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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Rifiuti Numero: 539 | Data di udienza: 23 Ottobre 2013

* RIFIUTI – Regione Friuli Venezia Giulia – Servizio pubblico di gestione dei rifiuti – Art. 3, c. 25 l.r. n. 14/2012 – Zone funzionali – Cooperazione tra enti locali – Criteri di assimilazione dei rifiuti speciali agli urbani – Stato – Mancata emanazione dei regolamenti – Deliberazione 27 luglio 1984 del Comitato interministeriale – Artt. 188 e 189 d.lgs. n. 152/2006 – Rifiuti speciali – Conferimento al servizio pubblico di raccolta.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 1^
Regione: Friuli Venezia Giulia
Città: Trieste
Data di pubblicazione: 29 Ottobre 2013
Numero: 539
Data di udienza: 23 Ottobre 2013
Presidente: Zuballi
Estensore: Settesoldi


Premassima

* RIFIUTI – Regione Friuli Venezia Giulia – Servizio pubblico di gestione dei rifiuti – Art. 3, c. 25 l.r. n. 14/2012 – Zone funzionali – Cooperazione tra enti locali – Criteri di assimilazione dei rifiuti speciali agli urbani – Stato – Mancata emanazione dei regolamenti – Deliberazione 27 luglio 1984 del Comitato interministeriale – Artt. 188 e 189 d.lgs. n. 152/2006 – Rifiuti speciali – Conferimento al servizio pubblico di raccolta.



Massima

 

TAR FRIULI VENEZIA GIULIA, Sez. 1^ – 29 ottobre 2013, n. 539


RIFIUTI – Regione Friuli Venezia Giulia – Servizio pubblico di gestione dei rifiuti – Art. 3, c. 25 l.r. n. 14/2012 – Zone funzionali – Cooperazione tra enti locali.

In base all’art. 3, comma 25 della legge reg. Friuli Venezia Giulia 25 luglio 2012, n. 14, spetta alle forme di cooperazione tra enti locali esistenti l’esercizio della funzione di organizzazione del servizio pubblico di gestione dei rifiuti nelle corrispondenti “zone funzionali”.


Pres. Zuballi, Est. Settesoldi – B. s.r.l. (avv.ti Della Porta Rodiani e Fantini) c. Comune Di San Vito al Tagliamento (avv.ti Crismani e Caia) e altri (n.c.)


RIFIUTI – Criteri di assimilazione dei rifiuti speciali agli urbani – Stato – Mancata emanazione dei regolamenti – Deliberazione 27 luglio 1984 del Comitato interministeriale.

Non avendo lo Stato ancora emanato, ai sensi degli artt. 195 e 198 del d.lgs. n. 152/2006, alcun regolamento per la determinazione dei criteri di assimilazione dei rifiuti speciali agli urbani, si continuano ad applicare i criteri per l’assimilazione previsti nella deliberazione 27 luglio 1984 del Comitato interministeriale.


Pres. Zuballi, Est. Settesoldi – B. s.r.l. (avv.ti Della Porta Rodiani e Fantini) c. Comune Di San Vito al Tagliamento (avv.ti Crismani e Caia) e altri (n.c.)


RIFIUTI – Artt. 188 e 189 d.lgs. n. 152/2006 – Rifiuti speciali – Conferimento al servizio pubblico di raccolta.

Ai sensi del combinato disposto degli articoli 188, comma 3, lett. a) e 189, comma 3, lett. b) del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, i produttori di rifiuti speciali, provenienti dall’ambito territoriale ottimale di cui all’art. 3, comma 51 della legge reg. 11 agosto 2011, n. 11 ed art. 3, comma 25 delle legge reg. n. 14/2012, possono conferire i loro rifiuti al servizio pubblico di raccolta, previa sottoscrizione di apposita convenzione con il gestore del servizio pubblico. Pertanto, il gestore del servizio pubblico locale, deve assicurare, anche ai fini del rispetto da parte degli enti locali affidanti degli obiettivi di legge di raccolta differenziata, il recupero e lo smaltimento non soltanto dei rifiuti urbani ed assimilati ma anche dei rifiuti speciali conferiti da soggetti pubblici e privati al servizio pubblico di raccolta sulla base delle convenzioni previste dalle norme di legge sopra citate e provenienti dall’ambito territoriale unico definito dalle previsioni normative sopra richiamate. Si aggiunga, comunque, che tale tipologia di rifiuti (e cioè quelli speciali non assimilati) non è sottoposta a tributo o tariffa.

