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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Acqua - Inquinamento idrico Numero: 1277 | Data di udienza: 13 Novembre 2013

* ACQUA E INQUINAMENTO IDRICO – Situazioni ad elevato rischio idrogeologico –  Art. 67 d.lgs. n. 152/2006 – Incentivi finanziari per la rilocalizzazione delle attività produttive e delle abitazioni private – Avvalimento della facoltà di usufruire delle incentivazioni – Conseguenze – Mancato avvalimento – Conseguenze.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 2^
Regione: Piemonte
Città: Torino
Data di pubblicazione: 28 Novembre 2013
Numero: 1277
Data di udienza: 13 Novembre 2013
Presidente: Salamone
Estensore: Salamone


Premassima

* ACQUA E INQUINAMENTO IDRICO – Situazioni ad elevato rischio idrogeologico –  Art. 67 d.lgs. n. 152/2006 – Incentivi finanziari per la rilocalizzazione delle attività produttive e delle abitazioni private – Avvalimento della facoltà di usufruire delle incentivazioni – Conseguenze – Mancato avvalimento – Conseguenze.



Massima

 

TAR PIEMONTE, Sez. 2^ – 28 novembre 2013, n. 1277


ACQUA E INQUINAMENTO IDRICO – Situazioni ad elevato rischio idrogeologico –  Art. 67 d.lgs. n. 152/2006 – Incentivi finanziari per la rilocalizzazione delle attività produttive e delle abitazioni private – Avvalimento della facoltà di usufruire delle incentivazioni – Conseguenze – Mancato avvalimento – Conseguenze.

L’art. 67 del Codice dell’ambiente (D.lgs. 152/2006) prevede che le Autorità di bacino devono approvare piani straordinari diretti a rimuovere le situazioni a più elevato rischio idrogeologico; il c. 6 stabilisce che le regioni devono predisporre un piano di adeguamento delle infrastrutture e per la concessione di incentivi finanziari per la rilocalizzazione delle attività produttive e delle abitazioni private e conclude: “Ove i soggetti interessati non si avvalgano della facoltà di usufruire delle predette incentivazioni, essi decadono da eventuali benefici connessi ai danni derivanti agli insediamenti di loro proprietà in conseguenza del verificarsi di calamità naturale”. Soltanto i soggetti interessati che si siano avvalsi di incentivi devono, pertanto, procedere alla demolizione degli immobili ed il terreno di risulta viene acquisito al patrimonio indisponibile dei comuni. La normativa sopra richiamata ha assunto il principio della responsabilità in quanto prevedono incentivi per consentire le rilocalizzazioni di immobili in aree a rischio ma non impone l’obbligo di rilocalizzazione. Conseguentemente chi non usufruisce degli incentivi perde la facoltà di ottenere, nel futuro, indennizzi per danni che dovessero derivare sui loro immobili da eventi naturali, ma non viene espropriato.

Pres. ed Est. Salamone – C.C. (avv.ti Santilli e Dealessi) c. Comune di Bussoleno (n.c.)
 


Allegato


Titolo Completo

TAR PIEMONTE, Sez. 2^ - 28 novembre 2013, n. 1277

SENTENZA

 

TAR PIEMONTE, Sez. 2^ – 28 novembre 2013, n. 1277

N. 01277/2013 REG.PROV.COLL.
N. 00389/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 389 del 2011, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
CLAUDIO COLOMBATTO, rappresentato e difeso dagli avv.ti Giorgio Santilli e Francesca Dealessi, con domicilio eletto presso il loro studio in Torino, via Paolo Sacchi, 44;

contro

COMUNE DI BUSSOLENO, in persona del Sindaco pro tempore;

nei confronti di

REGIONE PIEMONTE, in persona del Presidente pro tempore;

per l’annullamento

– dell’ordinanza 03.02.2011 n. 8 con cui il Responsabile del servizio Area urbanistica – sportello unico per l’edilizia, ha ordinato al ricorrente lo sgombero dei locali in Regione Ghiare 2;

– del piano di espropriazione enunciato nell’ordinanza n. 8/2011 di cui non è conosciuto il contenuto;

– occorrendo: dell’art. 88 NTA del PRG di Bussoleno (D.G.R. n. 21-11637 del 22.06.2009 e aggiornamento C.C. n. 15 del 04.02.2010);

nonchè, con i motivi aggiunti depositati in data 05.03.2012,

per l’annullamento, previa sospensione,

– dell’ordinanza 28.12.2011 n. 134, notificata il 09.01/2012, con cui il Responsabile del servizio Area urbanistica – sportello unico per l’edilizia – ha ordinato al ricorrente il ripristino dello stato dei luoghi, per presunte opere abusive rispettivamente al piano terra, piano primo e piano sottotetto dell’immobile sito in Bussoleno, Regione Ghiare n. 2.

