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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Diritto dell'energia, Procedimento amministrativo, VIA VAS AIA Numero: 302 | Data di udienza: 21 Marzo 2013

* VIA, VAS E AIA – Progetti da sottoporre a VIA – Direttiva 92/2011/CE – Informazione del pubblico – Mancata indicazione di specifiche modalità – DIRITTO DELL’ENERGIA – Art. 12 d.lgs. n. 387/2003 – Principio di unicità del procedimento – Norma a favore del soggetto proponente – PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO – Dissenso espresso al di fuori della conferenza di servizi – Nullità – Estensione alla decisione della conferenza – Esclusione – Art. 14, c. 1 L. n. 241/1990.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 1^
Regione: Marche
Città: Ancona
Data di pubblicazione: 18 Aprile 2013
Numero: 302
Data di udienza: 21 Marzo 2013
Presidente: Morri
Estensore: Capitanio


Premassima

* VIA, VAS E AIA – Progetti da sottoporre a VIA – Direttiva 92/2011/CE – Informazione del pubblico – Mancata indicazione di specifiche modalità – DIRITTO DELL’ENERGIA – Art. 12 d.lgs. n. 387/2003 – Principio di unicità del procedimento – Norma a favore del soggetto proponente – PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO – Dissenso espresso al di fuori della conferenza di servizi – Nullità – Estensione alla decisione della conferenza – Esclusione – Art. 14, c. 1 L. n. 241/1990.



Massima

 

TAR MARCHE, Sez. 1^ – 18 aprile 2013, n. 302


VIA, VAS E AIA – Progetti da sottoporre a VIA – Direttiva 92/2011/CE – Informazione del pubblico – mancata indicazioni di specifiche modalità.

La direttiva 92/2011/CE stabilisce solo che i progetti da sottoporre a VIA (e quindi essa non si applica al procedimento di cui all’art. 12 del D.Lgs. n. 387/2003) debbono essere pubblicizzati, ma non stabilisce specifiche modalità attraverso cui la pubblicità va garantita: in effetti, l’art. 6, par. 2, stabilisce che “Il pubblico è informato, attraverso pubblici avvisi oppure in altra forma adeguata come i mezzi di comunicazione elettronici, se disponibili, in una fase precoce delle procedure decisionali in materia ambientale di cui all’articolo 2, paragrafo 2 e, al più tardi, non appena sia ragionevolmente possibile fornire le informazioni…”.


Pres. f.f. Morri, Est. Capitanio – P.F. (avv. Avallone) c. Regione Marche (avv. De Bellis) e altri (n.c.)

 

VIA, VAS E AIA – DIRITTO DELL’ENERGIA – Art. 12 d.lgs. n. 387/2003 – Principio di unicità del procedimento – Norma a favore del soggetto proponente.

L’art. 12 del D.Lgs. n. 387/2003 contempla espressamente l’ipotesi in cui, nell’ambito del procedimento autorizzativo, sia necessaria la VIA e, a tal riguardo, prescrive che il termine perentorio di 90 giorni per il rilascio dell’autorizzazione sia computato al netto del termine per la conclusione della procedura di VIA. Il principio di unicità del procedimento è posto a favore del soggetto proponente: non può pertanto invocarsi il ritardo della P.A. , ove la richiesta di differimento sia stata avanzata dal proponente stesso.

Pres. f.f. Morri, Est. Capitanio – P.F. (avv. Avallone) c. Regione Marche (avv. De Bellis) e altri (n.c.)


DIRITTO DELL’ENERGIA – PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO – Dissenso espresso al di fuori della conferenza di servizi – Nullità – Estensione alla decisione della conferenza – Esclusione – Art. 14, c. 1 L. n. 241/1990.

