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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Inquinamento del suolo Numero: 2222 | Data di udienza: 10 Luglio 2013

* INQUINAMENTO DEL SUOLO  – Operazioni di bonifica – Azione di ripetizione dei costi sostenuti – Giurisdizione.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 1^
Regione: Lombardia
Città: Milano
Data di pubblicazione: 3 Ottobre 2013
Numero: 2222
Data di udienza: 10 Luglio 2013
Presidente: Mariuzzo
Estensore: Simeoli


Premassima

* INQUINAMENTO DEL SUOLO  – Operazioni di bonifica – Azione di ripetizione dei costi sostenuti – Giurisdizione.



Massima

 

TAR LOMBARDIA, Milano, Sez. 1^ – 3 ottobre 2013, n. 2222


INQUINAMENTO – Operazioni di bonifica – Azione di ripetizione dei costi sostenuti – Giurisdizione.

Mentre spettano alla cognizione del giudice amministrativo le controversie in materia di sanzioni di tipo ripristinatorio, destinate a realizzare il medesimo interesse pubblico (nella specie, bonifica dell’aera) al cui soddisfacimento è preordinata la funzione amministrativa assistita dalla sanzione amministrativa di tale natura (nei confronti della quale la posizione giuridica del privato ha natura di interesse legittimo), l’accertamento dei presupposti per la ripetizione dei costi necessari alla bonifica ed al ripristino della area inquinata, sia che si qualifichi la relativa azione in termini di regresso conseguente all’esecuzione in danno, sia che si prediliga una sua lettura in termini risarcitori, radica comunque la risoluzione di una questione meramente patrimoniale che esula dalla giurisdizione del giudice amministrativo (il quale, in tale materia, non è fornito di giurisdizione esclusiva).

Pres. Mariuzzo, Est. Simeoli – S. s.p.a. (avv.ti Sala e Saleti) c. Comune di Marnate (avv. Ravizzoli) e altro (n.c.)


Allegato


Titolo Completo

TAR LOMBARDIA, Milano, Sez. 1^ – 3 ottobre 2013, n. 2222

SENTENZA

 

TAR LOMBARDIA, Milano, Sez. 1^ – 3 ottobre 2013, n. 2222

N. 02222/2013 REG.PROV.COLL.
N. 04131/1992 REG.RIC.
N. 01369/1999 REG.RIC.
N. 03820/1999 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4131 del 1992, proposto da:
SANITARIA CESCHINA S.p.A., rappresentata e difesa dagli avv.ti Maria Sala e Achille Saleti, presso il cui studio è elettivamente domiciliata in Milano, V. Hoepli, n. 3

contro

COMUNE DI MARNATE, rappresentato e difeso dall’avv. Angelo Ravizzoli, con domicilio eletto presso l’avv.to Ercole Romano in Milano, Viale Bianca Maria, n. 23;
U.S.S.L. n. 8 di BUSTO ARSIZIO, non costituita in giudizio

nei confronti di

PRETURA DI BUSTO ARSIZIO, SIMONCINI ADELMO, non costituiti in giudizio

sul ricorso numero di registro generale 1369 del 1999, proposto da:
SANITARIA CESCHINA S.p.A., rappresentata e difesa dagli avv.ti Maria Sala e Achille Saleti, presso il cui studio è elettivamente domiciliata in Milano, V. Hoepli n. 3

contro

COMUNE DI MARNATE, rappresentato e difeso dall’avv. Angelo Ravizzoli, con domicilio eletto presso l’avv.to Ercole Romano in Milano, viale Bianca Maria, n. 23

nei confronti di

CHIERICHETTI VITTORIO, non costituito in giudizio

sul ricorso numero di registro generale 3820 del 1999, proposto da:
SANITARIA CESCHINA S.p.A., rappresentata e difesa dagli avv.ti Maria Sala e Achille Saleti, presso il cui studio è elettivamente domiciliata in Milano, V. Hoepli, n. 3

