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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Diritto urbanistico - edilizia Numero: 410 | Data di udienza: 21 Marzo 2013

* DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Nozione di rudere – Interventi di ripristino di edifici diruti – Restauro o risanamento conservativo – Esclusione.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 1^
Regione: Piemonte
Città: Torino
Data di pubblicazione: 4 Aprile 2013
Numero: 410
Data di udienza: 21 Marzo 2013
Presidente: Balucani
Estensore: Pescatore


Premassima

* DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Nozione di rudere – Interventi di ripristino di edifici diruti – Restauro o risanamento conservativo – Esclusione.



Massima

 

TAR PIEMONTE, Sez. 1^ – 4 aprile 2013, n. 410


DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Nozione di rudere – Interventi di ripristino di edifici diruti – Restauro o risanamento conservativo – Esclusione.

Il concetto di “rudere” si identifica in un manufatto “costituito da alcune rimanenze di mura perimetrali” (T.A.R. Veneto, Sez. II, 5 giugno 2008, n. 1667) ovvero in un immobile in cui sia “presente solo parte della muratura perimetrale, vi è assenza di copertura e di strutture orizzontali ” (T.A.R. Salerno, Sez. II, 26 settembre 2007, n. 1927). Quanto agli interventi di ripristino di edifici diruti, la giurisprudenza precisa la relativa nozione riportandola agli organismi edilizi dotati di sole mura perimetrali e privi di copertura (T.A.R. Napoli, sezione IV, 14 dicembre 2006 n. 10553) e, correttamente, nega che essi possano essere classificati come restauro e risanamento conservativo (T.A.R. Napoli, sez. VIII, 04 marzo 2010, n. 1286 e sez. VI, 9 novembre 2009 n. 7049; T.A.R. Latina, 15 luglio 2009, n. 700), integrando gli interventi in questione un’attività di nuova costruzione, in mancanza di elementi sufficienti a testimoniare le dimensioni e le caratteristiche dell’edificio da recuperare (T.A.R. Napoli, 9 novembre 2009 n. 7049; Cons. St., Sez. VI, 15 settembre 2006 n. 5375).


Pres. Balucani, Est. Pescatore – G.F. e altro (avv. Ingrassia) c. Comune di Mompantero (avv. Martino)


Allegato


Titolo Completo

TAR PIEMONTE, Sez. 1^ - 4 aprile 2013, n. 410

SENTENZA

 

TAR PIEMONTE, Sez. 1^ – 4 aprile 2013, n. 410

N. 00410/2013 REG.PROV.COLL.
N. 01306/2009 REG.RIC.


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1306 del 2009, proposto da:
Giovanni Furlan e Ileana Bruno, rappresentati e difesi dall’avv. Maria Clotilde Ingrassia, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Torino, via Palmieri, 34 Bis;


contro

Comune di Mompantero, rappresentato e difeso dall’avv. Giovanni Martino, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Torino, via Stefano Clemente, 22; Responsabile dell’Area Tecnica del Comune di Mompantero (To);

per l’annullamento

del provvedimento di diniego della domanda presentata in data 5.5.2009, nella parte in cui viene respinta la richiesta di autorizzazione per il restauro ed il risanamento conservativo di una baita sita in Località Perriere, Foglio 29 n. 490, a firma del Geom. Giuseppe Bo, nella sua qualità di Responsabile Area Tecnica del Comune di Mompantero (TO), datato 24.8.2009 e notificato ai ricorrenti l’8.9.2009;

nonché per l’annullamento

degli atti tutti antecedenti, preordinati, consequenziali e comunque connessi del relativo procedimento; e per ogni ulteriore consequenziale statuizione

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Comune di Mompantero;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 21 marzo 2013 il dott. Giovanni Pescatore e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1) I ricorrenti sono proprietari di alcune baite site nel Comune di Mompantero, Località Perriere.

In data 5 maggio 2009, hanno rivolto al Comune di Mompantero richiesta per l’autorizzazione di interventi di ristrutturazione edilizia e di risanamento conservativo di due baite, distinte in Catasto al Foglio n. 29, nn. 489-490.

L’istanza è stata accolta limitatamente al corpo di fabbrica n. 489.

Avverso il diniego relativo al fabbricato n. 490 è stato radicato il presente giudizio, pervenuto a decisione, a seguito della costituzione della parte resistente, all’udienza del 21 marzo 2013.

