla dichiarazione sull’assenza di cause ostative alla partecipazione o, comunque, al possesso dei suddetti requisiti di ordine generale in virtù della formulazione generale riferita alle società.


Pres. Trizzino, Est. Caprini – Impresa R. (avv. Sticchi Damiani) c. Comune di Otranto (avv. Taurino)

 


Allegato


Titolo Completo

TAR PUGLIA, Lecce, Sez. 3^ – 13 novembre 2012, n. 1871

SENTENZA

 

TAR PUGLIA, Lecce, Sez. 3^ – 13 novembre 2012, n. 1871

N. 01871/2012 REG.PROV.COLL.
N. 00837/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia

Lecce – Sezione Terza

ha pronunciato la presente


SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 837 del 2012, proposto da:
Impresa Romolo Nachira, rappresentata e difesa dall’avv. Ernesto Sticchi Damiani, elettivamente domiciliata presso il suo studio in Lecce, via 95 Rgt. Fanteria, 9;

contro

Comune di Otranto, rappresentato e difeso dall’avv. Alessandro Taurino, elettivamente domiciliato presso il suo studio in Lecce, Corte Conte Accardo, 2;

nei confronti di

Rossi Renzo Costruzioni Srl, rappresentata e difesa dall’avv. Danilo D’Arpa, elettivamente domiciliata presso il suo studio in Lecce, via Manzoni, 32/D;

per l’annullamento

– dell’aggiudicazione definitiva in favore dell’ATI Rossi Renzo srl/L.C.I. srl, disposta con determinazione del responsabile Settore AA.GG. presso il Comune di Otranto, 27 aprile 2012 n. 82, comunicata in data 7 maggio 2012;

– del contratto di appalto;

– di tutti i verbali di gara e delle determinazioni ivi contenute riguardanti sia l’ammissione alla gara dell’impresa controinteressata, sia la valutazione della sua offerta tecnica e, in particolare, del verbale n. 7 nel quale si è proceduto a redigere la graduatoria finale ed è stata disposta l’aggiudicazione provvisoria;

– di ogni altro provvedimento presupposto, connesso e/o consequenziale ivi compresa l’aggiudicazione provvisoria;

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Otranto;
Visto l’atto di costituzione in giudizio e il ricorso incidentale proposto dalla controinteressata, Rossi Renzo Costruzioni Srl;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Visti gli artt. 74 e 120, co. 10, cod. proc. amm.;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 25 ottobre 2012 la dott.ssa Gabriella Caprini e uditi l’avv. Sticchi Damiani per la ricorrente, l’avv. D’Arpa per la controinteressata e l’avv. Taurino per la P.A.;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 

FATTO e DIRITTO

I. La ricorrente, seconda classificata, impugna, unitamente agli atti presupposti, l’aggiudicazione definitiva dei lavori di riqualificazione del Porto turistico di Otranto alla ATI Rossi Renzo srl/L.C.I. srl.

II. A sostegno del gravame deduce i seguenti motivi di diritto:

a) violazione e falsa applicazione del disciplinare di gara, punto 2.1, paragrafo 2), lett. b) e c), punto 3.1, lett. b) e punto 6, lett. c.5), sub 1) e sub 3) nonché dell’art. 38, comma 1, lett. b) e c) del d.lgs. n. 163/2006;

b) eccesso di potere per carenza e difetto motivazionale.

III. Si sono costituite l’Amministrazione intimata e l’ATI aggiudicataria, concludendo per il rigetto del ricorso. La aggiudicataria, controinteressata, ha, altresì, interposto ricorso incidentale.

IV. Con ordinanza cautelare n. 425/2012, questo Collegio, ritenuto che il primo motivo di ricorso incidentale meritasse favorevole accoglimento, fissava l’udienza pubblica ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 119, comma 3, del d.lgs. n. 104/2010.

IV.1. Il Consiglio di Stato, in riforma, accoglieva l’istanza cautelare della ricorrente principale sul duplice presupposto della manifesta infondatezza del motivo di ricorso incidentale e, di converso, sulla sussistenza “fumus boni iuris” a sostegno delle censure introdotte con il ricorso principale in ordine all’omessa motivazione sull’irrilevanza dei precedenti penali a carico del procuratore speciale e direttore tecnico della Rossi Costruzioni srl e all’omessa dichiarazione ex art. 38, comma 1, lett. b) e c) cod. app. ad opera delle società partecipanti per la quota del 50%. Disponeva, altresì, ai sensi dell’art. 55, comma 10, del d.lgs. citato, la sollecita definizione nel merito della controversia.

V. All’udienza pubblica del 25 ottobre 2012, fissata per la discussione, la causa è stata trattenuta in decisione.

VI. In aderenza all’indirizzo espresso dall’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato (n. 4/2011), il Collegio procede, per ragioni di economia processuale, all’esame prioritario del ricorso principale, attesa la sua manifesta infondatezza.

