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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Diritto processuale penale Numero: 7859 | Data di udienza: 12 Gennaio 2016

DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Sentenze di proscioglimento emesse a seguito di giudizio abbreviato – Ricorso per cassazione per saltum – Presupposti e limiti – Artt. 568, 569 e 606 cod. proc. pen. – Ricorso per cassazione mezzo di gravame diverso da quello prescritto – Sottoposizione dell’atto impugnato a sindacato giurisdizionale – Verificare l’oggettiva impugnabilità del provvedimento – Ricorso proposto dalla parte civile – Impugnazione convertito in appello.


Provvedimento: Ordinanza
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 26 Febbraio 2016
Numero: 7859
Data di udienza: 12 Gennaio 2016
Presidente: AMORESANO
Estensore: DI NICOLA


Premassima

DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Sentenze di proscioglimento emesse a seguito di giudizio abbreviato – Ricorso per cassazione per saltum – Presupposti e limiti – Artt. 568, 569 e 606 cod. proc. pen. – Ricorso per cassazione mezzo di gravame diverso da quello prescritto – Sottoposizione dell’atto impugnato a sindacato giurisdizionale – Verificare l’oggettiva impugnabilità del provvedimento – Ricorso proposto dalla parte civile – Impugnazione convertito in appello.



Massima

 


CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez.3^ 26/02/2016 (ud. 12/01/2016) Ordinanza n.7859

 
DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Sentenze di proscioglimento emesse a seguito di giudizio abbreviato – Ricorso per cassazione per saltum – Presupposti e limiti – Artt. 568, 569 e 606 cod. proc. pen..
 
A seguito della sentenza della Corte Costituzionale 20 luglio 2007, n. 320, il pubblico ministero può appellare contro le sentenze di proscioglimento emesse a seguito di giudizio abbreviato, nel caso di specie, dunque, il ricorrente ha erroneamente gravato la sentenza con il ricorso per cassazione, che neppure può essere ritenuto proposto per saltum, ai sensi dell’art. 569, comma 1, cod. proc. pen., avendo il ricorrente stesso denunciato anche il vizio di motivazione, di cui all’art. 606, comma 1, lett. e) cod. proc. pen., con la conseguenza che, in tal caso, è precluso il ricorso per cassazione per saltum (art. 569, comma 3, cod. proc. pen.). 

DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Ricorso per cassazione mezzo di gravame diverso da quello prescritto – Sottoposizione dell’atto impugnato a sindacato giurisdizionale – Verificare l’oggettiva impugnabilità del provvedimento – Ricorso proposto dalla parte civile – Impugnazione convertito in appello.
 
In tema di impugnazioni, allorché un provvedimento giurisdizionale sia impugnato dalla parte interessata con un mezzo di gravame diverso da quello legislativamente prescritto, il giudice che riceve l’atto deve limitarsi, a norma dell’art. 568, comma 5, cod. proc. pen., a verificare l’oggettiva impugnabilità del provvedimento, nonché l’esistenza di una “voluntas impugnationis“, consistente nell’intento di sottoporre l’atto impugnato a sindacato giurisdizionale, e quindi trasmettere gli atti, non necessariamente previa adozione di un atto giurisdizionale, al giudice competente (Sez. U, n. 45371 del 31/10/2001. Bonaventura).

(riforma sentenza del 31-03-2014 del tribunale di Agrigento) Pres. AMORESANO, Rel. DI NICOLA, Ric. Provenzano e altro
 
 

Allegato


Titolo Completo

CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez.3^ 26/02/2016 (ud. 12/01/2016) Ordinanza n.7859

SENTENZA

 

 

CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez.3^ 26/02/2016 (ud. 12/01/2016) Ordinanza n.7859

