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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Inquinamento del suolo Numero: 493 | Data di udienza: 18 Marzo 2015

* INQUINAMENTO DEL SUOLO – Proprietario dell’area inquinata – Principi ricavabili dal Titolo V, Parte V del d.lgs. n. 152/2006 – Misure di prevenzione – Interventi di messa in sicurezza, bonifica e ripristino – Responsabile della contaminazione – Mancata individuazione – Amministrazione – Rivalsa nei confronti del proprietario – Principi di precauzione e di prevenzione – Tutela anticipata – Differenze – Imposizione al proprietario del sito contaminato di misure ulteriori rispetto a quelle di prevenzione previste dall’art. 240 del d.lgs. n. 152/2006 – Misure di messa in sicurezza di emergenza – Principio della correzione, in via prioritaria alla fonte, dei danni causati – Corte di Giustizia, causa C534/13 – Rinvio pregiudiziale – Impossibilità di individuare il responsabile dell’inquinamento – Normativa nazionale che esclude l’imposizione di misure di prevenzione o di riparazione  al proprietario del suolo – Compatibilità con la direttiva2004/35 – Imposizione di un piano di caratterizzazione – Comune – Incompetenza – Art. 244 d.lgs. n. 152/2006.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione: Veneto
Città: Venezia
Data di pubblicazione: 8 Maggio 2015
Numero: 493
Data di udienza: 18 Marzo 2015
Presidente: Settesoldi
Estensore: Savoia


Premassima

* INQUINAMENTO DEL SUOLO – Proprietario dell’area inquinata – Principi ricavabili dal Titolo V, Parte V del d.lgs. n. 152/2006 – Misure di prevenzione – Interventi di messa in sicurezza, bonifica e ripristino – Responsabile della contaminazione – Mancata individuazione – Amministrazione – Rivalsa nei confronti del proprietario – Principi di precauzione e di prevenzione – Tutela anticipata – Differenze – Imposizione al proprietario del sito contaminato di misure ulteriori rispetto a quelle di prevenzione previste dall’art. 240 del d.lgs. n. 152/2006 – Misure di messa in sicurezza di emergenza – Principio della correzione, in via prioritaria alla fonte, dei danni causati – Corte di Giustizia, causa C534/13 – Rinvio pregiudiziale – Impossibilità di individuare il responsabile dell’inquinamento – Normativa nazionale che esclude l’imposizione di misure di prevenzione o di riparazione  al proprietario del suolo – Compatibilità con la direttiva2004/35 – Imposizione di un piano di caratterizzazione – Comune – Incompetenza – Art. 244 d.lgs. n. 152/2006.



Massima

 

TAR VENETO, Sez. 3^ – 8 maggio 2015, n. 493

INQUINAMENTO DEL SUOLO – Proprietario dell’area inquinata – Principi ricavabili dal Titolo V, Parte V del d.lgs. n. 152/2006 – Misure di prevenzione – Interventi di messa in sicurezza, bonifica e ripristino – Responsabile della contaminazione – Mancata individuazione – Amministrazione – Rivalsa nei confronti del proprietario.

Dalle disposizioni contenute nel decreto legislativo n. 152 del 2006 (in particolare nel Titolo V della Parte IV) possono ricavarsi le seguenti regole: il proprietario, ai sensi dell’art. 245, comma 2, del decreto legislativo n. 152/2006 è tenuto soltanto ad adottare le misure di prevenzione di cui all’art. 240, comma 1, lett.1), ovvero “le iniziative per contrastare un evento, un atto o un’omissione che ha creato una minaccia imminente per la salute o per l’ambiente intesa come rischio sufficientemente probabile che si verifichi un danno sotto il profilo sanitario o ambientale in un futuro prossimo, al fine di impedire o minimizzare il realizzarsi di tale minaccia”;  gli interventi di riparazione, di messa in sicurezza, di bonifica e di ripristino gravano esclusivamente sul responsabile della contaminazione, cioè sul soggetto al quale sia imputabile, almeno sotto il profilo oggettivo, l’inquinamento (art. 244, comma 2); se il responsabile non sia individuabile o non provveda (e non provveda spontaneamente il proprietario del sito o altro soggetto interessato), gli interventi che risultassero necessari sono adottati dall’Amministrazione competente (art. 244, comma 4); le spese sostenute per effettuare tali interventi possono essere recuperate, sulla base di un motivato provvedimento (che giustifichi tra l’altro l’impossibilità di accertare l’identità del soggetto responsabile ovvero che giustifichi l’impossibilità di esercitare azioni di rivalsa nei confronti del medesimo soggetto ovvero la loro infruttuosità), agendo in rivalsa verso il proprietario, che risponde nei limiti del valore di mercato del sito a seguito dell’esecuzione degli interventi medesimi (art. 253, comma 4);  a garanzia di tale diritto di rivalsa, il sito è gravato di un onere reale e di un privilegio speciale immobiliare (art. 253, comma 2).


Pres. Settesoldi, Est. Savoia – R. spa e altro (avv.ti Zambelli, Peres, Butti e Zalin) c. Comune di Castelnuovo del Garda – (Vr) (avv. Leardini)

INQUINAMENTO DEL SUOLO – Principi di precauzione e di prevenzione – Tutela anticipata – Differenze.

