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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Rifiuti Numero: 369 | Data di udienza: 23 Gennaio 2013

* RIFIUTI – Provvedimento di cancellazione dall’Albo dei Gestori ambientali – Integrazione della motivazione ad opera del Segretario di Sezione – Incompetenza  – Art. 212, c. 13 d.lgs. n. 152/2006 – Arenili degli stabilimenti balneari – Concessione demaniale – Idoneità alla produzione di rifiuti – Gestore – Qualifica di produttore iniziale – Fondamento.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione: Veneto
Città: Venezia
Data di pubblicazione: 8 Marzo 2013
Numero: 369
Data di udienza: 23 Gennaio 2013
Presidente: Di Nunzio
Estensore: Mielli


Premassima

* RIFIUTI – Provvedimento di cancellazione dall’Albo dei Gestori ambientali – Integrazione della motivazione ad opera del Segretario di Sezione – Incompetenza  – Art. 212, c. 13 d.lgs. n. 152/2006 – Arenili degli stabilimenti balneari – Concessione demaniale – Idoneità alla produzione di rifiuti – Gestore – Qualifica di produttore iniziale – Fondamento.



Massima

 

TAR VENETO, Sez. 3^ – 8 marzo 2013, n. 369


RIFIUTI – Provvedimento di cancellazione dall’Albo dei Gestori ambientali – Integrazione della motivazione ad opera del Segretario di Sezione – Incompetenza – Art. 212, c. 13 d.lgs. n. 152/2006.

L’integrazione della motivazione in sede procedimentale è possibile solo a condizione che sia svolta da parte dell’organo competente, mediante atti formali o mediante un successivo provvedimento di convalida (ex pluribus cfr. Tar Lombardia, Milano, Sez. IV, 21 novembre 2012, n. 2828; Tar Lazio, Roma, Sez. II, 7 maggio 2012, n. 4104; Tar Veneto, Sez. I, 11 marzo 2010, n. 768). Ne deriva l’illegittimità della motivazione allegata dal Segretario di Sezione al provvedimento di cancellazione dall’ Albo Nazionale Gestori Ambientali, posto che ogni determinazione sul punto è demandata alla Sezione regionale dall’art. 212, comma 13, del Dlgs. 3 aprile 2006, n. 152.

Pres. Di Nunzio, Est. Mielli – V. s.p.a. (avv. Rizzo) c. Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare (Avv. Stato)

RIFIUTI – Arenili degli stabilimenti balneari – Concessione demaniale – Idoneità alla produzione di rifiuti – Gestore – Qualifica di produttore iniziale – Fondamento.

Gli arenili degli stabilimenti balneari (unitamente alle diverse attività che li compongono quali il bar interno, le cabine, le piattaforme, ecc. che non hanno rilevanza autonoma ed esterna), costituiscono aree scoperte ad uso privato idonee alla produzione di rifiuti in riferimento all’intero complesso, in quanto il rapporto di concessione demaniale ne determina l’uso privato, discriminandole dalle aree pubbliche di uso pubblico. In attuazione di tale presupposto si può affermare che la definizione di cui all’art. 184, comma 2, lett. d), del Dlgs. 3 aprile 2006, n. 152, che riguarda invece le aree pubbliche e gli arenili liberi e di uso pubblico, è inapplicabile agli stabilimenti in concessione, con la conseguenza che tale norma non può fondatamente essere invocata per escludere, nei confronti del gestore dello stabilimento, la qualifica di produttore iniziale dei rifiuti derivanti dall’esercizio delle attività connesse alla gestione.

