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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Rifiuti Numero: 1560 | Data di udienza: 12 Novembre 2014

* RIFIUTI –  Abbandono – Art. 192 d.lgs. n. 152/2006 – Sanzione ripristinatoria – Discrezionalità della PA –  Inconfigurabilità – Principio di sopportabilità dei costi – Inapplicabilità – Garanzia fideiussoria – Intimazione – Legittimità.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione: Veneto
Città: Venezia
Data di pubblicazione: 22 Dicembre 2014
Numero: 1560
Data di udienza: 12 Novembre 2014
Presidente: Di Nunzio
Estensore: Mielli


Premassima

* RIFIUTI –  Abbandono – Art. 192 d.lgs. n. 152/2006 – Sanzione ripristinatoria – Discrezionalità della PA –  Inconfigurabilità – Principio di sopportabilità dei costi – Inapplicabilità – Garanzia fideiussoria – Intimazione – Legittimità.



Massima

 

TAR VENETO,  Sez. 3^ – 22 dicembre 2014, n. 1560


RIFIUTI –  Abbandono – Art. 192 d.lgs. n. 152/2006 – Sanzione ripristinatoria – Discrezionalità della PA –  Inconfigurabilità.

L’abbandono dei rifiuti, ai sensi dell’art. 192 del Dlgs. 3 aprile 2006, n. 152, costituisce un illecito cui consegue ex lege la sanzione ripristinatoria consistente nell’obbligo di rimozione e smaltimento senza che in capo al Comune residuino poteri discrezionali circa la non applicabilità della sanzione.


Pres. Di Nunzio, Est. Mielli – C.B.  e altri (avv.ti Zanchettin e Bottari) c. Comune di San Pietro di Feletto (avv. Signor) e altro (n.c.)


RIFIUTI –  Abbandono – Art. 192 d.lgs. n. 152/2006 – Principio di sopportabilità dei costi – Inapplicabilità.

Il principio di sopportabilità dei costi è estraneo alla fattispecie dell’abbandono dei rifiuti di cui all’art. 192 del d.lgs. n. 152/2006, non interferendo con l’obbligo di rimuovere e smaltire i rifiuti illecitamente abbandonati, in quanto costituisce un criterio per l’individuazione, ove si presentino diverse opzioni, delle migliori tecniche d’intervento da prendere in considerazione per eliminare o ridurre le contaminazioni presenti in siti assoggettati ad interventi di bonifica. Il principio in questione riguarda un diverso ambito normativo (infatti l’art. 239, comma 1, lett. a, del Dlgs. 3 aprile 2006, n. 152, prevede espressamente la non applicabilità delle disposizioni sulle bonifiche all’abbandono dei rifiuti) e non costituisce una clausola di esonero da responsabilità.

Pres. Di Nunzio, Est. Mielli – C.B.  e altri (avv.ti Zanchettin e Bottari) c. Comune di San Pietro di Feletto (avv. Signor) e altro (n.c.)

RIFIUTI –  Abbandono – Art. 192 d.lgs. n. 152/2006 – Garanzia fideiussoria – Intimazione – Legittimità.

E’ vero che le norme del D. Lgs 152/2006 non prevedono espressamente la possibilità per l’amministrazione di ordinare al presunto debitore il rilascio di una fideiussione a garanzia dei danni o delle opere da eseguire in sostituzione del responsabile di violazioni di norme ambientali.  Tuttavia nulla vieta che l’amministrazione possa intimare, pur senza disporre di un effettivo potere coercitivo, il deposito, in via cautelare, di garanzie su somme che la stessa amministrazione ritiene di ascrivere al danno ambientale ovvero di dover essa stessa impiegare nell’esercizio del potere sanzionatorio o surrogatorio per gli interventi che la legge le impone di eseguire in danno del responsabile (nello specifico a seguito della violazione dell’art. 192 del D.Lgs 152/2006). Ciò, beninteso, a condizione che il provvedimento cui inerisce la richiesta di garanzie fideiussorie preveda di porre a carico (o ponga a carico) del soggetto onerato la realizzazione di interventi previsti dalla legge a titolo di sanzione per la violazione delle norme ambientali e in particolare quando è previsto il potere di esecuzione in danno del responsabile, e sussista un ragionevole rapporto tra l’importo che l’amministrazione richiede e che è garantito dalla fideiussione e quello stimato dall’amministrazione come costo delle stesse operazioni o ovvero come misura del danno ambientale.


