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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Diritto urbanistico - edilizia Numero: 1262 | Data di udienza: 15 Ottobre 2014

* DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA –  Ordinanza di sospensione dei lavori – Efficacia – Ricostruzione di ruderi – Disciplina introdotta dal d.l. n. 69/2013 – Inclusione nell’ambito della ristrutturazione edilizia – Presupposti.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione: Puglia
Città: Bari
Data di pubblicazione: 29 Ottobre 2014
Numero: 1262
Data di udienza: 15 Ottobre 2014
Presidente: Conti
Estensore: Casalanguida


Premassima

* DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA –  Ordinanza di sospensione dei lavori – Efficacia – Ricostruzione di ruderi – Disciplina introdotta dal d.l. n. 69/2013 – Inclusione nell’ambito della ristrutturazione edilizia – Presupposti.



Massima

 

TAR PUGLIA, Bari, Sez. 3^ – 29 ottobre 2014, n. 1262


DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA –  Ordinanza di sospensione dei lavori – Efficacia.

L’ordinanza di sospensione dei lavori ha natura di provvedimento cautelare e provvisorio, inteso ad evitare che l’attività costruttiva abusivamente condotta possa essere portata ad ulteriori conseguenze e ha efficacia temporalmente limitata, spirando al decorso del quarantacinquesimo giorno dalla sua adozione: e ciò sia che venga soppiantata dal provvedimento definitivo di demolizione, sia che quest’ultimo non venga adottato. In ambedue i casi, infatti, l’ordinanza di sospensione dei lavori consuma la sua efficacia e l’eventuale sua impugnazione, quand’anche proposta prima del decorso dei quarantacinque giorni dalla sua notificazione, diviene improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse a motivo della postuma perdita di effetti dell’ordinanza stessa (Cfr. T.A.R. Lazio, Sez. I Quater, 02 maggio 2013, n. 04373; T.A.R. Puglia Bari, sez. III, sent. n. 269 del 19.02.2014).

Pres. Conti, Est. Casalanguida – G.G. (avv.ti Minelli, Natalia Pinto) c. Comune  di Altamura (avv. Nacucchi)


DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Ricostruzione di ruderi – Disciplina introdotta dal d.l. n. 69/2013 – Inclusione nell’ambito della ristrutturazione edilizia – Presupposti.

La nuova disciplina introdotta del decreto-legge n. 69/2013 (convertito in legge n. 98/2013), pur avendo inciso sulla disciplina della “ricostruzione dei ruderi”, spostando fattispecie che in passato sono state fatte rientrare negli interventi di “nuova edificazione” nell’ambito delle “ristrutturazione edilizia”, ha imposto che ciò avvenga a precise condizioni previste dalla norma e cioè laddove si voglia ricostruire un immobile crollato o demolito del quale “sia possibile accertare la preesistente consistenza”. Dunque, anche secondo la nuova normativa non è sufficiente che si dimostri che un immobile è esistito e che attualmente risulta crollato per potere accedere alla sua ricostruzione come “ristrutturazione edilizia”, ma è necessario che in concreto si dimostri non solo il profilo dell’an (che un certo immobile attualmente crollato è esistito) ma anche quello del quantum (che cioè si dimostri l’esatta consistenza dell’immobile preesistente del quale si richiede la ricostruzione). Ne consegue che, nell’ipotesi in cui ci si limiti a dimostrare che in un certo luogo vi era in passato un immobile oggi demolito, senza fornire prove idonee sulla consistenza, la sua rinnovata edificazione deve essere inquadrata come “nuova costruzione”. Dimostrare la “preesistente consistenza” vuol dire dar conto della destinazione d’uso e dell’ingombro planivolumetrico complessivo del fabbricato crollato, profilo quest’ultimo che richiede certezza in punto di murature perimetrali e di strutture orizzontali di copertura, ai fini del calcolo del volume preesistente occupato dal fabbricato crollato. (T.A.R. Toscana, Sez. III, sentenza n. 567 del 21.03.2014).