Pres. Di Nunzio, Est. Mielli – V. s.p.a. (avv. Rizzo) c. Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare (Avv. Stato)
 


Allegato


Titolo Completo

TAR VENETO, Sez. 3^ – 8 marzo 2013, n. 369

SENTENZA

 

TAR VENETO, Sez. 3^ – 8 marzo 2013, n. 369

N. 00369/2013 REG.PROV.COLL.
N. 00957/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto

(Sezione Terza)
 

ha pronunciato la presente


SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 957 del 2012, proposto da:
Venezia Spiagge Spa, rappresentata e difesa dall’avv. Paolo Rizzo, con domicilio eletto presso il suo studio in Venezia, San Marco, 545;

contro

Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura distrettuale dello Stato, domiciliata in Venezia, San Marco, 63;

per l’annullamento

del provvedimento del Presidente della Sezione Regionale del Veneto all’albo Nazionale Gestori Ambientali, prot. n. 19514/2012, del 13 aprile 2012 che ha disposto la cancellazione dell’iscrizione di Venezia Spiagge Spa all’albo Gestori Ambientali ai sensi dell’art. 212, co. 8, D. Lgs. 152/2006 e successive modifiche, rigettando la relativa domanda di aggiornamento, e della presupposta e connessa deliberazione della Sezione Regionale del Veneto in data 13.4.2012, ad oggi ne comunicata, ne altrimenti nota e rispetto alla quale ci si riserva sin d’ora la proposizione di motivi aggiunti, nonché della nota prot. n. 21945/2011 del Segretario della Sezione regionale di trasmissione del provvedimento di cancellazione.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 23 gennaio 2013 il dott. Stefano Mielli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

La ricorrente Venezia Spiagge Spa è una Società a partecipazione pubblica (è del Comune di Venezia al 51%) costituita nel 1991, subentrata al Comune nella gestione degli stabilimenti balneari comunali situati al Lido di Venezia e denominati Lungomare D’Annunzio e San Nicolò.

Dal maggio 2008 ha ampliato la propria gestione anche ai due stabilimenti balneari del complesso denominato Blue Moon, ove sono esercitate anche le attività commerciali tipiche degli stabilimenti balneari, quali la locazione delle “capanne”, dei camerini, e degli ombrelloni, con la manutenzione e la pulizia delle strutture, anche fisse, delle aree verdi e dell’arenile, oltre all’attività di somministrazione di alimenti e bevande, e all’attività di bazar per la vendita di articoli ed accessori da spiaggia.

La Società espone che sin dall’inizio dell’attività nel 1991 ha sempre svolto direttamente le operazioni di raccolta e trasporto dei rifiuti prodotti nella gestione degli stabilimenti balneari, in quanto inerenti l’attività di impresa, e che a tal fine ha ottenuto l’iscrizione all’albo dei gestori ambientali in regime semplificato, ai sensi dell’art. 212, comma 8, del Dlgs. 3 aprile 2006, n. 152 “per l’esercizio dell’attività di raccolta e trasporto dei propri rifiuti come attività ordinaria e regolare”.

Il Segretario della Sezione Regionale del Veneto dell’albo nazionale dei gestori ambientali, con nota prot. n. 21945/2011, ha comunicato la cancellazione dell’iscrizione all’albo disposta dal Presidente della Sezione con provvedimento prot. n. 19514 del 13 aprile 2012, sulla base di una deliberazione della Sezione.

In quest’ultimo provvedimento si afferma che la cancellazione è stata disposta in quanto i codici per i quali è stata chiesta l’iscrizione non sono attinenti con l’attività dichiarata al registro delle imprese.

Nella nota di trasmissione del Segretario, si afferma invece che la cancellazione è stata disposta perché, ai sensi dell’art. 184, comma 2, lett. d) del Dlgs. 3 aprile 2006, n. 152, sono considerati come rifiuti urbani quelli giacenti sulle aree pubbliche, o sulle aree private ad uso pubblico, o sulle spiagge marittime e lacuali e sulle rive dei corsi d’acqua, e pertanto la raccolta ed il trasporto dei rifiuti giacenti sulla spiaggia, richiede inderogabilmente l’iscrizione alla categoria 1 in regime ordinario, come previsto dall’art. 212, comma 5, del Dlgs. 3 aprile 2006, n. 152.