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 13 novembre 2013 il dott. Vincenzo Salamone e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Con il ricorso si espone che con decreto di trasferimento del Tribunale di Torino 18.02.2002

Bassino Bruno acquistò la proprietà del fabbricato e terreno in Bussoleno, Fr. Foresto, Regione Ghiare 2.

Il fabbricato è così descritto: “fabbricato di civile abitazione, già a destinazione rurale, elevato a due piani fuori terra, oltre piano sottotetto, con annessa tettoia … composto di:

– al piano terreno (1° f.t.), ingresso, cucina, due camere, ripostiglio, due cantine … e tettoia aperta;

– al piano primo (2° f.t.) cui si accede a mezzo di scala esterna …, ingresso cucina, due camere ripostiglio e terrazzo da cui si diparte scala esterna per accedere al sottotetto”.

Precisa ancora il decreto che “secondo quanto riportato nella CTU redatta dal geom. P.L. Colombo il fabbricato, già a destinazione rurale, potrebbe essere stato oggetto in tempi recenti di interventi di ammodernamento e, per quanto indicato all’esterno, sembrerebbe avere la destinazione di circolo privato associato Ancol (insegna Horse club baby park)”.

Infine il decreto dà atto che la destinazione dell’area è agricola, il fabbricato è anteriore al 1967 ed è stato oggetto di denuncia a catasto urbano in data 10.9.1993.

La relazione di perizia 21.6.1999 redatta dal geom. Colombo per il Tribunale in sede di procedura esecutiva, oltre a quanto riportato nel decreto, attesta che “per quanto risultante dalle schede planimetriche a firma del geom. Francesco Zanella in data 10.9.1993 (data dell’accatastamento urbano) ai piani terreno e primo sono ricavate due unità abitative” e ne descrive la consistenza rappresentata dalle allegate planimetrie.

La perizia dà atto che l’Ufficio tecnico comunale non riscontra irregolarità edilizie e che lo stato dei luoghi parrebbe corrispondere alle planimetrie catastali (non essendo stato possibile l’accesso all’interno).

Con contratto preliminare 28.10.2004 il sig. Bassino Bruno (cui sono poi succeduti i figli) ha promesso di vendere l’immobile al sig. Claudio Colombatto.

Il sig. Bassino ha ottenuto il permesso 9/04 per il risanamento della copertura, con inizio dei lavori in data 21.3.05, eseguiti dal sig. Colombatto, che ne aveva preso il possesso.

Il 20.1.2009 il Responsabile del servizio area urbanistica del Comune di Bussoleno ha comunicato al sig. Bassino che, ai fini della rilocalizzazione degli immobili siti in zone a rischio idraulico e idrogeologico e per la concessione dei relativi incentivi, ai sensi dell’art. 1, c. 5, della legge n. 267 del 1998, sarebbe stato eseguito un censimento dei nuclei abitati interessati, con invito a compilare la scheda di consistenza. Alla comunicazione era allegata nota della Regione Piemonte 9.1.09, che, diretta ai comuni interessati da piani di rilocalizzazione di immobili collocati in zona a rischio idraulico e idrogeologico e rientranti nelle casistiche di rilocalizzazione ex art. 1/5 d.l. 180/98 conv. in 1. 267/98, chiedeva informazioni supplementari per dare impulso all’iter.

Il 7.10.2009 il sig. Colombatto ha presentato d.i.a. per lavori di manutenzione interna e sostituzione serramenti.

Il 16.10.2009 il Responsabile del procedimento ha invitato l’interessato a contattare l’Ufficio tecnico per chiarimenti (con sospensione di efficacia della d.i.a.).