Pres. Conti, Est. Casalanguida – G.G. (avv.ti Minelli, Natalia Pinto) c. Comune  di Altamura (avv. Nacucchi)

 


Allegato


Titolo Completo

TAR PUGLIA, Bari, Sez. 3^ - 29 ottobre 2014, n. 1262

SENTENZA

 

TAR PUGLIA, Bari, Sez. 3^ – 29 ottobre 2014, n. 1262

N. 01262/2014 REG.PROV.COLL.
N. 01149/2007 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente


SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1149 del 2007, proposto da:
Giordano Giovanna, rappresentata e difesa dagli avv. Giovanni Minelli, Natalia Pinto, con domicilio eletto presso Francesca Siciliani in Bari, via Abbrescia, n. 78/C;

contro

Comune di Altamura, rappresentato e difeso dall’avv. Pietro Nacucchi, con domicilio eletto presso Pietro Nacucchi in Bari, c/o Grimaldi via Bovio, n. 43/L;
Dirigente Ufficio Tecnico del Comunale di Altamura;

Per l’annullamento

quanto al ricorso introduttivo:

dell’ordinanza di sospensione lavori per opere abusive n. 63 del 15 maggio 2007;

quanto ai motivi aggiunti:

dell’ordinanza di demolizione di opere abusive n. 134 del 14 agosto 2007.

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Altamura;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 15 ottobre 2014 la dott.ssa Cesira Casalanguida e udito per le parti il difensore del Comune Pietro Nacucchi;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

La ricorrente, con ricorso notificato in data 12 luglio 2007, impugna la determinazione dirigenziale indicata in oggetto, adottata con ordinanza n. 63 del 15.05.2007, notificata in pari data, con la quale il Comune di Altamura ha disposto la sospensione dei lavori per opere abusive realizzate su area catastalmente individuata al F.M. 159 p.lla 443 estesa mq 200 circa.

Con il gravame si assume l’illegittimità del provvedimento impugnato per violazione di legge, in particolare, dell’art. 27 del D.P.R. 380/2001, dell’art. 39 L. 724/1994, violazione dei principi di trasparenza e buon andamento dell’azione amministrativa. Eccesso di potere per erronea presupposizione, difetto dei presupposti legali, travisamento dei fatti, illogicità, ingiustizia manifesta, contraddittorietà, difetto di istruttoria e insufficiente motivazione, sviamento.

La ricorrente riferisce di aver presentato in data 30.03.1195 richiesta per il rilascio di concessione edilizia in sanatoria ai sensi della L. 724/1994, per aver realizzato sul suolo sopra indicato, un manufatto da adibire ad uso residenziale. La domanda, dopo una richiesta di documentazione integrativa inviata in data 22.10.2004 e riscontrata in data 07.10.2005, sarebbe rimasta priva di esito, e pertanto, sulla medesima si sarebbe formato il silenzio assenso.

Successivamente, in data 12.12.2006, la ricorrente ha comunicato al Comune l’intendimento di eseguire lavori di completamento e consolidamento del manufatto, a cui il Comune nulla avrebbe eccepito, fino all’ordinanza gravata del 15.05.2007, adottata a seguito di sopralluogo.

Avverso tale provvedimento la ricorrente propone ricorso per i motivi sopra indicati, affermando, in particolare, la genericità della motivazione e la contraddittorietà del comportamento tenuto dal Comune nell’adottare il gravato provvedimento senza tener conto dell’istanza di concessione in sanatoria presentata.

Sull’istanza di condono, ai sensi dell’art. 39 comma 4 della L. 724/1994, si sarebbe formato il silenzio assenso, in quanto ricadente all’epoca della richiesta in area destinata a servizi di quartiere F1 e solo successivamente destinata, con l’approvazione di una variante del PRG, a viabilità.

Con ricorso per motivi aggiunti depositato l’08.10.2007, è stata impugnata l’ordinanza n. 134 del 14.08.2007, notificata il 27.08.2007, con cui il Comune di Altamura ha ingiunto alla ricorrente la demolizione delle opere realizzate sul suolo di sua proprietà e il ripristino dello stato dei luoghi.

Si è costituito in giudizio il Comune di Altamura ed ha chiesto il rigetto del ricorso principale oltre che di quello per motivi aggiunti, in quanto infondati.

Con ordinanza n. 918/2007 del 27 ottobre 2007, è stata respinta la domanda incidentale di sospensione, confermata in appello con ordinanza 1895/2008 del 09 aprile 2008, della Sezione Quarta del Consiglio di Stato.

Con successive memorie le parti hanno ribadito le reciproche posizioni.

Alla pubblica udienza del giorno 15 ottobre 2014 la causa è stata trattenuta dal Collegio per la decisione del merito.

1) Il ricorso principale è improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse con riferimento all’impugnazione dell’ordinanza di sospensione dei lavori.