Con il ricorso in epigrafe tali atti sono impugnati per le seguenti censure:

I) violazione dell’art. 212, comma 8, del Dlgs. 3 aprile 2006, n. 152, difetto di presupposto, di istruttoria ed incongruità della motivazione, contraddittorietà con precedenti atti della medesima amministrazione, nonché illogicità e contraddittorietà della motivazione perché l’attività economica svolta giustifica l’iscrizione all’albo in regime semplificato, e la tipologia di rifiuti per i quali è stata chiesta l’iscrizione è coerente con l’attività indicata nell’oggetto sociale dichiarato al registro delle imprese;

II) violazione dell’art. 212, comma 13, del Dlgs. 3 aprile 2006, per incompetenza del Segretario ad indicare una propria ed autonoma motivazione nella nota di trasmissione del provvedimento di cancellazione, violazione dell’art. 212, comma 5, difetto di presupposto ed incongruità anche di tale motivazione, oltre che illogicità e contraddittorietà, perché la tipologia urbana dei rifiuti non è preclusiva all’iscrizione all’albo ai sensi dell’art. 212, comma 8, del Dlgs. n. 152 del 2006, posto che si tratta di rifiuti prodotti nell’esercizio di un’attività economica, e pertanto le operazioni di raccolta e trasporto dei rifiuti sono parte integrante ed accessoria dell’organizzazione d’impresa, e secondo la definizione dei codici EER sono urbani non solo i rifiuti domestici, ma anche quelli a questi assimilabili prodotti da attività commerciali e industriali.

Si è costituita in giudizio l’Amministrazione proponendo una nuova e diversa motivazione a supporto della cancellazione dall’albo, affermando che:

– la Società ricorrente non può essere qualificata come produttore iniziale di rifiuti perché svolge un’attività di servizio incompatibile con la produzione di rifiuti urbani, posto che ai sensi dell’art. 184, lett. i), del Dlgs. 3 aprile 2006, n. 152, i rifiuti prodotti da un’attività di servizio sono sempre rifiuti speciali e non rifiuti urbani;

– nello stabilimento balneare i rifiuti sono prodotti dai clienti, soggetti terzi ai quali la Società offre un servizio di raccolta, e pertanto non può essa stessa essere qualificata come produttore iniziale dei rifiuti;

– alcuni dei rifiuti per i quali è stata ottenuta l’iscrizione, rientranti nei capitoli 15 (imballaggi) e 17 (rifiuti provenienti da attività di costruzione e demolizione) sono rifiuti speciali, in quanto tali incompatabili con l’attività di gestione delle spiagge.

Svolta tale integrazione della motivazione, l’Amministrazione ha quindi invocato l’applicabilità dell’art. 21 octies delle legge 7 agosto 1990, n. 241, la natura vincolata del diniego e gli orientamenti giurisprudenziali per i quali il giudizio amministrativo si caratterizza per essere ormai un giudizio sul rapporto, per affermare la legittimità dell’integrazione della motivazione.

Con ordinanza n. 413 del 2012, è stata accolta la domanda cautelare.

Alla pubblica udienza del 23 gennaio 2013, in prossimità della quale la parte ricorrente ha presentato una memoria di replica a sostegno delle proprie difese, la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. Il ricorso è fondato e deve essere accolto.

Va in primo luogo osservato che sono fondate le censure di difetto di motivazione rivolte nei confronti dell’atto del Presidente della Sezione regionale dell’albo nazionale dei gestori ambientali, che sulla base della deliberazione della Sezione regionale dell’albo ha disposto la cancellazione della ricorrente perché i codici per i quali è stata chiesta l’iscrizione non sono attinenti con l’attività svolta.

