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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Diritto processuale penale, Rifiuti Numero: 5706 | Data di udienza: 9 Dicembre 2015

RIFIUTI – Attività di raccolta, trasporto e rivendita di rifiuti (metallici) non pericolosi – Richiesta di emissione del decreto penale di condanna – Valutazione del giudice – Presupposti e limiti – CODICE DELL’AMBIENTE – Reato di cui all’art. 256 c.1 lett. a) d.lgs.152/2006Art. 129, 459 e 530 cod. proc. pen.DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Giudice per le indagini preliminari – Emissione di decreto penale di condanna – Ipotesi tassativamente indicate nell’art. 129 cod. proc. pen. – Limiti alla pronunzia di sentenza di proscioglimento ex art. 129 c.p.p..


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 11 Febbraio 2016
Numero: 5706
Data di udienza: 9 Dicembre 2015
Presidente: Fiale
Estensore: Di Stasi


Premassima

RIFIUTI – Attività di raccolta, trasporto e rivendita di rifiuti (metallici) non pericolosi – Richiesta di emissione del decreto penale di condanna – Valutazione del giudice – Presupposti e limiti – CODICE DELL’AMBIENTE – Reato di cui all’art. 256 c.1 lett. a) d.lgs.152/2006Art. 129, 459 e 530 cod. proc. pen.DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Giudice per le indagini preliminari – Emissione di decreto penale di condanna – Ipotesi tassativamente indicate nell’art. 129 cod. proc. pen. – Limiti alla pronunzia di sentenza di proscioglimento ex art. 129 c.p.p..



Massima

 

 
 


CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez.3^ 11/02/2016 (Ud.09/12/2015) Sentenza n.5706


RIFIUTI – Attività di raccolta, trasporto e rivendita di rifiuti (metallici) non pericolosi – Richiesta di emissione del decreto penale di condanna – Valutazione del giudice – Presupposti e limiti – Reato di cui all’art. 256 c.1 lett. a) d.lgs.152/2006Art. 129, 459 e 530 cod. proc. pen..
 
L’art. 129 cod. proc. pen. non consente si attribuisca valore processuale alle categorie della mancanza, insufficienza o contraddittorietà della prova ai sensi dell’art. 530, comma 2, cod. proc. pen., prima del dibattimento e quindi dell’assunzione della prova, potendo le stesse acquisire rilievo soltanto quando le parti, ivi compreso il pubblico ministero, abbiano potuto esercitare compiutamente, nella sede a ciò destinata, il loro diritto alla prova (Cass. SS.UU.n. 18/1995). Il giudice chiamato a valutare la richiesta di emissione del decreto penale di condanna, pertanto, può deliberare il proscioglimento, secondo il disposto degli artt. 459 e 129 codice di  rito, solo quando risulti evidente la prova positiva dell’innocenza dell’imputato, o risulti evidente che non possono essere acquisite prove della sua colpevolezza, mentre l’analoga sentenza è preclusa quando l’infondatezza dell’accusa dovrebbe essere affermata mediante un esame critico degli elementi prodotti a sostegno della richiesta (sez. 5, n. 14981 del 24.3.2005, Becatelli, Sez.3, Sentenza n 45934 del 09/10/2014, dep.06/11/2014). Nel caso in esame il Gip aveva assolto l’imputato dal reato di cui all’art. 256 comma 1 lett. a) d.lgs. 152/2006 per l’attività di raccolta, trasporto e rivendita di rifiuti (metallici) non pericolosi sulla base di una valutazione di difetto di prova in merito alla sussistenza dell’elemento soggettivo (“non vi è alcuna prova che l’imputato fosse consapevole del carattere illecito della propria condotta né che fosse stato messo nella condizione di conoscere che il conferimento da parte sua del materiale di scarto alla Ferviva fosse contrario alla normativa di settore”), che fonda, come si evince dalla motivazione, esclusivamente su criteri di valutazione critica degli elementi prodotti a sostegno della richiesta (non svolgimento da parte dell’imputato di attività professionale di raccolta e trasporto dei rifiuti, complessità della normativa in materia di rifiuti con particolare riferimento alla distinzione tra rifiuto consegnato all’isola ecologica oppure al centro di raccolta, difetto di indicazioni contrarie da parte del soggetto operante professionalmente nella raccolta dei rifiuti, carattere modesto del guadagno conseguente alla consegna del materiale alla Ferviva).
 