VII. Con il primo motivo di ricorso la ricorrente principale lamenta la violazione del disciplinare di gara e la carenza di motivazione in ordine all’attribuzione dei punteggi all’aggiudicataria. Ritenendo, in particolare, la proposta migliorativa della controinteressata irregolare e peggiorativa, sostiene che la Commissione giudicatrice avrebbe dovuto disporne l’esclusione o, in subordine, ritenere ininfluenti i miglioramenti in essa contenuti con attribuzione di un punteggio pari a zero.

La censura è infondata.

VII.1. Quanto alla presunta irregolarità:

a) secondo la ricorrente l’aggiudicataria avrebbe “prodotto una sola relazione descrittiva per ogni criterio contenente la proposta migliorativa, riferibile a più elementi progettuali riconducibili al medesimo criterio”, contravvenendo le prescrizioni del disciplinare;

b) invero il disciplinare, al punto 3.1, pag. 9, prevede solo che “le proposte di varianti migliorative devono essere illustrate separatamente e ordinatamente in modo da individuare ciascun elemento di variante nel seguente modo: per ciascun elemento una relazione descrittiva …”, precisando, preliminarmente che, salva la possibilità di proporre opere aggiuntive funzionali, “le opere che possono formare oggetto di offerta migliorativa … sono indicate negli elementi di valutazione..”;

c) l’aggiudicataria ha corredato l’offerta tecnica con relazioni distinte, riferendole a ogni elemento di valutazione (o criterio qualitativo) dei dieci indicati negli atti di gara, e illustrando analiticamente, all’interno, unitamente a una tabella riepilogativa, ogni proposta tecnica migliorativa rispetto ai dati progettuali a base di gara;

d) la prescrizione del disciplinare, laddove ha richiamato gli avverbi “separatamente” e “ordinatamente”, va intesa semplicemente nel senso che doveva essere chiara la riferibilità di ogni soluzione tecnica proposta al singolo elemento progettuale valutabile secondo i criteri prefissati al punto 3.1. (non anche, come ritenuto da ricorrente principale, che per ogni singolo sub elemento vi dovesse essere un autonomo documento).

VII.1.1. Tanto premesso, la Commissione ha correttamente applicato il metodo aggregativo-compensatore attribuendo alle proposte migliorative i punteggi per ognuno dei criteri predefiniti, assolvendo nel contempo, in modo sintetico ma esaustivo, all’obbligo motivazionale.

VII.2. Con riferimento al valore delle varianti proposte si osserva quanto segue.

Premesso che la valutazione delle proposte migliorative impinge nell’esercizio della cd. discrezionalità tecnica di cui è titolare l’Amministrazione – censurabile, in quanto tale, solo sotto il profilo della figura sintomatica dell’eccesso di potere -, a parere del Collegio, nel caso di specie, non emergono evidenti vizi logici o di ragionevolezza nei giudizi operati dalla Commissione giudicatrice.

Secondo l’apprezzamento dell’Amministrazione comunale, per quanto riguarda:

a) il criterio di cui al n. 3 (“miglioramento della qualità, fruibilità e sicurezza degli ormeggi previsti in progetto”), se, da un lato, non vi è alcun abbassamento della quota del molo in calcestruzzo – di accesso al pontile di spina – rispetto al dato progettuale, dall’altro, il riscontrato innalzamento della quota del pontile, dovuto all’aumento delle dimensioni e alla copertura con doghe in legno, costituisce, al più, una garanzia di maggiore sicurezza nella fruizione, attesa la minore pendenza della passerella di collegamento con la banchina, senza creazione di alcun gradino;

b) il criterio n. 4 (“miglioramento dei collegamenti tra l’infrastruttura e la città”): il nuovo pontile galleggiante, di collegamento del pontile di spina con la banchina del lungomare, è progettato con modalità conformi alle prescrizioni della Soprintendenza ed era già previsto nel progetto a base di gara (Tav. E08) dal quale è stato stralciato per valutazioni di natura economica. E’ stata, in particolare, mantenuta la soluzione che consente l’ingresso delle imbarcazioni, piccoli natanti, nello specchio d’acqua (attraverso la progettazione di una “passerella con portale” inserita alla base del pontile di spina, nella zona di aggancio alla banchina di riva), non creando alcuna interclusione: tanto ciò è vero che, a dimostrazione, nel computo metrico non estimativo dell’offerta sono state computate le attrezzature per i posti barca;

c) il criterio n. 5 (“miglioramento e messa in sicurezza dei percorsi di connessione tra l’area portuale e la città antica”): il ponte pedonale esistente, del quale l’aggiudicataria propone la sostituzione, consente di favorire il collegamento tra le parti alte del centro storico con la zona portuale: come tale rientra tra le migliorie valutabili nell’ambito del criterio.