Ai sensi dell’art. 14-quater, comma 1, della L. n. 241/1990, il dissenso espresso al di fuori della conferenza di servizi è sì nullo (in tal senso, vedasi TAR Lecce, III, n. 1371/2008), ma tale nullità non si riflette ex se sulla decisione della conferenza di servizi (altrimenti verrebbero frustrate le finalità della conferenza di servizi, in quanto gli enti contrari ad un progetto potrebbero rendere inutile la conferenza semplicemente evitando di prendervi parte e rendendo i propri pareri al di fuori della conferenza stessa). Nessun problema, evidentemente, può porsi quando il parere reso al di fuori della conferenza di servizi è favorevole, perché questo sana qualsiasi irregolarità procedurale.

Pres. f.f. Morri, Est. Capitanio – P.F. (avv. Avallone) c. Regione Marche (avv. De Bellis) e altri (n.c.)


Allegato


Titolo Completo

TAR MARCHE, Sez. 1^ - 18 aprile 2013, n. 302

SENTENZA

 

TAR MARCHE, Sez. 1^ – 18 aprile 2013, n. 302

N. 00302/2013 REG.PROV.COLL.
N. 00473/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente


SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 473 del 2012, proposto da:
Paolucci Francesca in qualità di titolare dell’omonima impresa individuale, rappresentata e difesa dall’avv. Assuntina Avallone, con domicilio eletto presso l’Avv. Federica Manzotti, in Ancona, piazza Stamira, 10;

contro

– Regione Marche, rappresentata e difesa dall’avv. Pasquale De Bellis, con domicilio eletto presso il Servizio Legale Regione Marche, in Ancona, piazza Cavour, 23;
– Regione Marche -Servizio Territorio, Ambiente ed Energia- P.F. Rete Elettrica Regionale, Autorizzazioni Energetiche, Gas ed Idrocarburi, Provincia di Fermo, Provincia di Fermo-Settore Viabilità, Infrastrutture e Urbanistica, non costituiti;

nei confronti di

Azienda Agricola Gentili Marco, rappresentata e difesa dall’avv. Massimo Ortenzi, con domicilio eletto presso l’Avv. Maurizio Discepolo, in Ancona, via Matteotti, 99;

per l’annullamento

del decreto del Dirigente della P.F. Rete Elettrica Regionale, Autorizzazioni Energetiche, Gas ed Idrocarburi n. 16/EFR del 26/3/2012 pubblicato sul Bollettino Ufficiale della Regione Marche anno XLIII – n. 27 del 19/4/2012 con oggetto “art. 12 D.lgs. 387/2003 – Autorizzazione a realizzare ed esercire l’impianto di produzione di energia elettrica da Biogas, nel Comune di Torre San Patrizio (FM) Loc. San Pietro – Azienda Agricola GENTILI Marco”, nonché di tutti gli atti presupposti, consequenziali e comunque connessi, in particolare della Determinazione Dirigenziale Servizio Urbanistica della Provincia di Fermo n. 44 del 18.01.2012 pubblicata sul Bollettino Ufficiale della Regione Marche n.16 del 9/2/2012.

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione Marche e dell’Azienda Agricola Gentili Marco;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 21 marzo 2013 il dott. Tommaso Capitanio e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. La ricorrente, nella spiegata qualità di titolare dell’omonima azienda agricola corrente in contrada San Pietro del Comune di Torre San Patrizio, impugna l’autorizzazione unica rilasciata dalla Regione Marche alla controinteressata azienda Gentili, ai sensi dell’art. 12 del D.Lgs. n. 387/2003, ed avente ad oggetto la costruzione e l’esercizio di un impianto per la produzione di energia elettrica da biomasse della potenza di 999 kW, da ubicare in un appezzamento di terreno confinante con quello sul quale sorge l’azienda della ricorrente.