contro

COMUNE DI MARNATE, rappresentato e difeso dall’avv. Angelo Ravizzoli, con domicilio eletto presso l’avv.to Ercole Romano in Milano, viale Bianca Maria, n. 23;
REGIONE LOMBARDIA, rappresentata e difesa dall’avv. Marco Cederle, con domicilio eletto presso gli uffici dell’Avvocatura regionale in Milano, Piazza Città di Lombardia 1;
MINISTERO DELL’INTERNO, rappresentato e difeso dall’Avvocatura distrettuale dello Stato, presso i cui uffici è domiciliato ex lege in Milano, Via Freguglia, n. 1

nei confronti di

SIMONCINI ADELMO, non costituito in giudizio

per l’annullamento:

quanto al ricorso n. 4131 del 1992:

– dell’ordinanza del Comune di Marnate n. 28 del 16 settembre 1992, contenente l’ordine di smaltimento di rifiuti speciali abbandonati da terzi su terreno di proprietà di Sanitaria Ceschina S.p.A., nonché della nota dell’USSL n. 8 del 23.7.1992 del Responsabile del servizio igiene pubblica e medicina del lavoro.

quanto al ricorso n. 1369 del 1999:

– del provvedimento del Comune di Marnate prot. n. 945 del 26 gennaio 1999, contenente la comunicazione dell’avvio della procedura per il recupero delle somme per opere di bonifica a carico di Sanitaria Ceschina S.p.A.;

quanto al ricorso n. 3820 del 1999:

– del provvedimento del Comune di Marnate prot. n. 1964/9238 del 23 agosto 1999, con il quale sono state respinte le controdeduzioni presentate da Sanitaria Ceschina S.p.A. avverso il provvedimento prot. n. 945 del 26 gennaio 1999 (contenente la comunicazione dell’avvio della procedura per il recupero delle somme per opere di bonifica a carico di Sanitaria Ceschina S.p.A.); – del provvedimento prot. n. 9239 del 23 agosto 1999, con il quale è stato comunicato che nei confronti di Sanitaria Ceschina S.p.A. verrà esperita azione di rivalsa; nonché di ogni altro atto preordinato, presupposto e conseguente, tra cui il decreto della Regione Lombardia 25 febbraio 1999, n. 1094 di concessione del finanziamento per la bonifica ambientale dell’ex area Sanitaria Ceschina S.p.A. e della deliberazione della Giunta comunale n. 231 del 10 agosto 1999 di approvazione del progetto di bonifica ambientale.

Visti i ricorsi e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Comune di Marnate, della Regione Lombardia e del Ministero dell’Interno;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 10 luglio 2013 il dott. Dario Simeoli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

I. Pluralità e risalenza dei ricorsi impongono i seguenti spunti ricostruttivi.

I.1. Sul finire degli anni ottanta, nell’area di proprietà della Sanitaria Ceschina s.p.a. (sita in Comune di Marnate, Via Lazzaretto n. 1), era avvenuto l’abbandono, da parte dell’affittuario, di fusti contenenti rifiuti speciali. Sennonché, in data 13 settembre 1995, la situazione ambientale era stata ulteriormente compromessa dall’esondazione del fiume Olona; quest’ultimo, demolito il muro di recinzione, aveva trasportato i fusti contenenti il materiale inquinante, sversandoli sui terreni limitrofi. Il conseguente procedimento penale per abbandono di rifiuti speciali (art. 35 del D.P.R. 10.9.1982 n. 915) si era concluso con la condanna del signor Adelmo Simoncini, all’epoca dei fatti affittuario dell’area, con sentenza della Pretura di Busto Arsizio del 9.10.1992.