I principi di precauzione e di prevenzione rendono legittimo un approccio anticipatorio ai problemi ambientali, sulla base della considerazione che molti danni causati all’ambiente possono essere di natura irreversibile. Per prevenire il rischio del verificarsi di tali danni, il principio di precauzione legittima l’adozione di misure di prevenzione, riparazione e contrasto ad una fase nella quale il danno non solo non si è ancora verificato, ma non esiste neanche la piena certezza scientifica che si verificherà. In altri termini, la ricerca di livelli di sicurezza sempre più elevati porta ad un consistente arretramento della soglia dell’intervento delle Autorità a difesa della salute dell’uomo e del suo ambiente: la tutela diviene “tutela anticipata” e oggetto dell’attività di prevenzione e di riparazione diventano non soltanto i rischi conosciuti, ma anche quelli di cui semplicemente si sospetta l’esistenza. Il principio di prevenzione presenta tratti comuni con il principio di precauzione, in quanto entrambi condividono la natura anticipatoria rispetto al verificarsi di un danno per l’ambiente. Il principio di prevenzione si differenzia da quello di precauzione perché si occupa della prevenzione del danno rispetto a rischi già conosciuti e scientificamente provati relativi a comportamenti o prodotti per i quali esiste la piena certezza circa la loro pericolosità per l’ambiente.

Pres. Settesoldi, Est. Savoia – R. spa e altro (avv.ti Zambelli, Peres, Butti e Zalin) c. Comune di Castelnuovo del Garda – (Vr) (avv. Leardini)

INQUINAMENTO DEL SUOLO – Principi di precauzione e prevenzione – Imposizione al proprietario del sito contaminato di misure ulteriori rispetto a quelle di prevenzione previste dall’art. 240 del d.lgs. n. 152/2006 – Misure di messa in sicurezza di emergenza.

Se la ratio dei principi di precauzione e di prevenzione è quella di legittimare un intervento dell’autorità competente anche in condizioni di incertezza scientifica (sulla stessa esistenza del rischio o delle sue ulteriori conseguenze), sul presupposto che il trascorrere del tempo necessario per acquisire informazioni scientificamente certe o attendibili potrebbe determinare danni irreversibili all’ambiente, allora non appare peregrino sostenere che la medesima ratio consenta l’intervento in via precauzionale o preventiva non solo quando l’incertezza da dipanare riguardi l’evento di danno, ma anche quando concerna il nesso causale e, quindi, l’individuazione del soggetto responsabile di un danno certo. In quest’ottica, quindi, i principi di precauzione e di prevenzione potrebbero legittimare l’imposizione, a prescindere dalla prova circa la sussistenza del nesso di causalità, in capo al soggetto che, essendo proprietario del sito contaminato, si trova nelle migliori condizioni per attuarle, non solo delle misure di prevenzione descritte dall’art. 240, comma 1, lett.i) decreto legislativo n. 152 del 2006, (già previste a suo carico dall’art. 245, comma 2, decreto legislativo n. 152 del 2006), ma anche di misure di sicurezza di emergenza. Anche queste misure, infatti, hanno una finalità precauzionale ed una connotazione di urgenza, essendo dirette a contenere la diffusione delle sorgenti primarie di contaminazione, impedirne il contatto con altre matrici presenti nel sito e a rimuoverle, in attesa di ulteriori interventi di bonifica o di messa in sicurezza operativa o permanente.

Pres. Settesoldi, Est. Savoia – R. spa e altro (avv.ti Zambelli, Peres, Butti e Zalin) c. Comune di Castelnuovo del Garda – (Vr) (avv. Leardini)

INQUINAMENTO DEL SUOLO – Principio della correzione, in via prioritaria alla fonte, dei danni causati – Soggetto proprietario del fondo.

Il principio della correzione, in via prioritaria alla fonte, dei danni causati, dispone che i danni causati all’ambiente vengano contrastati in una fase il più possibile vicino alla fonte, per evitare che i loro effetti si amplifichino e si ingigantiscano. Nelle situazioni d’impossibilità di individuare il responsabile, o d’impossibilità di evitare da questi le misure correttive, la “fonte” cui il principio fa riferimento sembra potere essere ragionevolmente individuata nel soggetto attualmente proprietario del fondo, che, proprio per la sua posizione di proprietario, è quello meglio in grado di controllare la fonte di pericolo rappresentata dal sito contaminato (su tali questioni si veda Adunanza Plenaria n 13 del 2013).(cfr. in termini, Tar Friuli Venezia Giulia, 5 maggio 2014, n. 183)

Pres. Settesoldi, Est. Savoia – R. spa e altro (avv.ti Zambelli, Peres, Butti e Zalin) c. Comune di Castelnuovo del Garda – (Vr) (avv. Leardini)

INQUINAMENTO DEL SUOLO – Corte di Giustizia, causa C534/13 – Rinvio pregiudiziale – Impossibilità di individuare il responsabile dell’inquinamento – Normativa nazionale che esclude l’imposizione di misure di prevenzione o di riparazione  al proprietario del suolo – Compatibilità con la direttiva2004/35.