Infatti la parte ricorrente produce l’iscrizione al registro delle imprese dalla quale risulta un ampio oggetto sociale, comprendete la gestione in regime di concessione degli stabilimenti balneari, l’esercizio delle attività economico turistiche connesse, i servizi di pulizia dell’arenile con mezzi meccanici e manuali, e la realizzazione di opere edili insistenti negli stabilimenti balneari.

Risulta pertanto del tutto ingiustificata ed apodittica l’affermazione dell’incompatibilità dei codici per i quali è stata ottenuta precedentemente l’iscrizione, che riguardano gli imballaggi in materiali misti (15 01 06), i miscugli o scorie di cemento, mattoni, mattonelle e ceramiche (17 01 07), il legno (20 01 38), i rifiuti urbani non differenziati (20 03 01), i residui della pulizia stradale (20 03 03) e i rifiuti ingombranti (20 03 07).

Va peraltro constatato, come dedotto dalla ricorrente che a tal fine ha allegato copia del registro di carico e scarico dei rifiuti prodotti nell’anno 2009 e del modello unico di dichiarazione – capitolo rifiuti, che effettivamente è comprovato che nell’esercizio dell’attività sono stati prodotti rifiuti che rientrano nei codici sopra riportati.

Ne discende la fndatezza della censura di difetto di motivazione che comporta di per sé l’accoglimento del ricorso, in quanto, concordemente con la prevalente giurisprudenza, deve affermarsi l’inammissibilità dell’integrazione postuma della motivazione compiuta nelle difese dell’Amministrazione, in quanto la motivazione è un requisito non solo formale, ma anche sostanziale del provvedimento amministrativo, e per tale motivo la carenza di motivazione va esclusa dal campo di applicazione dell’art. 21 octies, della legge 7 agosto 1990, n. 241.

La motivazione infatti deve precedere e non seguire la formazione dell’atto amministrativo, è strumentale all’esercizio di difesa dell’interessato, ed è necessaria a delimitare il controllo giurisdizionale.

La difesa erariale, al fine di valorizzare la motivazione contenuta nella nota di trasmissione del Segretario della Sezione, si sofferma inoltre ad illustrare la tesi secondo la quale l’integrazione della motivazione in sede procedimentale è sempre ammissibile.

Tale assunto non può essere condiviso, in quanto l’integrazione della motivazione in sede procedimentale è possibile solo a condizione che sia svolta da parte dell’organo competente, mediante atti formali o mediante un successivo provvedimento di convalida (ex pluribus cfr. Tar Lombardia, Milano, Sez. IV, 21 novembre 2012, n. 2828; Tar Lazio, Roma, Sez. II, 7 maggio 2012, n. 4104; Tar Veneto, Sez. I, 11 marzo 2010, n. 768).

Nella fattispecie all’esame nessuna competenza in proposito può essere riconosciuta in capo al Segretario della Sezione, posto che ogni determinazione sul punto è demandata alla Sezione regionale dall’art. 212, comma 13, del Dlgs. 3 aprile 2006, n. 152.

2. Per completezza va soggiunto che tutti gli argomenti successivamente spesi prima dal Segretario della Sezione dell’albo nella nota di trasmissione del provvedimento di cancellazione, e quindi negli scritti difensivi dell’Amministrazione a sostegno della legittimità dei provvedimenti impugnati, non persuadono.

La nota del Segretario afferma che i rifiuti giacenti sulle spiagge devono essere definiti come rifiuti urbani ai sensi dell’art. 184, comma 2, lett. d), del Dlgs. 3 aprile 2006, n. 152, e che tale tipologia di rifiuti richiede inderogabilmente l’iscrizione in categoria 1 ai sensi dell’art. 212, comma 5, del Dlgs. citato, in regime ordinario.

Nelle proprie difese l’Amministrazione sostiene che la società ricorrente non può essere qualificata come produttrice iniziale di rifiuti urbani, perché i rifiuti prodotti nell’esercizio di attività economiche sono rifiuti speciali, e perché tali i rifiuti sono prodotti dai clienti, soggetti terzi, e non dalla Società ricorrente nell’esercizio dell’attività.