I.2. Ciò premesso, con un primo ricorso (R.G.N. 4131/92, e successivi “motivi aggiunti” del 29 luglio 1996), la Sanitaria Ceschina s.p.a. ha impugnato l’ordinanza n. 28/92 del Comune di Marnate che le aveva ingiunto di smaltire (entro 30 giorni dalla data di autorizzazione dell’autorità giudiziaria all’accesso sull’area nel frattempo sottoposta a sequestro penale) i rifiuti speciali abbandonati sulla sua proprietà dal terzo. Fissata la discussione del ricorso all’udienza del 18 marzo 2008, la causa era stata rinviata a data da destinarsi su richiesta di parte ricorrente, motivata con la necessità della previa definizione di una causa pendente in Cassazione, in considerazione della sua pregiudizialità. Sennonché, per mero errore, si era proceduto comunque all’esame del ricorso nella camera di consiglio del 18.3.2008 e, all’esito, alla redazione e alla pubblicazione della sentenza mediante deposito avvenuto il 14.1.2009. Con sentenza n. 5135/2009, la I sezione di questo Tribunale aveva accolto la domanda di revocazione della sentenza n. 54/2009, disponendo la reiscrizione in ruolo dell’originaria controversia, ai fini dello svolgimento della seconda fase del giudizio revocatorio, quella rescissoria, successivamente al deposito da parte della ricorrente dell’esito del giudizio pendente in Cassazione (anche la statuizione sulle spese di giudizio è stata rinviata alla decisione definitiva). Consegue da quanto detto che il presente giudizio deve intendersi quale rinnovazione del giudizio sulla medesima controversia.

I.3. Con successivo ricorso R.G.N. 1369/99, la Sanitaria Ceschina S.p.A. ha impugnato il provvedimento del 26 gennaio 1999 (prot. n. 945) del Comune di Marnate, avente ad oggetto: “Bonifica terreni prospicienti ditta Sanitaria Ceschina S.p.A. Comunicazione avvio procedimento ex lege 241/90”.

I.4. In riferimento al provvedimento da ultimo citato, l’odierna ricorrente, dopo aver presentato in data 19.2.1999 le proprie controdeduzioni, ha impugnato (con ricorso R.G.N. 3820/99) anche il provvedimento prot. n. 1964/9238 del 23.8.1999, con il quale il Comune di Marnate aveva respinto gli argomenti addotti dall’istante e riaffermato la sua responsabilità per il danno ambientale occasionato dall’abbandono dei fusti contenenti il materiale inquinante.

I.5. Successivamente, con deliberazione della Giunta comunale n. 231 del 10.9.1999, il Comune di Marnate aveva approvato il progetto esecutivo di bonifica ambientale dell’ex area di Sanitaria Ceschina per un importo complessivo in allora di “£ 1.916.730.000. Nello stesso frangente, poiché nel frattempo, con decreto del 25 febbraio 1999, la Regione Lombardia aveva assegnato al Comune di Marnate un contributo in conto capitale (ai sensi e per gli effetti del comma 5, art. 31 bis della L.r. n. 94/1980, come sostituito dall’art. 6 della L.r. 2/1999), nella misura di £ 1.916.730.000, per gli interventi di bonifica dell’area ex Sanitaria Meschina (finanziamento a fondo perduto, ma con onere di agire in rivalsa nei confronti dei responsabili dell’inquinamento), l’amministrazione comunale aveva cura di precisare che avrebbe refuso, in favore della Regione Lombardia, le eventuali somme recuperate attraverso l’azione di rivalsa nei confronti dei soggetti individuati quali responsabili dell’illecito e dell’occorso danno ambientale.

