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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Sicurezza sul lavoro Numero: 90 | Data di udienza: 19 Dicembre 2013

* SICUREZZA SUL LAVORO – Esercizio di attività lavorativa in locali sotterranei – Ammissione in deroga – Art. 65 d.lgs. n. 81/2008.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 1^
Regione: Lazio
Città: Latina
Data di pubblicazione: 4 Febbraio 2014
Numero: 90
Data di udienza: 19 Dicembre 2013
Presidente: Corsaro
Estensore: Scudeller


Premassima

* SICUREZZA SUL LAVORO – Esercizio di attività lavorativa in locali sotterranei – Ammissione in deroga – Art. 65 d.lgs. n. 81/2008.



Massima

 

TAR LAZIO, Latina, Sez. 1^ – 4 febbraio 2014, n. 90


SICUREZZA SUL LAVORO – Esercizio di attività lavorativa in locali sotterranei – Ammissione in deroga – Art. 65 d.lgs. n. 81/2008.

Ai sensi dell’art. 65 del d.lgs. n. 81/2008, l’organo di vigilanza può ammettere, in “deroga” ai requisiti di cui all’allegato IV, l’esercizio di attività lavorativa in locali sotterranei o semisotterranei, sempre essi che abbiano determinate caratteristiche e siano muniti di particolari apprestamenti a tutela della salute e della sicurezza. L’azienda sanitaria in base alla citata normativa può quindi ammettere la deroga, il che equivale a dire che il positivo riscontro delle condizioni di tutela della salute e della sicurezza del luogo di lavoro secondo quanto proposto dall’interessato, implica una valutazione che abilita all’esercizio dell’attività in luoghi di per sé inidonei, nei quali sarebbe esclusa. La valutazione sulla possibile deroga ai requisiti richiesti dall’allegato IV al D. Lgs. 81/2008 non può esser quindi ricondotta alla fase istruttoria ed alla collaborazione tra organi, al pari di altre vicende nelle quali la determinazione finale spetta ad una sola amministrazione agente, perché l’organo di vigilanza concorre alla sostanziale determinazione della fattispecie ampliativa rimuovendo un limite con un provvedimento riconducibile non tanto al parere quanto, soprattutto per il profilo funzionale, all’autorizzazione comunque necessariamente presupposta la cui mancanza impedirebbe al comune il rilascio del titolo per l’esercizio dell’attività.


Pres. Corsaro, Est.Scudeller – O. s.r.l. (avv.ti Chillemi e Colletta) c. Azienda Usl di Latina (avv. Valleriani)

 


Allegato


Titolo Completo

TAR LAZIO, Latina, Sez. 1^ - 4 febbraio 2014, n. 90

SENTENZA

 

TAR LAZIO, Latina, Sez. 1^ – 4 febbraio 2014, n. 90

N. 00090/2014 REG.PROV.COLL.
N. 00958/2008 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

sezione staccata di Latina (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 958 del 2008, proposto da Oasi di Kufra Gestioni Alberghiere S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Nunzio Chillemi e Gaetano Colletta, con domicilio eletto presso Gaetano Avv. Colletta in Latina, Centro Latina Fiori Torre 4 Magnolie;

contro

Azienda Usl di Latina, in persona del Direttore Generale pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Massimo Valleriani, con domicilio eletto in Latina, Viale P.L. Nervi Latina Fiori Torre 2G;

per l’annullamento

del provvedimento prot. n. 6318/DP07 del 2.7.2008 con cui il Responsabile del servizio prevenzione e sicurezza ambienti di lavoro dell’Azienda USL di Latina non ha autorizzato la Società ricorrente ad esercitare nel proprio albergo “Oasi di Kufra” sito nel Comune di Sabaudia via Lungomare km 29,880, un’attività di fitness ed estetica.

Visti il ricorso e i relativi allegati.
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Azienda Usl di Latina.
Viste le memorie difensive.
Visti tutti gli atti della causa.

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 19 dicembre 2013 il dott. Santino Scudeller e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale.

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1 Con atto notificato l’8 ottobre 2008, depositato il successivo 23, la ricorrente espone di aver richiesto, ai sensi degli articoli 6 della L.R. 20 giugno 1980, n. 76 ed 8 del d.P.R. 19 marzo 1956, n. 303, il parere preventivo obbligatorio circa l’esercizio di un’attività di fitness ed estetica nel piano interrato ed in deroga all’altezza di cui all’articolo 6 del citato d.P.R. avendo predisposto ogni necessario e richiesto adeguamento per l’areazione, l’illuminazione e la protezione contro l’umidità dei locali. Con nota del 19 maggio 2008, diretta al comune di Sabaudia, l’Azienda Usl di Latina, richiamata la mancata integrazione a quanto richiesto con la precedente nota del 6 dicembre 2007, confermava il parere negativo di cui alla nota del competente servizio prot. n. 282 del 18 marzo 2002. Aggiunge poi la ricorrente che la menzionata istanza di parere preventivo originava proprio dall’adeguamento richiesto dall’azienda con la nota da ultimo citata e che, comunque, il 31 maggio 2008 avanzava nuova e documentata istanza di deroga definita negativamente con il provvedimento ora impugnato nel quale, presupposto ancora una volta il precedente parere negativo prot. n. 282 del 18 marzo 2002, il diniego di autorizzazione ad adibire per la detta attività, in deroga agli artt. 63 e 65 del D. Lgs. 81/2008, i locali interrati è ricondotto alla circostanza per la quale “i predetti locali hanno un’altezza inferiore a mt. 2,70, altezza minima prevista dalla normativa vigente.”.

