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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Inquinamento del suolo, Rifiuti Numero: 4473 | Data di udienza: 11 Giugno 2015

* INQUINAMENTO – Piano di caratterizzazione – Messa in sicurezza e monitoraggio – Nuovo impianto di stoccaggio e recupero di rifiuti – Sospensione del procedimento di autorizzazione sino all’esito della campagna di monitoraggio – Illegittimità.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 5^
Regione: Campania
Città: Napoli
Data di pubblicazione: 15 Settembre 2015
Numero: 4473
Data di udienza: 11 Giugno 2015
Presidente: Nappi
Estensore: Russo


Premassima

* INQUINAMENTO – Piano di caratterizzazione – Messa in sicurezza e monitoraggio – Nuovo impianto di stoccaggio e recupero di rifiuti – Sospensione del procedimento di autorizzazione sino all’esito della campagna di monitoraggio – Illegittimità.



Massima

 

TAR CAMPANIA, Napoli, Sez. 5^ – 15 settembre 2015, n. 4473


INQUINAMENTO – Piano di caratterizzazione – Messa in sicurezza e monitoraggio – Nuovo impianto di stoccaggio e recupero di rifiuti – Sospensione del procedimento di autorizzazione sino all’esito della campagna di monitoraggio – Illegittimità.

La prosecuzione delle attività di messa in sicurezza e monitoraggio, in attuazione del piano di caratterizzazione approvato, con prescrizioni, ai sensi dell’art. 242 del codice dell’ambiente, non preclude la conclusione del diverso procedimento di rilascio dell’autorizzazione all’esercizio di un nuovo impianto di stoccaggio e recupero rifiuti. Ciò risulta in linea con le previsioni normative contenute nel D. Lgs. n. 152 del 2006, che all’art. 242, comma 10, dispone testualmente quanto segue: “Nel caso di caratterizzazione, bonifica, messa in sicurezza e ripristino ambientale di siti con attività in esercizio, la regione, fatto salvo l’obbligo di garantire la tutela della salute pubblica e dell’ambiente, in sede di approvazione del progetto assicura che i suddetti interventi siano articolati in modo tale da risultare compatibili con la prosecuzione della attività”. Ne discende l’illegittimità della sospensione del procedimento di rilascio dell’autorizzazione, sino all’esito della campagna di monitoraggio delle acque sotterranee.

Pres. Nappi, Est. Russo – E. s.r.l. (avv. Adinolfi) c. Regione Campania (avv. Marocchella) e Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale della Campania (avv.ti Uccello e D’Alterio)


Allegato


Titolo Completo

TAR CAMPANIA, Napoli, Sez. 5^ - 15 settembre 2015, n. 4473

SENTENZA

 

TAR CAMPANIA, Napoli, Sez. 5^ – 15 settembre 2015, n. 4473

N. 04473/2015 REG.PROV.COLL.
N. 05354/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5354 del 2014, proposto da:
Ecologia Iavazzi S.r.l., in persona del sig. Francesco Iavazzi, rappresentata e difesa dall’avv. Luigi Adinolfi, con domicilio eletto in Napoli, presso l’avv. Stefano Caserta, alla via del Parco Margherita n. 34;

contro

Regione Campania, in persona del Presidente p.t., rappresentata e difesa dall’avv. Angelo Marzocchella, con domicilio eletto in Napoli, presso l’Avvocatura regionale, alla via S. Lucia n. 81;
Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale della Campania (A.R.P.A.C.), in persona del direttore generale p.t., rappresentata e difesa dagli avv.ti Cristina Uccello e Carla D’Alterio, con domicilio eletto in Napoli presso la sede legale della stessa Agenzia, alla via Vicinale S. M. del Pianto, centro polifunzionale, torre 1;

per l’annullamento, previa sospensione dell’efficacia, del provvedimento prot. n. 0711449 del 24.10.2014 con cui la Regione Campania – Direzione generale per l’ambiente e l’ecosistema – Unità Operativa Dirigenziale di Caserta ha disposto la sospensione del procedimento di rilascio dell’autorizzazione definitiva all’esercizio dell’impianto di stoccaggio e recupero rifiuti, progettato dalla società ricorrente, fino agli esiti della campagna di monitoraggio delle acque sotterranee, ivi specificata; e per la condanna delle amministrazioni intimate al risarcimento dei danni ingiusti asseritamente subiti a causa dell’attività amministrativa in contestazione, stimati in € 7.661 giornalieri.

