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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Diritto urbanistico - edilizia Numero: 224 | Data di udienza: 21 Marzo 2013

DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Cessione di cubatura – Nozione – Effetti – Vincolo di asservimento – Costituzione – Possibilità edificatorie – Volumetria residua – Conseguimento di un permesso di costruire illegittimo attraverso la rappresentazione di presupposti di fatto insussistenti – Reato di truffa ai danni dell’amministrazione comunale – Presupposto del pregiudizio economico dell’ente pubblico territoriale.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: penale
Regione: Campania
Città: Salerno
Data di pubblicazione: 21 Marzo 2013
Numero: 224
Data di udienza: 21 Marzo 2013
Presidente: Mancini
Estensore:


Premassima

DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Cessione di cubatura – Nozione – Effetti – Vincolo di asservimento – Costituzione – Possibilità edificatorie – Volumetria residua – Conseguimento di un permesso di costruire illegittimo attraverso la rappresentazione di presupposti di fatto insussistenti – Reato di truffa ai danni dell’amministrazione comunale – Presupposto del pregiudizio economico dell’ente pubblico territoriale.



Massima

 

TRIBUNALE DI SALERNO, 21 marzo 2013, n. 224


DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Cessione di cubatura – Nozione – Effetti.

L’istituto del cd. asservimento di terreno per scopi edificatori (o cessione di cubatura) consiste in un accordo tra proprietari di aree contigue, aventi la medesima destinazione urbanistica, in forza del quale il proprietario di un’area “cede” una quota di cubatura edificabile sul suo fondo per permettere all’altro di disporre della minima estensione di terreno richiesta per l’edificazione, ovvero di realizzare una volumetria maggiore di quella consentita dalla superficie del fondo di sua proprietà. E’ circostanza indubbia in proposito che gli effetti che ne derivano hanno carattere definitivo ed irrevocabile, integrano una qualità oggettiva dei terreni e producono una minorazione permanente della loro utilizzazione da parte di chiunque ne sia il proprietario.

GUP Mancini – Imp.Provenza, Corvo  e Viviani (avv.ti Feleppa e Rago)

DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Vincolo di asservimento – Costituzione – Possibilità edificatorie – Volumetria residua.

Il “vincolo di asservimento” si costituisce per effetto del rilascio del permesso di costruire cui esso è orientato, senza oneri di forma pubblica o di trascrizione, ed incide definitivamente sulla disciplina urbanistica ed edilizia delle aree interessate (cfr. Cons. Stato sez. 5 n. 3637/2000; Cass. civ. n. 1352/96 e n. 9081/98; Cass. pen. sez. 3 n. 21177/09), derivandone l’impossibilità di assentire e di richiedere ulteriori ed eccedenti realizzazioni di volumi costruttivi sul fondo asservito, per la parte in cui esso è rimasto privo della potenzialità edificatoria già utilizzata dal titolare del fondo in favore del quale ha avuto luogo l’asservimento (così testualmente Cass. penale da ultimo citata). Le possibilità edificatorie sull’area asservita sono dunque definitivamente perdute, per il semplice fatto che di esse si è già irreversibilmente disposto. In altri termini, qualora una porzione di suolo sia stata in concreto utilizzata ai fini del computo della cubatura per l’edificazione di un manufatto edilizio, essa non può essere adoperata allo stesso scopo in futuro, neppure in caso di ulteriore frazionamento ed alienazione dell’area residua, altrimenti si consentirebbe al proprietario-frazionante che avesse già sfruttato la potenzialità edificatoria dell’area rimasta libera, di consentire ad un terzo, indebitamente, attraverso l’alienazione dell’area, un’ulteriore utilizzazione di quanto già da lui utilizzato. La possibilità di ulteriore edificazione è però configurabile quando la costruzione già realizzata non esaurisca la volumetria consentita dalla normativa vigente al momento dell’ulteriore richiesta di permesso di costruire (cfr. sul punto Cass. sez 4 n. 23230 del 22.4.2004).