 
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
TERZA SEZIONE PENALE
 
 
Composta da
 
omissis
 
ha pronunciato la seguente
 
ORDINANZA
 
– sul ricorso proposto dal Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Agrigento nonché da Provenzano Francesco, nato a Ravanusa il 01-01-1952;
– nei confronti di Gambino Ornella Maria Valeria, nata a Canicattì il 01-12-1973 avverso la sentenza del 31-03-2014 del tribunale di Agrigento; 
– visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
– udita la relazione svolta dal consigliere Vito Di Nicola;
– Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Pasquale Fimiani che ha concluso per l’annullamento con rinvio quanto al capo c) ed al trattamento sanzionatorio. Rigetto nel resto; 
– Udito per la parte civile l’avv. Filippo Tartarici che ha chiesto l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata e la condanna dell’imputato alla refusione delle spese del grado; 

RITENUTO IN FATTO
 
1. Il procuratore della Repubblica del tribunale di Agrigento e Francesco Provenzano, costituito parte civile, ricorrono per cassazione, con separati atti, impugnando la sentenza del tribunale di Agrigento che ha condannato Ornella Maria Valeria Gambino alla pena di euro 800,00 di ammenda per il reato previsto dagli articoli 110 codice penale 93 e 95 d.p.r. 6 giugno 2001, n. 380 perché, in concorso con ignoti esecutori, al fine di commettere il reato di costruzione abusiva, realizzava le opere edilizie in zona sismica omettendo di dare preventivo avviso alle competenti autorità ed assolvendola per insussistenza del fatto dal reato (capo a) previsto dagli articoli 110 codice penale, 44, comma 1, lettera b), d.p.r. n. 380 del 2001 perché, in concorso con ignoti esecutori, quale proprietaria e committente dei lavori, al secondo piano di un fabbricato preesistente a tre elevazioni fuori terra, ed in assenza di titoli autorizzativi, realizzava le seguenti opere: tompagnatura con forati-laterizi, di una porzione di pianerottolo preesistente dal quale si accede all’unità abitativa; modifica della distribuzione interna dell’appartamento mediante l’abbattimento di alcuni muri portanti, uno dei quali dà l’accesso ai vani prospicienti alla piazza Gagliano; realizzazione di un soppalco con travi in legno e perlinato, avente funzioni di controsoffitto, non accessibile, ricadente nel corridoio e nei vani prospicienti alla predetta piazza; demolizione e ricostruzione del tetto di copertura con struttura portante in legno, tavole e tegole nonché dal reato (capo e) previsto articoli 110, codice penale 94 e 95 d.p.r. n. 380 del 2001 perché, in concorso con ignoti esecutori, al fine di commettere il reato di costruzione abusiva, realizzava le opere edilizie in zona sismica in assenza della prescritta autorizzazione del competente ufficio del genio civile. Fatti commessi in Ravanusa il 31 maggio 2012.
 
2. Per la cassazione dell’impugnata sentenza, il procuratore della Repubblica del tribunale di Agrigento e la parte civile, Francesco Provenzano, articolano i seguenti motivi di gravame, qui enunciati, ai sensi dell’articolo 173 delle disposizioni di attuazione al codice di procedura penale, nei limiti strettamente necessari per la motivazione.
 
2.1. Il procuratore della Repubblica presso il tribunale di Agrigento, con un unico motivo, lamenta l’erronea applicazione della legge penale e la manifesta illogicità della motivazione (articolo 606, comma 1, lettere b) ed e), codice di procedura penale).
 
Assume che il tribunale, ritenendo in maniera superficiale ed apodittica che tutte le opere realizzate non fossero subordinate al permesso di costruire, non si è soffermato in alcun modo su una circostanza decisiva emergente dagli atti, ed  evidenziata dalla parte civile, ovvero che l’imputata, tra le opere di ristrutturazione realizzate ha eseguito una “tompagnatura con forati laterizi” di una porzione di pianerottolo preesistente dal quale si accede all’unità abitativa dell’imputata, senza in realtà che quest’ultima ne fosse proprietaria, risultando pertanto evidente che, con i lavori di ristrutturazione edilizia realizzati, l’imputata ha di fatto annesso ed inglobato alla propria unità immobiliare il pianerottolo del secondo piano, senza avere alcun titolo di proprietà ed alcun titolo autorizzativo, modificando lo stato dei luoghi, con inevitabile incremento di volume della propria unità immobiliare a discapito dell’area comune.
 
