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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Diritto processuale amministrativo, Diritto urbanistico - edilizia Numero: 418 | Data di udienza: 28 Gennaio 2016

* DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – PROCESSO AMMINISTRATIVO Art. 38 d.P.R.  n. 380/2001 – Valutazione delle opere abusive ai fini dell’irrogazione della sanzione – Impugnazione – Agenzia delle Entrate – Difetto di legittimazione passiva.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione: Puglia
Città: Bari
Data di pubblicazione: 24 Marzo 2016
Numero: 418
Data di udienza: 28 Gennaio 2016
Presidente: Zonno
Estensore: Colagrande


Premassima

* DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – PROCESSO AMMINISTRATIVO Art. 38 d.P.R.  n. 380/2001 – Valutazione delle opere abusive ai fini dell’irrogazione della sanzione – Impugnazione – Agenzia delle Entrate – Difetto di legittimazione passiva.



Massima

 

TAR PUGLIA, Bari, Sez. 3^ – 24 marzo 2016, n. 418


DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – PROCESSO AMMINISTRATIVO –
Art. 38 d.P.R.  n. 380/2001 – Valutazione delle opere abusive ai fini dell’irrogazione della sanzione – Impugnazione – Agenzia delle Entrate – Difetto di legittimazione passiva.

 L’art. 38 d.P.R. 380/2001 stabilisce che la valutazione delle opere abusive, comunicata all’interessato dal dirigente o dal responsabile del competente ufficio comunale, diviene definitiva dopo il decorso dei termini di impugnativa. Si tratta di un’ipotesi di preavviso di irrogazione della sanzione che assume carattere immediatamente lesivo, tanto da esserne prevista l’impugnazione in sede giurisdizionale. Il soggetto legittimato a contraddire in tale sede, tuttavia, non è l’Agenzia delle entrate, la cui competenza è limitata alla stima del valore venale dell’immobile, la quale assume carica lesiva solo quando il Comune, titolare del potere sanzionatorio, ne avrà dato comunicazione al destinatario interessato ad impugnarla, non in quanto tale, ma perché in tale misura il Comune irrogherà la sanzione. Ne consegue che la stima dell’immobile è oggetto di un rapporto interno fra l’Agenzia delle entrate e il Comune al quale il ricorrente è estraneo ed assume rilevanza nei suoi confronti solo quando il Comune la fa propria e gliene dà comunicazione, prima di liquidare la sanzione in misura corrispondente. Così l’atto di stima resta imputato al Comune, che per questo è l’unico soggetto legittimato a resistere nel successivo giudizio impugnatorio.

Pres. f.f. Zonno, Est. Colagrande – A.P. (avv. Pinto) c. Agenzia delle Entrate – Ufficio Provinciale di Foggia – Territorio e Agenzia delle Entrate (Avv. Stato) e altro (n.c.)


Allegato


Titolo Completo

TAR PUGLIA, Bari, Sez. 3^ - 24 marzo 2016, n. 418

SENTENZA

 

TAR PUGLIA, Bari, Sez. 3^ – 24 marzo 2016, n. 418

N. 00418/2016 REG.PROV.COLL.
N. 01110/2014 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente


SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1110 del 2014, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
Alfonso Pasquale, rappresentato e difeso dall’avv. Antonio Pio Pinto, con domicilio eletto presso Antonio Pinto, in Bari, Via Manzoni, n. 93;

contro

Comune di Trinitapoli;
Agenzia delle Entrate – Ufficio Provinciale di Foggia – Territorio e Agenzia delle Entrate, rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Bari, domiciliataria in Bari, Via Melo, n. 97;

per l’annullamento

– della relazione di stima dell’Agenzia delle Entrate – Territorio Ufficio provinciale di Foggia, di un immobile di proprietà del ricorrente ai fini della determinazione della sanzione prevista dall’art. 38 del D.P.R. n. 380/2001, notificata al ricorrente in data 20 maggio 2014;

– della nota del Comune di Trinitapoli dell’8 maggio 2014 con cui, in data 20 maggio 2014, è stata trasmessa al ricorrente la relazione di stima redatta dall’Agenzia delle Entrate di Foggia – Territorio Ufficio provinciale di Foggia- Territorio Ufficio provinciale di Foggia;

– di ogni altro atto presupposto, connesso o consequenziale ai predetti provvedimenti impugnati.