 Con decisione 4 marzo 2015 in sede di «Rinvio pregiudiziale – Articolo 191, paragrafo 2, TFUE – Direttiva 2004/35/CE – Responsabilità ambientale – Normativa nazionale che non prevede la possibilità per l’amministrazione di imporre, ai proprietari di terreni inquinati che non hanno contribuito a tale inquinamento, l’esecuzione di misure di prevenzione e di riparazione e che prevede soltanto l’obbligo di rimborsare gli interventi effettuati dall’amministrazione – Compatibilità con i principi del “chi inquina paga”, di precauzione, dell’azione preventiva e della correzione, in via prioritaria alla fonte, dei danni causati all’ambiente”, la terza sezione della Corte di giustizia, nella causa C534/13 rispondendo alle questioni proposte dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato ha affermato come “alla luce dell’insieme delle considerazioni che precedono, occorre rispondere alla questione pregiudiziale che la direttiva 2004/35 deve essere interpretata nel senso che non osta a una normativa nazionale come quella di cui trattasi nel procedimento principale, la quale, nell’ipotesi in cui sia impossibile individuare il responsabile della contaminazione di un sito o ottenere da quest’ultimo le misure di riparazione, non consente all’autorità competente di imporre l’esecuzione delle misure di prevenzione e di riparazione al proprietario di tale sito, non responsabile della contaminazione, il quale è tenuto soltanto al rimborso delle spese relative agli interventi effettuati dall’autorità competente nel limite del valore di mercato del sito, determinato dopo l’esecuzione di tali interventi.”

Pres. Settesoldi, Est. Savoia – R. spa e altro (avv.ti Zambelli, Peres, Butti e Zalin) c. Comune di Castelnuovo del Garda – (Vr) (avv. Leardini)

INQUINAMENTO DEL SUOLO – Imposizione di un piano di caratterizzazione – Comune – Incompetenza – Art. 244 d.lgs. n. 152/2006.

Il Comune non è competente all’adozione di un’ordinanza con cui è imposto un piano di caratterizzazione. Dispone difatti l’art.244 del d.Lgs. n.152/2006, al comma 2, che “La provincia, ricevuta la comunicazione di cui al comma 1, dopo aver svolto le opportune indagini volte ad identificare il responsabile dell’evento di superamento e sentito il comune, diffida con ordinanza motivata il responsabile della potenziale contaminazione a provvedere ai sensi del presente titolo” e al comma 3 che “ L’ordinanza di cui al comma 2 è comunque notificata anche al proprietario del sito ai sensi e per gli effetti dell’articolo 253”.


Pres. Settesoldi, Est. Savoia – R. spa e altro (avv.ti Zambelli, Peres, Butti e Zalin) c. Comune di Castelnuovo del Garda – (Vr) (avv. Leardini)


Allegato


Titolo Completo

TAR VENETO, Sez. 3^ – 8 maggio 2015, n. 493

SENTENZA

 

TAR VENETO, Sez. 3^ – 8 maggio 2015, n. 493


N. 00493/2015 REG.PROV.COLL.
N. 00152/2009 REG.RIC.
N. 00949/2012 REG.RIC.
N. 01158/2013 REG.RIC.
N. 01630/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 152 del 2009, proposto da:
Rotamfer Spa e Rottami Metalli Italia Srl, rappresentato e difeso dagli avv. Franco Zambelli, Federico Peres, Luciano Butti, Marina Zalin, con domicilio eletto presso Franco Zambelli in Venezia-Mestre, Via Cavallotti, 22;


contro

Comune di Castelnuovo del Garda – (Vr), rappresentato e difeso dall’avv. Flavio Leardini, con domicilio eletto presso Gianfranco Perulli in Venezia-Mestre, Via Torino, 186; Provincia di Verona – (Vr);

nei confronti di

Spimpolo Giovanni;

sul ricorso numero di registro generale 949 del 2012, proposto da:
Rottami Metalli Italia Spa, rappresentato e difeso dagli avv. Marina Zalin, Alvise Biscontin, Federico Peres, con domicilio eletto presso Alvise Biscontin in Venezia, Via Fratelli Rondina 6;


contro

Comune di Castelnuovo del Garda, rappresentato e difeso dagli avv. Maurizio Sartori, Antonio Sartori, con domicilio eletto presso Antonio Sartori in Venezia-Mestre, Calle del Sale, 33; Arpav-Dap di Verona, Arpa Veneto, Provincia di Verona;

nei confronti di

Cesare Bagolini; Rotamfer Srl, rappresentato e difeso dagli avv. Federico Peres, Marina Zalin, con domicilio eletto presso Segreteria T.A.R. Veneto in Venezia, Cannaregio 2277/2278;

sul ricorso numero di registro generale 1158 del 2013, proposto da:
Rottami Metalli Italia Spa, rappresentato e difeso dagli avv. Federico Peres, Marina Zalin, con domicilio eletto presso Alvise Biscontin in Venezia, Via Fratelli Rondina 6;

contro

Comune di Castelnuovo del Garda, Arpav – Dap di Verona, Provincia di Verona, Azienda Ulss N. 22 Bussolengo;

nei confronti di

Rotamfer Srl, rappresentato e difeso dagli avv. Federico Peres, Marina Zalin, con domicilio eletto presso Segreteria T.A.R. Veneto in Venezia, Cannaregio 2277/2278;

sul ricorso numero di registro generale 1630 del 2013, proposto da:
Rottami Metalli Italia S.p.A., rappresentato e difeso dall’avv. Federico Peres, con domicilio eletto presso Federico Peres in Verona, Via Leoni, 4;

contro

Comune di Castelnuovo del Garda, Arpav-Dap di Verona, Arpa Veneto – Padova, Provincia di Verona, Azienda Ulss N. 22 Bussolengo;