GUP Mancini – Imp.Provenza, Corvo  e Viviani (avv.ti Feleppa e Rago)

DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Conseguimento di un permesso di costruire illegittimo attraverso la rappresentazione di presupposti di fatto insussistenti – Reato di truffa ai danni dell’amministrazione comunale – Presupposto del pregiudizio economico dell’ente pubblico territoriale.

Il conseguimento di un permesso di costruire illegittimo, attraverso la rappresentazione artificiosa di presupposti di fatto in realtà insussistenti, può senz’altro integrare il reato di truffa ai darmi dell’amministrazione comunale, sempre che però si evidenzi, in concreto, un pregiudizio economico dell’ente pubblico territoriale, che non può essere rappresentato dalla mera lesione di interessi collettivi all’ordinato assetto urbanistico del territorio, ma può consistere, ad esempio, nell’apprestamento di opere di urbanizzazione eventualmente rese necessarie dal permanere della costruzione abusiva, ovvero nel dispendio dei mezzi occorrenti per il ripristino dello stato dei luoghi o comunque per l’attività di autotutela necessaria a rimuovere il provvedimento oggettivamente illegittimo e i suoi effetti (cfr. Cass. sez. 2 n. 2529/97 e n. 7259/00).

GUP Mancini – Imp.Provenza, Corvo  e Viviani (avv.ti Feleppa e Rago)


Allegato


Titolo Completo

TRIBUNALE DI SALERNO, Sez. penale, 21 marzo 2013, n. 224

SENTENZA

 

TRIBUNALE DI SALERNO, 21 marzo 2013, n. 224

 

TRIBUNALE DI SALERNO
SETTORE PENALE
Sezione GIP-GUP


Reg. G.I.P. 1317/11
R.G.N.R. 11601/10
Reg. Sentenze 224/13

TRIBUNALE DI SALERNO
SEZIONE GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Giudice dell’Udienza Preliminare, Dott.ssa Donatella Mancini
Con l’intervento del Pubblico Ministero rappresentato dalla Dott.ssa Katia Cardillo, all’udienza del 21.3.2013 ha pronunciato e pubblicato mediante lettura del dispositivo la seguente

SENTENZA
CON MOTIVAZIONE CONTESTUALE

Nei confronti di:
PROVENZA Salvatore, nato a Battipaglia il 28.11.1949 ivi res. alla via Zagabria, 3; libero, assente;
difeso di fiducia dall’avv. Antonio Feleppa, del foro di Salerno;
CORVO Carmela, nata a Battipaglia il 21.8.1954 ivi res. alla via Zagabria, 3; libera, contumace;
difesa di fiducia dagli avv. Antonio Feleppa e Pasquale Rago, del foro di Salerno;
VIVIANI Giampaolo, nato a Campagna il 22.1.1973 ivi res. alla via SS. 91 Calli, 121; libero, contumace;
difeso di fiducia dall’avv. Antonio Feleppa, del foro di Salerno;