Dopo aver evidenziato che la legittimazione e l’interesse a ricorrere le derivano dal fatto che l’impianto summenzionato sorge su un terreno confinante con la propria azienda e che lo stesso è idoneo a penalizzare l’attività agrituristica, la sig.ra Paolucci articola i seguenti motivi:

– violazione artt. 7 e ss. L. n. 241/1990;

– violazione dell’art. 12 del D.Lgs. n. 387/2003, in relazione alle norme della L. n. 241/1990 che disciplinano la conferenza di servizi (per omessa partecipazione al procedimento dell’ARPAM e dell’ASUR Marche);

– illegittimità della procedura VIA svolta dalla Provincia di Fermo, in quanto la stessa è stata svolta in assenza dell’impulso del privato (avendo il sig. Gentili comunicato la rinuncia alla originaria domanda di rilascio dell’autorizzazione unica, il che implica anche la rinuncia al sub-procedimento di VIA);

– violazione delle regole sul funzionamento della conferenza di servizi (in quanto nella prima seduta i partecipanti non hanno formalizzato alcun accordo sulle modalità di articolazione dei lavori e non hanno indicato il termine per la conclusione dei lavori);

– violazione art. 14-quater, comma 3, L. n. 241/1990 (in quanto la Regione non ha tenuto conto del parere contrario del Sindaco di Torre San Patrizio, intervenuto alla conferenza di servizi quale autorità sanitaria, ai sensi del T.U.L.S. n. 1265/1934 e della L. n. 833/1978);

– violazione e falsa applicazione art. 12, commi 3 e 4, D.Lgs. n. 387/2003 (per omessa acquisizione, nell’ambito della conferenza di servizi, del parere vincolante della Soprintendenza per i Beni Architettonici e il Paesaggio delle Marche);

– omessa valutazione dell’impatto cumulativo, prodotto dall’impianto per cui è causa e da due preesistenti impianti (porcilaia della ditta Gentili e discarica comunale);

– omessa valutazione del fatto che l’impianto ricade, seppure in minima parte, in zona di rispetto del Fosso San Pietro, tutelata dal Piano Paesistico Ambientale Regionale (PPAR).

2. Si sono costituiti la Regione Marche e la ditta Gentili, eccependo la carenza di legittimazione attiva in capo alla ricorrente e chiedendo in ogni caso il rigetto nel merito del ricorso.

Alla camera di consiglio fissata per la trattazione della domanda cautelare parte ricorrente ha chiesto l’abbinamento al merito.

Alla pubblica udienza del 21 marzo 2013 la causa è stata trattenuta per la decisione.


DIRITTO

1. Il ricorso non merita accoglimento.

Al fine di dare conto di alcune delle censure sollevate dalla sig.ra Paolucci e delle ragioni che fanno propendere per il rigetto delle stesse, è opportuno ripercorrere in sintesi l’iter procedurale che è sfociato nei provvedimenti impugnati:

– nel corso del 2010 la Società Agricola Torrese Agroenergetica (fra i cui soci vi erano il sig. Gentili e la sua consorte) aveva presentato alla Regione istanza di rilascio dell’autorizzazione unica;

– la società aveva poi abbandonato il progetto (il quale prevedeva che l’impianto sorgesse su terreni concessi in affitto dall’azienda agricola individuale del sig. Gentili) ed è stata successivamente posta in liquidazione;

– con istanza pervenuta alla Regione in data 27/5/2011, il sig. Gentili Marco, in qualità di titolare della omonima ditta individuale, ha chiesto il riavvio della predetta pratica, dichiarando di avere acquistato i diritti dalla società agricola posta in liquidazione. Con contestuale istanza pervenuta alla Provincia di Fermo il 26/5/2011 il sig. Gentili aveva chiesto l’avvio della procedura di valutazione di impatto ambientale;

– con istanza pervenuta alla Regione in data 22/9/2011 (in data antecedente, quindi, all’entrata in vigore dell’art. 24 della L.R. n. 20/2011), il sig. Gentili ha chiesto di annullare la precedente istanza di riavvio della pratica del 2010 e, contestualmente, una nuova autorizzazione unica, ma sempre sulla base del medesimo progetto;

– la Regione, alla luce della novella introdotta dal citato art. 24, aveva ritenuto di poter prescindere dagli esiti della procedura di VIA, ma nel corso della conferenza di servizi del 6/12/2011 è stato lo stesso proponente ad insistere affinché si attendesse l’esito della VIA. La conferenza era stata pertanto aggiornata al 19/1/2012;

– nella seduta del 19/1/2012 la conferenza ha preso atto della positiva conclusione della procedura di VIA e, seppure con il parere contrario del Comune di Torre San Patrizio, ha deciso a maggioranza di approvare il progetto.