II 9.12.2009 il Responsabile del servizio area urbanistica ha comunicato l’avvio del procedimento per riscontrati lavori abusivi di ristrutturazione, richiamando “la relazione in data (manca la data) a firma dell’Ufficio di Polizia Municipale”.

Con il verbale di accertamento 23.1.2009 si dichiara: “l’immobile risulta attualmente non abitabile in quanto privo di serramenti, impianti e servizi di prima necessità”.

Con ordinanza 25.1.2010 n. 9 il Responsabile del servizio ha ordinato il ripristino dei luoghi richiamando le risultanze di sopralluogo 23.10.2009 dal quale sarebbero emerse opere in difformità da DIA 28.4.05 consistenti, al piano terreno, nella “trasformazione in civile abitazione in unità indipendente vuota e in pessime condizioni in quanto priva di alcuni serramenti, con impianti tecnologici obsoleti”; al 1° piano e sottotetto in lavori di ristrutturazione in corso.

In data 8.4.2010, 15.7.2010 e 15.11.2010 sono stati eseguiti sopralluoghi da parte della polizia municipale, che ha verificato la presenza nell’immobile di persone.

Il 24.9.2010 il Responsabile del servizio del Comune di Bussoleno ha comunicato l’avvio del procedimento per la riduzione in pristino dell’area con conseguente acquisizione al patrimonio comunale ai sensi dell’art. 59 della 1.r. 9/2007 e successive D.G.R. relative all’attuazione dei piani comunali per rilocalizzazione in quanto:

– l’immobile, in classe IIIC, non è regolare e non ha i requisiti di abitabilità; quindi non può accedere agli incentivi per la rilocalizzazione;

– il Comune deve predisporre un quadro economico delle spese che dovrà sostenere per le operazioni di rilocalizzazione e la riduzione in pristino delle aree relitte;

– oltre alle aree relitte inerenti gli edifici oggetto di rilocalizzazione, restano quelle “con edifici non ammessi all’incentivo, non utilizzati o utilizzati abusivamente, che in relazione alla situazione urbanistico-geologica, saranno privi di manutenzione a causa dell’impossibilità di utilizzo, e pertanto occorre, in relazione alla reale pericolosità dei luoghi, inserire nel quadro economico la riduzione in pristino anche di queste aree relitte”.

Il procedimento, così avviato, non risulta definito.

Con ordinanza 3.2.2011 n. 8, successivamente notificata, il Responsabile del servizio:

– afferma che il fabbricato, prima dell’esecuzione dei lavori non regolarmente autorizzati rilevati nel sopralluogo 23.1.2009, era destinato al p.t. a stalla, cantina e deposito, al piano primo a residenza rurale, al sottotetto a fienile, con tettoia e depositi esterni sull’area di pertinenza;

– riporta lo stato dei luoghi descritto nel verbale 23.1.2009;

– afferma che “l’immobile, in seguito agli eventi alluvionali nov. 2000 non ha più subito interventi atti a renderlo utilizzabile, è privo dei requisiti minimi per l’utilizzo compresi i servizi igienici e dagli atti presenti in archivio risulta essere abbandonato e pertanto vuoto dal 6.8.2003”;

– dà atto che in relazione al fabbricato era stata rilasciata l’autorizzazione n. 75 del 1993 per rifacimento impianto elettrico, sostituzione infissi e piastrelle del bagno, oltre al permesso di costruire 9/04 per rifacimento del tetto: questo sarebbe avvenuto “con la consapevolezza del rischio legato all’approvazione delle procedure di rilocalizzazizone”;

– dichiara che, per impedire al sig. Colombatto di conseguire un richiesto “codice allevamento” per detenere animali sul fondo, il Comune aveva segnalato all’ASL e ai gestori dei servizi a rete che l’immobile non era suscettibile di alcuna utilizzazione e sarebbe stato oggetto dei “provvedimenti di cui alla 1.r. 9/2007”;

– dichiara che l’immobile, non ammissibile agli incentivi per rilocalizzazione, è inserito nel “piano di esproprio, demolizione con conseguente ripristino delle aree relitte”;

– dà atto che l’immobile è frequentato da persone e vi sono animali, oltre all’ulteriore richiesta di insediare un allevamento;

– afferma che detta occupazione, non autorizzata e non autorizzabile, aggraverebbe e ostacolerebbe le procedure attivate per la demolizione dell’immobile, il quale “deve essere privo di presenza antropica e sgombro da animali, cose e allo stesso stato di fatto in cui si trovava al momento del sopralluogo 23.1.2009”;

– considera che “si rilevano continui tentativi di insediamento e utilizzo”.