nei confronti di

Rotamfer S.r.l., rappresentato e difeso dagli avv. Marina Zalin, Federico Peres, con domicilio eletto presso Segreteria T.A.R. Veneto in Venezia, Cannaregio 2277/2278;

per l’annullamento

quanto al ricorso n. 152 del 2009:

dell’ordinanza n. 67 del 10/12/2008 notificata il 23/12/2008 emessa dall’Ufficio Lavori Pubblici del Comune di Castelnuovo del Garda, con la quale il Comune ha ordinato di mettere in atto tutte le misure di prevenzione e messa in sicurezza di emergenza del sito, dandone comunicazione agli enti pubblici, presso cui è stato accertato il superamento, oltre le concentrazioni soglia di contaminazione di taluni parametri indicati, nonchè di predisporre, entro 30 gg. dalla notifica del provvedimento, l’apposito piano di caratterizzazione del sito..

quanto al ricorso n. 949 del 2012:

della lettera prot. n. 0005713 del 21.03.2012 a firma del responsabile area tecnica lavori pubblici del Comune di Castelnuovo del Garda, ricevuta in data 28.03.2012, avente per oggetto «verbale

della conferenza dei servizi …», lettera all’interno della quale sembra essere

stato trascritto il verbale di Conferenza di Servizi 07.03.2012;

del verbale della Conferenza dei Servizi 07.03.2012, che sembra trascritto nella richiamata lettera ma che mai è stato inviato alla ricorrente;.

quanto al ricorso n. 1158 del 2013:

della lettera prot. n. 0006035 del 28/3/2013 emesso dall’Area Tecnica Lavori Pubblici del Comune di Castelnuovo del Garda, ricevuta il 22/5/2013, avente oggetto: “verbale della conferenza dei servizi …”;

del verbale della Conferenza dei Servizi 11/3/2013;

della lettera prot. n. 0008131 del 9/4/2013 emesso dall’Area Tecnica Lavori Pubblici del Comune di Castelnuovo del Garda, ricevuta il 22/5/2013 avente ad oggetto “verbale della conferenza dei servizi …”;

del verbale della Conferenza dei Servizi 9/4/2013;.

quanto al ricorso n. 1630 del 2013:

della lettera prot. n. 0020171 del 28/10/2013 emesso dall’Area Tecnica Lavori Pubblici del Comune di Castelnuovo del Garda, ricevuta l’8/11/2013, avente oggetto: “verbale della conferenza dei servizi …”;

del verbale della Conferenza dei Servizi del 21/10/2013;.

Visti i ricorsi e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Comune di Castelnuovo del Garda – (Vr) e di Comune di Castelnuovo del Garda e di Rotamfer Srl e di Rotamfer Srl e di Rotamfer S.r.l.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 18 marzo 2015 il dott. Riccardo Savoia e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1.La scansione temporale dei fatti rilevanti in causa vede come momento iniziale il 29 settembre del 2008, data nella quale Arpa preleva in contraddittorio con la ricorrente alcuni campioni di terreno per sottoporli ad analisi, trasmettendo il successivo 6 novembre i rapporti di prova relativi a tre campioni di terreno prelevato in uno dei quali viene rilevato il superamento delle concentrazioni di rischio.

2.Con raccomandata del 13 novembre il comune di Castelnuovo comunicava l’avvio di un procedimento amministrativo per l’emissione dell’ordinanza di messa in sicurezza d’emergenza e per la redazione del piano di caratterizzazione e di quello di bonifica dell’area interna interessata dall’inquinamento sulla matrice terreno, operante il limite del parametro idrocarburi.

3.In data 21 novembre Rotamfer cedeva a Rottami Metallici srl la proprietà dell’area.

4.Nel frattempo il settore ambiente della provincia di Verona aveva comunicato l’avvio di un procedimento per l’emissione di una diffida in relazione alla contaminazione della matrice terreni, cui la ditta replicava evidenziando che le analisi avrebbero rilevato il rispetto su tutti i campioni analizzati, chiedendo la convocazione di un incontro tecnico.

5.Con l’ordinanza numero 67 il comune il giorno 10 dicembre ordinava dunque sia al precedente che al nuovo proprietario di mettere in atto tutte le misure di prevenzione e messa in sicurezza di emergenza del sito per la matrice terreno, e tale provvedimento viene impugnato con il primo dei ricorsi in epigrafe (ricorso numero 152 del 2009): nel frattempo aveva luogo l’incontro tecnico richiesto, all’esito del quale l’agenzia si impegnava a realizzare nuove analisi relative al parametro idrocarburi, mentre la ditta informava provincia agenzia e comune di aver integrato le operazioni di messa in sicurezza dell’area oggetto di investigazione.

6.La domanda cautelare veniva respinta con ordinanza numero 147 del 2009, qualificandosi il provvedimento impugnato come semplice costituzione in mora in applicazione degli articoli 242 e 250 del decreto legislativo numero 152 del 2006. L’agenzia trasmetteva gli esiti delle nuove analisi condotte su un campione di terreno, mentre la ditta comunicava agli enti l’avvenuta installazione di due nuovi piezometri a monte dello stabilimento.

7. In data 30 aprile 2009 si teneva un’altra riunione presso la provincia di Verona, nel corso della quale venivano discusse le risultanze dei campionamenti sulle acque di falda effettuati da ARPAV, evidenziandosi un superamento dei parametri di manganese e tetracloroetilene, per cui la ditta comunicava di predisporre un piano di indagine delle acque superficiali, presentato il successivo 18 giugno.