Peraltro, sebbene l’imputata avesse ottenuto l’autorizzazione in sanatoria da parte dell’amministrazione comunale, emerge dagli atti ed in particolare da un’attestazione del Comune di Ravanusa dell’ll settembre 2012 (documento n. 37 del fascicolo del pubblico ministero) che il funzionario comunale era disponibile a dare parere favorevole alla domanda di autorizzazione in sanatoria ai sensi dell’articolo 36 TUE “a condizione che si acquisisca il nullaosta del genio civile e si perfezionino alcuni accertamenti tra cui l’esibizione di un valido titolo ad eseguire e/o annettere all’unità residenziale in questione il pianerottolo di ingresso al secondo piano della scala comune”.
 
Ne consegue che, ad avviso del ricorrente, deve ritenersi erronea la conclusione cui è pervenuto il tribunale secondo cui l’imputata sarebbe proprietaria dell’area interessata dalle opere di ristrutturazione.
 
2.2. La costituita parte civile, tramite il difensore, denuncia, con un primo motivo, la violazione di legge ed il travisamento della prova nonché la manifesta illogicità della motivazione (articolo 606, comma 1, lettera e), codice di procedura penale), sul rilievo che il tribunale ha ritenuto l’imputata, travisando i fatti, piena proprietaria dell’immobile oggetto dei lavori di ristrutturazione edilizia, incluso il pianerottolo della scala condominiale; con il secondo motivo, lamenta l’erronea applicazione della legge penale e la manifesta illogicità della motivazione (articolo 606, comma 1, lettere b) ed e), codice di procedura penale) sul rilievo che non è possibile ottenere una concessione in sanatoria su opere realizzate su beni di proprietà altrui; con un terzo motivo deduce la contraddittorietà e la manifesta illogicità della motivazione con riferimento al danno subito dalla parte civile per avere il tribunale errato nel considerare soltanto come potenziali le conseguenze dannose subite dal Provenzano, avendo l’imputata arbitrariamente annesso ed inglobato mediante la tompagnatura con forati laterizi un pianerottolo preesistente di proprietà della parte civile con conseguente lesione di un suo diritto soggettivo consistente nel danno economico subito per la perdita di parte della sua unità immobiliare, corrispondente con il pianerottolo inglobato, dovendo pertanto il danno considerarsi non potenziale, bensì concreto e reale. 
 
3. L’imputata, con atto impropriamente denominato “ricorso incidentale”, replica affermando che le opere di ristrutturazione edilizia sono consistite nella diversa distribuzione interna dello spazio mediante abbattimento di alcuni divisori, nella realizzazione di un soppalco con travi di legno perlinato avente funzione di controsoffitto non accessibile, nonché nella demolizione e ricostruzione del tetto di copertura ed infine nella tompagnatura con laterizi di una porzione di pianerottolo inglobato solamente per mq 1,10; senza alcuna limitazione d’uso per gli altri condomini con il suo accorpamento all’unità abitativa; senza che la realizzazione dell’opera abbia inciso sulla stabilità statica dell’intera struttura; senza alcun mutamento di destinazione d’uso giuridicamente rilevante; senza alcun aumento o ampliamento volumetrico dell’unità abitativa in oggetto; senza che nessuna autorizzazione da parte del genio civile era prevista in quanto il territorio del comune di Ravanusa è stato classificato con grado 4 e quindi incluso tra le zone meno pericolose e senza che quindi alcun danno sia stato cagionato alla parte civile, posto che il pianerottolo è servente esclusivamente all’uso e al godimento della parte dell’immobile della ricorrente.
 