Pres. Zuballi, Est. Settesoldi – B. s.r.l. (avv.ti Della Porta Rodiani e Fantini) c. Comune Di San Vito al Tagliamento (avv.ti Crismani e Caia) e altri (n.c.)


Allegato


Titolo Completo

TAR FRIULI VENEZIA GIULIA, Sez. 1^ - 29 ottobre 2013, n. 539

SENTENZA

 

TAR FRIULI VENEZIA GIULIA, Sez. 1^ – 29 ottobre 2013, n. 539

N. 00539/2013 REG.PROV.COLL.
N. 00070/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 70 del 2013, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
Boz Sei S.R.L., rappresentato e difeso dagli avv. Piergiorgio Della Porta Rodiani, Alberto Fantini, con domicilio eletto presso Francesco Valentin in Trieste, via del Coroneo 21;

contro

Comune Di San Vito al Tagliamento, rappresentato e difeso dagli avv. Andrea Crismani, Giuseppe Caia, con domicilio eletto presso Andrea Crismani Avv. in Trieste, via Valdirivo 13;
Comune Di Arba, Comune Di Arzene, Comune Di Azzano Decimo, Comune Di Brugnera, Comune Di Casarsa Della Delizia, Comune Di Chions, Comune Di Cordovado, Comune Di Fiume Veneto, Comune Di Fontanafredda, Comune Di Morsano al Tagliamento, Comune Di Pasiano Di Pordenone, Comune Di Polcenigo, Comune Di Porcia, Comune Di Pravisdomini, Comune Di Sacile, Comune Di San Giorgio Della Richinvelda, Comune Di San Martino al Tagliamento, Comune Di Sesto al Reghena, Comune Di Valvasone, Comune Di Zoppola, Consorzio Intercomunale Zona Industriale Ponte Rosso;

nei confronti di

Ambiente Servizi S.p.A., rappresentato e difeso dagli avv. Andrea Crismani, Giuseppe Caia, con domicilio eletto presso Andrea Crismani Avv. in Trieste, via Valdirivo 13;

per l’annullamento

Quanto al ricorso introduttivo:

-della Deliberazione del Consiglio Comunale di San Vito al Tagliamento dd. 18 dicembre 2012 (n. 53/Reg.Delib.) avente ad oggetto” Assimilazione dei rifiuti speciali nel quadro della gestione integrata dei rifiuti urbani” (“Deliberazione”) dell’Allegato “A” alla deliberazione n. 53 del 18 dicembre 2012;

-della Deliberazione n. 4o dd. 18.5.1998 richiamata nella Delibera del Comune di San Vito al Tagliamento del 18 dicembre 2012, n. 53;

-della Deliberazione n. 94 del 10 settembre 2009 richiamata nella Delibera del Comune del 18 dicembre 2012, n. 53;

-della Deliberazione dell’Assemblea di Coordinamento Intercomunale dei Sindaci dell’Ambiente Servizi spa dd e di contenuto non noto;

-della relazione tecnico economica dd. e di contenuto non non noto;

Quanto ai motivi aggiunti depositati in data 16 aprile 2013:

-della deliberazione del Consiglio Comunale di San Vito al Tagliamento dd. 14 marzo 2013 avente ad oggetto “Rettifica deliberazione del Consiglio Comunale n. 53 del 18.12.2012 (Delibera di Rettifica);

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di San Vito al Tagliamento e di Ambiente Servizi S.p.A.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 23 ottobre 2013 la dott.ssa Oria Settesoldi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

La ricorrente, società che espone di occuparsi dei servizi di raccolta, trattamento, riciclo, smaltimento e recupero di ogni tipo di rifiuto industriale e commerciale, impugna la deliberazione comunale numero 53 di cui in epigrafe, con la quale è stato deliberato: a) l’ampliamento del catalogo dei rifiuti speciali assimilati agli urbani rispetto a quello previsto dalla precedente deliberazione n. 40 del 18 maggio 1998; b) che, al fine di favorire la raccolta differenziata di recupero di rifiuti speciali “non assimilati”, “si intende praticare una riduzione della tariffa applicata da Ambiente servizi S.p.A. quale soggetto incaricato della gestione del servizio pubblico favore del produttore che scelga di conferire rifiuti speciali non assimilati al servizio pubblico”; c) di stabilire che con la deliberazione di approvazione delle tariffe può essere stabilita da parte del Comune una “quota di retrocessione” a soggetto conferente all’Ambiente servizi S.p.A. di una quota del contributo CONAI per i rifiuti inviati a riciclo in rapporto all’andamento economico del servizio.