2. Passando a trattare le singole censure, il motivo di ricorso rubricato sub 2. è infondato, atteso che:

– come è noto, la disposizione dell’art. 7 della L. n. 241/1990 (la quale è pur sempre una disposizione di carattere generale, che non trova quindi applicazione in presenza di altre norme che disciplinano in maniera diversa la partecipazione a specifici procedimenti) va rettamente intesa. L’obbligo di inviare la comunicazione di avvio del procedimento riguarda solo i soggetti che per legge debbono intervenirvi e i controinteressati. Questi ultimi, in particolare, vanno individuati in base al contenuto dispositivo dell’atto conclusivo del procedimento, per cui non sono controinteressati ai sensi dell’art. 7 (diverso è il discorso da fare con riguardo alla legittimazione e/o all’interesse ad impugnare il provvedimento terminale) tutti i soggetti che possono ricevere un potenziale pregiudizio dall’atto conclusivo del procedimento. Ma del resto non si è mai affermato, ad esempio, che l’avvio del procedimento finalizzato al rilascio del permesso di costruire debba essere comunicato ai proprietari confinanti o ai condomini del richiedente. La ricorrente, come spesso accade in casi simili, confonde l’obbligo di comunicare l’avvio del procedimento con il diritto che i terzi hanno di intervenire nel procedimento allorquando siano venuti a conoscenza in qualsiasi modo della sua esistenza. Nel caso di specie, nulla avrebbe impedito alla sig.ra Paolucci – laddove fosse venuta aliunde a conoscenza dell’avvenuta presentazione dell’istanza di rilascio dell’autorizzazione unica da parte del sig. Gentili – di intervenire nel procedimento per cui è causa, se non prendendovi parte personalmente o a mezzo di delegato alla conferenza di servizi (possibilità che non è contemplata dalla normativa di riferimento), quantomeno depositando presso la Provincia o la Regione memorie e documenti inerenti il procedimento in itinere;

– da un punto di vista più sostanziale, nel caso in esame il controinteressato ha avviato due distinti procedimenti, l’uno finalizzato al rilascio del parere VIA da parte della competente Provincia di Fermo, l’altro all’ottenimento dell’autorizzazione unica da parte della Regione. Ebbene, tenuto conto del fatto che la sig.ra Paolucci contesta l’impianto per cui è causa solo dal punto di vista dell’impatto ambientale, le sue ragioni avrebbero ben potuto essere esposte nell’ambito del procedimento di VIA. Ma questo procedimento è stato pubblicizzato dal controinteressato e dalle amministrazioni coinvolte secondo le modalità previste dalla legge (pubblicazione di avviso su un quotidiano e all’albo pretorio dei Comuni interessati), per cui la ricorrente è stata messa in condizioni di sapere dell’esistenza del procedimento.

Quest’ultima considerazione consente di rigettare anche le doglianze formulate alle pagine 9 e ss. del ricorso, visto che la direttiva 92/2011/CE stabilisce solo che i progetti da sottoporre a VIA (e quindi essa non si applica al procedimento di cui all’art. 12 del D.Lgs. n. 387/2003) debbono essere pubblicizzati, ma non stabilisce specifiche modalità attraverso cui la pubblicità va garantita: in effetti, l’art. 6, par. 2, stabilisce che “Il pubblico è informato, attraverso pubblici avvisi oppure in altra forma adeguata come i mezzi di comunicazione elettronici, se disponibili, in una fase precoce delle procedure decisionali in materia ambientale di cui all’articolo 2, paragrafo 2 e, al più tardi, non appena sia ragionevolmente possibile fornire le informazioni…”.

