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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Armi, Diritto venatorio e della pesca Numero: 766 | Data di udienza: 3 Settembre 2013

* DIRITTO VENATORIO – Reato di uccellagione – Sentenza emessa ex art. 444 c.p.p. – ARMI – Sospensione della licenza di porto di fucile per uso caccia – Legittimità.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 2^
Regione: Lombardia
Città: Brescia
Data di pubblicazione: 11 Settembre 2013
Numero: 766
Data di udienza: 3 Settembre 2013
Presidente: Mosconi
Estensore: Bertagnolli


Premassima

* DIRITTO VENATORIO – Reato di uccellagione – Sentenza emessa ex art. 444 c.p.p. – ARMI – Sospensione della licenza di porto di fucile per uso caccia – Legittimità.



Massima

 

TAR LOMBARDIA, Brescia, Sez. 2^ – 11 settembre 2013, n. 766


DIRITTO VENATORIO – Reato di uccellagione – Sentenza emessa ex art. 444 c.p.p. – ARMI – Sospensione della licenza di porto di fucile per uso caccia – Legittimità.

Il reato di uccellagione (art. 30, c. 1, lett. E l. n. 157/1992) rientra tra quelli per cui il successivo art. 32 prevede la sospensione del titolo di polizia e il divieto del suo rilascio per dieci anni. L’Amministrazione, nel porre il divieto di detenere armi e munizioni, può ben fare legittimo riferimento alla pronuncia emessa ai sensi dell’art. 444 c.p.p., per ritenere accertati fatti emersi nel corso del procedimento penale, che non siano contestati, oppure, appaiono fondatamente ascrivibili, in base ad un ragionevole apprezzamento delle risultanze processuali, al destinatario dei detti provvedimenti (sul punto, Cons. St. sez. VI 20.5.2005, n. 2539, Cons. St. sez. VI 28.3.2000, n. 1803; Cons. St. sez. V 14.2.2003, n. 801, Cons. St. sez. V 28.12.2001, n. 6455, TAR Sardegna 19 5 2006, n. 1015; TAR Piemonte, 3 aprile 2012, n. 404). Del resto, i vantaggi che dalla sentenza patteggiata ex art. 444 c.p.p. derivano per l’imputato rimangono confinati nello stretto ambito penale, in quanto per le conseguenze extrapenali del fatto non sussiste alcuna preclusione né per l’autorità amministrativa, che ai sensi dell’art. 445 comma 1, c.p.p. è tenuta ad equiparare detta pronuncia a quella di condanna, né per il condannato che, nei limiti previsti dai rispettivi ordinamenti processuali, è ammesso a provare nelle ulteriori sedi di giudizio quanto non ha voluto o potuto addurre innanzi al giudice penale; di conseguenza dalla esistenza di detta sentenza non deriva alcuna preclusione ad adottare un provvedimento di diniego di rinnovo della licenza di porto di fucile per uso caccia ove ricorrano elementi obiettivi, richiamati dall’atto di diniego, che facciano ragionevolmente ritenere, sulla base di una valutazione ampiamente discrezionale dell’amministrazione, che il titolare della licenza non offre sufficiente affidamento di non abusare dell’arma (T.A.R. Piemonte Torino, sez. II, 01 dicembre 2008 , n. 3054).


Pres. Mosconi,  Est. Bertagnolli – G.B. (avv. Bosio) c. Questura di Bergamo (Avv. Stato)


Allegato


Titolo Completo

TAR LOMBARDIA, Brescia, Sez. 2^ - 11 settembre 2013, n. 766

SENTENZA

 

TAR LOMBARDIA, Brescia, Sez. 2^ – 11 settembre 2013, n. 766

N. 00766/2013 REG.PROV.COLL.
N. 00690/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 690 del 2013, proposto da:
Gennaro Bellini, rappresentato e difeso dall’avv. Enzo Bosio, con domicilio eletto in Brescia presso lo studio dello stesso, via Aldo Moro, 54;

contro

Questura di Bergamo, rappresentata e difesa per legge dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliata in Brescia, via S. Caterina, 6;

per l’annullamento

– del provvedimento prot. Cat.P-1PAS emesso il 6 giugno 2013 e notificato l’8 giugno 2013, di diniego del rinnovo della licenza di porto d’armi ad uso caccia e contestuale divieto di rilascio per un periodo di dieci anni.

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della Questura di Bergamo;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 3 settembre 2013 la dott.ssa Mara Bertagnolli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Sentite le stesse parti ai sensi dell’art. 60 cod. proc. amm.;

1. Visto l’art. 60 del d. lgs. 2 luglio 2010, n. 104, che consente al giudice amministrativo, adito in sede cautelare, di definire il giudizio con “sentenza succintamente motivata”, ove la causa sia di agevole definizione nel rito o nel merito e ritenuto di potere adottare tale tipo di sentenza, attesa la completezza del contraddittorio e il decorso di più di dieci giorni dall’ultima notificazione del ricorso, nonché la superfluità di ulteriore istruttoria;

2. Sentite le parti presenti, le quali non hanno manifestato l’intenzione di proporre motivi aggiunti, regolamento di competenza o di giurisdizione;

3. Premesso in fatto quanto segue:

Il provvedimento negativo in questione è scaturito dalla condanna, ex art. 444 c.p.p. per il reato di uccellagione (violazione dell’art. 30 comma 1, lett. E)). Nulla quaestio circa il fatto che tale reato rientra tra quelli per cui la legge (art. 32 legge 157/92) prevede la sospensione del titolo di polizia e il divieto del suo rilascio per dieci anni, ma a tal fine sarebbe, secondo il ricorrente, necessario che il reato fosse stato accertato con sentenza di condanna definitiva o decreto penale di condanna divenuto esecutivo. Nel caso di specie, dunque, il ricorso al patteggiamento avrebbe escluso la possibilità di comminare tale sanzione accessoria.