 
DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Giudice per le indagini preliminari – Emissione di decreto penale di condanna – Ipotesi tassativamente indicate nell’art. 129 cod. proc. pen. – Limiti alla pronunzia di sentenza di proscioglimento ex art. 129 c.p.p..
 
Il giudice per le indagini preliminari può, qualora lo ritenga, prosciogliere la persona nei cui confronti il Pubblico Ministero abbia richiesto l’emissione di decreto penale di condanna solo per una delle ipotesi tassativamente indicate nell’art. 129 cod. proc. pen., e non anche per mancanza, insufficienza o contraddittorietà della prova ai sensi dell’art. 530 c.p.p., comma 2, alle quali,  prima del dibattimento – non essendo stata la prova ancora assunta – l’art. 129 citato non consente si attribuisca valore processuale, (così Cass. Sez. Unite nn. 18, 19, 20, 21, 22, del 9.6.1995: conf. sez. 5, n. 18059 del 25.3.2003, Bortolotti; sez. 4, n. 4186 del 21.11.2007, Tricolore). Si è ulteriormente precisato che il giudice per le indagini preliminari, richiesto l’emissione di un decreto penale di condanna, può pronunziare sentenza di proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen. solo quando risulti evidente la prova positiva dell’innocenza dell’imputato o l’impossibilità di acquisire prove della sua colpevolezza, mentre è precluso un analogo esito decisorio sulla base di una valutazione di opportunità sul proficuo esercizio dell’azione penale o sulla inoffensività della condotta (sez. 3, n. 15034 del 24.10.2012, dep. il 2.4.2013, Carboni e n. 3914 del 5.12.2013 dep. il 29/01/2014, Pintaldi).
 
 
(Annulla sentenza del 12.1.2015 del GIP del Tribunale di Cuneo per l’ulteriore corso) Pres. FIALE, Rel. DI STASI, Ric. P.R.T. di Cuneo c. BASSO 
 
 

Allegato


Titolo Completo

CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez.3^ 11/02/2016 (Ud.09/12/2015) Sentenza n.5706

SENTENZA

 

 

 
 
 
 
 
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez.3^ 11/02/2016 (Ud.09/12/2015) Sentenza n.5706
 
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE 
TERZA SEZIONE PENALE
 
 
 
Composta da
 
omissis 
 
ha pronunciato la seguente

SENTENZA 
 
– sul ricorso proposto dal PROCURATORE DELLA REPUBBLICA DEL TRIBUNALE DI CUNEO;
– nei confronti di BASSO ALBERTO nato a Cuneo il 7.9.1970;
– avverso la sentenza del 12.1.2015 del GIP del Tribunale di Cuneo;
– visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
– udita la relazione svolta dal consigliere dott.ssa Antonella Di Stasi;
– lette le conclusioni scritte del PG che ha chiesto l’annullamento senza rinvio. 
 
RITENUTO IN FATTO
 
1. Con sentenza del 12.1.2015 il GIP presso il Tribunale di Cuneo, richiesto della emissione di decreto penale di condanna, pronunciando nei confronti di BASSO ALBERTO, imputato del reato di cui all’art. 256 comma 1 lett. a) d.lgs.152\2006 perché, pur non essendo iscritto all’Albo Nazionale dei Gestori Ambientali, nel corso dell’anno 2013 raccoglieva trasportava e rivendeva alla ditta FERVIVA ROTTAMI Srl di Borgo San Dalmazzo rifiuti metallici per una volta per complessivi Kg 1.370 (fatto commesso in Borgo San Dalmazzo tra il 1.1.2013 ed il 4.6.2013), visto l’art. 129 cod. proc. pen. lo assolveva perché il fatto non costituisce reato.
 
Avverso tale sentenza proponeva ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica del Tribunale di Cuneo, articolando i motivi di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’art. 173 comma 1, disp. att. cod. proc. pen.:
 
a. Violazione e falsa applicazione dell’art. 459 comma 3 cod. proc. pen..
 
Il ricorrente deduce che il GIP rilevava lacune investigative relative all’accertamento sulla tipologia esatta di materiale e sull’esatta entità dei ricavi, elementi dai quali dedurre l’estemporaneità o la sistematicità della condotta dell’imputato. A fronte di tale rilievo di mancanza di dati ritenuti rilevanti, il decidente avrebbe dovuto restituire gli atti al Pubblico Ministero ai sensi dell’art. 459 comma 3 cod. proc. pen. e non emettere sentenza ex art. 129 cod. proc. pen. 
 
b. Violazione e mancata applicazione dell’art. 5 cod. pen.
 