I.6. In relazione ai medesimi accadimenti, il Comune resistente (con atto di citazione notificato in data 4 settembre 2000) aveva convenuto in giudizio, avanti al Tribunale di Busto Arsizio, la Società Sanitaria Ceschina S.p.A., per sentirla condannare: – in via principale, al rimborso totale delle spese sostenute dal Comune di Marnate per il risanamento delle zone inquinate in qualità di proprietaria (ai sensi degli articoli 14, 3° comma, e 17, 2° comma, del d.lgs. 22/97), spese quantificate in L. 1.916.730,000 (come da delibera di affidamento dei lavori di bonifica); – in subordine, al rimborso delle spese di bonifica quantificate in L. 1.916.730.000, ai sensi dell’art. 2043 e 2051 c.c. e per avere concorso a cagionare, col proprio comportamento omissivo, il danno; dal ultimo, al risarcimento del danno ambientale, anche mediante il ricorso a criteri equitativi, ai sensi dell’art. 18 della L. n. 349/86. Il Tribunale di Busto Arsizio, con sentenza n. 447/03, si era pronunciato condannando la Società Sanitaria Ceschina al pagamento in favore dell’amministrazione comunale dell’importo di € 989.000,00, a titolo di rimborso delle spese sostenute dal Comune di Marnate per il risanamento delle zone inquinate di proprietà della convenuta, avendo ritenuto quest’ultima responsabile della violazione ex art. 14, comma 3 del d.lgs. 22/1997. La medesima sentenza, tuttavia, veniva riformata dalla Corte d’Appello di Milano, con sentenza n. 2575/05, che aveva quindi respinto le domande proposte dal Comune di Marnate. Da ultimo, la Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza n. 6525/2011, ha cassato con rinvio la sentenza della Corte d’Appello, statuendo che il giudice di rinvio avrebbe dovuto considerare che: “avuto riguardo alla consecuzione della vicenda fino all’esondazione del fiume Olona, risulta l’esistenza di una situazione nella quale …. appare necessario verificare se la causazione delle spese sopportate per l’attività di ripristino risulta addebitabile interamente ai soggetti contemplati dall’art. 14, comma 3, cioè ai conduttori ed alla proprietaria Sanitaria Ceschina, quali responsabili ai sensi dell’art. 14, comma 1, oppure risulti addebitabile ad essi soltanto in parte alla stregua dell’art. 1227, primo collima, c.c, data la pacifica protrazione della permanenza della presenza dei rifiuti per ben sei anni prima della esondazione. In particolare, la Corte ritiene meritevole di verifica l’ipotesi che alla determinazione del danno abbia potuto concorrere anche il fatto della stessa Amministrazione Comunale, giacché essa, al di là dell’esercizio dei poteri amministrativi con le sue ordinanze, si sarebbe dovuta attivare presso l’autorità penale per l’adozione di opportune cautele volte ad evitare la permanenza della situazione di deposito potenzialmente pericoloso fino all’evento della esondazione dell’Olona. Il giudice di rinvio, dunque, ferma l’attribuzione alla Sanitaria Ceschina di una responsabilità nella causazione delle spese di ripristino, provvederà, sulla base della valutazione delle risultanze degli atti a stabilire se tale responsabilità riguardi l’intero loro ammontare oppure, per avere concorso alla loro causazione anche i comportamenti dell’Amministrazione Comunale, concerna solo una parte di esse”. In data 24 maggio 2011, il Comune di Marnate ha riassunto il giudizio avanti il giudice di rinvio (N.R.G. 2051/11); la causa è ancora pendente (in particolare, all’udienza del 17 ottobre 2012, i procuratori delle parti, esplicitate le trattative pendenti, hanno ottenuto il rinvio della causa al 9.10.2013).

I.7. Le amministrazioni resistenti si sono costituite in giudizio per chiedere la reiezione dei ricorsi.

I.8. Pure a seguito della presentazione di una serie di istanze di cancellazione dal ruolo, motivate dalla pendenza di trattative in attesa della definizione della controversia in sede civile, non essendo le parti addivenute ad alcuna conciliazione o transazione, le cause sono state discussa all’udienza del 13 marzo 2013, All’esito della relativa camera di consiglio, la Sezione: “Considerato: che, dopo il passaggio in decisione della causa, il Collegio ha rilevato che sussistono dubbi in ordine alla sussistenza della giurisdizione del giudice amministrativo sull’accertamento della pretesa dell’amministrazione intimata alla ripetizione delle somme anticipate a seguito della disposta esecuzione in danno; Ritenuto: che appare conseguentemente opportuno ascoltare le parti sul punto”; tanto premesso, ha rinviato le parti all’udienza pubblica del 10.7.2013 assegnando loro il termine di 30 giorni, decorrenti dalla notificazione o comunicazione in via amministrativa della ordinanza, per presentare eventuali memorie vertenti sulla questione indicata nella parte motiva.

I.9. Sul contraddittorio così istauratosi, la causa è stata nuovamente discussa e decisa con sentenza definitiva all’odierna udienza. Di seguito le motivazioni rese nella forma redazionale semplificata di cui all’art. 74 c.p.a.