Su queste premesse ordina lo sgombero dei locali da animali e cose entro 30 giorni.

Si lamenta: carenza di potere, erroneità dei presupposti, travisamento; illegittimità dell’art. 88 del PRG di Bussoleno.

Con motivi aggiunti si chiede l’annullamento dell’ordinanza 28/12/ 2011 n. 134, notificata il 9/1/ 2012, con la quale il Responsabile del servizio Area urbanistica -sportello unico per l’edilizia- ha ordinato al ricorrente il ripristino dei luoghi, per presunte opere abusive rispettivamente al piano terra, piano primo e piano sottotetto dell’immobile sito in Bussoleno, Regione Ghiare n. 2.

Si premette che in data 3/02/2011, è stata emessa l’ordinanza di sgombero n. 8/2011, impugnata con il ricorso principale.

Questo Tribunale amministrativo ha accolto l’istanza cautelare, ordinando un’integrazione documentale.

Sulla base delle sole risultanze dello scarno verbale di sopralluogo del 23/10/ 2009, in data 28/12/ 2011, il Comune di Bussoleno ha emesso l’ordinanza n. 134/2011, notificata il 9/1/2012, ordinando al signor Colombatto, in qualità di esecutore dei lavori e a tutti gli eredi Bassino, in qualità di proprietari dell’area, il ripristino dello stato dei luoghi. E ciò, a seguito di relazione tecnica in data 9/12/2009, da cui sarebbero state rilevate le seguenti “abusività”:

– Piano Terra: unità immobiliare indipendente, vuota e in pessime condizioni in quanto priva di alcuni serramenti con impianti tecnologici obsoleti- Trasformazione in civile abitazione non autorizzata;

– Piano primo: unità immobiliare indipendente, vuota e in ristrutturazione. Lavori in corso di rifacimento impianti non autorizzati;

– Piano sottotetto: in ristrutturazione per la realizzazione di impianti tecnologici. Lavori non autorizzati.

Si lamenta eccesso di potere per erroneità dei presupposti, contraddittorietà e travisamento dei fatti.

Il Comune di Bussoleno e la Regione Piemonte non si sono costituiti in giudizio.

Alla pubblica udienza del 13 novembre 2013 la causa è passata in decisione.

DIRITTO

Il ricorso e i motivi aggiunti sono fondati.

Il provvedimento impugnato richiama le vigenti norme urbanistico-edilizie (senza altra specificazione), la legge 3.8.1998 n. 267 e s.m.i., la legge 11.12.2000 n. 365 e s.m.i., il D.P.C.M. 24.05.2001, una serie di deliberazioni della Giunta Regionale Piemonte di cui la prima 1.8.2003 n. 53-10220, oltre, nella parte descrittiva, la nota della Regione Piemonte 14.01.2009 n. 395 nonchè la 1.r. n. 9/2007 in relazione alla quale sarebbero in corso le procedure.

Il punto 1 dell’art. 1 del D.L. 11.6.1998 n. 180, convertito in legge n. 267/1998, dispone che le Regioni avrebbero dovuto individuare e perimetrare le aree a rischio idrogeologico da sottoporre a misure di salvaguardia.

Il punto 5 stabilisce che nei piani di cui al comma 1 sono individuati le infrastrutture e manufatti che determinano il rischio idrogeologico e che sulla base di tali individuazioni sono stabiliti incentivi a cui i privati possono accedere al fine di rilocalizzare fuori dalle aree a rischio le attività produttive e le abitazioni. Le Regioni avrebbero predisposto un piano per l’adeguamento delle infrastrutture e per la rilocalizzazione delle attività produttive e delle abitazioni private realizzate in conformità alla normativa urbanistico-edilizia o condonate. Usufruendo degli incentivi i manufatti devono essere demoliti ed il terreno di risulta viene acquisito al patrimonio indisponibile del Comune. Il c. 5 dell’art. 1 così conclude: “ove i soggetti interessati non si avvalgano della facoltà di usufruire delle predette incentivazioni, essi decadono da eventuali benefici connessi ai danni derivanti da insediamenti di loro proprietà in conseguenza del verificarsi di calamità naturali”.