Questi i motivi di ricorso:

1) violazione e falsa applicazione degli articoli 198, 200 del decreto legislativo 152 del 2006; violazione e falsa applicazione dell’articolo 3 bis del decreto-legge 138 del 2011 (convertito con legge numero 221 del 2012); violazione e falsa applicazione del decreto del Presidente della Regione Friuli Venezia Giulia numero 278 del 31 dicembre 2012; violazione e falsa applicazione della legge regionale numero 11 dell’11 agosto 2011. Violazione dell’articolo 118 della costituzione. Incompetenza; si sostiene che la deliberazione impugnata inciderebbe in termini generali sulla organizzazione e gestione del servizio di raccolta di rifiuti urbani, ribadendo la validità della gestione in house di Ambiente servizi S.p.A. ed ampliandone l’operatività, consentendole di ricevere anche i rifiuti speciali “non assimilati”, alla stregua di servizio pubblico. Inoltre viene prevista la riduzione delle tariffe, ovvero l’introduzione di una tariffa agevolata, a favore solo di determinati utenti; il comune sarebbe stato incompetente perché la decisione avrebbe dovuto essere assunta dagli enti di governo dell’ambito e o bacino di riferimento. L’assemblea intercomunale di coordinamento dei sindaci di Ambiente Servizi S.p.A. non presenterebbe i connotati dimensionali richiesti dalla normativa regionale e statale e lo stesso territorio relativo ai 20 comuni interessati dalla gestione di Ambiente Servizi S.p.A. non corrisponderebbe neanche all’intero territorio provinciale.

2) violazione e falsa applicazione dell’articolo 198 del decreto legislativo 152 del 2006, sotto altro profilo. Eccesso di potere per difetto assoluto di presupposti, difetto di istruttoria, omessa o insufficiente motivazione, travisamento dei fatti; nell’assunto che non sarebbe stato adottato il regolamento previsto dall’articolo 198 citato, senza il quale non sarebbe possibile alcuna deliberazione in tema di assimilazione dei rifiuti speciali ai rifiuti urbani.

3) violazione e o falsa applicazione dei principi che governano il modello in house enucleati dalla giurisprudenza della corte di giustizia U.E.; violazione e/o falsa applicazione degli articoli 49,56 e 106 del trattato sul funzionamento dell’Unione Europea ;violazione e/o falsa applicazione degli articoli 134,198,238 del decreto legislativo numero 152 del 2006 ; violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 113 del decreto legislativo numero 267 del 2000; violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 14 del decreto-legge numero 201 del 2011; violazione articoli 23, 97,117 della costituzione; eccesso di potere in tutte le sue forme sintomatiche ed in particolare per sviamento, disparità di trattamento, ingiustizia manifesta ed omessa valutazione degli interessi in gioco.

3.1 per quanto riguarda la previsione di una tariffa differenziata per il produttore che accetta di conferire rifiuti speciali non assimilati al servizio pubblico si rileva che questi esulano dall’ambito del servizio pubblico, per cui la relativa gestione dovrebbe svolgersi ad opera dei privati, rientrando nel libero mercato lo sconto sulla tariffa e/o l’introduzione di una tariffa agevolata che avrebbe la finalità di far competere Ambiente Servizi S.p.A con le altre imprese presenti sul territorio; in questo modo le imprese private che operano nel settore in questione verrebbero ad essere discriminate a vantaggio di Ambiente servizi S.p.A. e questa, inoltre, acquisirebbe una vocazione commerciale destinata ad eliminare o, comunque, a rendere più gravoso il controllo analogo da parte delle indicazioni pubbliche, che invece rappresenta un presupposto per l’affidamento in house.

3.2) si sostiene che nessuna delle norme vigenti in materia di tariffe o contributi sui rifiuti prevede la possibilità di istituire, applicare e riscuotere una tariffa o tributo per rifiuti speciali, né la previsione di uno “sconto” della stessa in relazione al fatto che i produttori accettino di conferire rifiuti speciali al servizio pubblico. Si sostiene infine che nei confronti di Ambiente Servizi S.p.A. sarebbe stata attuata una agevolazione in contrasto con il preciso disposto del comma 10 dell’articolo 113 del decreto legislativo numero 267 del 2000.