3. Ugualmente da rigettare è il motivo sub 3. In effetti:

– per quanto concerne l’omesso coinvolgimento di ARPAM e ASUR Marche nel procedimento ex art. 12, la normativa regionale vigente ratione temporis non prevedeva l’obbligo di invitare alla conferenza di servizi i predetti due organismi, bensì la semplice facoltà dell’amministrazione procedente (o anche degli altri enti partecipanti alla conferenza) di acquisire i loro apporti tecnici laddove insorgessero dubbi sull’assentibilità del progetto relativi ai profili ambientali e/o sanitari. Peraltro, nel caso di specie l’ARPAM è stata coinvolta nel procedimento di VIA, per cui le sue valutazioni sono confluite in ogni caso anche nel procedimento ex art. 12;

– a questo proposito, il Tribunale deve poi evidenziare che tutti i ricorsi proposti nel corso del 2012 avverso le autorizzazioni rilasciate dalla Regione Marche per impianti a biomasse deducono quale primo e principale motivo di doglianza il fatto che i progetti relativi ad impianti di potenza inferiore a 1 MW, ai sensi della L.R. n. 3/2012, sono stati esclusi dalla VIA (con ciò violando, a detta dei ricorrenti, la predetta direttiva 92/2011). E’ quindi curioso che nell’unico caso in cui la procedura di VIA è stata invece svolta si venga a muovere una contestazione meramente formale relativa al momento in cui l’ARPAM ha reso i propri pareri;

– del tutto infondata è invece l’affermazione secondo cui la procedura di VIA sarebbe svolta ex officio dalla Provincia. Anche a questo riguardo va innanzitutto evidenziato l’estremo formalismo della censura, mentre nel merito si deve osservare che il sig. Gentili, pur avendo rinunciato alla domanda presentata nel maggio 2011, contestualmente ha presentato una nuova domanda di autorizzazione, insistendo in ogni caso per la conclusione del procedimento di VIA (non c’è stata quindi alcuna soluzione di continuità fra le due istanze). E’ sufficiente esaminare il verbale della conferenza di servizi tenutasi presso la Provincia di Fermo in data 20/12/2011 per rendersi conto del fatto che è stato proprio il sig. Gentili a chiedere espressamente la prosecuzione della procedura, nonostante la Regione Marche (in ciò incontrando il dissenso della Provincia) avesse ritenuto applicabile l’esenzione di cui all’art. 24 della L.R. n. 20/2011.

4. Sono infondate anche le altre censure contenute nel motivo sub 3., visto che:

– il principio di unicità del procedimento è posto a favore del soggetto proponente;

– l’art. 12 del D.Lgs. n. 387/2003 contempla espressamente l’ipotesi in cui, nell’ambito del procedimento autorizzativo, sia necessaria la VIA e, a tal riguardo, prescrive che il termine perentorio di 90 giorni per il rilascio dell’autorizzazione sia computato al netto del termine per la conclusione della procedura di VIA. E la VIA regionale si deve svolgere secondo le regole dettate dalla L.R. n. 7/2004, e quindi davanti all’autorità competente indicata dalla stessa legge;

– considerata la scansione procedimentale descritta al precedente punto 1., non si comprendono le doglianze relative al fatto che le amministrazioni interessate abbiano lasciato che fosse il sig. Gentili a dettare i tempi del procedimento. Si noti, fra l’altro, che la richiesta di differimento della conferenza di servizi ex art. 12 ha ritardato, a danno del ricorrente, il rilascio del titolo, nel mentre la Regione era pronta a concludere il procedimento alla luce dell’esenzione dalla VIA di cui al più volte citato art. 24 della L.R. n. 20/2011 (ma in questo avrebbe incontrato la contrarietà della Provincia, la quale, nella conferenza di servizi del 20/12/2011, ha espresso il convincimento che al sub-procedimento di VIA non dovesse applicarsi la norma sopravvenuta);

– è connotato da evidente formalismo la censura formulata a pagina 16 del ricorso, in quanto il fatto che la conferenza di servizi non abbia stabilito il termine per la conclusione del procedimento non può certo implicare l’illegittimità dell’atto terminale (e ciò anche in ragione di quanto si è detto circa il principio di unicità del procedimento).

Del motivo rubricato sub c) a pagina 16 si dirà appresso.