IMPUTATI

PROVENZA e CORVO
A) del delitto p. e p. dagli arti. 61 n. 2, 110, 483 e 640 comma 2 c.p. perché in concorso tra loro ed al fine di commettere il reato
di cui al successivo capo B), in qualità di comproprietari del fondo agricolo sito in Battipaglia, loc. Serroni Alto, registrato al catasto terreni al foglio n. 26, particella n. 1061, mediante artifici e raggiri consistiti nell’allegare all’istanza di rilascio del permesso a costruire prot. N. 59461 depositata il 12.9.2007 presso il Comune di Battipaglia una falsa attestazione in cui dichiaravano che il lotto interessato dai lavori non risulta essere stato asservito ad altre costruzioni (circostanza non conforme al vero atteso che la particella n. 1061 derivava dal frazionamento della particella n. 16, già asservita ai fini della realizzazione dell’immobile, oggetto della concessione prot. N. 2549 del 24.2.1983), inducendo in tal modo in errore personale dell’AUT del Comune di Battipaglia, in ordine alla veridicità di tale circostanza e quindi in ordine alla disponibilità della cubatura necessaria per la realizzazione dell’immobile, si procuravano un ingiusto profitto consistito nel rilascio del permesso di costruire n. 98/07 per un fabbricato rurale e nella possibilità di realizzare la descritta opera, con corrispondente danno per l’amministrazione del Comune di Battipaglia e per il regolare assetto urbanistico dell’ente territoriale.
Fatto commesso in Battipaglia, in data 27.9.2007.
PROVENZA, CORVO e VIVIANI
B) del reato di cui agli artt. 110 c.p. e 44 lett. b) D.P.R. 380/01, perché in concorso tra loro PROVENZA in qualità di comproprietario del fondo agricolo e di direttore dei lavori, CORVO in qualità di comproprietaria del predetto fondo, VIVIANI in qualità di L.R. della “Eurocostruzioni di Viviani Giampaolo”, ditta esecutrice dei lavori, iniziavano in sostanziale assenza del permesso di costruire — attesa l’illiceità del titolo abilitativo n. 98/07 — i lavori per l’edificazione di un fabbricato rurale su terreno registrato al foglio n. 26, particella n. 1061 del Comune dí Battipaglia, nonché in totale difformità dal progetto assentito in quanto operavano, nella realizzazione del piano seminterrato:
– una traslazione della struttura di circa 40 gradi, determinandone una maggiore lunghezza, pari a circa 6 metri ed una maggiore larghezza, di dimensioni variabili, da 1,50 circa a 4,5 metri, con contestuale rotazione della rampa carrabile, della scala esterna e della scala d’ingresso;
– un ampliamento al piano interrato della intercapedine continua che separa la costruzione dal terreno circostante, in tal modo determinando una riduzione della superficie utile del predetto interrato e, correlativamente, un ampliamento delle dimensioni del corpo di fabbrica.
B1) del reato di cui agli artt. 110 c.p. e 64 e 71 D.P.R. 380/01, per avere, in concorso tra loro, commesso le opere di cui al capo A) senza la previa redazione di un progetto e senza la direzione di un tecnico abilitato ed iscritto nel relativo albo nei limiti delle rispettive competenze;
C)del reato di cui agli artt. 110 c.p. e 65 e 72 D.P.R. 380/01, per avere, in concorso tra loro, iniziato la costruzione delle opere di cui al capo A) senza averne fatta previa denuncia allo Sportello Unico;
D)del reato di cui agli artt. 110 c.p. e 93 e 95 D.P.R. 380/01, per avere, in concorso tra loro, eseguito i lavori indicati al capo A) in zona sismica senza darne preavviso scritto allo Sportello Unico, omettendo il contestuale deposito dei progetti presso quest’ultimo Ufficio ed omettendo di attenersi ai criteri tecnico-descrittivi per le zone sismiche. Fatto accertato in Battipaglia, in data 8.9.2010

MOTIVAZIONE CONTESTUALE

Si procede nei confronti di Provenza Salvatore, Corvo Carmela e Viviani Giampaolo, chiamati a rispondere dei reati loro rispettivamente ascritti in epigrafe, a seguito di richiesta di rinvio a giudizio formulata dal P.M-sede in data 28.6.2012.
Tutti gli imputati hanno avanzato una rituale richiesta di rito abbreviato, sicché, ammesso il rito, all’udienza odierna sono state raccolte le conclusioni delle parti e si è deciso come da dispositivo.