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione Campania e dell’A.R.P.A.C.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 11 giugno 2015 il dott. Pierluigi Russo e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. Con l’atto introduttivo del giudizio, notificato il 31 ottobre 2014 e depositato il 4 novembre 2014, la Ecologia Iavazzi S.r.l. ha premesso che, in esito alle determinazioni della conferenza di servizi del 10.12.2013, con decreto dirigenziale n. 42 del 20.1.2014, la Regione Campania approvava il suo progetto per un impianto di rifiuti pericolosi e non pericolosi, ubicato in Marcianise, zona ASI, località Ceraso, su un’area di mq. 7.245 circa, e l’autorizzava alla gestione dello stesso, ai sensi dell’art. 208 del D. Lgs. n. 152 del 2006. Nel provvedimento si stabiliva il termine massimo di tre mesi per l’ultimazione dei lavori e si precisava che, solo a seguito dei controlli circa la conformità delle opere eseguite, da espletarsi a cura della Provincia di Caserta, sarebbe stata rilasciata l’autorizzazione definitiva a svolgere l’attività fino al 20.1.2024. L’instante ha esposto che, pur avendo la Provincia, a seguito di sopralluogo, attestato in data 12.3.2014 la corretta esecuzione dei lavori, tuttavia la competente Unità Operativa Dirigenziale di Caserta della Direzione Generale per l’ambiente e l’ecosistema della Regione Campania non emetteva l’autorizzazione all’esercizio dell’impianto.

In particolare, con l’impugnato provvedimento prot. n. 0711449 del 24.10.2014, il dirigente l’UOD di Caserta premetteva quanto segue:

– con decreto dirigenziale n. 113 del 5.7.2013 è stato approvato, con prescrizioni, il piano di caratterizzazione presentato dalla ricorrente per l’area di cui è proprietaria sita in Marcianise;

– con nota del 3.7.2014 la stessa UOD richiedeva all’ARPAC di validare la campagna di monitoraggio svolta sul sito in questione;

– con nota del 20.10.2014, quest’ultima trasmetteva relazione con cui validava al 50% la campagna relativa ai campioni di acque sotterranee, “avendo riscontrato nel piezometro a valle (PZ1) oltre al superamento della CSC per il parametro tetracloroetilene anche il superamento della relativa CSC per il parametro 1,1-dicloroetilene”, e reputando necessaria pertanto la prosecuzione delle attività di messa in sicurezza tenendo in funzione l’impianto di trattamento delle acque sotterranee (pump & treat ossia emungimento e trattamento).

Sulla base di quanto rilevato, con l’atto in discussione, il dirigente l’UOD di Caserta invitava la società ricorrente “ad estendere i parametri oggetto del monitoraggio mensile, oltre al tetracloroetilene, a tutti i composti organo clorurati (alifatici clorurati cancerogeni e non cancerogeni, alifatici alogenati cancerogeni, così come richiesto dall’ARPAC” e contestualmente sospendeva il procedimento di rilascio dell’autorizzazione definitiva all’esercizio dell’impianto di stoccaggio e recupero rifiuti fino agli esiti della suindicata campagna di monitoraggio delle acque.

Avverso tali determinazioni la Ecologia Iavazzi S.r.l. ha proposto il gravame in epigrafe, affidando la domanda di annullamento ad un unico motivo così articolato: incompetenza – eccesso di potere per sviamento – violazione del principio del contrarius actus – contraddittorietà con precedenti atti – perplessità – violazione del principio di tipicità degli atti amministrativi – violazione delle risultanze della conferenza di servizi del 10.12.2013.

Oltre alla domanda impugnatoria l’istante ha chiesto anche la condanna delle amministrazioni intimate al risarcimento dei danni ingiusti asseritamente subiti a causa dell’attività amministrativa in contestazione.

2. Si sono costituite in resistenza la Regione Campania e l’A.R.P.A.C., depositando documenti e memorie difensive con cui hanno concluso per il rigetto delle domande attoree.

3. In esito alla camera di consiglio del 4 dicembre 2014, con ordinanza n. 2054, la Sezione ha accolto la domanda cautelare.

4. In data 5 febbraio 2015 la ricorrente ha depositato istanza risarcitoria ex art. 30 c.p.a., notificata alle controparti il 30 gennaio 2015, con cui ha stimato i danni subiti in € 7.661 giornalieri, sulla base della perizia allegata (a firma del dr. P. Schiavo).

