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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Diritto urbanistico - edilizia Numero: 276 | Data di udienza: 21 Febbraio 2013

* DIRITTO URBANISTICO – EDILZIA – Installazione di tettoie – Sottrazione al regime del permesso di costruire – Presupposti.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione: Puglia
Città: Bari
Data di pubblicazione: 26 Febbraio 2013
Numero: 276
Data di udienza: 21 Febbraio 2013
Presidente: Morea
Estensore: Palmieri


Premassima

* DIRITTO URBANISTICO – EDILZIA – Installazione di tettoie – Sottrazione al regime del permesso di costruire – Presupposti.



Massima

 

TAR PUGLIA, Bari, Sez. 3^ – 26 febbraio 2013, n. 276


DIRITTO URBANISTICO – EDILZIA – Installazione di tettoie – Sottrazione al regime del permesso di costruire – Presupposti.

Gli interventi consistenti nella installazione di tettoie o di altre strutture che siano comunque apposte a parti di preesistenti edifici come strutture accessorie di protezione o di riparo di spazi liberi, cioè non compresi entro coperture volumetriche previste in un progetto assentito, possono ritenersi sottratti al regime del permesso di costruire soltanto ove la loro conformazione e le loro ridotte dimensioni rendono evidente e riconoscibile la loro finalità di arredo o di riparo e protezione dell’immobile cui accedono; tali strutture non possono viceversa ritenersi installabili senza permesso di costruire, o d.i.a “alternativa” ai sensi dell’art. 22, d.P.R. n. 380 del 2001, allorquando le loro dimensioni sono di entità tale da arrecare una visibile alterazione all’edificio o alle parti dello stesso su cui vengono inserite; quando quindi per la loro consistenza dimensionale non possono più ritenersi assorbite, ovvero ricomprese in ragione della accessorietà, nell’edificio principale o della parte dello stesso cui accedono (TAR Campania, Salerno, I, 11.1.2012, n. 9).

Pres. Morea, Est. Palmieri – C.L. (avv.ti Pesce e Pappalepore) c. Comune di Conversano (avv. Coletta)


Allegato


Titolo Completo

TAR PUGLIA, Bari, Sez. 3^ – 26 febbraio 2013, n. 276

SENTENZA

 

TAR PUGLIA, Bari, Sez. 3^ – 26 febbraio 2013, n. 276

N. 00276/2013 REG.PROV.COLL.
N. 00252/2008 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 252 del 2008, proposto da:
Carmela Lestingi, rappresentata e difesa dagli avv. Germina Pesce, Vito Aurelio Pappalepore, con domicilio eletto presso Vito Aurelio Pappalepore in Bari, via Pizzoli, 8; Michle Lestingi, rappresentato e difeso dagli avv. Vito Aurelio Pappalepore, Germina Pesce, con domicilio eletto presso Vito Aurelio Pappalepore in Bari, via Pizzoli, 8;

contro

Comune di Conversano, in Persona del Sindaco p.t, rappresentato e difeso dall’avv. Rita Coletta, con domicilio eletto presso c/o Antonio Colapinto St.Ass.To Lanno-Napoli in Bari, via S.Francesco D’Assisi, 15;

per l’annullamento

– dell’ordinanza n. 11/UTC – n. 57/SEGR del 12.11.2007, notificata in data 12.11.2007, recante ingiunzione di demolizione di opere abusive; di ogni atto presupposto, connesso e consequenziale, ancorché non conosciuto, ivi compresa – ove occorra- l’ordinanza di sospensione dei lavori del 3.5.2007;

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Comune di Conversano in Persona del Sindaco p.t;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 21 febbraio 2013 il dott. Roberto Michele Palmieri e uditi per le parti i difensori Vito Aurelio Pappalepore e Rita Coletta;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. È impugnata l’ordinanza in epigrafe, con la quale il Comune di Conversano ha ordinato ai ricorrenti – nella loro qualità, rispettivamente, di proprietario e di conduttore dell’immobile sito in Conversano alla Via Italia 19 – la demolizione del manufatto abusivo da loro realizzato sul lastrico solare.