In proposito, occorre richiamare l’art. 27, comma 3, del d.P.R. 6.6.2001, n. 380 e s.m.i., il quale statuisce che la sospensione dei lavori ha effetto fino all’adozione ed alla notifica dei provvedimenti definitivi sanzionatori, che deve avvenire “entro quarantacinque giorni dall’ordine di sospensione dei lavori”. Ciò comporta che, una volta trascorsi quarantacinque giorni dall’adozione del provvedimento di sospensione dei lavori, esso non produce più effetti.

In narrativa si è evidenziato che il gravame introduttivo è stato notificato in data 12.07.2007, mentre la determinazione di sospensione dei lavori, oggetto del medesimo, è stata adottata il 15.05.2007 e notificata in pari data, per cui è evidente che detto ricorso è stato proposto quando la ricorrente non poteva comunque subire alcun nocumento dal provvedimento impugnato, né trarre alcun beneficio dal suo eventuale accoglimento.

L’ordinanza di sospensione dei lavori, secondo l’orientamento della prevalente giurisprudenza, “ha natura di provvedimento cautelare e provvisorio, inteso ad evitare che l’attività costruttiva abusivamente condotta possa essere portata ad ulteriori conseguenze e ha efficacia temporalmente limitata, spirando al decorso del quarantacinquesimo giorno dalla sua adozione: e ciò sia che venga soppiantata dal provvedimento definitivo di demolizione, sia che quest’ultimo non venga adottato. In ambedue i casi, infatti, l’ordinanza di sospensione dei lavori consuma la sua efficacia e l’eventuale sua impugnazione, quand’anche proposta prima del decorso dei quarantacinque giorni dalla sua notificazione, diviene improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse a motivo della postuma perdita di effetti dell’ordinanza stessa” (Cfr. T.A.R. Lazio, Sez. I Quater, 02 maggio 2013, n. 04373; T.A.R. Puglia Bari, sez. III, sent. n. 269 del 19.02.2014).

La sopravvenuta carenza di interesse al ricorso va pronunciata non solo nel caso di perdita di efficacia dell’ordinanza di sospensione dei lavori per mero decorso del termine finale di efficacia della stessa, ma anche per il caso in cui la perdita di efficacia dell’ordinanza di sospensione consegua non già alla mera inerzia provvedimentale dell’Ente locale, bensì all’emanazione dell’ordinanza di demolizione definitiva, in aderenza alla sequenza procedimentale delineata dagli artt. 27 e 31, D.P.R. n. 380 del 2001.

2) Quanto al ricorso per motivi aggiunti avverso l’ordinanza di demolizione, occorre preliminarmente soffermarsi sulla rivendicata formazione del silenzio assenso sull’istanza di condono, prevista dall’articolo 39, quarto comma, della legge 23 dicembre 1994 n. 724, richiamata dalla ricorrente e disciplinante la richiesta di condono edilizio di che trattasi.

In base al costante indirizzo giurisprudenziale, il presupposto essenziale per la formazione del silenzio-assenso sulla domanda di sanatoria degli abusi edilizi, oltre al completo pagamento delle somme dovute a titolo di oblazione, è che siano stati integralmente assolti dall’interessato gli oneri di documentazione, relativi al tempo di ultimazione dei lavori, all’ubicazione, alla consistenza delle opere e ad ogni altro elemento rilevante affinché possano essere utilmente esercitati i poteri di verifica dell’Amministrazione comunale, (cfr ex multis Consiglio Stato, sez. IV, 16 febbraio 2011, n. 1005; Consiglio Stato, sez. IV, 30 giugno 2010 n. 4174; T.A.R. Lombardia Milano,sent. n. 127 del 22 gennaio 2010).

Ne consegue che il termine per la formazione del silenzio-assenso sulla domanda di rilascio della concessione in sanatoria non decorre quando manchino i presupposti di fatto e di diritto previsti dalla norma e/o le opere non siano suscettibili di sanatoria, nonché qualora la domanda stessa sia carente della documentazione prevista dalla legge ( cfr. T.A.R. Basilicata, sez. I, sent. n. 552, del 22.08.2014; T.A.R. Trentino Alto Adige Trento, sent. n. 4 del 7 gennaio 2010). Occorre, in altri termini, che l’amministrazione procedente sia posta in condizioni di esaminare compiutamente la domanda, in quanto integrata la documentazione necessaria richiesta ex lege all’interessato dall’amministrazione (cfr. T.A.R. Lazio Latina, 3 marzo 2010 n. 204; T.A.R. Puglia, Lecce, sez. III, sent. n. 16 del 10.01.2012).