Il ricorrente deduce che il GIP riteneva, ai fini della assoluzione, che non vi era prova che l’imputato fosse consapevole del carattere illecito della propria condotta, essendo caduto in errore scusabile, dovuto alla complessità della normativa che disciplina la materia della gestione dei rifiuti, alla circostanza che l’imputato non svolgesse professionalmente l’attività di raccolta e trasporto dei rifiuti, ed alla considerazione del carattere modesto del guadagno conseguente alla condotta incriminata.
 
Argomenta, quindi, l’insussistenza dei presupposti per ipotizzare la ricorrenza dell’errore inevitabile di cui all’art. 5 cod. pen, non ravvisabile nella fattispecie in esame, ma solo nei casi di errore determinato da un fattore positivo esterno, come il comportamento del legislatore o della P.A., che abbia indotto il colpevole a determinarsi in modo scorretto.
 
Consegue che, di tali situazioni non vi era traccia negli atti del procedimento e, che, quindi, il gip avrebbe dovuto constatare la non definibilità del procedimento allo stato degli atti con restituzione degli atti al Pm e non, invece, emettere sentenza di assoluzione ex art. 129 cod. proc. pen.
 
c. Violazione e mancata applicazione dell’art. 256 comma 1 d.lgs.152/2006.
 
Il ricorrente deduce che il GIP riteneva, ai fini della assoluzione, l’occasionalità della condotta ed il modesto guadagno conseguito.
 
Argomenta, quindi, che la giurisprudenza di legittimità aveva ritenuto l’insussistenza della contravvenzione in esame solo in ipotesi di assoluta occasionalità della condotta e che su tale carattere di assolutezza nulla diceva la sentenza impugnata.
 
Conclude chiedendo l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata.

CONSIDERATO IN DIRITTO
 
1. Il ricorso va accolto, risultando fondato ed assorbente di ogni ulteriore valutazione il primo motivo di doglianza.
 
2. Va ricordato, in premessa, che questa Corte di legittimità ha ripetutamente affermato che il giudice per le indagini preliminari, richiesto dell’emissione di un decreto penale di condanna, può pronunziare sentenza di proscioglimento solo quando sussista una delle cause tassativamente indicate nell’art. 129 cod. proc. pen., e non anche quando la prova risulti mancante, insufficiente o contraddittoria ai sensi dell’art. 530 c.p., comma 2, discendendone che l’eventuale necessità di approfondimento del quadro probatorio impone la restituzione degli atti al P.M.,ai sensi dell’art. 459 c.p.p., comma 3, (Sez 6, n. 29538 del 27.6.2013, P., rv. 256149, Sez.3, Sentenza n15034 dep.02/04/2013, Rv.258013, sez. 2, n. 1631 del 12.12.2012 dep. il 14.1.2013, Rouane, rv. 254449; sez. 4, n. 992 del 18.7.2013 dep. il 13.1.2014, Carito, rv. 259079).
 
Questa Corte ha, poi, ulteriormente precisato che il giudice per le indagini preliminari, richiesto dell’emissione di un decreto penale di condanna, può pronunziare sentenza di proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen. solo quando risulti evidente la prova positiva dell’innocenza dell’imputato o l’impossibilità di acquisire prove della sua colpevolezza, mentre è precluso un analogo esito decisorio sulla base di una valutazione di opportunità sul proficuo esercizio dell’azione penale o sulla inoffensività della condotta (sez. 3, n. 15034 del 24.10.2012, dep. il 2.4.2013, Carboni, rv. 258013 e n. 3914 del 5.12.2013 dep. il 29/01/2014, Pintaldi, rv. 258298).
 