5. Con successive memorie la Regione ha dapprima rappresentato di aver avviato, in data 26 gennaio 2015, il procedimento di annullamento in autotutela del gravato provvedimento, e poi ha prodotto, in data 9 marzo 2015, il decreto n. 25 del 23 febbraio 2015, con cui il dirigente l’UOD di Caserta ha rilasciato l’autorizzazione all’esercizio dell’impianto.

La ricorrente ha insistito nella richiesta di accoglimento dell’azione risarcitoria mentre le parti resistenti hanno concluso chiedendo la reiezione della residua domanda attorea.

6. Alla pubblica udienza dell’11 giugno 2015, sentiti i difensori delle parti presenti, come da verbale, la causa è stata trattenuta in decisione.

7. Ad avviso del Collegio la domanda impugnatoria è improcedibile, per sopravvenuto difetto d’interesse, atteso che il gravato atto del 24 ottobre 2014, con cui l’Unità Operativa Dirigenziale di Caserta della Direzione Generale per l’ambiente e l’ecosistema della Regione Campania aveva sospeso il procedimento volto a conseguire l’autorizzazione definitiva all’esercizio dell’impianto di stoccaggio e recupero rifiuti, progettato dalla società ricorrente, risulta superato dal decreto n. 25 del 23 febbraio 2015 con cui la stessa autorità amministrativa ha rilasciato la richiesta autorizzazione ex art. 208 del D. Lgs. 152/2006.

8. Residua l’esame nel merito della domanda risarcitoria contestualmente azionata dalla ricorrente, la quale presuppone, comunque, la delibazione circa la legittimità dell’azione amministrativa oggetto di contestazione.

8.1. Osserva il Collegio che l’atto originariamente impugnato, come dedotto dalla ricorrente, si palesa effettivamente viziato.

In primo luogo, perché con lo stesso l’Unità Operativa Dirigenziale di Caserta aveva illegittimamente sospeso sine die ogni determinazione sull’istanza del privato, adottando una atipica misura soprassessoria, con cui differiva a tempo indeterminato la conclusione del procedimento, subordinandone la definizione agli esiti dell’attività di monitoraggio delle acque, di cui si è detto sopra, in violazione dei principi di tipicità e di continuità della funzione amministrativa (cfr. T.A.R. Campania, Sezione II, 14 novembre 2006).

In secondo luogo, in quanto la stessa autorità amministrativa aveva disatteso quanto stabilito nel decreto dirigenziale n. 42 del 20.1.2014 con cui la Direzione Generale per l’ambiente e l’ecosistema della Regione Campania, in esito alle determinazioni della conferenza di servizi del 10.12.2013, aveva approvato il progetto ed autorizzato la ricorrente alla gestione dello stesso, ai sensi dell’art. 208 del D. Lgs. n. 152 del 2006, precisando il termine massimo di tre mesi per l’ultimazione dei lavori e stabilendo che, solo a seguito dei controlli circa la conformità delle opere eseguite, da espletarsi a cura della Provincia di Caserta, sarebbe stata rilasciata l’autorizzazione definitiva a svolgere l’attività fino al 20.1.2024. Orbene, pur essendosi verificata quest’ultima condizione – avendo la Provincia, a seguito di sopralluogo, attestato in data 12.3.2014 la corretta esecuzione dei lavori – tuttavia l’UOD di Caserta della medesima Direzione Generale per l’ambiente e l’ecosistema della Regione Campania non emetteva l’autorizzazione all’esercizio dell’impianto, adducendo, a fondamento del disposto arresto procedimentale, la mancata validazione della campagna di monitoraggio delle acque sotterranee da parte dell’ARPAC.

In realtà, così operando, l’autorità emanante ha impropriamente sovrapposto le due distinte procedure in atto riguardanti lo stesso sito, atteso che la prosecuzione delle attività di messa in sicurezza e monitoraggio, in attuazione del piano di caratterizzazione presentato dalla ricorrente ed approvato, con prescrizioni, con decreto dirigenziale n. 113 del 5.7.2013, ai sensi dell’art. 242 del codice dell’ambiente, non precludeva la conclusione del diverso procedimento di rilascio dell’autorizzazione all’esercizio del nuovo impianto.