4) violazione e/o falsa applicazione degli articoli 221 e 224 del decreto legislativo numero 152 del 2006; eccesso di potere per disparità di trattamento, ingiustizia manifesta. Incompetenza;

si afferma che la previsione di cui all’ultimo capoverso della delibera impugnata, secondo cui “… Con la deliberazione di approvazione delle tariffe, può essere stabilita da parte del comune una quota di retrocessione a soggetto conferente di una quota del contributo CONAI per i rifiuti inviati a riciclo e riutilizzo in rapporto all’andamento economico del servizio” sarebbe contraria alla normativa perché, attraverso il pagamento del contributo ambientale, i produttori e gli utilizzatori assolvono ad un obbligo di legge previste dall’articolo 221 del decreto legislativo numero 152 del 2006 e i corrispettivi in questione vengono riconosciuti ai comuni o i loro delegati per il supporto delle spese da essi sostenute per l’aggravio che gli imballaggi comportano alla raccolta differenziata gestita da servizio pubblico. Tali corrispettivi pertanto non apparterrebbero al comune, che quindi non può decidere di disporne liberamente, ma dovranno essere utilizzati per il miglioramento della raccolta differenziata e per il fine per il quale è stato istituito lo stesso contributo ambientale CONAI che era fonte di tali corrispettivi.

Con successivo atto di motivi aggiunti è poi stata impugnata la deliberazione n. 10 del 14 marzo 2013 con cui il Comune ha rettificato la precedente deliberazione n. 53 , sostanzialmente provvedendo ad eliminare il “non” che nella primitiva versione era anteposto all’aggettivo ” assimilati”, per quanto concerne la riduzione della tariffa prevista.

Vengono riformulati i motivi di ricorso già dedotti con il ricorso introduttivo.

Si sono costituiti in giudizio la società contro interessata e il comune intimato contro deducendo per il rigetto del ricorso, di cui è stata eccepita in via preliminare la inammissibilità per carenza di interesse, nell’assunto che l’atto impugnato non sarebbe in grado di arrecare alcuna lesione perché le previsioni in esso contenute potranno essere attuate solo se e quando tutti i 20 enti locali soci di Ambiente Servizi avranno approvato identiche deliberazioni, il che non sarebbe ancora avvenuto. Inoltre si sostiene che la ricorrente avrebbe in precedenza manifestato la propria assenza di interesse per l’attività economica in questione, essendo uscita dal consorzio Ecosinergie che gestisce l’impianto di selezione di recupero dei rifiuti ed avendo ceduto le proprie quote ad Ambiente Servizi S.p.A. verso un corrispettivo di euro 970.000. Infine, anche nell’ipotesi di ritenere la delibera autonomamente ed immediatamente produttiva di effetti, si sostiene che la ricorrente sarebbe comunque priva dell’interesse a ricorrere, avendo impugnato soltanto due delle analoghe delibere adottate da sei dei comuni soci di Ambiente Servizi S.p.A.

Il collegio preferisce prescindere dall’esame delle eccezioni preliminari dal momento che il ricorso va comunque respinto perché infondato.

Si deve anzitutto concordare con le argomentazioni delle resistenti che hanno sottolineato come gran parte delle doglianze avanzate da Parte ricorrente si basino su una lettura errata della deliberazione impugnata, essendo innegabile che le censure risultino sviluppate nel presupposto che le previsioni consiliari impugnate riguardassero i “rifiuti speciali non assimilati” (v., ad es., pagg. 4, 13 e 14, 17, 22 del ricorso principale), mentre invece – è indubbio che l’atto impugnato si riferisce ai <<rifiuti speciali assimilati>>, come ulteriormente chiarito con la deliberazione di rettifica. A tal riguardo, il ricorrente ha riformulato con i motivi aggiunti le censure del ricorso introduttivo senza peraltro che l’esito della decisione possa mutare, per tutte le considerazioni di seguito esposte.

Il primo motivo di ricorso riguarda la ritenuta violazione del principio di organizzazione del servizio di gestione integrata dei rifiuti in ambiti o bacini territoriali ottimali, nell’assunto che le norme di legge statale e regionale asseritamente violate imporrebbero che l’organizzazione dei rifiuti urbani ed assimilati sia organizzata sulla base di ambiti o bacini territoriali ottimali (cfr. art. 3-bis del d.l. 13 agosto 2011, n. 138 conv. con modif. in l. 14 settembre 2011, n. 148; art. 200 del d.lgs. n. 152/2006; art. 3, comma 51 della legge reg. 11 agosto 2011, n. 11 ed art. 3, comma 25 della legge reg. 25 luglio 2012, n. 14).