La legge 11.12.2000 n. 365 non trova applicazione alla fattispecie oggetto dell’atto impugnato.

In particolare l’art. 3 ter regola la compatibilità della ricostruzione ma l’immobile in esame non ha subito, dall’alluvione novembre 2000, danni da dover essere ricostruito.

L’atto impugnato con il ricorso è stato emanato, ai sensi dell’art. 1, c. 5, legge 267/1998, che prevede gli effetti della mancata usufruizione degli incentivi per procedere alle rilocalizzazioni.

Il decreto impugnato richiama anche “le procedure per adottare i provvedimenti di cui alla legge regionale n. 9/2007”. Questa legge finanziaria, all’art. 59, stabilisce la misura degli introiti destinati ai sensi dell’art. 67, c. 6, del D.Lgs. 152/2006 all’attuazione dei piani di rilocalizzazione di immobili a rischio idraulico ed idrogeologico previsti dalla D.G.R. 1.8.2003 n. 53-10220.

L’art. 67 del Codice dell’ambiente D.lgs. 152/2006 prevede che le Autorità di bacino devono approvare piani straordinari diretti a rimuovere le situazioni a più elevato rischio idrogeologico; il c. 6 stabilisce che le regioni devono predisporre un piano di adeguamento delle infrastrutture e per la concessione di incentivi finanziari per la rilocalizzazione delle attività produttive e delle abitazioni private e conclude: “Ove i soggetti interessati non si avvalgano della facoltà di usufruire delle predette incentivazioni, essi decadono da eventuali benefici connessi ai danni derivanti agli insediamenti di loro proprietà in conseguenza del verificarsi di calamità naturale”.

Soltanto i soggetti interessati che si siano avvalsi di incentivi devono, pertanto, procedere alla demolizione degli immobili ed il terreno di risulta viene acquisito al patrimonio indisponibile dei comuni.

La normativa sopra richiamata ha assunto il principio della responsabilità in quanto prevedono incentivi per consentire le rilocalizzazioni di immobili in aree a rischio ma non impone l’obbligo di rilocalizzazione.

Conseguentemente chi non usufruisce degli incentivi perde la facoltà di ottenere, nel futuro, indennizzi per danni che dovessero derivare sui loro immobili da eventi naturali, ma non viene espropriato.

Si legge nel primo “considerato” del provvedimento impugnato che l’immobile, sarebbe “inserito nel piano di esproprio, demolizione e conseguente ripristino delle aree relitte”.

Osserva il Collegio che non è stata provata l’esistenza di un piano di esproprio i cui estremi di approvazione non sono citati.

Le procedure espropriative sono previste dalla legge per acquisire le aree nelle quali rilocalizzare gli immobili che dovranno essere trasferiti, non per acquisire aree al fine di demolire immobili tra l’altro non relitti.

Fondata è la censura di erroneità dei presupposti, travisamento.

Il Comune rileva che dopo gli eventi alluvionali del 2000 l’immobile non ha più subito interventi per renderlo utilizzabile e che risulta “vuoto” dal 2003, essendo privo dei requisiti di utilizzabilità, anche perchè le opere compiute non sarebbero state regolarmente autorizzate e che, in quanto non regolare, non sarebbe possibile beneficiare dei contributi dovendo dunque essere demolito con ripristino delle aree relitte.

I presupposti sono sviati in quanto non sono state contestate le seguenti circostanze:

– l’immobile esiste da tempo remoto ed è complessivamente in idoneo stato strutturale (vedasi foto doc. 15 della produzione ricorrente).

– l’immobile fu oggetto di pignoramento 27.1.98 ed il Giudice dell’esecuzione del Tribunale di Torino dispose la perizia nominando CTU il geom. Colombo.