2.1) Uno degli elementi fondamentali su cui la ricorrente non fornisce prova certa è quella del momento in cui il manufatto, oggetto di condono, è stato realizzato, essendo indicato genericamente il periodo di tempo tra il 16.03.1985 e il 31.12.1993. Tale dato rileva a maggior ragione in quanto a far data dal 28.01.1993, l’area su cui esso insiste è stata oggetto di una variante urbanistica: mentre prima di tale intervento l’area era destinata in parte a zona di servizi di quartiere, in parte a viabilità, successivamente è stata destinata unicamente a viabilità, con conseguente esclusione della condonabilità di manufatti realizzati in tale zona.

In ogni caso, il Collegio richiama l’orientamento giurisprudenziale secondo cui i vincoli di inedificabilità sopravvenuti alla realizzazione dell’intervento edilizio non sono privi di rilevanza, ma costituiscono comunque vincoli relativi ai sensi dell’art. 32 della l. n. 47 del 1985, che impongono in ogni caso un apprezzamento concreto di compatibilità (Cons. St., Sez. IV, 4 dicembre 2012, n. 2576).

2.2) Dopo aver escluso la formazione del silenzio assenso sull’istanza di condono, il Collegio ritiene di escludere l’illegittimità dell’ordinanza di demolizione, pur a fronte dell’istanza di condono non conclusa.

Elemento determinante è rappresentato dai lavori, definiti di completamento dalla ricorrente, che hanno interessato il manufatto e nel corso dello svolgimento dei quali sono state adottate le ordinanze gravate.

La configurazione del manufatto da condonare non può essere modificata in quanto determina il venir meno di ogni presupposto per l’accertamento di conformità rispetto alle caratteristiche che presentava entro i termini fissati dalla Legge n. 45/1985 e dalla L. 724/1994 (rispettivamente del 1.10.1983 e del 31.12.1993) (Cfr. Cons. Sato, sez. VI, sent. n. 1514 del 13.03.2013 ).

I lavori di completamento, nel caso in esame, non sono diretti a garantire l’integrità e la conservazione del manufatto, come sostenuto dalla ricorrente, ma consistono addirittura nella demolizione e ricostruzione del manufatto, come rilevato nel corso del sopralluogo effettuato per conto del Comune.

La giurisprudenza ha a riguardo affermato che “se in un caso come quello in esame fosse concesso il condono, lo stesso finirebbe per esplicare un’inconcepibile ultrattività a copertura di opere differenti rispetto a quelle esistenti alla scadenza dei termini prescritti dalle leggi n. 47/1985 e n. 724/1994 e, addirittura, anche di opere sopravvenute che vanno considerate come di nuova costruzione.” (T.A.R. Campania, Napoli, Sez. VII, sent. n. 1163 del 25.02.2014, T.A.R. Campania, Napoli, sez. II, sent. n. 919 del 20.2.2013; T.A.R. Lazio, Latina, sent. n. 572 del 29.6.2011 ).

Nel caso di demolizione e ricostruzione di un manufatto non si può far riferimento ai concetti di ristrutturazione straordinaria o di risanamento conservativo in quanto manca la possibilità di riscontrare la rispondenza di quanto realizzato a quanto demolito.

Il manufatto, in seguito alla demolizione, non esiste più nella sua conformazione originaria e quindi diventa impossibile conseguire gli eventuali i benefici derivanti dal condono. A ciò si aggiunga che la destinazione urbanistica dell’area è incompatibile con la presenza dello stesso immobile.

Alla demolizione consegue, dunque, l’impossibilità di applicazione del principio, pur noto al Collegio, derivante dell’interpretazione giurisprudenziale degli artt. 35 e 44 della L.47/1985, secondo cui l’amministrazione non può, in pendenza di un’istanza di sanatoria, irrogare sanzioni a carattere definitivo (come l’ordinanza di demolizione dell’opera), senza essersi prima pronunciata sull’istanza di condono (ex multis, Cons. Stato, Sez. IV, sent. 362 del 22.01.2013; T.A.R. Campania, Napoli, sez. III, 7 dicembre 2010, n. 27066; T.A.R. Puglia, Lecce, sez. III, 2 settembre 2010 , n. 1880). Come già evidenziato, la costruzione ex novo di un fabbricato ha determinato il venir meno dell’oggetto dell’istanza di condono, la cui conclusione, pertanto, in nessun modo potrebbe produrre effetti finali diversi e tali da contrastare con quelli conseguenti alla ordinanza di demolizione. Quest’ultima si conferma come atto dovuto volta al ripristino della legalità violata.