Ricorda peraltro il collegio che l’art. 3, comma 25 della legge reg. 25 luglio 2012, n. 14 e successive modifiche ed integrazioni stabilisce che <<In attuazione di quanto previsto dall’articolo 3 bis, comma 1, terzo e quarto periodo, del decreto legge 13 agosto 2011, n. 138 (Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo), convertito, con modificazioni, dalla legge 148/2011, e sulla base di deliberazioni degli enti locali interessati, da perfezionare con la relativa assunzione entro il 31 dicembre 2013, nei casi di forme di cooperazione tra enti locali per la gestione diretta e in house dei servizi pubblici relativi ai rifiuti urbani operanti per la raccolta differenziata e il recupero in attuazione delle direttive comunitarie in materia, l’ambito territoriale unico di cui all’articolo 3, comma 51, della legge regionale 11 agosto 2011, n. 11(Assestamento del bilancio 2011), che viene confermato anche successivamente al 31 dicembre 2013, risulta articolato in zone funzionali corrispondenti alle predette forme di cooperazione>> .

Pertanto, in base alla norma ora riportata, spetta alle predette “forme di cooperazione” esistenti l’esercizio della funzione di organizzazione del servizio pubblico di gestione dei rifiuti nelle corrispondenti “zone funzionali”. Nel caso di specie il collegio ritiene che in tal modo si pervenga proprio all’Assemblea di coordinamento intercomunale, per mezzo della quale gli enti locali soci di Ambiente Servizi s.p.a. esercitano il controllo analogo sulla società, la quale può pertanto legittimamente adottare, in forza del sopra citato art. 3, comma 25 della legge reg. cit., deliberazioni riguardanti l’organizzazione del servizio di gestione dei rifiuti nel territorio dei Comuni di riferimento.

In ragione di quanto sopra, le deliberazioni consiliari qui impugnate, essendo state adottate per dare attuazione alla deliberazione dell’Assemblea di coordinamento intercomunale n. 141 del 27 novembre 2012 , non si pongono in contrasto con la normativa in materia di organizzazione del servizio di gestione dei rifiuti urbani.

Né vi è ragione per ritenere che l’art. 3, comma 25 legge reg. n. 14/2012 non sarebbe più applicabile dal momento che il Piano regionale di gestioni dei rifiuti, adottato con decreto del Presidente della Regione 31 dicembre 2012, n. 0278/Pres., ha individuato un unico ambito territoriale regionale.

Infatti, l’art. 3, comma 25 della legge reg. cit., anche dopo le recenti modifiche apportate dall’art. 4 della legge reg. 26 luglio 2013, n. 6, stabilisce ancora espressamente che <<l’ambito territoriale unico di cui all’articolo 3, comma 51, della legge regionale 11 agosto 2011, n. 11 (Assestamento del bilancio 2011), che viene confermato anche successivamente al 31 dicembre 2013, risulta articolato in zone funzionali corrispondenti alle predette forme di cooperazione>> e non si vede perché la Associazione di Comuni cui fa riferimento Ambiente Servizi spa non possa ritenersi rispondente a tale previsione.

Con il secondo motivo di ricorso si contesta la violazione dell’art. 198 del d.lgs. n. 152/2006 in quanto, a dire del ricorrente, «non risulta che il Comune abbia adot-tato il regolamento previsto dalla predetta norma che costituisce presupposto e/o condizione senza la quale non è possibile alcuna deliberazione in tema di assimila-zione dei rifiuti speciali ai rifiuti urbani». Osserva peraltro il collegio che l’art. 198 del d.lgs. n. 152/2006 stabilisce che i Comuni concorrono a disciplinare con appositi regolamenti la gestione dei rifiuti urbani, prevedendo, in particolare, al punto g), «l’assimilazione, per qualità e quantità, dei rifiuti speciali non pericolosi ai rifiuti urbani, secondo i criteri di cui all’articolo 195, comma 2, lett. e), ferme restando le definizioni di cui all’articolo 184, comma 2, lettere e) e d)» e che, come del resto è stato chiaramente illustrato nelle premesse della deliberazione qui impugna-ta, lo Stato non ha ancora emanato il regolamento ministeriale di cui all’art. 195, comma 2, lett. e) del d.lgs. n. 152/2006 per la determinazione dei criteri per l’assimilazione dei rifiuti speciali agli urbani e, pertanto, ai sensi dell’art. 1, comma 184, lett. a) e b) della legge n. 296/2006, «nelle more della completa attuazione delle dispo-sizioni recate dal decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 e successive modificazio-ni: …in materia di assimilazione dei rifiuti speciali ai rifiuti urbani, continuano ad applicarsi le disposizioni degli articoli 18, comma 2, lettera d), e 57, comma 1, del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22».