8.Con determinazione numero 1462 del 19 marzo 2010 il settore ambiente della provincia archiviava il procedimento avviato nel 2008 affermando il rispetto per la matrice terreno dei valori di concentrazione nel sito in argomento.

9.Il 23 febbraio 2012 il Comune convocava una nuova conferenza di servizi per il giorno 7 marzo, il cui verbale risulta trasfuso nella nota 21 marzo 2012 con la quale viene imposto alla ricorrente di presentare il piano della caratterizzazione.

10. Tale provvedimento viene impugnato con il secondo dei ricorsi in epigrafe (numero 949 del 2012).

11 Il 27 aprile Rottami Metalli Italia, al solo fine di mantenere rapporti collaborativi con gli enti trasmetteva il richiesto piano della caratterizzazione, per la cui discussione si teneva la conferenza di servizi in data 12 giugno.

12. Il 31 agosto la ditta proponeva agli enti un intervento di messa in sicurezza d’emergenza e di omettere l’esecuzione delle analisi proposte del piano della caratterizzazione, proposta presentata in qualità di proprietario non responsabile della contaminazione, accolta dalla conferenza di servizi del 1 ottobre, che la subordinava, tuttavia, alla previa conclusione della caratterizzazione disposta dalla precedente conferenza, rinominandola inoltre come messa in sicurezza operativa.

13. In data 11 marzo 2013 si teneva la conferenza di servizi per la valutazione degli esiti delle analisi integrative effettuate dalla società nei mesi di novembre e dicembre, il cui verbale veniva trasfuso nella nota 28 marzo a firma del responsabile area tecnica del comune, mentre in data 9 aprile si teneva la conferenza di servizi aventi a oggetto la discussione dell’Analisi di rischio presentata dalla ditta, il cui verbale veniva a sua volta trasfuso nella nota inviata nella medesima data e ricevuta insieme a quella del 28 marzo in data 22 maggio.

14. In data 3 giugno veniva trasmesso agli enti il documento di Analisi di rischio revisionato.

15. In data 18 giugno, poi differita al 27 giugno, visto che all’esito della conferenza dei servizi del 9 aprile gli enti respingevano la prima versione dell’Analisi di rischio presentata dalla società, veniva fissata per il 18 giugno una conferenza di servizi per la valutazione del documento revisionato, cui seguivano:

il 3 luglio, la risposta alle osservazioni formulate in tale occasione;

il 16 luglio, la nota con cui il comune richiedeva un’integrazione dell’Analisi di rischio;

il 22 luglio, la proposizione del terzo ricorso (numero 1158 del 2013), con cui venivano impugnate le note del marzo e dell’aprile contenenti i verbali delle conferenze di servizi relative alla valutazione degli esiti delle analisi integrative e all’Analisi di rischio come originariamente presentata.

16. In data 30 settembre si teneva la conferenza dei servizi indetta dal comune, all’esito della quale gli enti richiedevano alla ricorrente di fornire ulteriori integrazioni e aggiornavano i lavori al 21 ottobre, data in cui si teneva la conferenza di servizi avente a oggetto la conclusione dell’iter procedimentale inerente la conferenza di servizi tenutasi il 30 settembre, mentre il 15 ottobre venivano trasmesse le integrazioni richieste.

17.Con nota 28 ottobre il comune inviava il verbale della conferenza dei servizi del 21 ottobre, nota impugnata con il quarto dei ricorsi in epigrafe (numero 1630 del 2013), mentre il 13 novembre venivano discussi i primi due ricorsi, all’esito dei quali veniva chiesto al comune di produrre il verbale della conferenza 21 ottobre.

18.In data 19 dicembre la ricorrente chiedeva al comune una proroga per la presentazione del progetto, cui il comune rispondeva in data 8 gennaio 2014 riconoscendo una proroga di 30 giorni.

19.Seguiva in data 6 febbraio la trasmissione del progetto richiesto, nella quale la ricorrente ribadiva di agire nella qualità di proprietario non responsabile, ribadendo altresì di non prestare acquiescenza alcuna ai provvedimenti già impugnati.

20.In data 17 luglio si teneva l’udienza di discussione dei quattro ricorsi, all’esito della quale il tribunale richiedeva al comune il deposito di una relazione riguardante la contaminazione presente nell’area dell’isola ecologica comunale, regolarmente depositata nei termini richiesti.

L’ordinanza istruttoria risultava giustificata dalla difesa sempre sostenuta dalla ricorrente secondo la quale l’inquinamento non deriverebbe dall’area di proprietà della ricorrente, ma sarebbe riconducibile ai rifiuti conferiti nell’isola ecologica, ove sarebbero presenti materiali contenenti la sostanza rinvenuta in falda, e dalla mancata autonoma determinazione comunale di indagine sulla detta isola ecologica.

21.All’odierna udienza, dopo la presentazione di memorie conclusive e memorie di replica da tutte le parti in causa , dopo discussione, la causa è stata trattenuta in decisione.