5. E’ palesemente infondato il motivo sub 4., in quanto, come risulta dal documento n. 9 allegato al deposito del 21/7/2012 della controinteressata, sia la Soprintendenza ai Beni Archeologici che la Soprintendenza per i Beni Architettonici e il Paesaggio sono state chiamate ad esprimere il proprio parere sull’impianto. La prima ha espresso parere favorevole, la seconda ha ritenuto di non dover esprimere alcun parere, in quanto la zona in argomento non è interessata da vincoli paesaggistici.

Non è fra l’altro vero che un parere espresso al di fuori della conferenza di servizi è nullo per difetto di attribuzioni e che tale nullità si riverbera sulla decisione assunta dalla conferenza di servizi. Ai sensi dell’art. 14-quater, comma 1, della L. n. 241/1990, il dissenso espresso al di fuori della conferenza di servizi è sì nullo (in tal senso, vedasi TAR Lecce, III, n. 1371/2008), ma tale nullità non si riflette ex se sulla decisione della conferenza di servizi (altrimenti verrebbero frustrate le finalità della conferenza di servizi, in quanto gli enti contrari ad un progetto potrebbero rendere inutile la conferenza semplicemente evitando di prendervi parte e rendendo i propri pareri al di fuori della conferenza stessa). Ma nessun problema, evidentemente, può porsi quando il parere reso al di fuori della conferenza di servizi è favorevole, perché questo sana qualsiasi irregolarità procedurale.

6. Restano quindi da esaminare le seguenti censure:

– difetto di motivazione, con riguardo al parere contrario formulato dal Sindaco di Torre San Patrizio, nella sua qualità di autorità sanitaria, e violazione dell’art. 14-quater, comma 3, L. n. 241/1990;

– omessa valutazione dell’impatto cumulativo con una porcilaia e con la discarica comunale;

– omessa valutazione del fatto che l’impianto interessa, in parte, la fascia di rispetto del fosso San Pietro, tutelato dal PPAR.

6.1. Iniziando da quest’ultimo profilo, nella conferenza di servizi svoltasi presso la Provincia di Fermo il 20/12/2011 le amministrazioni intervenute, e dunque anche il Comune di Torre San Patrizio, hanno potuto accertare che l’impianto non ricade nemmeno in parte nella fascia di rispetto del fosso San Pietro. La censura è dunque infondata.

Nel merito, la ditta Gentili si è munita delle necessarie autorizzazioni per gli scarichi delle acque di prima pioggia nel fosso medesimo.

Né risponde al vero che l’impianto insiste, pro quota, in zone di tutela dei corsi d’acqua, il che è facilmente verificabile dall’esame delle planimetrie depositate in giudizio dalla ditta Gentili in data 7/2/2013 (vedasi elaborati A.2 e I.4, da cui risulta che l’impianto lambisce ma non invade le aree tutelate ai sensi dell’art. 30 PPAR).

6.2. Quanto al dissenso espresso dal Sindaco di Torre San Patrizio, considerate le ragioni poste a base del parere contrario non può certo sostenersi che egli abbia agito in qualità di autorità sanitaria. In effetti, il Comune nutriva delle perplessità che attenevano:

a) all’asserita irrilevanza quantitativa dei reflui della porcilaia rispetto ai quantitativi complessivi di combustibili da utilizzare per il funzionamento dell’impianto (ma al riguardo va evidenziato che le altre biomasse da impiegare per il funzionamento dell’impianto provengono dalla c.d. filiera corta);

b) alla quantificazione delle misure di compensazione;

c) all’adeguamento del preventivo inerente i lavori di dismissione finale dell’impianto;

d) alla difformità delle tavole progettuali rispetto al certificato di destinazione urbanistica del 4/7/2011;

e) al conteggio delle medesime aree sia ai fini della realizzazione della porcilaia, sia ai fini della costruzione dell’impianto per cui è causa;

f) alla disponibilità di terreni aventi superficie sufficiente per lo spandimento del digestato prodotto.