* * *

Provenza e Corvo sono innanzitutto chiamati a rispondere, in concorso tra loro, nella qualità di comproprietari committenti, dei reati di cui agli artt. 483 e 640 cpv. c.p. (capo A), avuto riguardo alla richiesta di permesso di costruire, presentata in data 12.9.2007, per la realizzazione di un fabbricato rurale in località Serroni Alto di Battipaglia, cui faceva seguito il rilascio del titolo autorizzatorio n. 98/07.
Secondo la prospettazione accusatoria, l’attestazione allegata all’istanza – nella quale i richiedenti dichiaravano che il lotto sul quale doveva essere realizzato il fabbricato (registrato in catasto al foglio n. 26, particella 1061) non risultava essere asservito ad altre costruzioni — sarebbe da reputarsi ideologicamente falsa, e tale da integrare il reato ex art. 483 c.p., posto che la particella in parola derivava dal frazionamento di altra particella catastale, la n. 16, già asservita per la realizzazione di un immobile assentito con una precedente concessione edilizia.
La allegazione di detta falsa attestazione alla richiesta di permesso di costruire è poi reputata condotta artificiosa e fraudolenta, finalizzata alla consumazione del reato di truffa in danno dell’Amministrazione Comunale, che indotta in errore dai richiedenti in ordine alla disponibilità della cubatura necessaria per la realizzazione dell’immobile, rilasciava il richiesto permesso di costruire n. 98/07, nel quale si sostanzierebbe l’ingiusto profitto dei committenti, con correlativo danno per il Comune e per il regolare assetto urbanistico dell’ente.
Infine, agli stessi imputati Provenza e Corvo, nonché al Viviani, legale rappresentante della ditta esecutrice dei lavori, è contestato il reato di abuso edilizio (con le collaterali violazioni in materia di conglomerato cementizio e zona sismica), per aver intrapreso lavori di edificazione del fabbricato rurale, abusivi in quanto assentiti in forza di titolo illecito e come tale inesistente, e per di più in totale difformità dal progetto, nella parte relativa alla realizzazione del piano seminterrato (difformità consistita nella traslazione della struttura di circa 40 gradi, con maggiore lunghezza e larghezza, e contestuale rotazione della rampa carrabile e delle scale esterna e d’ingresso, nonché nell’ampliamento dell’intercapedine continua che separa la costruzione dal terreno circostante, con conseguente riduzione della superficie utile del piano interrato e correlato ampliamento delle _ dimensioni del corpo di fabbrica (capi B, B1, C, D).