22. La lunga premessa in fatto risulta necessaria al fine di una compiuta comprensione della vicenda, potendosi riassumere gli atti impugnati nella ordinanza di messa in sicurezza di emergenza, qualificata dall’ordinanza numero 147/2009 di questo tribunale come costituzione in mora, nell’obbligo di predisposizione del piano di caratterizzazione, nell’analisi di rischio e nella messa in sicurezza operativa, tutti provvedimenti contestati negandosi la responsabilità dell’inquinamento, che deriverebbe invece dalla confinante area ecologica comunale, nella quale verrebbero conferiti materiali contenenti le sostanze inquinanti individuate nelle analisi effettuate.

23. Ritiene il Collegio che centrale alla decisione dei ricorsi, riuniti per evidenti ragioni di connessione oggettiva e soggettiva, sia l’individuazione della natura di responsabile o mero proprietario delle società ricorrenti.

Infatti devono essere richiamati i principi pacifici in materia, alla luce della normativa vigente:

volendo schematizzare e riepilogare, dalle disposizioni contenute nel decreto legislativo n. 152 del 2006 (in particolare nel Titolo V della Parte IV) possono ricavarsi le seguenti regole:

1) il proprietario, ai sensi dell’art. 245, comma 2, è tenuto soltanto ad adottare le misure di prevenzione di cui all’art. 240, comma 1, lett.1), ovvero “le iniziative per contrastare un evento, un atto o un’omissione che ha creato una minaccia imminente per la salute o per l’ambiente intesa come rischio sufficientemente probabile che si verifichi un danno sotto il profilo sanitario o ambientale in un futuro prossimo, al fine di impedire o minimizzare il realizzarsi di tale minaccia”;

2) gli interventi di riparazione, di messa in sicurezza, di bonifica e di ripristino gravano esclusivamente sul responsabile della contaminazione, cioè sul soggetto al quale sia imputabile, almeno sotto il profilo oggettivo, l’inquinamento (art. 244, comma 2);

3) se il responsabile non sia individuabile o non provveda (e non provveda spontaneamente il proprietario del sito o altro soggetto interessato), gli interventi che risultassero necessari sono adottati dall’Amministrazione competente (art. 244, comma 4);

4) le spese sostenute per effettuare tali interventi possono essere recuperate, sulla base di un motivato provvedimento (che giustifichi tra l’altro l’impossibilità di accertare l’identità del soggetto responsabile ovvero che giustifichi l’impossibilità di esercitare azioni di rivalsa nei confronti del medesimo soggetto ovvero la loro infruttuosità), agendo in rivalsa verso il proprietario, che risponde nei limiti del valore di mercato del sito a seguito dell’esecuzione degli interventi medesimi (art. 253, comma 4);

5) a garanzia di tale diritto di rivalsa, il sito è gravato di un onere reale e di un privilegio speciale immobiliare (art. 253, comma 2).

Peraltro in tale materia rileva altresì il tredicesimo considerando della direttiva 2004/35/Ce, in cui si legge: “A non tutte le forme di danno ambientale può essere posto rimedio attraverso la responsabilità civile. Affinché quest’ultima sia efficace è necessario che vi siano uno o più inquinatori individuabili, il danno dovrebbe essere concreto e qualificabile e si dovrebbero accertare nessi causali tra il danno e gli inquinatori individuati. La responsabilità civile non è quindi uno strumento adatto per trattare l’inquinamento a carattere diffuso e generale nei casi in cui sia impossibile collegare gli effetti ambientali negativi ad atti o omissioni di taluni soggetti”.

Tale considerando, evidenziando l’insufficienza in materia ambientale della responsabilità civile (sia pure con riferimento all’inquinamento a carattere diffuso e generale) mostra, comunque, l’esigenza di individuare criteri di imputazione del danno ambientale che prescindano dagli elementi costitutivi dell’illecito civile e, dunque, non solo dall’elemento soggettivo, ma anche dal rapporto di causalità.

Ancora, appare importante ai fini che in questa sede rilevano, il considerando n. 24 della citata direttiva 2004/35/Ce in cui si afferma la necessità di “assicurare la disponibilità di mezzi di applicazione ed esecuzione efficaci, garantendo un’adeguata tutela dei legittimi interessi degli operatori e delle altre parti interessate”, conferendo “alle autorità competenti compiti specifici che implicano appropriata discrezionalità amministrativa, ossia il dovere di valutare l’entità del danno e di determinare le misure di riparazione da prendere”.

La discrezionalità amministrativa evocata dalla direttiva potrebbe, invero, essere letta nel senso di sottintendere anche il potere per l’autorità competente di individuare il soggetto che si trova nelle condizioni migliori per adottare le misure di riparazione, anche a prescindere dal rigoroso accertamento del nesso eziologico.

Significativa, inoltre, è anche la previsione dell’art. 8, n. 3, lett.b), della direttiva 2004/35/Ce, secondo cui i costi delle azioni di prevenzione e di riparazione non sono a carico dell’operatore “se egli può provare che il danno ambientale o la minaccia imminente di tale danno è stato causato da un terzo o si è verificato nonostante l’esistenza di opportune misure di sicurezza”.

Tale disposizione dà rilievo al rapporto di causalità, ma non in positivo, bensì in negativo, nel senso che la presenza del nesso di causalità (e, dunque, la necessità che esso sia dimostrato dall’autorità competente) non sembra essere condizione necessaria al fine del sorgere della responsabilità; è, al contrario, la prova, fornita dall’operatore, dell’assenza del rapporto di causalità, o meglio la dimostrazione di un nesso eziologico che permetta di ricondurre l’evento lesivo ad un soggetto terzo, che lo esonera dalla responsabilità. Sembrerebbe, quindi, confermata la possibilità di imporre misure di prevenzione e di riparazione anche senza rapporto di causalità, ferma restando la possibilità per l’operatore di recuperare i costi di tali interventi dimostrando che l’evento lesivo è eziologicamente imputabile ad un soggetto terzo.