Inoltre, lo Stato non ha neppure emanato, ai sensi del previgente art. 18, comma 2, lett. d) e comma 4 del d.lgs. n. 22/1997, il regolamento ministeriale per la determina-zione dei criteri di assimilazione dei rifiuti speciali agli urbani e, pertanto, ai sensi del previgente art. 57, comma 1 del d.lgs. n. 22/1997, «Le norme regolamentari e tecniche che disciplinano la raccolta, il trasporto e lo smaltimento dei rifiuti restano in vigore sino all’adozione delle specifiche norme adottate in attuazione del presente decreto».

Ne deriva che, non avendo lo Stato ancora emanato, ai sensi delle norme sopra richiamate, alcun regolamento per la determinazione dei criteri di assimilazione dei rifiuti speciali agli urbani, si continuano ad applicare i criteri per l’assimilazione previsti nella deliberazione 27 luglio 1984 del Comitato interministeriale. Ed, infatti, il Comune di San Vito al Tagliamento, in conformità alla normativa sopra citata, ha stabilito, ancora con deliberazione consiliare n. 40 del 18 maggio 1998, l’assimilazione dei rifiuti speciali agli urbani in conformità ai criteri di cui alla sopra citata deliberazione 27 luglio 1984 e la deliberazione consiliare oggetto della presente impugnativa si è limitata ad aggiungere all’elenco dei rifiuti speciali assi-milati un ulteriore rifiuto e cioè l’ «olio esausto da cucina (codice CER 200125) per un quantità massima di 2000 Kg/prelievo».

In ragione di quanto sopra esposto, è dunque evidente che la censura formulata dal ricorrente è priva di pregio.

Altrettanto infondato è anche il terzo motivo di ricorso sulla ritenuta estensione della privativa ai rifiuti speciali non assimilati e sulla conseguente perdita del carattere di società in house di Ambiente Servizi s.p.a.

Parte ricorrente contesta la legittimità della deliberazione impugnata nella parte in cui avrebbe previsto «una riduzione della tariffa applicata da Ambiente Servizi s.p.a. quale soggetto incaricato della gestione del servizio pub-blico a favore del produttore che scelga di conferire i rifiuti speciali non assimilati al servizio pubblico» (così a pag. 13 del ricorso), ritenendo che tale previsione sarebbe illegittima in quanto «la disci-plina della raccolta differenziata e il recupero dei rifiuti speciali “non assimilati” non rientra nella funzione comunale di organizzazione e gestione del servizio pub-blico dei rifiuti urbani. Inoltre si sostiene che la disposizioni consiliare farebbe venir meno i caratteri di società in house di Ambiente Servizi s.p.a. in quanto «un ampliamento dell’attività della Ambiente Servizi s.p.a. in un settore, quale quello dei rifiuti speciali non assimilati, di natura commerciale, comporterebbe un sicuro ampliamento dei soggetti destinatari dei servizi (tutte le imprese che decidano di optare per il confe-rimento dei propri rifiuti speciali alla società in house) che farebbe acquisire alla Ambiente Servizi s.p.a. una vocazione commerciale» a pag. 17 del ricorso).

Anche dopo la specifica deliberazione di rettifica, oggetto dei motivi aggiunti, parte ricorrente insiste a ritenere che il Comune avrebbe comunque favorito il produttore di rifiuti speciali non assimilati che scelga di conferirli al gestore del servizio pubblico, il che è palesemente smentito dalla lettera della previsione in questione.

È anzitutto ictu oculi evidente come tali argomentazioni si basino su una errata lettura della deliberazione impugnata anche alla luce della successiva deliberazione di rettifica , essendo evidente che la previsione di una riduzione della tariffa a favore del produttore che conferisce rifiuti speciali, vale con esclusivo riferimento a «i rifiuti speciali assimilati> e non invece “i rifiuti speciali non assimilati”.

E’ dunque evidente che le censure del ricorrente, basandosi su di un’errata lettura del-la deliberazione consiliare impugnata, sono del tutto prive di fondamento.