2) Con il primo motivo di censura i ricorrenti lamentano la violazione dell’art. 3 della L. 241/90, nonché l’eccesso di potere per erronea valutazione dei fatti e dei presupposti, illogicità, contraddittorietà, ingiustizia grave e manifesta.

Sostengono che il provvedimento oggetto di impugnazione, quand’anche interpretabile come motivato per relationem al parere della Commissione Igienico Edilizia Comunale, non consentirebbe la concreta individuazione degli elementi di fatto e di diritto, e quindi dell’iter logico-giuridico posto a base del diniego.

3) La censura non è accoglibile.

Per pacifico indirizzo interpretativo, l’obbligo di motivazione può dirsi soddisfatto anche per relationem, purché l’atto al quale viene fatto riferimento sia indicato e reso disponibile agli interessati, quand’anche non incorporato nel provvedimento del quale integra la motivazione.

Sotto il profilo in esame, non si ravvisano carenze nell’atto impugnato.

Nei suoi contenuti, inoltre, la motivazione del diniego impugnato reca una diffusa esposizione delle ragioni che impediscono il rilascio del titolo abilitativo richiesto, tale da rendere il provvedimento pienamente conforme al canone normativo di cui all’art. 3 L. 241/1990.

Vi si legge, infatti, che la qualificazione dell’intervento come “restauro e risanamento conservativo” é errata, trattandosi invece di “nuova costruzione”, e ciò in quanto nell’intervento si prevedono nuovi orizzontamenti, nonché alterazioni volumetriche, planimetriche e di sagoma, che … sono escluse in sede di “restauro e risanamento conservativo”. La motivazione aggiunge, inoltre, che “la definizione di “nuova costruzione” recata dalle norme di P.R.G.C. comprende anche la ricostruzione e la sopraelevazione di immobili e che le condizioni concrete dell’edificio di cui al mapp. 490 lo qualificano come “rudere”, e secondo la giurisprudenza l’intervento avente ad oggetto un “rudere” costituisce “nuova costruzione”.

Per motivare tale conclusione, si dà conto delle risultanze del sopralluogo condotto dai tecnici del Comune, nel corso del quale si è potuto constatare “la mancanza di orizzontamenti, di parti murarie deteriorate, l’assenza totale di copertura, la crescita sulle murature perimetrali ed internamente di vegetazione”. Il manufatto è in condizioni tali da non ne renderne “più individuabili con certezza la (originaria) volumetria e la sagoma”.

Il diniego impugnato risulta quindi adeguatamente motivato, avendo fornito elementi in fatto (sulle caratteristiche dell’intervento in progetto) e in diritto (sulla differenza tra le nozioni di “nuova costruzione” e di “restauro o risanamento conservativo”) idonei a disvelare l’iter logico e procedimentale di inquadramento della fattispecie nell’ipotesi astratta considerata dalla legge (cfr. ex multis Cons. St. Sez. IV, 18 febbraio 2010 n. 944).

4) Con il secondo motivo i ricorrenti lamentano la violazione dell’art. 4 della L.R. 9/2003, nonché, nuovamente, l’eccesso di potere per erronea valutazione dei fatti e dei presupposti, illogicità, contraddittorietà, ingiustizia grave e manifesta.

Contestano che l’intervento in oggetto possa essere qualificato come nuova costruzione, in quanto lo stesso non comporterebbe alcun aumento della superficie, della volumetria e della sagoma originaria.

5) I rilievi attingono il punto centrale dell’iter logico del provvedimento impugnato e implicitamente smentiscono l’asserita oscurità del suo apparto motivazionale, in realtà ben individuato dai ricorrenti.

Si è già detto della condizione di estrema fatiscenza del fabbricato diroccato, riscontrata in sede di sopralluogo e avvalorata dalla documentazione fotografica versata in atti (cfr. doc. 3, 8 e 9 fasc. resist): il rudere si presenta privo di copertura, di orizzontamenti e di strutture murarie definite, oltre che in condizioni generali che non consentono di definirne la consistenza originaria.

Orbene, la giurisprudenza è ferma nel riconoscere i caratteri di “rudere” in un manufatto “costituito da alcune rimanenze di mura perimetrali” (T.A.R. Veneto, Sez. II, 5 giugno 2008, n. 1667) ovvero in un immobile in cui sia “presente solo parte della muratura perimetrale, vi è assenza di copertura e di strutture orizzontali ” (T.A.R. Salerno, Sez. II, 26 settembre 2007, n. 1927).