A sostegno del ricorso, i ricorrenti hanno dedotto i seguenti profili di gravame, appresso sintetizzati: 1) violazione degli artt. 7 ss. l. n. 241/90; eccesso di potere per erronea presupposizione, illogicità, travisamento; 2) violazione degli artt. 10-22-31-37 d.P.R. n. 380/01; eccesso di potere per erronea presupposizione, illogicità, difetto di motivazione.

Nella camera di consiglio del27.2.2008 è stata rigettata la domanda di tutela cautelare.

All’udienza del 21.2.2013 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

2. Con il primo motivo di gravame, deducono i ricorrenti la violazione della previsione di cui all’art. 7 l. n. 241/90, per mancata comunicazione dell’avvio del procedimento sfociato nell’adozione dell’impugnata ordinanza.

Il motivo è infondato.

2.1. Sotto un primo profilo, gli istituti di partecipazione procedimentale, per quanto ispirati ad evidenti esigenze di trasparenza e democraticità dell’azione amministrativa – corollari, a loro volta, dei principi di buon andamento e imparzialità della stessa (art. 97 Cost.) – non godono di applicazione indiscriminata, potendo risultare recessivi rispetto ad altre esigenze, del pari dotate di analogo rilievo costituzionale. Così, sotto un primo profilo, la novella di cui alla l. n. 15/05 ha inciso, tra l’altro, sui c.d. vizi non invalidanti (art. 21 octies l. n. 241/90), escludendo l’annullabilità del provvedimento affetto da vizi formali, quante volte la sua natura vincolata sia tale da escludere che il contenuto del relativo provvedimento avrebbe potuto essere differente.

Si è in tal modo inteso codificare una diffusa prassi giurisprudenziale, tesa ad escludere la declaratoria di annullamento dell’atto, tutte le volte in cui la disciplina sostanziale della funzione, di cui l’atto è espressione formale, non privi l’amministrazione del potere – e in certi casi del dovere – di emettere un nuovo atto, di contenuto analogo a quello affetto dai (rilevati) vizi formali.

Ciò detto in termini generali, non va poi trascurato che, in uno alle eccezioni all’obbligo di comunicazione dell’avvio del procedimento codificate dall’art. 7 l. n. 241/90, e ribadite – in punto di annullabilità del relativo atto – dall’art. 21 octies l. n. 241/90, la giurisprudenza ha da tempo elaborato ulteriori ipotesi in cui un obbligo siffatto non può dirsi sussistente. Così, ad es, si è esclusa la sussistenza di detto obbligo nel caso di provvedimenti ad istanza di parte, ovvero di provvedimenti ampliativi della sfera giuridica del privato, o ancora nei casi in cui il provvedimento scaturisca, in chiave di derivazione procedimentale, da un pregresso atto emesso all’esito di un iter che abbia visto la partecipazione del privato (es. l’ordine di demolizione, emesso all’esito di quello di sospensione dei lavori, del cui avvio cui il privato sia stato legalmente notiziato).

2.2. Venendo ora al caso di specie, rileva il Collegio che, sotto un primo profilo, vi è stata comunicazione ai ricorrenti dell’ordine di sospensione dei lavori. Già sotto tale profilo, pertanto, la loro doglianza si rivela infondata, posto che essi sono stati legalmente notiziati dell’atto iniziale, dal quale ha poi preso abbrivio il procedimento sfociato nell’emissione dell’ordinanza di demolizione.

In secondo luogo, non va sottaciuto che l’impugnata ordinanza costituisce atto vincolato, costituendo la risultante della mera verifica di insussistenza di titolo edilizio, senza che residui all’amministrazione alcun margine di discrezionalità in ordine all’adozione o meno del provvedimento.