II. In via pregiudiziale di rito, deve disporsi la riunione dei ricorsi in epigrafe, stante l’evidente connessione oggettiva e soggettiva tra di essi, tutti incentrati sulla descritta vicenda ambientale e sulla contestazione da parte della società ricorrente di qualsivoglia sua responsabilità in ordine alla contaminazione del sito.

III. Orbene, con riferimento alla primigenia impugnazione del provvedimento (ordinanza n. 28/92 del Comune di Marnate) contenente l’ordine di smaltire i rifiuti speciali depositati sull’area di sua proprietà, il ricorso è divenuto improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse.

III.1. Come è noto, il ricorso va dichiarato improcedibile per sopravvenuto difetto di interesse quando il processo non possa per qualsiasi motivo produrre un risultato utile per il ricorrente. Tale situazione, in particolare, si verifica per effetto del mutamento della situazione di fatto e di diritto dedotta in sede di ricorso, rendendo priva di qualsiasi residua utilità giuridica, ancorché meramente strumentale o morale, una pronuncia del giudice adito sulla fondatezza della pretesa dedotta in giudizio. L’istituto è una manifestazione del principio di unilateralità che regge il processo amministrativo posto a tutela delle posizioni soggettive appartenenti a chi ha introdotto il giudizio, rispetto alle quali gli interessi della parte resistente assumono rilevanza solo in funzione di contrasto della pretesa azionata. Ne consegue che, venuto meno l’interesse del ricorrente alla pronuncia di merito, il giudizio non può proseguire nel solo interesse della parte resistente alla decisione di rigetto. L’istituto processuale in questione, di notoria derivazione pretoria, è ora espressamente previsto nell’art. 35 c.p.a.

III.2. Nel caso di specie, con tutta evidenza, è completamente mutato non solo il contesto empirico sul quale si innestava l’iniziale ordine ripristinatorio, ma anche il concreto contenuto prescrittivo dell’atto è stato superato dalla successiva determinazione di eseguire la bonifica in danno del responsabile e di operare la conseguente azione di rivalsa. In particolare: – il provvedimento originario aveva riguardato la situazione verificatasi a seguito dell’abbandono dei bidoni, avvenuto nel 1989 ad opera dell’affittuario del terreno recintato, quando il sequestro penale dei bidoni era ancora operante (l’Autorità giudiziaria, difatti, aveva disposto, per il periodo dal 3.4.1989 al 9.4.1996, il sequestro penale dell’area di proprietà della ricorrente e degli oggetti ivi depositati da altri); – successivamente alla esondazione, con provvedimento confermato nel gennaio 1997, la Corte di Appello, su istanza del Comune di Marnate, aveva disposto il dissequestro dell’area con opere di smaltimento a carico del Comune medesimo, delegando direttamente il Sindaco del Comune di Marnate per l’esecuzione delle opere di sgombero dei materiali giacenti sul terreno, con facoltà di avvalersi della forza pubblica; – era seguito il provvedimento che aveva disposto la bonifica dei terreni interessati dall’esondazione del fiume Olona. L’opinione del Collegio è confermata dal fatto che il thema decidendum, sul quale sono incentrate le difese sviluppate dalle parti (ovviamente, su fronti opposti) nelle ultime memorie, è quello (ben diverso da quello introdotto con il ricorso del 1992) se possa o meno opporsi alla pretesa della amministrazione comunale di ripetere i costi di ripristino, la colpa di non essersi quest’ultima attivata tempestivamente dopo la segnalazione dell’ASL e dopo il sequestro penale del 1989 (in quanto tale iniziativa avrebbe eliso quanto poi accaduto nel 1995).

III.3. A questo punto, al Tribunale non resta che prendere atto delle vicende sopravvenute rispetto alla proposizione del ricorso e, di conseguenza, dichiarare l’improcedibilità del ricorso per sopravvenuta carenza di interesse, atteso che il suo eventuale accoglimento non potrebbe garantire alcuna concreta utilità alla società ricorrente (che rimarrebbe, comunque, esposta alla azione di rivalsa del Comune di Marnate in ordine alla bonifica del sito disposta successivamente alla esondazione del fiume Olona).