Con i motivi aggiunti depositati il 3 dicembre 2014:

per l’annullamento, previa idonea misura cautelare, del provvedimento prot. n. 12614 del 18/9/2014 adottato dal Responsabile del III settore del Comune di Trinitapoli, avente ad oggetto1’irrogazione di sanzione amministrativa pecuniaria ex art. 38 D.P.R. n. 380/2001, notificato in pari data, nella parte relativa alla quantificazione della sanzione, ottenuta recependo l’erronea relazione di stima effettuata dall’Agenzia delle Entrate – Territorio di Foggia;

– di ogni altro atto presupposto, connesso o consequenziale ai predetti provvedimenti impugnati.

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Agenzia delle Entrate;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 28 gennaio 2016 la dott.ssa Maria Colagrande;

Uditi per le parti i difensori Michelangelo Pinto e Giuseppe Zuccaro;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Il ricorrente, titolare di un immobile oggetto di sopraelevazione assentita con permesso di costruire poi annullato giudizialmente, impugna l’atto di liquidazione della sanzione pecuniaria stimata dall’Agenzia delle entrate, da irrogarsi, ai sensi dell’art. 38 d.P.R. 380/2001, in alternativa a quella demolitoria, con unico motivo di ricorso deduce:

1) violazione dell’art. 38 d.P.R. 380/2001 – eccesso di potere – travisamento dei fatti – carenza istruttoria – illogicità manifesta – difetto di motivazione.

L’Agenzia delle entrate avrebbe trascurato il fatto che il piano sopraelevato – assentito con il permesso annullato – non è abitabile perché ha un’altezza di m 2.33 inferiore al minimo stabilito per le abitazioni (m 2.70) e soffitte abitabili (m 2.40), e applicato il coefficiente di ragguaglio della superficie pari al 50% anziché quello variabile fra il 25% e il 35%, di norma applicabile per i vani tecnici secondo le guide di valutazione immobiliare.

Altrettanto erroneamente, nella comparazione di immobili simili a quello oggetti di stima, l’Agenzia avrebbe fatto riferimento ad un immobile, su quattro considerati, del valore complessivo di compravendita pari a € 135.000,00, senza scorporarne il valore di vendita del locale destinato a box, come d’obbligo, trattandosi di un bene commercialmente autonomo dall’appartamento, avente diversa destinazione d’uso e come tale non comparabile con il locale oggetto di valutazione.

Con atto di motivi aggiunti il ricorrente impugna il provvedimento del Comune di Trinitapoli n. 12614 del 18.9.2014 di irrogazione, ex art. 38 d.P.R. 380/2001, della sanzione pecuniaria nella misura stimata dall’Agenzia delle entrate per illegittimità propria e derivata dai vizi che inficiano la stima della sanzione, riproponendo le stesse censure mosse con il ricorso principale.

Resiste l’Agenzia delle entrate che, preliminarmente, eccepisce il proprio difetto di legittimazione a resistere, in quanto l’atto impugnato avrebbe natura endoprocedimentale.

Con nota, depositata il 14.2.2015, l’Agenzia delle entrate, nell’opporsi alle censure avanzate sulla stima di uno degli immobili assunti a parametro comparativo, tuttavia ne rileva e rettifica un errore materiale, pervenendo a liquidare il valore commerciale della porzione abusiva nella minor somma di € 17.057,00.

I. E’ fondata l’eccezione di difetto di legittimazione dell’Agenzia delle entrate, in considerazione del fatto che, espressamente, l’art. 38 d.P.R. 380/2001 stabilisce che la valutazione delle opere abusive, comunicata all’interessato dal dirigente o dal responsabile del competente ufficio comunale, diviene definitiva dopo il decorso dei termini di impugnativa.