Ne discende, anche sotto tale profilo, la natura non invalidante del vizio, a termini dell’art. 21 octies, 2° co, 1° parte, l. n. 241/90.

2.3. Alla luce di tali considerazioni, il primo motivo di gravame è infondato, e va pertanto rigettato.

3. Con il secondo motivo di doglianza, deducono i ricorrenti la violazione delle previsioni di cui agli artt. 10-22-31-37 d.P.R. n. 380/01, avuto riguardo alla natura pertinenziale dell’opera da loro realizzata, per la quale non era necessario premunirsi di alcun titolo edilizio.

La censura è infondata.

3.1. Premette anzitutto il Collegio che, per condivisa giurisprudenza amministrativa, “gli interventi consistenti nella installazione di tettoie o di altre strutture che siano comunque apposte a parti di preesistenti edifici come strutture accessorie di protezione o di riparo di spazi liberi, cioè non compresi entro coperture volumetriche previste in un progetto assentito, possono ritenersi sottratti al regime del permesso di costruire soltanto ove la loro conformazione e le loro ridotte dimensioni rendono evidente e riconoscibile la loro finalità di arredo o di riparo e protezione dell’immobile cui accedono; tali strutture non possono viceversa ritenersi installabili senza permesso di costruire, o d.i.a “alternativa” ai sensi dell’art. 22, d.P.R. n. 380 del 2001, allorquando le loro dimensioni sono di entità tale da arrecare una visibile alterazione all’edificio o alle parti dello stesso su cui vengono inserite; quando quindi per la loro consistenza dimensionale non possono più ritenersi assorbite, ovvero ricomprese in ragione della accessorietà, nell’edificio principale o della parte dello stesso cui accedono” (TAR Campania, Salerno, I, 11.1.2012, n. 9).

3.2. Tanto premesso, e venendo ora al caso di specie, si legge dall’impugnato provvedimento che i ricorrenti hanno realizzato sul lastrico solare dell’abitazione di loro proprietà, “un terzo piano soffitta, composto da piastrini in legno, chiuso perimetralmente da vetrate, con copertura in legno coibentato, che copre una superficie di circa mq 95 avente altezza max di mt 2,70 e min 2,20”.

Orbene, alla luce di tali emergenze documentali, è di tutta evidenza la natura principale, e non pertinenziale, del manufatto realizzato dai ricorrenti. Invero, la superficie dell’opera (mq 95), in uno alla sua altezza e al modo di chiusura, consentono senz’altro di affermare che il manufatto, lungi dal porsi a servizio dell’abitazione principale, presenta invece caratteri di spiccata autonomia funzionale ed economica.

Per tali ragioni, del tutto legittimamente è stata ordinata la demolizione dell’opera, stante la pacifica insussistenza di titolo edilizio.

3.3. Ne discende il rigetto del secondo motivo di gravame.

4. Da ultimo, va rigettato il terzo motivo di ricorso, incentrato sul difetto di motivazione dell’atto impugnato. Sul punto, è sufficiente osservare che l’ordinanza in esame reca compiuta indicazione sia del fatto (id est: la realizzazione di manufatto abusivo), e sia delle norme giuridiche violate. Per tali ragioni, può senz’altro ritenersi assolto l’obbligo motivazionale posto a carico dell’amministrazione comunale, avendo quest’ultima compiutamente – ancorché sinteticamente – esternato sia i presupposti fattuali, e sia le ragioni giuridiche della propria decisione.

5. Conclusivamente, il ricorso è infondato.

Ne consegue il suo rigetto.

6. Reputa il Collegio la sussistenza di giusti motivi per la compensazione delle spese di lite.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, Sezione Terza,

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 21 febbraio 2013 con l’intervento dei magistrati:

Pietro Morea, Presidente
Antonio Pasca, Consigliere
Roberto Michele Palmieri, Referendario, Estensore

L’ESTENSORE

IL PRESIDENTE
  

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 26/02/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
 

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