IV. Con riguardo agli altri due ricorsi (aventi ad oggetto: il provvedimento del 23.8.1998, concernente il rigetto delle controdeduzioni presentate dalla ricorrente; la nota del 23.8.1999 contenente la comunicazione che l’istante, in quanto responsabile, sarebbe stato oggetto di azione di rivalsa; la deliberazione G.C. n. 231 del 10.8.1999 di approvazione del progetto esecutivo di bonifica ambientale), in disparte l’eccezione secondo cui gli atti impugnati non avrebbero valenza provvedimentale (trattandosi, si dice, di mere comunicazioni che segnalano future iniziative del comune), deve essere pregiudizialmente rilevato il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo per le seguenti ragioni.

IV.1. In termini generali, la responsabilità dell’utilizzatore di un sito contaminato, una volta accertato il nesso di causalità tra la sua attività produttiva e l’avvenuta contaminazione dei luoghi, era disciplinata, per le fattispecie antecedenti l’entrata in vigore del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, dall’art. 17 del d.lgs. 22 aprile 1997, n. 22, il cui comma 2 disponeva che: “Chiunque cagiona, anche in maniera accidentale, il superamento dei limiti di cui al comma 1, lettera a), ovvero determini un pericolo concreto ed attuale di superamento dei limiti medesimi, è tenuto a procedere a proprie spese agli interventi di messa in sicurezza, di bonifica e di ripristino ambientale delle aree inquinate e degli impianti dai quali deriva il pericolo di inquinamento” (per il periodo precedente alla entrata in vigore di tale provvedimento legislativo, era comunque l’art. 2050 c.c. ad imporre al responsabile di attivarsi al fine di porre in essere atti e comportamenti unitariamente finalizzati al recupero ambientale del sito). Secondo la giurisprudenza, gli obblighi di bonifica, messa in sicurezza e ripristino ambientale conseguenti alla contaminazione delle aree costituiscono una forma di responsabilità oggettiva dell’autore dell’inquinamento, in quanto l’obbligo di effettuare gli interventi di legge sorge a prescindere dall’esistenza di qualsiasi elemento soggettivo doloso o colposo in capo all’autore dell’inquinamento, sempre che sussista il rapporto di causalità tra l’azione (o l’omissione) dell’autore dell’inquinamento ed il superamento (o pericolo concreto ed attuale di superamento) dei limiti di contaminazione, in coerenza col principio comunitario “chi inquina paga”. L’art. 14 del d.lgs. 5 febbraio 1997 n. 22 (ora art. 192 del d.lgs. n. 152 del 2006), pure vigente ratione temporis, prevedeva, poi, la corresponsabilità solidale del proprietario o del titolare di diritti personali o reali di godimento sull’area ove erano stati abusivamente abbandonati o depositati rifiuti, con il conseguente suo obbligo di provvedere allo smaltimento ed al ripristino, ma solo in quanto la violazione fosse imputabile anche a quei soggetti a titolo di dolo o colpa (la giurisprudenza, sul punto, ha però precisato che, per un verso, le esigenze di tutela ambientale sottese alla norma citata rendono evidente che il riferimento a chi è titolare di diritti reali o personali di godimento va inteso in senso lato, essendo destinato a comprendere qualunque soggetto si trovi con l’area interessata in un rapporto, anche demaniale o di mero fatto, tale da consentirgli e per ciò stesso imporgli di esercitare una funzione di protezione e custodia finalizzata ad evitare che l’area medesima possa essere adibita a discarica abusiva di rifiuti nocivi per la salvaguardia dell’ambiente; e, per altro verso, il requisito della colpa postulato da detta norma ben può consistere proprio nell’omissione degli accorgimenti e delle cautele che l’ordinaria diligenza suggerisce per realizzare un’efficace custodia e protezione dell’area, così impedendo che possano essere in essa indebitamente depositati rifiuti nocivi: cfr., da ultimo, Consiglio di Stato, sez. II, 5 dicembre 2011, n. 2990).