Questo ordine di idee non può essere condiviso.

L’art. 212, comma 8, del Dlgs. 3 aprile 2006, n. 152, dispone che “i produttori iniziali di rifiuti non pericolosi che effettuano operazioni di raccolta e trasporto dei propri rifiuti, nonché i produttori iniziali di rifiuti pericolosi che effettuano operazioni di raccolta e trasporto dei propri rifiuti pericolosi in quantità non eccedenti trenta chilogrammi o trenta litri al giorno, non sono soggetti alle disposizioni di cui ai commi 5, 6, e 7 a condizione che tali operazioni costituiscano parte integrante ed accessoria dell’organizzazione dell’impresa dalla quale i rifiuti sono prodotti”, e l’art. 183, comma 1, lett. f), definisce come produttore iniziale “il soggetto la cui attività produce rifiuti”.

Come affermato dall’Amministrazione finanziaria (cfr. le risoluzioni ministeriali n. 8/474 del 04 luglio /1989 e n. 147/E del 15 settembre 1998; sul punto cfr. anche Consiglio di Stato, Sez. V, 6 febbraio 1999, n. 122), seppure ai diversi fini dell’applicazione della tassa sui rifiuti ma con principi che appaiono idonei a definire anche la fattispecie in esame, gli arenili degli stabilimenti balneari (unitamente alle diverse attività che li compongono quali il bar interno, le cabine, le piattaforme, ecc. che non hanno rilevanza autonoma ed esterna), costituiscono aree scoperte ad uso privato idonee alla produzione di rifiuti in riferimento all’intero complesso, in quanto il rapporto di concessione demaniale ne determina l’uso privato, discriminandole dalle aree pubbliche di uso pubblico.

In attuazione di tale presupposto si può affermare che la definizione di cui all’art. 184, comma 2, lett. d), del Dlgs. 3 aprile 2006, n. 152, che riguarda invece le aree pubbliche e gli arenili liberi e di uso pubblico, è inapplicabile agli stabilimenti in concessione, con la conseguenza che tale norma non può fondatamente essere invocata per sostenere che la Società ricorrente non può essere qualificata come produttrice iniziale dei rifiuti derivanti dall’esercizio delle attività connesse alla gestione dello stabilimento balneare.

Inoltre va osservato che neppure la circostanza che tali rifiuti, proprio perché prodotti nell’esercizio di un’attività economica, in attuazione della previsione di cui all’art. 184, lett. i), del Dlgs. 3 aprile 2006, n. 152, debbano essere definiti come speciali, impedisce che soggiaciano al medesimo regime dei rifiuti urbani, in quanto, secondo la definizione dei codici EER, i rifiuti prodotti da attività commerciali sono assimilati a quelli urbani.

L’Amministrazione peraltro non oppone alcun argomento in base al quale le attività di raccolta e trasporto di rifiuti speciali assimilati agli urbani, o dei rifiuti urbani, non siano di per sé idonee a consentire, ove ne ricorrano i presupposti soggettivi ed oggettivi, l’iscrizione in forma semplificata.

In definitiva pertanto il ricorso deve essere accolto.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla i provvedimenti impugnati.

Condanna l’Amministrazione resistente alla rifusione delle spese di lite in favore della parte ricorrente, liquidandole in complessivi € 3000,00 (tremila//00) per spese, diritti ed onorari, oltre i.v.a. e c.p.a..

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Venezia nella camera di consiglio del giorno 23 gennaio 2013 con l’intervento dei magistrati:

Giuseppe Di Nunzio, Presidente
Riccardo Savoia, Consigliere
Stefano Mielli, Consigliere, Estensore

L’ESTENSORE

IL PRESIDENTE
        
        
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 08/03/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
 

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