Da quanto testé illustrato, emerge che, oltre al principio “chi inquina paga”, vengono poi in rilievo i principi di precauzione, di prevenzione e di correzione, in via prioritaria alla fonte, dei danni causati all’ambiente, anch’essi esplicitamente richiamati dall’art. 191, paragrafo 2, TFUE, come fondamenti della politica dell’Unione in materia ambientale.

I principi di precauzione e di prevenzione rendono legittimo un approccio anticipatorio ai problemi ambientali, sulla base della considerazione che molti danni causati all’ambiente possono essere di natura irreversibile.

Per prevenire il rischio del verificarsi di tali danni, il principio di precauzione legittima l’adozione di misure di prevenzione, riparazione e contrasto ad una fase nella quale il danno non solo non si è ancora verificato, ma non esiste neanche la piena certezza scientifica che si verificherà. In altri termini, la ricerca di livelli di sicurezza sempre più elevati porta ad un consistente arretramento della soglia dell’intervento delle Autorità a difesa della salute dell’uomo e del suo ambiente: la tutela diviene “tutela anticipata” e oggetto dell’attività di prevenzione e di riparazione diventano non soltanto i rischi conosciuti, ma anche quelli di cui semplicemente si sospetta l’esistenza.

Il principio di prevenzione presenta tratti comuni con il principio di precauzione, in quanto entrambi condividono la natura anticipatoria rispetto al verificarsi di un danno per l’ambiente. Il principio di prevenzione si differenzia da quello di precauzione perché si occupa della prevenzione del danno rispetto a rischi già conosciuti e scientificamente provati relativi a comportamenti o prodotti per i quali esiste la piena certezza circa la loro pericolosità per l’ambiente.

Si può evidenziare che, se la ratio dei principi di precauzione e di prevenzione è quella di legittimare un intervento dell’autorità competente anche in condizioni di incertezza scientifica (sulla stessa esistenza del rischio o delle sue ulteriori conseguenze), sul presupposto che il trascorrere del tempo necessario per acquisire informazioni scientificamente certe o attendibili potrebbe determinare danni irreversibili all’ambiente, allora non appare peregrino sostenere che la medesima ratio consenta l’intervento in via precauzionale o preventiva non solo quando l’incertezza da dipanare riguardi l’evento di danno, ma anche quando concerna il nesso causale e, quindi, l’individuazione del soggetto responsabile di un danno certo.

In quest’ottica, quindi, i principi di precauzione e di prevenzione potrebbero legittimare l’imposizione, a prescindere dalla prova circa la sussistenza del nesso di causalità, in capo al soggetto che, essendo proprietario del sito contaminato, si trova nelle migliori condizioni per attuarle, non solo delle misure di prevenzione descritte dall’art. 240, comma 1, lett.i) decreto legislativo n. 152 del 2006, (già previste a suo carico dall’art. 245, comma 2, decreto legislativo n. 152 del 2006), ma anche di misure di sicurezza di emergenza. Anche queste misure, infatti, hanno una finalità precauzionale ed una connotazione di urgenza, essendo dirette a contenere la diffusione delle sorgenti primarie di contaminazione, impedirne il contatto con altre matrici presenti nel sito e a rimuoverle, in attesa di ulteriori interventi di bonifica o di messa in sicurezza operativa o permanente.

Infine, viene in rilievo il principio della correzione, in via prioritaria alla fonte, dei danni causati. Tale principio, infatti, dispone che i danni causati all’ambiente vengano contrastati in una fase il più possibile vicino alla fonte, per evitare che i loro effetti si amplifichino e si ingigantiscano. Nelle situazioni d’impossibilità di individuare il responsabile, o d’impossibilità di evitare da questi le misure correttive, la “fonte” cui il principio fa riferimento sembra potere essere ragionevolmente individuata nel soggetto attualmente proprietario del fondo, che, proprio per la sua posizione di proprietario, è quello meglio in grado di controllare la fonte di pericolo rappresentata dal sito contaminato (su tali questioni si veda Adunanza Plenaria n 13 del 2013).(cfr. in termini, Tar Friuli Venezia Giulia, 5 maggio 2014, n. 183)

24.Ma sul punto appare significativo ricordare che “ la procedura attivata dal proprietario prosegue solo finchè permane l’adesione dell’interessato, non potendo l’amministrazione imporre misure a essa correlate”(cfr. Tar Milano, sez.IV, n. 1768/2014).