Pres. Di Nunzio, Est. Mielli – C.B.  e altri (avv.ti Zanchettin e Bottari) c. Comune di San Pietro di Feletto (avv. Signor) e altro (n.c.)

 


Allegato


Titolo Completo

TAR VENETO, Sez. 3^ – 22 dicembre 2014, n. 1560

SENTENZA

 

TAR VENETO,  Sez. 3^ – 22 dicembre 2014, n. 1560

N. 01560/2014 REG.PROV.COLL.
N. 00032/2008 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente
 

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 32 del 2008, proposto da:
Cais Bruno, Del Puppo Marisa e Cais Mauro rappresentati e difesi dagli avv.ti Maurizio Zanchettin, e Maria Dolores Bottari, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Giorgio Pinello in Venezia, San Polo, 3080/L;

contro

Comune di San Pietro di Feletto, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Diego Signor, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Emanuela Rizzi in Venezia, Dorsoduro, 2420;
Provincia di Treviso, non costituitasi in giudizio;

per l’annullamento

– dell’ordinanza sindacale di avvio a recupero e allo smaltimento e al ripristino dei luoghi n. 1393 del 5.6.2007;

– della comunicazione di inosservanza dell’ordinanza n. 1393 del 5/6/2007, dell’1/8/2007 prot. n. 7638 e della nota comunale 9/8/2007 prot. n. 7862.

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di San Pietro di Feletto;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 12 novembre 2014 il dott. Stefano Mielli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Nel corso di un sopralluogo effettuato dal Corpo Forestale dello Stato nel 2002, è stato accertata la realizzazione, in un fondo di proprietà dei ricorrenti sito nel territorio del Comune di San Pietro di Feletto, in località Riva Bottera, in area collinare sottoposta a vincolo paesaggistico, di una discarica abusiva di rifiuti di vaste dimensioni, che ha comportato il riempimento con inerti e residui da demolizioni (anche pericolosi per la presenza di amianto) di un avvallamento naturale in zona collinare.

Con sentenza del 18 gennaio 2006, n. 5, del Tribunale di Treviso, Sezione distaccata di Conegliano, di applicazione della pena su richiesta delle parti, uno dei proprietari, il Sig. Mauro Cais, è stato condannato per aver depositato in modo incontrollato e aver consentito ad altri di depositare i predetti rifiuti.

I ricorrenti hanno presentato dei progetti per la messa in sicurezza statica della discarica, per la rimozione dei rifiuti e per la ricomposizione paesaggistica dei luoghi con note prot. n. 3020 del 13 marzo 2003, prot. n. 5320 del 5 maggio 2003, prot. n. 5597 del 12 maggio 2003, e prot. n. 8639 del 15 luglio 2003.

Constatata l’inidoneità delle proposte formulate, il Comune ha richiesto la presentazione di un nuovo progetto, presentato dai ricorrenti con nota prot. n. 13561 del 7 gennaio 2003.

Con deliberazione consiliare n. 49 del 9 dicembre 2005, acquisito l’apporto di tutti gli enti coinvolti in apposite conferenze di servizi, è stato definitivamente approvato il progetto di recupero ambientale del sito.

I ricorrenti in seguito non hanno dato esecuzione al progetto ritenendola impossibile a causa di impedimenti fisici e per il costo insostenibile cui avrebbe dato luogo e, con note del 19 febbraio 2007 e 24 maggio 2007, hanno chiesto di poter presentare un nuovo progetto che non prevedesse la rimozione dei materiali, in quanto era stata riscontrata l’assenza di inquinamenti in atto.

Il Comune con ordinanza prot. n. 1393 del 5 giugno 2007, emessa dal responsabile del servizio area tecnica dell’ufficio ambiente del Comune di San Pietro di Feletto, ha motivatamente respinto l’istanza, ordinando l’avvio della rimozione e dello smaltimento del materiale contenente amianto entro sette giorni, e dei restanti rifiuti entro 30 giorni secondo le modalità previste dal progetto approvato con deliberazione del Consiglio comunale n. 49 del 14 novembre 2005, ed ordinando altresì di produrre una polizza fideiussoria bancaria o assicurativa dell’importo di 1.000.000,00 di euro a garanzia della corretta e tempestiva esecuzione dei lavori di rimozione e smaltimento dei rifiuti, oltre ad un’ulteriore polizza per un importo di 150.000,00 euro, a garanzia del ripristino della viabilità al termine dell’esecuzione dei lavori.