Ciò risulta chiarito nella già citata autorizzazione alla gestione dell’impianto (decreto n. 42 del 20.1.2014), ove, da un lato, si subordinava il rilascio dell’autorizzazione all’esercizio alla sola verifica della conformità delle opere (cfr. punti 5.5 e 5.6), dall’altro, si reputava compatibile con l’inizio della nuova attività l’attuazione delle prescrizioni contenute nel piano di caratterizzazione, secondo le quali (cfr. punto 8.1) “lo scarico delle acque in uscita dall’impianto di trattamento con filtro a carboni attivi dovrà essere convogliato nel sistema fognario […]” e “il monitoraggio del parametro tetracloroetilene dovrà avvenire con cadenza mensile per il primo anno, sia dal piezometro ubicato a monte idrogeologico che dal piezometro a valle idrogeologica. Da quest’ultimo si dovrà prevedere il campionamento e l’analisi di un campione di acqua sotterranea prima e dopo dell’impianto di trattamento. Dopo il primo anno di monitoraggio si potrà prevedere una diversa periodicità dello stesso […]”.

La soluzione prospettata, volta ad attuare un equilibrato contemperamento degli interessi, risulta in linea con le previsioni normative contenute nel D. Lgs. n. 152 del 2006, che all’art. 242, comma 10, dispone testualmente quanto segue: “Nel caso di caratterizzazione, bonifica, messa in sicurezza e ripristino ambientale di siti con attività in esercizio, la regione, fatto salvo l’obbligo di garantire la tutela della salute pubblica e dell’ambiente, in sede di approvazione del progetto assicura che i suddetti interventi siano articolati in modo tale da risultare compatibili con la prosecuzione della attività”. Rileva anche osservare che nel caso di specie, come accertato in sede di conferenza di servizi (nella seduta del 2.7.2013), le cause dell’inquinamento registrato sono da imputare ad “attività esterne” allo stabilimento preesistente e, a maggior ragione, non sono influenzate dalla entrata in funzione del nuovo impianto, realizzato nel rispetto della vigente normativa ed in osservanza degli accorgimenti tecnici individuati nel decreto n. 42/2014.

Ne discende che un blocco sine die dell’attività della ricorrente non risulterebbe conforme neppure ai principi di ragionevolezza e proporzionalità, non essendo consentito all’amministrazione imporre al privato un così rilevante sacrificio non giustificato e adeguato rispetto alle esigenze di tutela dell’interesse pubblico pur in un settore così sensibile quale quello della prevenzione e salvaguardia dell’ambiente e della salute pubblica.

8.2. Pur dovendosi censurare l’illegittimità della misura inizialmente opposta dall’amministrazione, la domanda di risarcimento dei danni asseritamente subiti dalla ricorrente si palesa comunque infondata.

Invero – in disparte ogni considerazione circa la prova dell’elemento oggettivo – il Collegio ritiene che, nella specie, non si configura l’elemento soggettivo idoneo ad integrare la responsabilità civile dell’autorità emanante. Per giurisprudenza pacifica, ai fini dell’ammissibilità della domanda di risarcimento del danno a carico della Pubblica Amministrazione, non è sufficiente il solo annullamento del provvedimento lesivo, ma è altresì necessaria, insieme alla prova del danno subito, anche la sussistenza dell’elemento soggettivo nella forma del dolo ovvero della colpa. Si deve quindi verificare se l’adozione e l’esecuzione dell’atto impugnato sia avvenuta in violazione delle regole di imparzialità, correttezza e buona fede alle quali l’esercizio della funzione deve costantemente ispirarsi, con la conseguenza che il giudice amministrativo può affermare la responsabilità dell’Amministrazione per danni conseguenti ad un atto illegittimo quando la violazione risulti commessa in un contesto di circostanze di fatto e in un quadro di riferimento normativo tali da palesare la negligenza e l’imperizia dell’organo nell’assunzione del provvedimento viziato. Viceversa la responsabilità deve essere negata quando l’indagine presupposta conduce al riconoscimento dell’errore scusabile, come ad esempio nel caso della sussistenza di contrasti giudiziari, di incertezza del quadro normativo di riferimento o di particolare complessità della situazione di fatto (cfr., fra le più recenti, Consiglio di Stato, sez. IV, 7 gennaio 2013 n. 23; Consiglio di Stato sez. V, 31 luglio 2012 n. 4337). In definitiva, la presenza di vizi di legittimità di un provvedimento della pubblica amministrazione – fatti salvi i peculiari principi applicabili alla responsabilità delle amministrazioni aggiudicatrici in materia di pubblici appalti (cfr., per tutte, Corte di Giustizia CE, sez. III, 30 settembre 2010, C314/09) – non integra di per sé gli estremi di una condotta colposa agli effetti della genesi dell’obbligo risarcitorio nei confronti del destinatario dell’atto.