Il Collegio ritiene che si tratti di un’ipotesi di preavviso di irrogazione della sanzione che assume carattere immediatamente lesivo, tanto da esserne prevista l’impugnazione in sede giurisdizionale. Il soggetto legittimato a contraddire in tale sede, tuttavia, non è l’Agenzia delle entrate, la cui competenza è limitata alla stima del valore venale dell’immobile, la quale assume carica lesiva solo quando il Comune, titolare del potere sanzionatorio, ne avrà dato comunicazione al destinatario interessato ad impugnarla, non in quanto tale, ma perché in tale misura il Comune irrogherà la sanzione.

Ne consegue che la stima dell’immobile è oggetto di un rapporto interno fra l’Agenzia delle entrate e il Comune al quale il ricorrente è estraneo ed assume rilevanza nei suoi confronti solo quando il Comune la fa propria e gliene dà comunicazione, prima di liquidare la sanzione in misura corrispondente.

Così l’atto di stima resta imputato al Comune, che per questo è l’unico soggetto legittimato a resistere nel successivo giudizio impugnatorio.

II. Nel merito il ricorso è solo in parte fondato.

Occorre premettere che non è in contestazione la scelta dell’Agenzia di applicare – per stabilire il valore commerciale del vano abusivo – i criteri previsti dal d.P.R. 138/98 per la stima del valore degli immobili ai fini dell’attribuzione della rendita catastale.

Il d.P.R. 138/98 prende in considerazione l’altezza dei vani catastali al solo fine di escluderli dal computo della superficie, se hanno altezza inferiore a m 1.50.

Le superficie delle abitazioni e dei locali destinati a funzioni complementari (soffitte, cantine e simili), di altezza superiore a m. 1,50, viene calcolata ai fini catastali in misura del 50%, senza ulteriori distinzioni di quota, quando siano comunicanti con i vani ad uso abitativo.

Nel caso di specie non è contestato che il vano in questione sia comunicante con il piano sottostante.

Ne consegue che, correttamente, l’Agenzia ha applicato il coefficiente pari al 50% e non quello del 30% suggerito dal ricorrente sul presupposto che il vano in questione avrebbe altezza inferiore a 2.40 m e sarebbe, pertanto, non abitabile.

Tuttavia, seppure si volesse dare rilievo all’altezza del vano abusivo, al fine di stabilire se abbia destinazione abitativa, occorre considerare che lo stesso ricorrente, ai fini dell’accatastamento, ne indica la misura in 2,40 m (copia della planimetria catastale allegata alla nota del 16.10.2014), mentre quella netta, rilevata in sede di sopralluogo è di poco inferiore (2.33 m).

A tal proposito occorre dar conto della giurisprudenza che considera abitabile un locale sottotetto quando, come in specie, è comunicante con il piano sottostante mediante una scala interna ed abbia un’altezza assai prossima a quella minima stabilita per le abitazioni (Consiglio di Stato, sez. IV, 7 febbraio 2011 n. 812).

Anche sotto detto profilo, pertanto, la stima appare esente da vizi, laddove, seppure fosse necessario tener conto dell’altezza, correttamente non è stato applicato il minor coefficiente di ragguaglio previsto per i vani non abitabili.

Non ha poi rilevanza il contrasto fra la stima del valore del vano abusivo, effettuata dal Comune, e quella, di entità decisamente superiore, effettuata dall’Agenzia delle entrate, considerato che, per espressa previsione dell’art. 38 d.P.R. 380/2001, a quest’ultima il Comune deve fare riferimento, tanto che è previsto che debba darne comunicazione all’interessato perché possa opporvisi.

Parimenti non ha rilievo il fatto che la perizia del Comune avesse valorizzato la circostanza che l’immobile non è dotato di ascensore, giacché la stima dell’Agenzia mette a confronto l’immobile del ricorrente con immobili parimenti privi di ascensore, come si desume dalla scheda di rilevazione allegata alla relazione di stima (all. 3).