Quanto agli interventi di ripristino di edifici diruti, la giurisprudenza precisa la relativa nozione riportandola agli organismi edilizi dotati di sole mura perimetrali e privi di copertura (T.A.R. Napoli, sezione IV, 14 dicembre 2006 n. 10553) e, correttamente, nega che essi possano essere classificati come restauro e risanamento conservativo (T.A.R. Napoli, sez. VIII, 04 marzo 2010, n. 1286 e sez. VI, 9 novembre 2009 n. 7049; T.A.R. Latina, 15 luglio 2009, n. 700).

Essa pone, inoltre, una condivisibile distinzione tra le ipotesi in cui esista un organismo edilizio dotato di mura perimetrali, strutture orizzontali e copertura in stato di conservazione tale da consentire la sua fedele ricostruzione, nel quale caso è possibile parlare di demolizione e fedele ricostruzione, e dunque di ristrutturazione (o risanamento); e le ipotesi in cui, invece, manchino elementi sufficienti a testimoniare le dimensioni e le caratteristiche dell’edificio da recuperare, configurandosi in quest’evenienza, invero, un intervento di nuova costruzione (T.A.R. Napoli, Sez. VIII, 4 marzo 2010, n. 1286; T.A.R. Veneto sez. II, 05 giugno 2008, n. 1667), per l’assenza degli elementi strutturali dell’edificio, in modo tale che, seppur non necessariamente “abitato” o “abitabile”, esso possa essere comunque individuato nei suoi connotati essenziali (Cons. St,, sez. V, 10 febbraio 2004, n. 475).

In ipotesi siffatte, si esclude che la ricostruzione di un rudere possa essere ascritta ad ipotesi di ristrutturazione edilizia e men che meno di risanamento conservativo, integrando in sostanza un’attività di nuova costruzione, attesa la mancanza di elementi sufficienti a testimoniare le dimensioni e le caratteristiche dell’edificio da recuperare (T.A.R. Napoli, 9 novembre 2009 n. 7049; Cons. St., Sez. VI, 15 settembre 2006 n. 5375).

Nel caso di specie, l’amministrazione intimata ha evidenziato, con il provvedimento impugnato, le carenze strutturali del manufatto esistente (assenza di orizzontamenti e copertura), precisando come le stesse siano tali da compromettere l’identificazione dei caratteri essenziali del manufatto originario.

Ha inoltre osservato che l’intervento programmato non possa essere qualificato come di risanamento conservativo, in quanto prevede, rispetto all’attuale manufatto, “la nuova costruzione in facciata sud della muratura perimetrale e l’aumento dell’altezza complessiva; la costruzione di un nuovo orizzontamento e di una copertura a due falde con un nuovo colmo che modifica la sagoma del fabbricato”. Ha infine aggiunto che, ricadendo l’area in questione tra quelle destinate all’attività agricola, l’intervento di nuova costruzione soggiace agli ulteriori limiti previsti dall’art. 38 NTA, il quale prevede che “la nuova edificazione nelle aree agricole – compresi ampliamenti, sopraelevazioni, ricostruzioni anche parziali di fabbricati preesistenti – va riferita all’azienda agricola”.

Lo stesso art. 4 comma 2 della L.R. n. 9/2003, citato dalla parte ricorrente, contempla, al pari dell’art. 38 NTA, una condizione che non pare soddisfatta nel caso in esame, in quanto dispone che “gli interventi edilizi finalizzati al recupero dei rustici avvengono senza alcuna modificazione delle sagome esistenti, delle altezze di colmo e di gronda e delle linee di pendenza delle falde, nel rispetto del decoro dei prospetti, salvi restando gli eventuali incrementi consentiti dagli strumenti urbanistici vigenti”.

Per i motivi esposti, valutata la correttezza del provvedimento impugnato, il ricorso non può trovare accoglimento.

Le spese di lite seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte (Sezione Prima)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto,

lo respinge.

Condanna i ricorrenti a rifondere in favore della parte resistente le spese di lite che vengono liquidate in complessivi euro 2.000,00, oltre Iva, spese generali e cpa.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Torino nella camera di consiglio del giorno 21 marzo 2013 con l’intervento dei magistrati:

Lanfranco Balucani, Presidente
Ariberto Sabino Limongelli, Primo Referendario
Giovanni Pescatore, Referendario, Estensore
        
L’ESTENSORE 

IL PRESIDENTE
   

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 04/04/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
 

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