In ogni caso si deve anche rilevare come l’assunto del ricorrente, secondo cui <<un ampliamento dell’attività della Ambiente Servizi s.p.a. in un settore, quale quello dei rifiuti speciali non assimilati, di natura commerciale, comporterebbe un sicuro ampliamento dei soggetti destinatari dei servizi (tutte le imprese che decidano di optare per il conferimento dei propri rifiuti speciali alla società in house) che farebbe acquisire alla Ambiente Servizi s.p.a. una vocazione commerciale. Tale vocazione commerciale eliminerebbe, o comunque renderebbe più gravoso, il controllo analogo da parte delle amministrazioni pubbliche>> (così a pag. 19 del ricorso principale), non possa essere ritenuto condivisibile.

Infatti, si deve osservare che, ai sensi del combinato disposto degli articoli 188, comma 3, lett. a) e 189, comma 3, lett. b) del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, i produttori di rifiuti speciali, provenienti dall’ambito territoriale ottimale di cui all’art. 3, comma 51 della legge reg. 11 agosto 2011, n. 11 ed art. 3, comma 25 delle legge reg. n. 14/2012, possono conferire i loro rifiuti al servizio pubblico di raccolta, previa sottoscrizione di apposita convenzione con il gestore del servizio pubblico.

Pertanto, Ambiente Servizi s.p.a., quale gestore del servizio pubblico locale, deve assicurare, anche ai fini del rispetto da parte degli enti locali affidanti degli obiettivi di legge di raccolta differenziata, il recupero e lo smaltimento non soltanto dei rifiuti urbani ed assimilati ma anche dei rifiuti speciali conferiti da soggetti pubblici e privati al servizio pubblico di raccolta sulla base delle convenzioni previste dalle norme di legge sopra citate e provenienti dall’ambito territoriale unico definito dalle previsioni normative sopra richiamate. Si aggiunga, comunque, che tale tipologia di rifiuti (e cioè quelli speciali non assimilati) non è sottoposta a tributo o tariffa.

In ragione di quanto ora esposto, è dunque evidente che l’attività di trattamento dei rifiuti speciali conferiti al servizi pubblico di raccolta, previa convenzione con il gestore, debba essere considerata come “attività svolta a favore del territorio di riferimento” e, conseguentemente, Ambiente Servizi s.p.a. rispetti la normativa in tema di in house providing.

Ad ogni modo, anche a voler ammettere che la tipologia di attività di cui sopra non possa essere qualificata come attività resa a favore degli enti locali soci, occorre sottolineare che Ambiente Servizi s.p.a., avendo l’incarico di svolgere il servizio pubblico di gestione dei rifiuti urbani ed assimilati nel territorio dei Comuni associati, svolge comunque “la parte più importante della propria attività” a favore degli enti locali di riferimento.

Del resto, non si potrebbe neppure sostenere che un soggetto in house che gestisce servizi pubblici debba svolgere la propria attività in via esclusiva a favore degli enti locali che ne detengono il capitale. Basti pensare al fatto che il legislatore, quando ha inteso stabilire che le società devono operare esclusivamente nei confronti delle amministrazioni socie, lo ha espressamente affermato (cfr. art. 13, comma 2 del d.l. 4 luglio 2006, n. 223 conv. con modif. in l. 4 agosto 2006, n. 248, norma che riguarda le società che svolgono servizi strumentali all’attività delle amministrazioni titolari del capitale e che dunque non si riferisce alle società di gestione di servizi pubblici locali come Ambiente Servizi s.p.a.).

In ragione di quanto sopra esposto, è dunque evidente che Ambiente Servizi s.p.a., operando nel pieno rispetto del requisito della prevalenza, è conforme al modello in house providing.

Il successivo motivo di ricorso riguarda la ritenuta violazione delle norme riguardanti la determinazione del tributo e della tariffa per la gestione dei rifiuti urbani ed assimilati, contestandosi anche la violazione delle norme statali e regionali riguardanti la determinazione del tributo e della tariffa per la gestione dei rifiuti urbani ed assi-milati. Più precisamente, il ricorrente afferma che «nessuna delle norme in materia di tariffe/tributi sui rifiuti prevede la possibilità di istituire, applicare e riscuotere una tariffa/tributo per i rifiuti speciali» (pag. 22- 23 del ricorso).

Anche tale censura è priva di fondamento in quanto, come le censure formulate con il terzo motivo di ricorso, si fonda su di una errata lettura della deliberazione impugna-ta.

Infatti, come si è già sopra illustrato la riduzione tariffaria riguarda i «rifiuti speciali assimi-lati» e non i “rifiuti speciali non assimilati”.