VIII. Con il secondo motivo di ricorso, la ricorrente principale censura la valutazione favorevole operata dalla Commissione di gara, non espressamente motivata, in ordine alla presenza di decreti penali di condanna in capo al sig. Renzo Rossi, procuratore speciale e direttore tecnico della mandataria dell’ATI aggiudicataria.

A parere della ricorrente, tali decreti, se valutati correttamente nella loro gravità e nella conseguente incidenza sulla moralità professionale dell’impresa, avrebbero dovuto comportare l’esclusione dell’ATI stessa.

La censura è priva di pregio.

VIII.1. In tema di requisiti di ordine generale da dichiarare ai fini della partecipazione alla gara per l’affidamento di un appalto pubblico, la mera sussistenza di reati astrattamente incidenti sulla moralità professionale non vale a integrare la causa di esclusione di cui all’art. 38 comma 1 lett. c), d.lgs. 12 aprile 2006 n. 163, occorrendo invece una concreta valutazione da parte della stazione appaltante in ordine alla gravità di questi reati.

Invero, in assenza di parametri fissi e predeterminati, la gravità e incidenza dei reati diversi da quelli specificamente indicati dall’art. 45, prg. 2, direttiva 2004/18/CE e comportanti l’esclusione dalla partecipazione a gare pubbliche, devono essere accertate dalla stazione appaltante con la disamina in concreto delle caratteristiche dell’appalto, del tipo di condanna, della natura e delle concrete modalità di commissione del reato (Consiglio Stato, sez. V, 14 settembre 2010, n. 6694).

La gravità del reato è, invero, un concetto giuridico a contenuto indeterminato, implicante una valutazione da compiersi non già con riferimento alla fattispecie penale astratta, come normativamente delineata, ma di volta in volta con riferimento ad una serie di parametri quali, a titolo esemplificativo, la maggiore o minore connessione con l’oggetto dell’appalto, il lasso di tempo intercorso dalla condanna, l’eventuale mancanza di recidiva, le ragioni in base alle quali il giudice penale ha commisurato in modo più o meno lieve la pena (T.A.R. Valle d’Aosta, Aosta, sez. I, 20 giugno 2012, n. 59; T.A.R. Abruzzo, L’Aquila, sez. I, 20 marzo 2012, n. 173, T.A.R. Sicilia, Catania, sez. IV, 12 marzo 2012, n. 647).

VIII.2. Ora, nel caso di specie, trattasi di reati contravvenzionali, risalenti nel tempo (il primo commesso nel 2006), relativi a interventi edilizi realizzati nell’interesse privato (e non nell’espletamento dell’attività professionale) in zone sottoposte a vincolo – come tali non idonei a creare allarme sociale rispetto a interessi di natura pubblicistica -, presumibilmente estinti (art. 460, comma 5, c.p.p.), e, comunque, privi del requisito della gravità e ragionevolmente non incidenti in maniera significativa sulla serietà professionale dell’operatore economico.

VIII.3. Quanto alla motivazione della valutazione di affidabilità operata dalla Commissione giudicatrice, il Collegio aderisce a quell’orientamento giurisprudenziale secondo il quale “la stazione appaltante, che non ritenga il precedente penale dichiarato dal concorrente incisivo della sua moralità professionale anche sotto il profilo della gravità da valutarsi in relazione all’oggetto specifico dell’appalto, non è tenuta ed esplicitare in maniera analitica le ragioni di siffatto suo convincimento, potendo la motivazione di non gravità del reato risultare anche implicita o per “facta concludentia”, ossia con l’ammissione alla gara dell’impresa, mentre è la valutazione di gravità che richiede l’assolvimento di un particolare onere motivazionale” (Consiglio di Stato, sez. III, 11 marzo 2011, n. 1583; Consiglio di Stato, sez. V, 30 giugno 2011 n. 3924).

IX. Con il terzo motivo di ricorso, la ricorrente principale deduce che l’ATI aggiudicataria doveva essere esclusa in quanto i consiglieri di amministrazione della Agricola Corte della Libertà srl, società partecipante della Renzo Rossi Costruzioni srl, con partecipazione azionaria nella quota del 50%, non avrebbero reso le dichiarazioni di cui alle lett. b) e c) dell’art. 38 del d.lgs. n. 163/2006.

Il motivo è infondato.

IX.1. Il Collegio ritiene opportuno richiamare il proprio orientamento già espresso con la sentenza 1 agosto 2012, n. 1449 della quale si riportano i passaggi più rilevanti.

“V.3.1. La questione centrale della controversia è la corretta applicazione al caso in esame della norma di cui all’art. 38, primo comma del d.lgs. 12 aprile 2006 n. 163, nella parte in cui non consente la partecipazione alle gare delle società in cui il socio di maggioranza, nel caso in cui il numero complessivo di soci sia inferiore a quattro, versi nelle condizioni di cui alle lettere b) e c) della predetta disposizione.