Ciò vale anche in caso di responsabilità per danno da ritardo, in quanto, secondo l’orientamento condiviso dal Collegi (cfr., per tutte, da ultimo, Consiglio di Stato, Sez. III, 13.5.2015, n. 2410), il danno ingiusto derivante dall’inosservanza del termine di conclusione del procedimento, la cui risarcibilità è prevista in via generale dall’art. 3 bis, comma 1, della L. 7.8.1990 n. 241 al quale si riferisce l’art. 30, comma 4, c.p.a., presuppone la sussistenza in capo all’Amministrazione pubblica dell’elemento soggettivo del dolo o della colpa.

8.3. Venendo al caso di specie, non può essere trascurata la complessità del quadro normativo di riferimento nonchè la peculiarità della fattispecie concreta, laddove si consideri che sullo stesso sito, oggetto della procedura volta al rilascio dell’autorizzazione ex art. 208 del D. Lgs. 252/2006, erano ancora in corso le parallele misure in sicurezza di emergenza in relazione alla contaminazione riscontrata. Nè è contestata in punto di fatto l’esattezza dei rilievi compiuti dall’ARPAC (trasmessi all’UOD di Caserta con nota del 20.10.2014), dai quali indubbiamente si evince un andamento poco rassicurante dei risultati del monitoraggio delle acque, “avendo riscontrato nel piezometro a valle (PZ1) oltre al superamento della CSC per il parametro tetracloroetilene anche il superamento della relativa CSC per il parametro 1,1-dicloroetilene”, trattandosi di sostanze gravemente nocive per la salute.

Deve poi soggiungersi che la disciplina di riferimento delle delicate funzioni amministrative in argomento, come desumibile dalle già citate previsioni del codice dell’ambiente, si connota, oltre che per l’elevato tasso di discrezionalità tecnica delle relative valutazioni, per l’esigenza di una tutela anticipata e rafforzata dell’ambiente, in attuazione dei principi di precauzione e prevenzione, attraverso l’adozione d i tutte le misure idonee a contenere la diffusione delle sorgenti primarie di contaminazione ed impedirne il contatto con altre matrici presenti nel sito.

Tuttavia, come si è chiarito sopra, il rilascio del titolo autorizzatorio poteva essere contemperato con la doverosa attività di messa in sicurezza dell’area mediante l’apposizione di congrue prescrizioni atte ad assicurarne l’efficace prosecuzione fino alla completa bonifica del sito, così come poi disposto dalla stessa UOD di Caserta con il decreto dirigenziale n. 25 del 23.2.2015 (cfr., in particolare, i punti 5 e 6 del dispositivo).

In definitiva, tenuto conto della complessità della fattispecie esaminata, quest’organo giudicante non rinviene a carico dell’autorità procedente una palese violazione delle comuni regole di buona amministrazione, correttezza, imparzialità e buon andamento, potendosi ritenere che il vizio sopra censurato dal Collegio, sia riconducibile ad un errore scusabile.

La domanda risarcitoria va, quindi, respinta.

9. La peculiarità della vicenda appena esaminata giustifica l’integrale compensazione delle spese di giudizio, fatto salvo il solo contributo unificato anticipato dalla Ecologia Iavazzi S.r.l., che va posto a carico della Regione Campania sulla base del criterio della soccombenza virtuale nella domanda impugnatoria proposta col ricorso introduttivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Quinta)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, così statuisce:

– dichiara improcedibile la domanda impugnatoria per sopravvenuto difetto d’interesse;

– respinge l’azione di risarcimento dei danni;

– compensa le spese di giudizio;

– ordina alla Regione Campania di rimborsare alla ricorrente il contributo unificato;

– ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 11 giugno 2015 con l’intervento dei magistrati:

Luigi Domenico Nappi, Presidente
Pierluigi Russo, Consigliere, Estensore
Paolo Marotta, Primo Referendario

L’ESTENSORE

IL PRESIDENTE
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 15/09/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
 

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