Come si può vedere, il tema dei possibili rischi per la salute umana, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 216 del T.U.L.S. (ma occorre considerare che l’impianto in argomento non è classificabile come industria insalubre, visto che le emissioni prodotte in atmosfera sono ritenute scarsamente rilevanti dall’art. 272 del D.Lgs. n. 152/2006), non è per nulla agitato nel parere negativo del Comune.

Ma, del resto, è sufficiente leggere le deliberazioni di Giunta Comunale nn. 80/2011 e 5/2012 per rendersi conto che il parere contrario non si fonda su accertamenti tecnici autonomi approfonditi al punto da superare le risultanze della VIA e da rendere il dissenso “qualificato” ai sensi e per gli effetti dell’art. 14-quater, comma 3, L. n. 241/1990.

Inoltre, la maggior parte dei profili summenzionati sono stati in realtà chiariti nel corso dei due procedimenti che hanno riguardato l’impianto. Si pensi, ad esempio al problema della gestione del digestato, rispetto al quale il Servizio Agricoltura della Regione Marche ha rilasciato un parere favorevole (doc. n. 3 del deposito datato 21/7/2012 della ditta Gentili). Peraltro, dal punto di vista processuale, la questione del digestato non è pertinente, trattandosi di c.d. motivo intruso – ai sensi dell’art. 40 cod. proc. amm. – visto che la ricorrente ne disquisisce solo per provare la sussistenza della legittimazione e dell’interesse a ricorrere.

A questo riguardo, poi, non si può non osservare che, essendo stata nella specie svolta la VIA, in sede di procedimento autorizzatorio ex art. 12 D.Lgs. n. 387/2003 né la Regione né le altre amministrazioni interessate potevano rimettere in discussione quanto statuito dalla Provincia di Fermo, sia per una mera questione di competenza, sia perché ciò sarebbe stato giustificato, al limite, solo in presenza di fatti e circostanze nuove non considerate nell’ambito della VIA.

Fra l’altro, la ricorrente non ha nemmeno formulato specifiche censure sul progetto approvato (depositato in giudizio dalla ditta Gentili in data 7/2/2013), il quale è comprensivo di una serie di elaborati relativi ai vari impatti che l’impianto è idoneo a produrre. Da tali elaborati risulta che le emissioni sono ampiamente contenute nei limiti di legge.

6.3. Per quanto concerne l’omessa valutazione dell’impatto cumulativo, si osserva che:

– in primo luogo la censura è in parte infondata in punto di fatto, perché l’impatto cumulativo con la porcilaia di proprietà della stessa ditta Gentili è stato valutato. Tale valutazione ha però dato esito positivo, in quanto l’impiego dei reflui della porcilaia come combustibile dell’impianto contribuisce in modo significativo all’abbattimento delle emissioni dell’impianto zootecnico. E, sotto questo profilo, costituisce dato di comune esperienza la constatazione che gli impianti zootecnici (porcilaie e allevamenti ovicoli soprattutto) producono emissioni odorigene di gran lunga superiori a molti impianti industriali di piccola taglia (nonché rifiuti di vario genere), il che nella specie induce a domandarsi la ragione per la quale la ricorrente non ha a suo tempo impugnato i provvedimenti che hanno autorizzato la realizzazione della porcilaia, ossia di un impianto che produce impatti significativi rispetto alle attività agrituristiche (anche dal punto di vista paesaggistico, trattandosi di cinque capannoni in muratura). Gli impianti a biomasse, al contrario, producono emissioni odorigene pressoché irrilevanti, in quanto le trincee di stoccaggio delle materie prime sono coperte ermeticamente (il che è necessario per consentire la digestione anaerobica delle biomasse);

– in secondo luogo, la normativa sulla VIA vigente ratione temporis non imponeva di tenere conto degli impatti cumulativi (vedasi l’allegato B2, n. 6), let. n-terdecies), L.R. n. 7/2004), tanto è vero che la ricorrente desume tale obbligo direttamente dalla direttiva n. 92/2011/CE;