La perizia descrive che l’immobile è costituito da due unità abitative, una a piano terra (ingresso – cucina – due camere – ripostiglio – due cantine) e la seconda a piano primo (ingresso – cucina – due camere – ripostiglio – terrazzo) oltre ai locali accessori in sottotetto. Il perito ha provveduto all’individuazione da esame solo esterno mentre per l’interno si è basato sulle schede planimetriche redatte il 10.9.1993 allegate alla perizia.

Il CTU per la redazione della perizia ha comunque eseguito anche controllo presso l’ufficio tecnico comunale (pag. 2) e da tali accertamenti (pag. 8) è risultato che, relativamente al fabbricato comprendente le unità immobiliari in oggetto, l’ufficio comunale non era a conoscenza di “nessuna specifica irregolarità edilizia”.

Il Comune afferma che “prima dell’esecuzione dei lavori non regolarmente autorizzati” l’immobile aveva una composizione rurale a piano terreno e residenziale a piano primo e quindi confronta questa pregressa asserita situazione con quella attuale, descritta nella perizia del Tribunale del 21.6.1999 la quale si basa sulle planimetrie catastali redatte nel 1993 in occasione dell’accatastamento all’urbano.

In assenza di tali atti trova applicazione l’art. 7 della 1.r. 8.7.1999 n. 19 per il quale in “assenza o indeterminazione di tali atti (licenza edilizia – concessione) vale la classificazione catastale attribuita in sede di primo accatastamento o da altri documenti probanti”.

Assume a tal proposito rilievo la circostanza che nel 1993 l’immobile venne iscritto a catasto urbano.

L’ordinanza muove dal presupposto che, in seguito agli eventi alluvionali dell’anno 2000 l’immobile non ha più subito interventi atti a renderlo utilizzabile, senza tener conto che lo stesso atto richiama oltre all’autorizzazione edilizia n. 75 del 1993 per il rifacimento degli impianti ed opere manutentive, il permesso di costruire n. 9 del 2004 per il risanamento della copertura.

Il 7.10.2009 il sig. Colombatto ha presentato una d.i.a. per complessiva manutenzione straordinaria dell’immobile comprendente “il rifacimento dei serramenti esterni ed interni e la messa a norma degli impianti (elettrico – idrosanitario)”.

Il 16.10.2009 il Comune di Bussoleno si è espresso con la nota prot. 11157: “Si invita il tecnico urgentemente a prendere contatti con l’ufficio, al fine di fornire chiarimenti sulla pratica in questione pertanto non si procede all’istruttoria della pratica”.

La d.i.a., così inibita, non ha avuto seguito perché il 25.1.2010 il Comune di Bussoleno, rilevato che erano corso lavori di trasformazione dell’immobile non autorizzati, ha ordinato il ripristino.

Illegittimamente l’atto impugnato con il ricorso si basa sul fatto che l’immobile dall’anno 2000 “non ha più subito interventi diretti a renderlo utilizzabile e che risulta abbandonato” per giustificare, su questi presupposti, l’esproprio e la demolizione, dal momento che la circostanze indicate dimostrano che l’immobile non solo aveva subito interventi (permesso n. 9 del 2004), ma che le opere manutentive per la sua conservazione sono state impedite dallo stesso Comune per poter giungere all’affermazione del suo stato di abbandono.

E’, conclusivamente, incontestato che:

– si tratta di un fabbricato rurale di antica costruzione,

– l’accatastamento è del 1993 e le relative planimetrie corrispondono alla situazione attuale (con i piani primo e secondo entrambi a destinazione abitativa);

– l’immobile risulta descritto con l’attuale destinazione abitativa nel decreto di trasferimento del 2003 e in sede di stima dell’immobile nel corso della procedura esecutiva, l’Amministrazione nulla ha eccepito in merito alla relativa regolarità edilizia;

– sulla località non ci sono e non c’erano neppure al momento del sopralluogo lavori in corso che non siano riconducibili ad attività libere di godimento.

– tutte le trasformazioni risultano autorizzate: i lavori di rifacimento del tetto sono stati oggetto del permesso di costruire n. 9/2004, i lavori interni dell’autorizzazione edilizia n. 75/1993, mentre la d.i.a. per i lavori di manutenzione straordinaria con il rifacimento dei serramenti e la messa a norma degli impianti è stata sospesa e non risultano effettuate le relative opere.