25.Da ultimo, con decisione 4 marzo 2015 in sede di «Rinvio pregiudiziale – Articolo 191, paragrafo 2, TFUE – Direttiva 2004/35/CE – Responsabilità ambientale – Normativa nazionale che non prevede la possibilità per l’amministrazione di imporre, ai proprietari di terreni inquinati che non hanno contribuito a tale inquinamento, l’esecuzione di misure di prevenzione e di riparazione e che prevede soltanto l’obbligo di rimborsare gli interventi effettuati dall’amministrazione – Compatibilità con i principi del “chi inquina paga”, di precauzione, dell’azione preventiva e della correzione, in via prioritaria alla fonte, dei danni causati all’ambiente”, la terza sezione della Corte di giustizia, nella causa C534/13 rispondendo alle questioni proposte dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato ha affermato come “alla luce dell’insieme delle considerazioni che precedono, occorre rispondere alla questione pregiudiziale che la direttiva 2004/35 deve essere interpretata nel senso che non osta a una normativa nazionale come quella di cui trattasi nel procedimento principale, la quale, nell’ipotesi in cui sia impossibile individuare il responsabile della contaminazione di un sito o ottenere da quest’ultimo le misure di riparazione, non consente all’autorità competente di imporre l’esecuzione delle misure di prevenzione e di riparazione al proprietario di tale sito, non responsabile della contaminazione, il quale è tenuto soltanto al rimborso delle spese relative agli interventi effettuati dall’autorità competente nel limite del valore di mercato del sito, determinato dopo l’esecuzione di tali interventi.”

26.Esaminando la ricaduta dei detti principi sui fatti di causa deve osservarsi come siano fondate le doglianze relative all’incompetenza del comune all’adozione dell’ordinanza impugnata con il primo dei ricorsi in epigrafe, la cui lesività pare dimostrata dall’imposizione di un piano di caratterizzazione, che in effetti mal si concilia con la semplice messa in mora, come qualificata dall’ordinanza cautelare di reiezione.

27.Dispone difatti l’art.244 del d.Lgs. n.152/2006, al comma 2, che “La provincia, ricevuta la comunicazione di cui al comma 1, dopo aver svolto le opportune indagini volte ad identificare il responsabile dell’evento di superamento e sentito il comune, diffida con ordinanza motivata il responsabile della potenziale contaminazione a provvedere ai sensi del presente titolo” e al comma 3 che “ L’ordinanza di cui al comma 2 è comunque notificata anche al proprietario del sito ai sensi e per gli effetti dell’articolo 253”.

La ricorrente ha del resto prodotto le note interpretative regionali confermative della competenza in materia alla Provincia, che difatti, ha avviato per proprio conto il giusto procedimento(cfr. diffida 21.11.2008).

Il quale tuttavia – ed è evidente la rilevanza del dato- si è concluso con l’archiviazione, sia sull’accertato rispetto per la matrice terreno dei valori di concentrazione soglia di contaminazione, sia per l’avvenuta approvazione del piano di caratterizzazione di cui alla conferenza di servizi 19.1.2010, che la ricorrente ha sempre affermato aver presentato solo per adempiere alla richiesta, negando comunque ogni acquiescenza.

28.Dunque tutti i gravami devono essere accolti, per l’assorbente considerazione che le ditte ricorrenti – la cui compagine unitaria è dimostrata dalla documentazione societaria dimessa dal Comune- non risultano responsabili dell’inquinamento denunciato.

O meglio: non lo risultano univocamente e incontestabilmente, come del resto nemmeno l’istruttoria disposta dal Collegio è riuscita a dimostrare.

Si ricorda che, visto il superamento delle concentrazioni alla luce del proposto Piano di caratterizzazione, si chiedeva documentata relazione in ordine alla presenza – ed, eventualmente- in quale concentrazione- nell’isola ecologica comunale situata a nord est dell’impianto della ricorrente delle sostanze inquinanti – tetracloroetilene.

Orbene, dalla relazione del Comune risulta bensì la concentrazione del tetracloroetilene anche nell’isola ecologica, più modesta rispetto a quella presente nella proprietà delle società ricorrenti, ma anche essa è incapace di escludere del tutto come da questa possano “migrare”le sostanze inquinanti.

In effetti la tesi delle ricorrenti- l’andamento della direzione di falda sarebbe Nord –Sud, dunque dall’isola alla fabbrica- potrebbe essere smentita dalla circostanza che il tetracloroetilene potrebbe spostarsi anche da sud a nord in virtù del basso gradiente della falda.

Ma dall’istruttoria svolta – con apporto significativo dell’ordine di questo giudice, sicchè in ogni caso la doglianza di insufficienza della istruttoria previamente svolta coglie pure nel segno-non pare comunque potersi affermare che la fonte dell’inquinamento “non può che essere collocata all’interno del sito di Rottami Metalli”, pur in ragione alle tipologie di rifiuti lavorati tra i quali certo vi sono parti metalliche con possibile utilizzo di solventi per sgrassaggio e pulitura, contenenti appunto tetracloroetilene, con una valutazione tuttavia che resta nell’ambito della plausibilità, inidonea all’imposizione di provvedimenti che abbiano come destinatari il responsabile dell’inquinamento.

29.Tutti i ricorsi devono essere accolti, con annullamento degli atti impugnati laddove siano rivolti a soggetto definito responsabile.

30.Le spese del giudizio, attesane la complessità e la non univocità della giurisprudenza che ha condotto al rinvio pregiudiziale, consentono l’integrale compensazione fra le parti delle spese di giudizio.


P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Terza)

definitivamente pronunciando sui ricorsi, come in epigrafe proposto, riunitili, li accoglie e per l’effetto annulla gli atti impugnati nei sensi di cui in motivazione.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Venezia nella camera di consiglio del giorno 18 marzo 2015 con l’intervento dei magistrati:

Oria Settesoldi, Presidente
Riccardo Savoia, Consigliere, Estensore
Alessandra Farina, Consigliere

L’ESTENSORE

IL PRESIDENTE
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 07/05/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
 

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