***

L’accusa si fonda sugli esiti della consulenza tecnica del P.M., affidata all’arch. Silvia Napoli, che a seguito di sopralluogo eseguito in data 9.12.2010 presso l’immobile in corso di realizzazione, accertava innanzitutto che le opere realizzate fino a quella data, e consistenti nella sola edificazione del piano interrato dell’immobile, presentavano una serie di difformità rispetto al progetto assentito, dettagliatamente elencate nella relazione di consulenza tecnica e trasfuse nel capo di imputazione sub B).
Lo stesso C.T. accertava poi, attraverso l’esame della documentazione acquisita presso l’Agenzia del Territorio di Salerno, ed in particolare attraverso la visura storica dell’immobile:
a)    che la particella catastale di 6000 m.q. sulla quale era in via di realizzazione il fabbricato rurale (la n. 1061), acquistata dai coniugi Provenza e Corvo con atto di compravendita del 30.4.1996, derivava dal frazionamento della particella n. 16 di 12.040 m.q., eseguito in data 4.3.1993 dai precedenti proprietari, Morretta Caterina e Pepe Ezio;
b)    che questi ultimi avevano realizzato, sulla particella n. 122, con essa confinante, un fabbricato rurale assentito con concessione edilizia n. 788/77 e concessione in variante n. 2549/83, per la cui edificazione era stata utilizzata una superficie totale di 23.490 m.q., costituita sia dalla particella 122 (a sua volta frazionata), sia dall’ex particella n. 16;
c)    che pertanto, la particella n. 1061, scaturita dal frazionamento della particella n. 16, ed acquistata dagli odierni imputati, non poteva essere utilizzata per la costruzione del nuovo fabbricato, essendo già stata asservita alla particella ex 122 per la realizzazione dell’immobile dei precedenti proprietari; e ciò in quanto con l’asservimento, le aree asservite perdono in tutto o in parte, ma definitivamente, la loro attitudine edificatoria, in favore della particella di progetto;
d)    che conseguentemente doveva reputarsi oggettivamente falsa la dichiarazione dei coniugi Provenza e Corvo, presentata in data 12.9.2007 ed allegata all’istanza di permesso di costruire, con la quale i predetti attestavano che il lotto agricolo non risultava essere stato asservito ad altre costruzioni;
e)    che infine anche il permesso di costruire n. 98/07 rilasciato ai coniugi Provenza doveva ritenersi illegittimo, in quanto per la realizzazione del fabbricato che esso assentiva era stata utilizzata una particella che non poteva essere impiegata a questo scopo.
 A confutazione delle conclusioni dell’arch. Napoli, gli odierni imputati hanno addotto in primo luogo la relazione di consulenza tecnica di parte redatta dall’arch. Bruno di Cunzoli, che ha invece sostenuto la correttezza delle procedure seguite dagli imputati.
Secondo quanto evidenziato dall’arch. Di Cunzoli, infatti, la L.R. n. 14/82 ha introdotto per la prima volta la carta degli asservimenti in zona agricola, disponendo al punto 1.8 che tutte le aree la cui cubatura è stata utilizzata a fini edificatori restano vincolate alla inedifìcabilità e sono evidenziate su mappe catastali tenute in pubblica visione, ma il Comune di Battipaglia non ha mai registrato l’asservimento, rendendolo visibile ai privati.
Né l’asservimento risulta menzionato nel certificato di destinazione urbanistica rilasciato dal Comune di Battipaglia in data 19.10.1995 ed allegato all’atto di compravendita, sicché eventuali 1, condotte illecite non potrebbero giammai imputarsi agli acquirenti del lotto agricolo, che non potevano conoscerei vincoli gravanti sul lotto medesimo.
E la riprova è che lo stesso C.T. del P.M., per verificare eventuali asservimenti, ha dovuto richiedere la collaborazione degli organi comunali, al fine di visionare i precedenti titoli rilasciati ai venditori, da cui emergesse detto asservimento.

***

Va infine dato conto di ulteriori documenti che sono stati allegati a istanze e memorie difensive durante la fase investigativa e quindi acquisiti al fascicolo processuale:
a)    il permesso di costruire in sanatoria n. 121 del 6.7.2011 rilasciato agli imputati Provenza e Corvo, con il quale sono state sanate le difformità riscontrate dall’arch. Napoli tra il realizzato e l’ assentito;
b)    un ulteriore permesso di costruire — il n. 231 dell’8.11.2012 — rilasciato ai predetti imputati ed avente ad oggetto il cambio di destinazione d’uso dell’immobile ai sensi dell’art. 6 bis L.R. 19/2009;
e) un atto di asservimento redatto in data 22.7.2003 dal notaio Claudia Petraglia, delle particelle 307 e 282 di proprietà di tal Provenza Emiddio, a quella n. 1061 degli attuali imputati, finalizzato al raggiungimento dell’indice di edificabilità per la realizzazione del fabbricato inquisito;
d) la segnalazione di ultimazione dei lavori, trasmessa all’UTC di Battipaglia e da esso ricevuta in data 22.3.1986, con cui Pepe Ezio, titolare della variante n. 2549/83 — per la quale era stato effettuato l’asservimento della particella 1061 alla n. 122 — comunicava all’Ufficio comunale di Battipaglia di aver ultimato in data 20.2.1986 una parte dei lavori di cui alla citata variante (e precisamente le terrazze coperte al primo piano della residenza) e che non intendeva, per sopravvenute difficoltà economiche, ultimare le altre opere di cui ai progetti presentati.