L’ordinanza di demolizione si fonda, quindi, su presupposti abusi edilizi non effettivamente riscontrati.

Fondati sono anche i motivi aggiunti.

A seguito dell’ordinanza istruttoria di questo Tribunale amministrativo n. 299/2011 il Comune di Bussoleno ha depositato i documenti richiesti.

La relazione di accompagnamento afferma che le scelte urbanistiche sono avvenute esclusivamente in seguito agli accordi raggiunti con la Regione e che pertanto “solo la Regione potrà dare indicazioni sui riferimenti legislativi per cui la norma che si contesta sia stata redatta e approvata”.

Le scelte urbanistiche del Comune devono rispettare le leggi le quali (art. 1 c. 5 L. 267/1998) prevedono che “ove i soggetti interessati non si avvalgano delle facoltà di usufruire delle predette incentivazioni, essi decadono da eventuali benefici connessi ai danni derivanti da insediamenti di loro proprietà in conseguenza del verificarsi di calamità naturali”.

Del resto la Regione stessa (delibera G.R. 1.8.2003 n. 53-10220; comunicazione 9.1.2009 prot. 395; L.R. 9/2007 artt. 59 e 67) ha più volte precisato che, “ove i soggetti interessati non si avvalgono della facoltà di usufruire delle predette incentivazioni essi decadono da eventuali benefici connessi ai danni derivanti agli insediamenti di loro proprietà in conseguenza del verificarsi di calamità naturali.”

Solo dunque i soggetti interessati che si siano avvalsi di incentivi devono procedere alla demolizione degli immobili ed il terreno di risulta viene acquisito al patrimonio indivisibile dei Comuni.

Il signor Colombatto non ha fatto richiesta di contributi e, pertanto, non è interessato dall’attuazione dei piani di rilocalizzazione, rimanendo sotto la sua responsabilità la conservazione degli immobili.

E’ irrilevante il fatto che relativamente alla proprietà Bassino – Fasola, ora Colombatto, la Regione non ha confermato i contributi per le rilocalizzazioni.

La relazione afferma che l’ufficio ha ufficialmente riscontrato l’abuso solo a seguito di sopralluogo.

E’ stato prodotto il verbale di accertamento 23.1.2009, dal quale, pur tuttavia, non si riscontrano elementi fattuali da cui desumere l’abusività delle opere.

L’edificio rurale era adibito a civile abitazione composto da due piani fuori terra con annessa tettoia.

Al piano terreno l’edificio comprendeva l’ingresso, la cucina, due camere ripostiglio, due cantine e tettoia aperta.

Al piano primo l’edificio era composto da ingresso cucina, due camere ripostiglio e terrazzo.

Ciò risulta dalla perizia disposta dal giudice dell’esecuzione del Tribunale di Torino e dall’accatastamento effettuato nel 1993.

La d.i.a. presentata dal Colombatto il 7.10.2009 è stata sospesa con invito al tecnico a prendere contatti con l’ufficio al fine di fornire chiarimenti sulla pratica.

La d.i.a. inibita non ha avuto luogo perché il Comune ha ordinato il ripristino dei lavori.

Nell’atto impugnato si fa riferimento all’avvenuto inserimento in un piano di esproprio che prevederebbe la demolizione con conseguente ripristino delle aree relitte, ma, come sopra rilevato, non è stata dimostrata l’esistenza di un piano di esproprio.

Il ricorso ed i motivi aggiunti sono pertanto fondati e gli atti impugnati vanno, conseguentemente, annullati.

In considerazione della novità delle questioni oggetto del giudizio, sussistono i giusti motivi per compensare interamente tra le parti spese ed onorari del giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso e sui motivi aggiunti, come in epigrafe proposti, li accoglie e per l’effetto annulla gli atti impugnati.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Torino nella camera di consiglio del giorno 13 novembre 2013 con l’intervento dei magistrati:

Vincenzo Salamone, Presidente, Estensore
Savio Picone, Primo Referendario
Antonino Masaracchia, Primo Referendario

IL PRESIDENTE, ESTENSORE       
  

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 28/11/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
 

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