Appare, invece, fondata la censura di eccesso di potere sotto il profilo di difetto di motivazione e di travisamento dei fatti, in quanto, nel procedimento comparativo, l’Agenzia non avrebbe considerato che il prezzo di vendita di uno dei quattro immobili, assunti come parametro di comparazione, comprendeva anche il corrispettivo imputabile all’acquisto del box che, secondo la tesi del ricorrente, non può essere considerato un accessorio dell’unità abitativa e dunque, non concorre alla .valutazione della stessa.

Dopo l’adozione, da parte del Comune, del provvedimento sanzionatorio che ha irrogato la sanzione di € 17.500,00, l’Agenzia ha insistito nella necessità di assumere anche il box fra i dati comparativi ai fini della stima.

L’Agenzia, avendo poi rilevato che il box era considerato, fra i dati comparativi acquisiti, nel prezzo di vendita, ma non nel computo della superficie catastale – limitata ad appartamento e balconi – ha rettificato l’errore.

Dalla ripetizione del procedimento così emendato, l’Agenzia è pervenuta a liquidare il valore del vano abusivo in misura pari a € 17.057,00, inferiore a quella di € 17.500,00, irrogata con il provvedimento impugnato con motivi aggiunti a titolo di sanzione ex art. 38 d.P.R. 380/2001.

Occorre però considerare che il metodo estimativo adottato dall’Agenzia è dichiaratamente volto a ricercare il valore di mercato degli immobili ad uso abitativo confrontabili con quello oggetto di stima (relazione di stima pag. 6 dep. 14.2.2015 di parte resistente).

Ne consegue che, a fronte di una così precisa premessa metodologica, la scelta – divergente – di inserire fra i dati utilizzati per la stima, sia il valore/prezzo dell’unità abitativa comprensivo di quello del box (così nella relazione di stima), sia la superficie del box (così nella rettifica), avrebbe dovuto essere adeguatamente motivata per sottrarsi alle critiche di difetto di motivazione e illogicità fondatamente sollevate dal ricorrente.

Infatti, è del tutto evidente che un locale destinato al ricovero di automobili (box) non può essere assimilato ad un immobile ad uso abitativo e neppure agli accessori, privi di autonomia funzionale e di valore commerciale, che ne determinano indissolubilmente la consistenza e il valore, come balconi o soppalchi.

Tale motivazione, non rinvenibile nei provvedimenti impugnati, non emerge neppure in via postuma – ammesso che sia possibile – nella rettifica dell’errore, onde è derivata una diversa, più contenuta stima del vano abusivo perché, come detto, l’Agenzia, nel procedere alla rettifica, si è limitata solo a confermare la scelta iniziale di voler considerare il box, per valore/prezzo e superficie, nel calcolo del valore di una delle unità abitative comparative.

Pertanto, nella successiva azione amministrativa il Comune dovrà considerare che, proprio in conformità con la metodologia adottata dall’Agenzia delle entrate, che limita l’esame comparativo agli immobili a uso abitativo confrontabili con quello da valutare, non dovrà tenersi conto del box eventualmente compreso nel cespite immobiliare.

Essendo il ricorso solo in parte fondato, le spese possono essere integralmente compensate.


P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso e sul ricorso per motivi aggiunti,

– dichiara il difetto di legittimazione a resistere dell’Agenzia delle entrate;

– accoglie il ricorso principale e il ricorso per motivi aggiunti, nei limiti spiegati in motivazione, e per l’effetto, annulla i provvedimenti impugnati.

Spese compensate.

Contributo unificato rifuso.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 28 gennaio 2016 con l’intervento dei magistrati:

Desirèe Zonno, Presidente FF
Cesira Casalanguida, Referendario
Maria Colagrande, Referendario, Estensore

L’ESTENSORE  

IL PRESIDENTE
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 24/03/2016
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
 

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