Con ricorso straordinario al Capo dello Stato, trasposto in sede giurisdizionale, tale ordinanza, unitamente alla comunicazione di inosservanza della medesima prot. n. 7683 del 1 agosto 2007, e della nota prot. n. 7862 del 9 agosto 2007, è impugnata dai ricorrenti per le seguenti censure:

I) illogicità manifesta, contraddittorietà, travisamento e carenza di istruttoria per la mancata considerazione dell’insostenibilità dei costi dell’intervento, che devono ritenersi sproporzionati rispetto all’accertata mancanza di inquinanti;

II) violazione dell’art. 192 del Dlgs. 3 aprile 2006, n. 152, e dell’art. 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241, in quanto, in base alla norma citata, è il Sindaco e non chi ha abbandonato i rifiuti a dover presentare il progetto per la loro rimozione;

III) violazione, sotto altro profilo, dell’art. 192 del Dlgs. 3 aprile 2006, n. 152, e dell’art. 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241, perché è imposta una fideiussione che non trova giustificazione in una norma espressa;

IV) illogicità e contraddittorietà nella tempistica indicata dal Comune di iniziare i lavori entro trenta giorni e di terminarli entro duecento, perchè il lungo tempo decorso tra l’approvazione del progetto con deliberazione consiliare n. 49 del 14 novembre 2005, e l’ordinanza impugnata, denota la mancanza di urgenza.

Si è costituito in giudizio il Comune di San Pietro in Feletto eccependo l’inammissibilità del ricorso per l’omessa impugnazione dell’atto presupposto costituito dalla deliberazione consiliare di approvazione del progetto di rimozione e smaltimento dei rifiuti n. 49 del 14 novembre 2005.

Alla pubblica udienza del 12 novembre 2014, la causa è stata trattenuta in decisione.
 

DIRITTO

L’eccezione di inammissibilità del ricorso per l’omessa impugnazione della deliberazione consiliare di approvazione del progetto di rimozione e smaltimento dei rifiuti non può essere accolta.

Infatti, come correttamente replicato dalla parte ricorrente, secondo la prospettazione attorea non è la deliberazione di approvazione del progetto l’atto che arreca pregiudizio e lede la posizione dei ricorrenti, ma l’ordinanza che ha respinto l’istanza di poter presentarne uno nuovo che non preveda la rimozione dei materiali, cosicché non vi è in realtà interesse all’impugnazione della deliberazione di approvazione del progetto.

L’eccezione pertanto deve essere respinta.

Nel merito il ricorso è infondato.

Infatti è pacifico che i ricorrenti sono gli autori dell’abbandono dei rifiuti, e tale fatto ai sensi dell’art. 192 del Dlgs. 3 aprile 2006, n. 152, costituisce un illecito cui consegue ex lege la sanzione ripristinatoria consistente nell’obbligo di rimozione e smaltimento senza che in capo al Comune residuino poteri discrezionali circa la non applicabilità della sanzione.

Ne consegue che, contrariamente a quanto dedotto, alla fattispecie in esame è estraneo il principio di sopportabilità dei costi.

Questo infatti non interferisce con l’obbligo di rimuovere e smaltire i rifiuti illecitamente abbandonati, in quanto costituisce un criterio per l’individuazione, ove si presentino diverse opzioni, delle migliori tecniche d’intervento da prendere in considerazione per eliminare o ridurre le contaminazioni presenti in siti assoggettati ad interventi di bonifica.

Il principio della sopportabilità dei costi non può fondatamente essere invocato nella fattispecie in esame perché riguarda un diverso ambito normativo (infatti l’art. 239, comma 1, lett. a, del Dlgs. 3 aprile 2006, n. 152, prevede espressamente la non applicabilità delle disposizioni sulle bonifiche all’abbandono dei rifiuti) e non costituisce una clausola di esonero da responsabilità.

Per completezza va anche osservato che il Comune nelle proprie difese precisa che il provvedimento impugnato in realtà non preclude la possibilità di realizzare gli obiettivi di ripristino ambientale con modalità diverse da quelle indicate nel piano predisposto dai ricorrenti ed approvato con deliberazione consiliare n. 49 del 14 novembre 2005, e che ha manifestato la disponibilità di esaminare eventuali nuovi elaborati progettuali (cfr. la nota prot. 7862 del 9 agosto 2007 di cui al doc. 41 allegato alle difese del Comune).

Sotto tale profilo la parte ricorrente non può pertanto neppure fondatamente dolersi dell’onerosità delle misure concretamente imposte, dato che dalla documentazione versata in atti emerge la disponibilità del Comune di valutarne di alternative.