– in parte qua, però, la direttiva non è self executing, in quanto essa consente agli Stati membri di optare o per una esclusione automatica dei progetti dalla VIA in base a determinate soglie oppure di stabilire che la valutazione vada fatta caso per caso (art. 4, par. 2). Ai fini dell’applicazione della direttiva è pertanto necessaria l’intermediazione di una normativa nazionale o regionale in cui la scelta sia espressa. Tanto all’epoca in cui si è svolta la VIA quanto nel momento del rilascio dell’autorizzazione unica erano vigore disposizioni regionali (delle quali parte ricorrente non deduce alcuna contrarietà con la normativa statale e/o con le direttive comunitarie) che avevano optato per l’esclusione automatica dalla VIA degli impianti aventi una determinata potenza termica e che non imponevano di tenere conto degli impatti cumulativi;

– peraltro, nell’ambito del procedimento di VIA (vedasi verbale del 12/9/2011) l’ARPAM e il Comune di Torre San Patrizio hanno in realtà sollevato la questione partendo dal presupposto che avrebbe dovuto essere sottoposta al rilascio dell’AIA la porcilaia. Tenuto conto delle ragioni di ordine giuridico evidenziate al riguardo dai funzionari della Provincia di Fermo (i quali hanno evidenziato che gli allevamenti di suini sono soggetti ad AIA solo se ospitano un numero di capi superiore ad una determinata soglia), l’attenzione si è quindi spostata sulla verifica delle ricadute positive che l’impianto a biogas è in grado di produrre rispetto alle emissioni ed ai reflui della porcilaia (vedasi l’intervento del dott. Maravalli della Provincia);

– per quanto riguarda la discarica, va anzitutto rilevato che il Sindaco di Torre San Patrizio aveva persino ipotizzato che l’impianto fosse alimentato dalla frazione umida della raccolta differenziata (il che vuol dire che l’impianto a biomasse era stato considerato idoneo a ridurre il quantitativo di rifiuti da abbancare in discarica). Ma in ogni caso, la questione non è più emersa nelle successive sedute della conferenza di servizi presso la Provincia di Fermo, né in sede di procedimento di autorizzazione unica, il che vuol dire che le autorità competenti, in base a valutazioni di ordine tecnico, hanno ritenuto irrilevante l’impatto cumulativo con la discarica.

7. Va infine evidenziato che la disamina del Tribunale riguarda solo e soltanto le censure contenute nel ricorso introduttivo, stante il fatto che il giudizio impugnatorio ha delle precise regole che impongono al ricorrente (ed eventualmente al ricorrente incidentale) di sollevare tempestivamente ed in maniera specifica le censure avverso gli atti impugnati e al giudice di pronunciarsi nei limiti dei motivi così dedotti (essendo vietato, ad esempio, “prestare” motivi non dedotti). Il discorso riguarda ovviamente la documentazione depositata in giudizio dalla ricorrente in data 11/2/2013, dalla quale si dovrebbe desumere l’esistenza di ulteriori profili di illegittimità del provvedimento autorizzatorio, che però non sono stati introdotti con motivi aggiunti notificati. Inoltre, salvo casi eccezionali, la legittimità di un provvedimento va valutata con riguardo allo stato di fatto e di diritto sussistenti al momento della sua adozione, per cui non rilevano modifiche della normativa di riferimento che non siano applicabili ratione temporis – o per espresso disposto della norma sopravvenuta – ai procedimenti in itinere (o, meglio, alle singole ed autonome fasi in cui tali procedimenti siano eventualmente articolati).

8. In conclusione, il ricorso va respinto.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.


P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge e condanna la ricorrente al pagamento in favore della Regione Marche e dell’azienda Gentili delle spese di giudizio, che ritiene di liquidare in € 2.000,00 in favore di ciascuno.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Ancona nella camera di consiglio del giorno 21 marzo 2013 con l’intervento dei magistrati:

Gianluca Morri, Presidente FF
Tommaso Capitanio, Consigliere, Estensore
Giovanni Ruiu, Consigliere

L’ESTENSORE

IL PRESIDENTE
        
        
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 18/04/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
 

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