***

Così sintetizzati gli elementi disponibili per la decisione, al fine di stabilire se gli odierni imputati abbiano o meno prodotto al Comune di Battipaglia una dichiarazione di non asservimento ad altre costruzioni, riferita alla particella 1061, oggettivamente e soggettivamente falsa; se per effetto di detta attestazione, abbiano o meno indotto in errore l’Amministrazione Comunale in ordine al rilascio del permesso di costruire n. 98/07, così consumando una truffa in danno dell’Ente pubblico; e se abbiano o meno intrapreso, in concorso con il legale rappresentante della ditta esecutrice, lavori edili abusivi, perché assentiti in forza di permesso di costruire illecito e dunque inesistente, occorre preliminarmente delineare i tratti tipici dell’istituto del cd. asservimento di terreno per scopi edificatori (o cessione di cubatura).
Per pacifica interpretazione giurisprudenziale detto istituto consiste in un accordo tra proprietari di aree contigue, aventi la medesima destinazione urbanistica, in forza del quale il proprietario di un’area “cede” una quota di cubatura edificabile sul suo fondo per permettere all’altro di disporre della minima estensione di terreno richiesta per l’edificazione, ovvero di realizzare una volumetria maggiore di quella consentita dalla superficie del fondo di sua proprietà.
E’ circostanza indubbia in proposito che gli effetti che ne derivano hanno carattere definitivo ed irrevocabile, integrano una qualità oggettiva dei terreni e producono una minorazione permanente della loro utilizzazione da parte di chiunque ne sia il proprietario.
Secondo la prevalente giurisprudenza amministrativa, civile e penale, il “vincolo di asservimento” si costituisce per effetto del rilascio del permesso di costruire cui esso è orientato, senza oneri di forma pubblica o di trascrizione, ed incide definitivamente sulla disciplina urbanistica ed edilizia delle aree interessate (cfr. Cons. Stato sez. 5 n. 3637/2000; Cass. civ. n. 1352/96 e n. 9081/98; Cass. pen. sez. 3 n. 21177/09), derivandone l’impossibilità di assentire e di richiedere ulteriori ed eccedenti realizzazioni di volumi costruttivi sul fondo asservito, per la parte in cui esso è rimasto privo della potenzialità edificatoria già utilizzata dal titolare del fondo in favore del quale ha avuto luogo l’asservimento (così testualmente Cass. penale da ultimo citata).
Le possibilità edificatorie sull’area asservita sono dunque definitivamente perdute, per il semplice fatto che di esse si è già irreversibilmente disposto.
In altri termini, qualora una porzione di suolo sia stata in concreto utilizzata ai fini del computo della cubatura per l’edificazione di un manufatto edilizio, essa non può essere adoperata allo stesso scopo in futuro, neppure in caso di ulteriore frazionamento ed alienazione dell’area residua, altrimenti si consentirebbe al proprietario-frazionante che avesse già sfruttato la potenzialità edificatoria dell’area rimasta libera, di consentire ad un terzo, indebitamente, attraverso l’alienazione dell’area, un’ulteriore utilizzazione di quanto già da lui utilizzato.
La stessa giurisprudenza ha tuttavia evidenziato che la possibilità di ulteriore edificazione è però configurabile quando la costruzione già realizzata non esaurisca la volumetria consentita dalla normativa vigente al momento dell’ulteriore richiesta di permesso di costruire (cfr. sul punto Cass. sez 4 n. 23230 del 22.4.2004).
Orbene, venendo al caso di specie, è dato pacifico che l’asservimento dell’ex particella n. 16 alla n. 122 era stato effettuato dai precedenti proprietari di entrambi i lotti per ottenere la variante n. 2549/83.
Altrettanto pacifico è che a detto asservimento non era stata data alcune forma di pubblicità poiché di esso non vi era traccia né nell’atto di compravendita del lotto di cui alla particella 1061, derivante dal frazionamento della particella n. 16, né nel certificato di destinazione urbanistica, tant’è che il C.T. del P.M. ha dedotto l’esistenza del vincolo sulla scorta della visura storica dell’immobile realizzato dagli alienanti Morretta e Pepe, richiesta agli uffici comunali di Battipaglia.