CONSIDERATO IN DIRITTO
 
1. I ricorsi vanno qualificati, ai sensi dell’art. 568, comma 5, cod. proc. pen., come appelli.
 
2. Il pubblico ministero ha infatti proposto il ricorso per cassazione contro i capi della sentenza di primo grado relativo al proscioglimento dell’imputata ( capi a e e), sebbene il giudice, a seguito di giudizio abbreviato, abbia condannato l’imputata alla pena della sola ammenda per il reato di cui al capo b).
 
In tal caso, quando il giudice prosciolga l’imputato per alcuni capi e, contemporaneamente, per altri lo condanni applicandogli la sola pena dell’ammenda, è sempre esperibile, da parte del pubblico ministero l’impugnazione mediante appello, anche quando la pena applicata sia stata solo quella dell’ammenda, non essendo operante il disposto di cui all’art. 593, comma 3, cod. proc. pen., secondo cui sono inappellabili (e quindi soltanto ricorribili per cassazione) le sentenze di condanna alla sola pena dell’ammenda.
 
Va infatti considerato che – con riferimento ai reati di cui ai capi a) e c) in ordine ai quali l’imputata, con formula ampiamente liberatoria, è stata prosciolta – il mezzo di impugnazione previsto dalla legge è l’appello e non il ricorso per cassazione. 
 
Il caso di specie è del tutto diverso da quello previsto dall’art. 593, comma 3, cod. proc. pen., perché, nei confronti dell’imputata, si è proceduto con il simultaneus processus e nei suoi confronti, sebbene per reati e capi diversi ma con la medesima pronuncia, è stata emessa una sentenza di proscioglimento, con la conseguenza che il mezzo di impugnazione avverso la “sentenza” è l’appello e non il ricorso per cassazione, sia per i capi che l’hanno prosciolta e sia per quello, se impugnato, in ordine al quale ha riportato la condanna, sebbene per quest’ultimo è stata inflitta la pena dell’ammenda.
 
Infatti, oggetto dell’impugnazione è la sentenza o il provvedimento giurisdizionale per il quale la legge espressamente prevede il mezzo di gravame, mentre il capo e/o il punto del provvedimento impugnato assumono poi un rilievo “interno” ad esso per circoscriverne il perimetro, quando il mezzo di impugnazione non sia esso stesso totalmente devolutivo.
 
Posto che, a seguito della sentenza della Corte Costituzionale 20 luglio 2007, n. 320, il pubblico ministero può appellare contro le sentenze di proscioglimento emesse a seguito di giudizio abbreviato, nel caso di specie, dunque, il ricorrente ha erroneamente gravato la sentenza con il ricorso per cassazione, che neppure può essere ritenuto proposto per saltum, ai sensi dell’art. 569, comma 1, cod. proc. pen., avendo il ricorrente stesso denunciato anche il vizio di motivazione, di cui all’art. 606, comma 1, lett. e) cod. proc. pen., con la conseguenza che, in tal caso, è precluso il ricorso per cassazione per saltum (art. 569, comma 3, cod. proc. pen.).
 
3. Seguendo la stessa sorte anche il ricorso proposto dalla parte civile, entrambe le impugnazioni vanno convertite in appelli sul rilievo che, in tema di impugnazioni, allorché un provvedimento giurisdizionale sia impugnato dalla parte interessata con un mezzo di gravame diverso da quello legislativamente prescritto, il giudice che riceve l’atto deve limitarsi, a norma dell’art. 568, comma 5, cod. proc. pen., a verificare l’oggettiva impugnabilità del provvedimento, nonché l’esistenza di una “voluntas impugnationis“, consistente nell’intento di sottoporre l’atto impugnato a sindacato giurisdizionale, e quindi trasmettere gli atti, non necessariamente previa adozione di un atto giurisdizionale, al giudice competente (Sez. U, n. 45371 del 31/10/2001. Bonaventura, Rv. 220221).
 
Ne consegue che gli atti vanno ritrasmessi alla Corte di appello di Palermo per l’ulteriore corso. 

P.Q.M.
 
Qualificate le impugnazioni come appelli, dispone trasmettersi gli atti alla Corte di appello di Palermo.
 
Così deciso il 12/01/2016
 
 
 

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