L’indirizzo è rimasto conforme al dictum delle Sezioni Unite di questa Corte secondo cui il giudice per le indagini preliminari può, qualora lo ritenga, prosciogliere la persona nei cui confronti il Pubblico Ministero abbia richiesto l’emissione di decreto penale di condanna solo per una delle ipotesi tassativamente indicate nell’art. 129 cod. proc. pen., e non anche per mancanza, insufficienza o contraddittorietà della prova ai sensi dell‘art. 530 c.p.p., comma 2, alle quali,  prima del dibattimento – non essendo stata la prova ancora assunta – l’art. 129 citato non consente si attribuisca valore processuale, (così Sez. Unite n. 18 del 9.6.1995, Cardoni, rv. 202375 che a loro volta richiamavano le sentenze nn. 19, 20, 21, 22, emesse in pari data, rispettivamente, nei proc. Omenetti, Valeri, Solustri e Tupputi: conf. sez. 5, n. 18059 del 25.3.2003, Bortolotti, rv. 224849; sez. 4, n. 4186 del 21.11.2007, Tricolore, rv. 238431). Tale pronuncia si poneva sulla scia della giurisprudenza costituzionale (vedasi in particolare le ordinanze nn. 300 del 17.6.1991rv.17402 e 362 dell’ll.7.1991, rv. 17425) che aveva affermato il principio che la mancanza della prova potesse avere rilevanza, solo “ad istruttoria ultimata” e, dunque, a dibattimento (o comunque a processo, nel codice di rito vigente, nel caso di rito abbreviato) concluso e non prima dello stesso.
 
3. Nel caso in esame il Gip ha assolto l’imputato dal reato di cui all’art. 256 comma 1 lett. a) d.lgs. 152/2006 per l’attività di raccolta, trasporto e rivendita di rifiuti (metallici) non pericolosi sulla base di una valutazione di difetto di prova in merito alla sussistenza dell’elemento soggettivo (“non vi è alcuna prova che l’imputato fosse consapevole del carattere illecito della propria condotta né che fosse stato messo nella condizione di conoscere che il conferimento da parte sua del materiale di scarto alla Ferviva fosse contrario alla normativa di settore”), che fonda, come si evince dalla motivazione, esclusivamente su criteri di valutazione critica degli elementi prodotti a sostegno della richiesta (non svolgimento da parte dell’imputato di attività professionale di raccolta e trasporto dei rifiuti, complessità della normativa in materia di rifiuti con particolare riferimento alla distinzione tra rifiuto consegnato all’isola ecologica oppure al centro di raccolta, difetto di indicazioni contrarie da parte della Ferviva, soggetto operante professionalmente nella raccolta dei rifiuti, carattere modesto del guadagno conseguente alla consegna del materiale alla Ferviva).
 
Il provvedimento impugnato, pertanto, non risulta basato sull’evidenza di una prova positiva dell’innocenza dell’imputato né sull’impossibilità di acquisire prove della sua colpevolezza, uniche ipotesi che giustificano la deliberazione di proscioglimento, secondo il disposto degli artt. 459 e 129 cod. proc. pen.
 
Va, quindi, ribadita l’affermazione del principio che l’art. 129 cod. proc. pen. non consente si attribuisca valore processuale alle categorie della mancanza, insufficienza o contraddittorietà della prova ai sensi dell’art. 530, comma 2, cod. proc. pen., , prima del dibattimento e quindi dell’assunzione della prova, potendo le stesse acquisire rilievo soltanto quando le parti, ivi compreso il pubblico ministero, abbiano potuto esercitare compiutamente, nella sede a ciò destinata, il loro diritto alla prova (così le già citate SS.UU.n. 18/1995). Il giudice chiamato a valutare la richiesta di emissione del decreto penale di condanna, pertanto, può deliberare il proscioglimento, secondo il disposto degli artt. 459 e 129 codice di  rito, solo quando risulti evidente la prova positiva dell’innocenza dell’imputato, o risulti evidente che non possono essere acquisite prove della sua colpevolezza, mentre l’analoga sentenza è preclusa quando l’infondatezza dell’accusa dovrebbe essere affermata mediante un esame critico degli elementi prodotti a sostegno della richiesta (sez. 5, n. 14981 del 24.3.2005, Becatelli, rv. 231461, Sez.3, Sentenza n 45934 del 09/10/2014, dep.06/11/2014, Rv.260941).
 
4. In accoglimento del ricorso proposto dal Pubblico Ministero, quindi, la sentenza impugnata va annullata senza rinvio con restituzione degli atti al Tribunale di Cuneo per l’ulteriore corso.

P.Q.M.
 
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata e dispone la trasmissione degli atti al Tribunale di Cuneo per l’ulteriore corso.
 
Così deciso il 9/12/2015
 

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