2 Con atto depositato il 23 marzo 2009, si è costituita l’Azienda Usl di Latina.

3 La ricorrente ha depositato quindi memoria difensiva il 27 novembre 2013 nel mentre la resistente, con memoria depositata il successivo 28, ha opposto l’infondatezza.

4 Nel corso dell’udienza pubblica del giorno 19 dicembre 2013 il ricorso è stato chiamato ed introdotto per la decisione.

5 Con il primo motivo nel lamentare la violazione degli articoli 23, 24 e 25 del D. Lgs. 31 marzo 1998, n. 112, la ricorrente argomenta l’incompetenza dell’azienda sanitaria che, invece di esprimere il richiesto parere preventivo, si sarebbe illegittimamente appropriata del potere conferito dalla legge al comune.

5.1 Come visto l’iniziativa della ricorrente attiene alla localizzazione in “deroga” di un’attività produttiva. L’articolo 13 del D. Lgs. 9 aprile 2008, n. 81 assegna all’azienda sanitaria competente per territorio la vigilanza sull’applicazione della legislazione in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro; l’articolo 63 richiama l’allegato IV relativo ai requisiti richiesti e l’articolo 65, nel vietare la destinazione al lavoro dei locali chiusi sotterranei o semisotterranei, prevede al comma 2, che “In deroga alle disposizioni di cui al comma 1, possono essere destinati al lavoro locali chiusi sotterranei o semisotterranei, quando ricorrano particolari esigenze tecniche. In tali casi il datore di lavoro provvede ad assicurare idonee condizioni di aerazione, di illuminazione e di microclima.”.

5.2 L’organo di vigilanza può quindi ammettere, in “deroga” ai requisiti di cui al citato allegato, l’esercizio di attività lavorativa in locali sotterranei o semisotterranei sempre essi che abbiano determinate caratteristiche e siano muniti di particolari apprestamenti a tutela della salute e della sicurezza. A tali indicazioni, va aggiunto che, per effetto del D. Lgs. 112 del 1998, la competenza in ordine alla localizzazione degli impianti produttivi è stata attribuita ai comuni presso i quali risulta incardinato e nella sua totalità il relativo procedimento.

5.3 Ciò posto, il motivo in esame è infondato. Ed, infatti, come visto l’azienda sanitaria in base alla citata normativa può ammettere la deroga, il che equivale a dire che il positivo riscontro delle condizioni di tutela della salute e della sicurezza del luogo di lavoro secondo quanto proposto dall’interessato, implica una valutazione che abilita all’esercizio dell’attività in luoghi di per sé inidonei, nei quali sarebbe esclusa. La valutazione sulla possibile deroga ai requisiti richiesti dall’allegato IV al D. Lgs. 81/2008 non può esser quindi ricondotta alla fase istruttoria ed alla collaborazione tra organi, al pari di altre vicende nelle quali la determinazione finale spetta ad una sola amministrazione agente, perché l’organo di vigilanza concorre alla sostanziale determinazione della fattispecie ampliativa rimuovendo un limite con un provvedimento riconducibile non tanto al parere quanto, soprattutto per il profilo funzionale, all’autorizzazione comunque necessariamente presupposta la cui mancanza impedirebbe al comune il rilascio del titolo per l’esercizio dell’attività.

6 Con i restanti motivi la ricorrente argomenta l’eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione perché l’azienda, da un lato, avrebbe ancora una volta presupposto il precedente avviso del 2002 non avvedendosi che esso era stato reso su iniziativa allora non connessa ad una richiesta in “deroga”, dall’altro, nel richiamare la mancanza dell’altezza minima, non avrebbe percepito il carattere derogatorio dell’istanza ed effettuato i necessari sopralluoghi per i richiesti riscontri. Detto ultimo profilo merita di esser accolto. In via preliminare va evidenziato come non sia consentito all’azienda di integrare, anche in punto di giustificazione, il provvedimento impugnato, il che è avvenuto nel caso per come certificato dalla memoria depositata in prossimità dell’udienza di discussione con la quale è stata prospettata la rilevanza di altri elementi ostativi alla concessione della richiesta deroga. Ciò posto, pur non potendosi escludere l’ammissibilità di un riscontro delle condizioni di tutela della salute e della sicurezza alla stregua della sola documentazione tecnica esibita, la censura deve esser favorevolmente delibata perché la richiesta interessava, appunto e con riguardo a specifiche indicazioni, la deroga al parametro dell’altezza fissata in metri tre dal citato allegato IV dal quale poi non sembra ricavarsi la previsione di un limite ulteriore ed oltre il quale la stessa non sarebbe comunque ammissibile.

7 In conclusione il ricorso va accolto. Le spese seguono, secondo legge, la soccombenza per l’ammontare di cui in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio Sezione staccata di Latina (Sezione Prima) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla l’impugnato provvedimento.

Condanna l’azienda sanitaria al pagamento delle spese di giudizio che liquida in complessivi € 2.000,00 (duemila,00).

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Latina, nella camera di consiglio del giorno 19 dicembre 2013, con l’intervento dei magistrati:

Francesco Corsaro, Presidente
Santino Scudeller, Consigliere, Estensore
Antonio Massimo Marra, Consigliere

L’ESTENSORE

IL PRESIDENTE
    

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 04/02/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
 

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