Non può dunque escludersi, con sufficiente grado di certezza, che gli attuali imputati Provenza e Corvo, nell’acquistare la particella n. 1061 da coloro che l’avevano asservita alla particella ex 122, fossero ignari dell’esistenza del vincolo su di essa gravante, e quindi, fossero inconsapevoli della falsità dell’attestazione che allegavano alla richiesta di permesso di costruire circa il fatto che il lotto interessato dai lavori non risultava essere stato asservito ad altre costruzioni.
Si aggiunga a ciò che dalla documentazione allegata al fascicolo processuale risulta chiaro che i precedenti proprietari della particella n. 16 (dal cui frazionamento era derivata la particella n. 1061 poi venduta agli imputati) asservita alla particella n. 122, per la realizzazione del fabbricato rurale di cui alla variante n. 2549/83, non avevano utilizzato tutta l’area a loro disposizione, ma soltanto una parte, vale a dire quella necessaria per la realizzazione delle terrazze coperte al primo piano della residenza, e non avevano intenzione di ultimare le opere di cui ai progetti assentiti, secondo quanto si evince dalla segnalazione di ultimazione dei lavori, trasmessa da Pepe Ezio all’UTC di Battipaglia e da quest’ultimo ricevuta in data 22.3.1986.
Trattasi di circostanza rilevante ai fini che qui interessano sulla quale però è mancato un adeguato approfondimento istruttorio.
E’ infatti probabile, pure in difetto di specifico accertamento investigativo, che la particella n. 1061, derivata dal frazionamento della particella n. 16, benché asservita e poi venduta ai coniugi Provenza, di fatto non fosse stata utilizzata per la edificazione del fabbricato rurale dei precedenti proprietari.
 Ma se cosi fosse, a mente della giurisprudenza succitata, se ne deve desumere che essa poteva essere legittimamente utilizzata per l’edificazione di un ulteriore fabbricato — quello di cui al permesso di costruire n. 98107 rilasciato agli imputati — proprio perché il manufatto preesistente non aveva esaurito tutta la superficie a disposizione, ma ne aveva sfruttato solo una parte, e dunque residuava una superficie non utilizzata da impiegare per l’ulteriore edificazione.
Tanto più che nelle more era intervenuto un ulteriore atto di asservimento per notar Petraglia, che contribuiva ad incrementare la superficie a disposizione per la realizzazione del nuovo fabbricato.
In tale contesto argomentativo, qualora si volesse ritenere dimostrato che i committenti, ed in particolare il Provenza — che era anche direttore e tecnico progettista, e come tale dotato di adeguate competenze tecniche — avessero reso la falsa attestazione allegata alla richiesta di permesso a costruire nella consapevolezza di detta falsità, ci si troverebbe in presenza di un falso innocuo, in quanto inidoneo ad influire sul rilascio del richiesto permesso di costruire, che sarebbe stato in ogni caso consentito, posto che ai fini dell’edificazione del fabbricato preesistente non era stato utilizzato l’asservimento della particella 1061 all’ex particella 122.
In conclusione anche sotto tale profilo va confermata l’assoluzione dei predetti dal reato ex art. 483 c.p. perché il fatto non costituisce reato.
E’ conseguentemente da escludere, a carico dei giudicabili, anche il contestato reato di truffa in danno del Comune, mancando nella specie quella condotta artificiosa e fraudolenta necessaria all’integrazione della fattispecie penale.
Sul punto va però anche considerato che secondo un ormai consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, in linea astratta, il conseguimento di un permesso di costruire illegittimo, attraverso la rappresentazione artificiosa di presupposti di fatto in realtà insussistenti, può senz’altro integrare il reato di truffa ai darmi dell’amministrazione comunale, sempre che però si evidenzi, in concreto, un pregiudizio economico dell’ente pubblico territoriale, che non può essere rappresentato dalla mera lesione di interessi collettivi all’ordinato assetto urbanistico del territorio, ma può consistere, ad esempio, nell’apprestamento di opere di urbanizzazione eventualmente rese necessarie dal permanere della costruzione abusiva, ovvero nel dispendio dei mezzi occorrenti per il ripristino dello stato dei luoghi o comunque per l’attività di autotutela necessaria a rimuovere il provvedimento oggettivamente illegittimo e i suoi effetti (cfr. Cass. sez. 2 n. 2529/97 e n. 7259/00).