3) Per mera completezza espositiva, pur se irrilevante al fine della decisione, si fa presente che anche la nuova disciplina introdotta del decreto-legge n. 69/2013 (convertito in legge n. 98/2013), pur avendo inciso sulla disciplina della “ricostruzione dei ruderi”, spostando fattispecie che in passato sono state fatte rientrare negli interventi di “nuova edificazione” nell’ambito delle “ristrutturazione edilizia”, ha imposto che ciò avvenga a precise condizioni previste dalla norma e cioè laddove si voglia ricostruire un immobile crollato o demolito del quale “sia possibile accertare la preesistente consistenza”.

Dunque, anche secondo la nuova normativa come già chiarito dalla giurisprudenza, “non è sufficiente che si dimostri che un immobile è esistito e che attualmente risulta crollato per potere accedere alla sua ricostruzione come “ristrutturazione edilizia”, ma è necessario che in concreto si dimostri non solo il profilo dell’an (che un certo immobile attualmente crollato è esistito) ma anche quello del quantum (che cioè si dimostri l’esatta consistenza dell’immobile preesistente del quale si richiede la ricostruzione). Ne consegue che, nell’ipotesi in cui ci si limiti a dimostrare che in un certo luogo vi era in passato un immobile oggi demolito, senza fornire prove idonee sulla consistenza, la sua rinnovata edificazione deve essere inquadrata come “nuova costruzione”.

Dimostrare la “preesistente consistenza” vuol dire, come anche parte ricorrente ammette, dar conto della “destinazione d’uso e [del]l’ingombro planivolumetrico complessivo del fabbricato crollato”, profilo quest’ultimo che richiede certezza in punto di murature perimetrali e di strutture orizzontali di copertura, ai fini del calcolo del volume preesistente occupato dal fabbricato crollato”. (T.A.R. Toscana, Sez. III, sentenza n. 567 del 21.03.2014).

Nel caso in esame, la ricorrente, al momento della presentazione dell’istanza di condono, descriveva il manufatto di cui si chiedeva la sanatoria come consistente in una “semplice recinzione in tufo”, costituita da muratura di solo tufo a secco dello spessore di cm 27, realizzato in più fasi e poggiante sul terreno, con copertura in onduline metalliche. Tali dati non coincidono con quelli riportati successivamente nella Relazione Tecnica di parte del 02.10.2005, nella quale si fa riferimento a struttura verticale realizzata in muratura a doppio paramento di tufo da cm 45, ma soprattutto essi sono difformi dallo stralcio di ortofoto del 2004, versata in atti, dalla quale si rileva la presenza di muri a delimitazione dell’area in questione, privi di copertura.

A ciò si aggiunga che l’avvenuta demolizione del manufatto, successivamente alla dichiarazione della ricorrente di completamento delle opere, trasmessa in data 14.12.2006, ha sostanzialmente determinato il venir meno dell’oggetto dell’istanza di condono, sicché ogni ulteriore approfondimento sulle caratteristiche dell’immobile e sull’individuazione delle sue effettive dimensioni, nonché sul momento della sua realizzazione è divenuto superfluo.

L’opera successiva alla demolizione risulta, peraltro, posta in essere in contrasto alla normativa vigente e alle specifiche previsioni relative alla destinazione a viabilità dell’area, da cui scaturisce la legittimità dell’ordinanza di demolizione che, a maggior ragione dopo l’abbattimento del manufatto, è atto dovuto volto al ripristino della legalità violata.

4) Gli elementi sopra evidenziati volti ad escludere la formazione del silenzio assenso sull’istanza di condono, insieme all’accertamento dell’avvenuta demolizione del manufatto, oltre ad incidere sulla valutazione della legittimità dell’ordinanza di demolizione, rilevano anche al fine di escludere la possibilità di accoglimento della pretesa risarcitoria della ricorrente.

Per tutto quanto esposto il ricorso per motivi aggiunti deve essere respinto.

Le spese, secondo la regola della soccombenza, devono porsi a carico della ricorrente, nell’importo liquidato nel dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Terza)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, dichiara improcedibile il ricorso principale per sopravvenuta carenza d’interesse e respinge il ricorso per motivi aggiunti.

Condanna la ricorrente al pagamento delle spese di giudizio, che liquida in € 2.000,00, comprensivi di onorari, diritti e spese, oltre I.V.A e C.P.A.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 15 ottobre 2014 con l’intervento dei magistrati:

Sergio Conti, Presidente
Desirèe Zonno, Primo Referendario
Cesira Casalanguida, Referendario, Estensore

L’ESTENSORE

IL PRESIDENTE
    

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 29/10/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
 

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