Ritiene il Collegio che il requisito debba necessariamente riferirsi solo al socio che detenga la maggioranza del capitale sociale inteso come valore economico assoluto.

In favore di tale orientamento militano le seguenti considerazioni, sia di ordine letterale, che logico-funzionali:

a) innanzitutto, l’espressione “socio di maggioranza” esprime un valore assoluto, come tale escludente ogni altra possibile relazione proporzionale nella distribuzione del capitale sociale; va esclusa, quindi, ogni diversa accezione della norma che si allontani da tale specifica “voluntas legis”, quale l’evenienza di una partecipazione paritaria al capitale sociale, come accaduto nel caso di specie; va invero sottolineato che si tratta pur sempre di norma di stretta interpretazione, sia per l’efficacia potenzialmente inibitoria della partecipazione alle gare che reca, sia per la forte connotazione sanzionatoria che assume alla luce della tipizzazione della causa di esclusione introdotta dalla novella del d.l. 13 maggio 2011 n. 70;

b) del resto, se il legislatore avesse inteso relativizzare la posizione di maggioranza avrebbe dovuto anche fissare una soglia di valore minima per la determinazione della maggioranza del capitale; in assenza di tali previsioni, alla norma non può che attribuirsi il significato letterale che le è proprio, ossia che “socio di maggioranza”, è colui che da solo è proprietario, in forma diretta, del 50% + 1 del capitale;

c) l’altro elemento interpretativo, di matrice logico-funzionale, sottende l’intendimento del legislatore di assimilare il ruolo del socio di maggioranza in società con meno di quattro soci all’amministratore che sia anche legale rappresentante: … il socio di maggioranza in simili assetti proprietari è colui in grado di assumere una posizione di prevalenza tale da riconoscergli una sostanziale capacità di gestione della società.

A tal proposito non può non rilevarsi come il limite di un numero inferiore a quattro soci trovi giustificazione proprio nell’assimilazione organizzativa e gestionale di tali assetti di società di capitali alle società di persone, in cui la tradizionale rilevanza dell’elemento personale istituzionalmente fa coincidere il ruolo di amministratore con quello dei soci patrimonialmente responsabili. E’ dato, infatti, incontestato che quanto più è distribuito il capitale sociale tra un maggior numero di persone tanto minori, presuntivamente, saranno l’incidenza e la capacità di orientamento sulle scelte gestionali da parte del socio di maggioranza.

Conclusivamente, deve ritenersi che, nella fattispecie all’esame (società con meno di quattro soci), il legislatore abbia voluto riconoscere specifica rilevanza solo alla figura del socio di maggioranza, inteso nei termini indicati, assumendone presuntivamente il ruolo di amministratore di fatto qualificato dalla sua posizione di unico maggiore proprietario del capitale sociale (T.A.R. Campania, Napoli, sez. VIII, 4 aprile 2012, n. 1624)”.

IX.2. Pertanto, secondo il dato letterale della norma, necessariamente di stretta interpretazione data la portata escludente, il caso di due soci, entrambi titolari di quote sociali per il 50%, non può essere ascritto alla fattispecie del “socio di maggioranza”, contemplato, ai fini del possesso dei requisiti di ordine generale, dalla disposizione “de quo”: nessuno dei soci ha la titolarità della maggior parte del capitale sociale e dunque, senza il consenso dell’altro, il controllo della società.

Diversa sarebbe, invece, l’ipotesi in cui il socio al 50%, persona fisica, sia anche amministratore munito del potere di rappresentanza o direttore tecnico, essendo tenuto alla dichiarazione sull’assenza di cause ostative alla partecipazione o, comunque, al possesso dei suddetti requisiti di ordine generale in virtù della formulazione generale riferita alle società.

X. Sulla base delle sovra esposte considerazioni, il ricorso principale va respinto. Conseguentemente, il ricorso incidentale, quale azione impugnatoria posta a tutela di un interesse sorto a seguito della proposizione del ricorso principale, è inammissibile.

XI. Attesa la peculiarità della vicenda, sussistono, tuttavia, ragioni di equità per compensare tra le parti le spese e competenze di giudizio

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia Lecce – Sezione Terza definitivamente pronunciando:

a) respinge il ricorso principale;

b) dichiara inammissibile il ricorso incidentale;

Compensa tra le parti le spese e competenze di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Lecce nella camera di consiglio del giorno 25 ottobre 2012 con l’intervento dei magistrati:

Rosaria Trizzino, Presidente
Ettore Manca, Consigliere
Gabriella Caprini, Referendario, Estensore

L’ESTENSORE

IL PRESIDENTE
        

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 13/11/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
 

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