IV.2. Ciò premesso, mentre spettano alla cognizione del giudice amministrativo le controversie in materia di sanzioni di tipo ripristinatorio, destinate a realizzare il medesimo interesse pubblico al cui soddisfacimento è preordinata la funzione amministrativa assistita dalla sanzione amministrativa di tale natura (nei confronti della quale la posizione giuridica del privato ha natura di interesse legittimo), l’accertamento dei presupposti per la ripetizione dei costi necessari alla bonifica ed al ripristino della area in questione, sia che si qualifichi la relativa azione in termini di regresso conseguente all’esecuzione in danno, sia che si prediliga una sua lettura in termini risarcitori, radica comunque la risoluzione di una questione meramente patrimoniale che esula dalla giurisdizione del giudice amministrativo (il quale, in tale materia, non è fornito di giurisdizione esclusiva). Non a caso, il parallelo giudizio pendente innanzi al giudice civile presenta sia identità di causa petendi (difatti, anche qui, da una parte, si argomenta la responsabilità omissiva della proprietaria; dall’altra, si oppone il carattere assorbente del comportamento colposo della stessa amministrazione comunale, per non essersi attivata per quasi dieci anni per provvedere alla bonifica dell’area sequestrata), sia di petitum (ovviamente a parte invertite, in quanto, per ovvi motivi, nel giudizio civile, è l’amministrazione ad agire per la condanna della società ricorrente alla somma di € 989.908,45 per l’intervento di bonifica dell’intera area colpita dall’esondazione del fiume Olona); identità di petitum sostanziale, dunque, e non (come pure è stato sostenuto in giudizio) relazione di pregiudizialità (che non figura qui né in termini tecnici, né logici).

V. A questo punto, declinata la giurisdizione, occorre dar seguito alle statuizioni delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione (22 febbraio 2007, n. 4109) e della Corte costituzionale (12 marzo 2007, n. 77), da ultimo fatte proprie anche dal Legislatore (art. 59 della L. 69/2009 ed ora art. 11 c.p.a.), secondo cui, allorquando un giudice declini al propria giurisdizione affermando quella di un altro giudice, il processo può proseguire innanzi al giudice fornito di giurisdizione e rimangono salvi gli effetti sostanziali e processuali della domanda proposta davanti al giudice incompetente in punto di giurisdizione, così evitando l’inaccettabile conseguenza di un processo che si debba concludere con una sentenza che confermi soltanto la giurisdizione del giudice adito senza decidere sull’esistenza o meno della pretesa.

V.1 In definitiva, il Tribunale amministrativo dichiara il proprio difetto di giurisdizione in favore del Giudice ordinario. Per la riassunzione davanti a questi è fissato per legge il termine perentorio, fino alla scadenza del quale saranno salvi gli effetti sostanziali e processuali della domanda, di tre mesi decorrenti dal passaggio in giudicato della presente sentenza.

VI. Residua la questione delle spese di lite per le quali è opportuno provvedere alla compensazione integrale tra le parti, avuto riguardo sia alle ragioni che hanno determinato la chiusura in rito del primo ricorso, sia le incertezze interpretative che, da sempre, accompagnano l’applicazione dei criteri di riparto degli affari tra le diverse giurisdizioni.


P.Q.M.

il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (sez. I), definitivamente pronunciando:

– quanto al ricorso n. 4131 del 1992, dichiara la sopravvenuta carenza di interesse in ordine alla impugnazione dell’ordinanza del Comune di Marnate del 16 settembre 1992;

– quanto ai restanti due ricorsi, dichiara il proprio difetto di giurisdizione in favore del Giudice Ordinario;

– compensa integralmente le spese di lite tra le parti.

Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 10 luglio 2013 con l’intervento dei magistrati:

Francesco Mariuzzo, Presidente
Dario Simeoli, Primo Referendario, Estensore
Roberto Lombardi, Referendario

L’ESTENSORE

IL PRESIDENTE
   

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 03/10/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
 

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