Del resto, la previsione consiliare in questione è coerente con l’art. 14, comma 18 del d.l. 6 dicembre 2011, n. 201 ove si stabilisce che <<Alla tariffa e’ applicato un coefficiente di riduzione proporzionale alle quantità di rifiuti assimilati che il produttore dimostri di aver avviato al recupero>>.

Pertanto, la riduzione tariffaria per il conferimento di rifiuti urbani assimilati destinati al recupero non spetta soltanto all’utente che consegna tali rifiuti al gestore del servizio pubblico ma anche all’utente che conferisce tali rifiuti ad un’impresa autorizzata diversa dal gestore del servizio.

E’ dunque evidente che la previsione consiliare in contestazione non determina alcuna disparità di trattamento tariffario tra i diversi utenti. Del resto, si deve altresì considerare che l’utente che conferisce i rifiuti urbani assimilati ad un’impresa diversa dal gestore del servizio pubblico non solo beneficia della riduzione tariffaria di cui all’art. 14 del d.l. n. 201/2011 ma anche si giova dell’importo corrisposto dall’impresa autorizzata per l’acquisto dei rifiuti.

E’ dunque evidente che anche questo motivo di censura è palesemente infondato.

Per quanto riguarda la ritenuta violazione degli articoli 221 e 224 del d.lgs. n. 152/2006 sugli obblighi dei produttori ed uti-lizzatori di imballaggi e sul pagamento del contributo ambientale CONAI e cioè quella parte della deliberazione im-pugnata in cui si stabilisce che «con la deliberazione di approvazione delle tariffe, può essere stabilita da parte del Comune una quota di retrocessione al soggetto conferente di una quota del contributo CONAI per i rifiuti inviati a riciclo e riutilizzo in rapporto all’andamento economico del servizio», contestata nell’assunto che, «la “quota di retrocessione” deresponsabiliz-za i produttori e gli utilizzatori di imballaggi e va inoltre ad inserirsi in un percorso virtuoso stabilito dalla legge che non prevede la possibilità di “deviazioni”» (così a pag. 28 del ricorso), il collegio ricorda che Ambiente Servizi, quale gestore di servizio pubblico, effettua la raccolta differenzia-ta di rifiuti, tra i quali, essendo già stati assimilati agli urbani, sono ricompresi anche i rifiuti da imballaggio.

L’art. 180-bis del d.lgs. n. 152/2006 stabilisce che «le pubbliche amministrazioni promuovono, nell’esercizio delle rispettive competenze, iniziative dirette a favorire il riutilizzo dei prodotti e la preparazione per il riutilizzo dei rifiuti. Tali iniziative possono consistere anche in: a) uso di strumenti economici . . ..».

Pertanto non si vede come la normativa non sia stata rispettata per il fatto che il Comune di San Vito al Tagliamento, all’evidente fine di favorire la raccolta differenziata e il recupero dei rifiuti ed in attuazione della norma sopra riportata, ha inteso riconoscere un incentivo di carattere economico a quei soggetti che decidono di conferire al gestore del servizio pubblico rifiuti destinati al riciclo e riutilizzo, tanto più che risulta che tale misura incentivante viene applicata soltanto a quei soggetti che conferiscono rifiuti che possono incidere favorevolmente sull’ «andamento economico del servizio» (così nei deliberata del provvedimento impugnato).

In altre parole, il Comune intende adottare tale misura economica soltanto con riferimento a quei rifiuti che possono essere oggetto di commercializzazione e, conse-guentemente, fonte di introiti per le casse comunali: ciò in quanto il recupero dei rifiuti in vista del riciclaggio contribuisce ad aumentare «l’efficienza delle gestioni di Ambiente Servizi e, conseguentemente, a ridurre ulteriormente le tariffe praticate ai cittadini» (così testualmente si legge nel verbale dell’assemblea di coordinamento intercomunale di Ambiente Servizi s.p.a. tenutasi il 27 novembre 2012 ).

In ragione di quanto sopra esposto, è dunque evidente che anche tale censura è priva di fondamento.

Il ricorso deve essere pertanto respinto in quanto infondato.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia (Sezione Prima)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Condanna parte ricorrente a rifondere le spese e competenze di giudizio in favore del Comune costituito liquidandole in € 3.000,00 + accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Trieste nella camera di consiglio del giorno 23 ottobre 2013 con l’intervento dei magistrati:

Umberto Zuballi, Presidente
Enzo Di Sciascio, Consigliere
Oria Settesoldi, Consigliere, Estensore

L’ESTENSORE

IL PRESIDENTE
      

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 29/10/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 

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