Pertanto le censure di cui al primo motivo devono essere respinte.

Con il secondo motivo la parte ricorrente lamenta che dovrebbe essere l’Amministrazione a dover indicare le operazioni necessarie al recupero del sito, e che pertanto non è legittima la pretesa che siano i ricorrenti a dover presentare il progetto.

La censura è infondata perché il provvedimento impugnato individua le modalità di intervento richiamandosi espressamente alla deliberazione consiliare n. 49 del 14 novembre 2005, non impugnata e tutt’ora efficace, e con tale deliberazione, assunta a seguito delle consultazioni svolte con tutti gli enti interessati, l’Amministrazione ha già fatto proprio il progetto di recupero allora presentato dai ricorrenti.

Quindi l’affermazione secondo la quale l’Amministrazione avrebbe omesso di indicare le operazioni necessarie al recupero del sito, è priva di riscontri, e le censure di cui al secondo motivo devono essere respinte.

Con il terzo motivo la parte ricorrente lamenta l’illegittimità della previsione di una fideiussione a garanzia della corretta esecuzione dei lavori di rimozione e rirpistino.

In merito all’infondatezza della censura in linea generale va rilevato che vi è l’esplicita previsione normativa dell’obbligo di prestare idonee garanzie finanziarie da parte di chi gestisce rifiuti e da parte di chi effettua bonifiche (cfr. rispettivamente gli artt. 208, comma 11. lett. g, e 242, comma 7, del Dlgs. 3 aprile 2006, n. 152), da considerarsi espressione della necessità di garantire la corretta esecuzione ed il completamento degli interventi che, se non portati correttamente a termine, comportano l’impiego e l’esborso di ingenti risorse pubbliche.

Pertanto deve ritenersi che non sia precluso all’Amministrazione di imporre una garanzia anche per la fattispecie diversa ma analoga dell’ordine di rimozione dei rifiuti illecitamente abbandonati, atteso che, come è stato già affermato da questa stessa Sezione in altra occasione (cfr. Tar Veneto, Sez. III, 4 dicembre 2009, n. 3460) “è vero che le norme del D. Lgs 152/2006 non prevedono espressamente la possibilità per l’amministrazione di ordinare al presunto debitore il rilascio di una fideiussione a garanzia dei danni o delle opere da eseguire in sostituzione del responsabile di violazioni di norme ambientali.

Tuttavia nulla vieta che l’amministrazione possa intimare, pur senza disporre di un effettivo potere coercitivo, il deposito, in via cautelare, di garanzie su somme che la stessa amministrazione ritiene di ascrivere al danno ambientale ovvero di dover essa stessa impiegare nell’esercizio del potere sanzionatorio o surrogatorio per gli interventi che la legge le impone di eseguire in danno del responsabile (nello specifico a seguito della violazione dell’art. 192 del D.Lgs 152/2006).

Ciò, beninteso, a condizione che il provvedimento cui inerisce la richiesta di garanzie fideiussorie preveda di porre a carico (o ponga a carico) del soggetto onerato la realizzazione di interventi previsti dalla legge a titolo di sanzione per la violazione delle norme ambientali e in particolare quando è previsto il potere di esecuzione in danno del responsabile, e sussista un ragionevole rapporto tra l’importo che l’amministrazione richiede e che è garantito dalla fideiussione e quello stimato dall’amministrazione come costo delle stesse operazioni o ovvero come misura del danno ambientale”.

Anche la censura di cui al terzo motivo deve pertanto essere respinta.

Con il quarto motivo la parte ricorrente lamenta l’illegittimità dei termini assegnati per l’avvio e l’ultimazione dei lavori (30 e 200 giorni).

La censura, formulata in modo generico, deve essere respinta in quanto non viene allegato alcun elemento utile a dimostrare in concreto l’incongruità dei termini, e i lavori, nonostante l’efficacia degli atti impugnati, tutt’ora non risultano avviati.

In definitiva il ricorso deve essere respinto.

Le spese di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
 

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna la parte ricorrente a corrispondere al Comune di San Pietro di Feletto le spese di giudizio che liquida nella somma complessiva di € 4.000,00, per compensi e spese, oltre i.v.a. e c.p.a…

Così deciso in Venezia nella camera di consiglio del giorno 12 novembre 2014 con l’intervento dei magistrati:

Giuseppe Di Nunzio, Presidente
Stefano Mielli, Consigliere, Estensore
Marco Morgantini, Consigliere

L’ESTENSORE

IL PRESIDENTE
             

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 22/12/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
 

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