Orbene, con riferimento al caso in esame non si può fare a meno di evidenziare come il P.M. abbia contestato l’illecito solo attraverso la descrizione della condotta asseritamente fraudolenta, e della finalità perseguita dai correi (il rilascio del permesso illegittimo), omettendo qualsivoglia indicazione in merito al danno sofferto dall’Amministrazione dalla consumazione del reato, e così sostanzialmente individuando il pregiudizio economico dell’ente nel fatto stesso dell’emanazione del provvedimento illegittimo, in termini evidentemente incompatibili con l’indicato orientamento giurisprudenziale, che nel richiedere l’individuazione di un danno concreto derivante dal rilascio del permesso, esclude che questo possa essere rappresentato dalla semplice adozione dell’atto, o dalla violazione del regolare assetto urbanistico del territorio.
Anche sotto tale profilo dunque non sussiste il reato di truffa oggetto di addebito al capo A), in ordine al quale gli imputati cui l’illecito è contestato debbono essere mandati assolti con la relativa formula.
Alla medesima conclusione occorre infine pervenire anche con riguardo all’imputazione di abuso edilizio di cui al capo B), nella parte relativa alla presunta edificazione dei lavori in forza di 4 provvedimento illecito e come tale inesistente.
Qualora si dovesse ritenere che i committenti avevano diritto ad ottenere il richiesto permesso di costruire, non avendo i precedenti proprietari dei lotti asserviti sfruttato tutta l’area a disposizione per la realizzazione del loro fabbricato, circostanza questa non sufficientemente indagata, ne deriverebbe l’impossibilità di qualificare come illegittimo ed a maggior ragione illecito il titolo abilitativo inquisito.
In altri termini, le carenze investigative sul punto, e dunque il difetto di prova sulla illiceità del permesso di costruire rilasciato agli imputati, non consentono di qualificare come inesistente il titolo abilitatorio, donde l’infondatezza dell’addebito sub B).
Quanto agli ulteriori reati, è ovviamente insussistente l’illecito sub C), essendo pacificamente acquisita agli atti del procedimento la qualità di progettista e direttore dei lavori del Provenza. Nessuna prova infine è stata fornita dall’Accusa in ordine alle contestate violazioni in materia di normativa antisismica e di conglomerato cementizio.
Quanto infine alla ravvisata totale difformità tra le opere eseguite e quelle assentite, occorre prendere atto dell’intervenuto rilascio del permesso di costruire in sanatoria, n. 121/11, che determina ai sensi degli artt. 36 e 45 comma 3 D.P.R. 380/01, l’estinzione del reato di abuso edilizio.
Seguono il dissequestro e la restituzione agli aventi diritto dell’opera edile in giudiziale sequestro.

P.Q.M.

Visti gli artt. 438, 530, 531 c.p.p.,
assolve Provenza Salvatore, Corvo Carmela e Viviani Giampaolo dai reati loro rispettivamente ascritti ai capi A), B) — limitatamente all’accusa di aver iniziato lavori edili in assenza del permesso di costruire — B1), C) e D) perché il fatto non costituisce reato in relazione al delitto ex art. 483 c.p., e perché il fatto non sussiste quanto ai rimanenti illeciti;
dichiara estinto per intervenuto rilascio di permesso in sanatoria il reato al capo B) nella parte relativa alla realizzazione di opere in totale difformità dal progetto assentito.
Ordina il dissequestro e la restituzione agli aventi diritto dell’opera edile in giudiziale sequestro.

Salerno, 21.3.2013   

 

Il Giudice
(dr.ssa Donatella Mancini)

TRIBUNALE DI SALERNO   
DEPOSITATA IN UDIENZA
DATA 21 MARZO 2013
IL CANCELLIERE
 

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