Secondo la giurisprudenza del Consiglio di Stato richiamata nel ricorso (sentenze n. 6754/2003 e, in materia di uccellagione, 2440/2006), l’applicazione della sanzione accessoria richiederebbe, infatti, un autonomo accertamento dei fatti in termini di responsabilità dell’imputato, per cui la sentenza in applicazione dell’art. 444 c.p.p. non sarebbe da sola sufficiente a determinare l’irrogazione della sanzione accessoria.

4. Ritenuto in diritto che tale tesi non sia condivisibile. Ciò in primo luogo in considerazione di ragioni di ordine logico-sistematico. Se, infatti, si sposasse tale tesi, ciò condurrebbe ad una sostanziale inapplicabilità della sanzione accessoria nei confronti dell’imputato che scegliesse la via del “patteggiamento” (dovuta ad oggettive preclusioni che si frapporrebbero all’accertamento, da parte dell’Amministrazione e a distanza di tempo, dei fatti che hanno condotto alla condanna), che il legislatore non ha affatto esplicitato, nel disciplinare gli effetti del ricorso all’art. 444 c.p.p..

Il Collegio ritiene, dunque, di poter condividere l’opposta giurisprudenza secondo cui “l’Amministrazione, nel porre il divieto di detenere armi e munizioni, può ben fare legittimo riferimento alla pronuncia emessa ai sensi dell’art. 444 c.p.p., per ritenere accertati fatti emersi nel corso del procedimento penale, che non siano contestati, oppure, appaiono fondatamente ascrivibili, in base ad un ragionevole apprezzamento delle risultanze processuali, al destinatario dei detti provvedimenti (sul punto, Cons. St. sez. VI 20.5.2005, n. 2539, Cons. St. sez. VI 28.3.2000, n. 1803; Cons. St. sez. V 14.2.2003, n. 801, Cons. St. sez. V 28.12.2001, n. 6455, TAR Sardegna 19 5 2006, n. 1015)” (così TAR Piemonte, 3 aprile 2012, n. 404). Del resto, sul piano strettamente giuridico: “I vantaggi che dalla sentenza patteggiata ex art. 444 c.p.p. derivano per l’imputato rimangono confinati nello stretto ambito penale, in quanto per le conseguenze extrapenali del fatto non sussiste alcuna preclusione né per l’autorità amministrativa, che ai sensi dell’art. 445 comma 1, c.p.p. è tenuta ad equiparare detta pronuncia a quella di condanna, né per il condannato che, nei limiti previsti dai rispettivi ordinamenti processuali, è ammesso a provare nelle ulteriori sedi di giudizio quanto non ha voluto o potuto addurre innanzi al giudice penale; di conseguenza dalla esistenza di detta sentenza non deriva alcuna preclusione ad adottare un provvedimento di diniego di rinnovo della licenza di porto di fucile per uso caccia ove ricorrano elementi obiettivi, richiamati dall’atto di diniego, che facciano ragionevolmente ritenere, sulla base di una valutazione ampiamente discrezionale dell’amministrazione, che il titolare della licenza non offre sufficiente affidamento di non abusare dell’arma (T.A.R. Piemonte Torino, sez. II, 01 dicembre 2008 , n. 3054)”.

Nel caso di specie il provvedimento non si limita a dare conto dell’intervenuta condanna, ma chiarisce come i fatti imputati al sig. Bellini avrebbero dovuto essere tempestivamente contestati in sede penale e l’accettazione della ricostruzione di cui al patteggiamento equivarrebbe ad ammissione dei fatti stessi. La stessa notizia di reato redatta dalla polizia provinciale di Genova il 27 ottobre 2008 dava conto, peraltro, di come l’odierno ricorrente “ammetteva esplicitamente alle guardie giurate ed alla Polizia provinciale le sue responsabilità in ordine all’uccellagione, affermando più volte che la rete era stata montata con l’intento di lasciarla in opera tutta la notte al fine di catturare uccelli da richiamo da utilizzare durante la caccia; ai piedi della rete si trovavano inoltre tre gabbie destinate ad ospitare gli uccelli che sarebbero stati catturati”. In altre parole, la Questura non si è, dunque, limitata a prendere atto della sentenza penale, ma ha valutato gli atti di polizia giudiziaria che avevano portato alla sua emanazione, superando ogni questione sull’efficacia della sentenza di patteggiamento, peraltro basata su fatti la cui veridicità non è stata contestata nemmeno nel giudizio pendente.

Ne deriva il rigetto del ricorso, disponendo, in ogni caso, la compensazione delle spese del giudizio, attesa la non univocità della giurisprudenza di cui si è dato conto e fatto salvo il contributo unificato che deve rimanere a carico della parte ricorrente.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Dispone la compensazione delle spese del giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Brescia nella camera di consiglio del giorno 3 settembre 2013 con l’intervento dei magistrati:

Mario Mosconi, Presidente
Stefano Tenca, Consigliere
Mara Bertagnolli, Consigliere, Estensore
   
L’ESTENSORE 

IL PRESIDENTE
    

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 11/09/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
 

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