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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Appalti Numero: 509 | Data di udienza: 20 Aprile 2016

* APPALTI – Imprese responsabili di gravi inadempimenti nell’esecuzione di precedenti contratti – Art. 38, c. 1, lett. f) d.lgs. n. 163/2006 – Principi – Gravità della violazione – Pregiudizio arrecato all’affidamento della stazione appaltante – Spazio discrezionale della P.A.- Qualificazione dell’inadempienza da parte della stazione appaltante – Inadempienza risalente nel tempo – Effetti – Giudizio formulato dalla stazione appaltante – Sindacato giurisdizionale – Verifica della non pretestuosità – Distinzione tra il giudizio afferente alla fase negoziale del pregresso rapporto e giudizio relativo all’esercizio dei poteri amministrativi – Giurisdizione.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 1^
Regione: Calabria
Città: Reggio Calabria
Data di pubblicazione: 13 Maggio 2016
Numero: 509
Data di udienza: 20 Aprile 2016
Presidente: Politi
Estensore: Testini


Premassima

* APPALTI – Imprese responsabili di gravi inadempimenti nell’esecuzione di precedenti contratti – Art. 38, c. 1, lett. f) d.lgs. n. 163/2006 – Principi – Gravità della violazione – Pregiudizio arrecato all’affidamento della stazione appaltante – Spazio discrezionale della P.A.- Qualificazione dell’inadempienza da parte della stazione appaltante – Inadempienza risalente nel tempo – Effetti – Giudizio formulato dalla stazione appaltante – Sindacato giurisdizionale – Verifica della non pretestuosità – Distinzione tra il giudizio afferente alla fase negoziale del pregresso rapporto e giudizio relativo all’esercizio dei poteri amministrativi – Giurisdizione.



Massima

 

TAR CALABRIA, Reggio Calabria, Sez. 1^ – 13 maggio 2016, n. 509


APPALTI – Imprese responsabili di gravi inadempimenti nell’esecuzione di precedenti contratti – Art. 38, c. 1, lett. f) d.lgs. n. 163/2006 – Principi – Gravità della violazione – Pregiudizio arrecato all’affidamento della stazione appaltante – Spazio discrezionale della P.A.

L’art. 38, c. 1, lett. f) del d.lgs. n. 163/2006, nel precludere la partecipazione alle gare d’appalto alle imprese che si sono rese responsabili di gravi inadempienze nell’esecuzione di precedenti contratti (denotando ciò un’inidoneità “tecnico-morale” a contrarre con la P.A.), fissa il duplice principio che la sussistenza di tali situazioni ostative può essere desunta da qualsiasi mezzo di prova e che il provvedimento di esclusione deve essere motivato congruamente (Consiglio di Stato, Sez. V, 27 gennaio 2010 n. 296). Per procedere alla esclusione in questione è necessario quindi che sia fornita un’adeguata prova dell’inadempimento e che lo stesso rilevi sul piano del venir meno dell’affidabilità dell’impresa nei confronti della Amministrazione e, ai fini della sussunzione nell’ipotesi prevista dall’articolo 38 comma 1 lettera f) del codice dei contratti pubblici, occorre ricordare ulteriormente che quest’ultima postula, alternativamente, una grave negligenza o malafede nell’esecuzione di uno specifico contratto con la medesima stazione appaltante oppure un grave errore nell’esercizio della attività professionale. La gravità deve essere peraltro idonea ad influire sull’interesse (pubblico) dell’Amministrazione a stipulare un nuovo contratto con l’impresa privata; non a liberarsi dal precedente rapporto, come nel caso della risoluzione. Ne consegue che la gravità della generica negligenza o dell’inadempimento a specifiche obbligazioni contrattuali va commisurata al pregiudizio arrecato alla fiducia, all’affidamento che la stazione appaltante deve poter riporre, ex ante, nell’impresa cui decide di affidare l’esecuzione di un nuovo rapporto contrattuale. L’esclusione dalla gara pubblica per i motivi che interessano non ha quindi carattere sanzionatorio, essendo viceversa prevista a presidio dell’elemento fiduciario destinato a connotare, sin dal momento genetico, i rapporti contrattuali di appalto pubblico (Consiglio Stato, Sez. V, 27 gennaio 2010, n. 296). Peraltro, la mancanza di ulteriori parametri da parte del legislatore dimostra la volontà di riconoscere in capo alla stazione appaltante un ampio spazio discrezionale nella valutazione circa la sussistenza o meno del requisito di affidabilità.

Pres. Politi, est. Testini – A. s.r.l. (avv. Orlando) c. Comune di Melito di Porto Salvo (avv. Panuccio)

APPALTI – Imprese responsabili di gravi inadempimenti nell’esecuzione di precedenti contratti Qualificazione dell’inadempienza da parte della stazione appaltante – Inadempienza risalente nel tempo – Effetti.

L’esclusione del concorrente ex art. 38, c. 1, lett. f) del d.lgs. .n 163/2006, non può essere impedita per la semplice circostanza che l’inadempienza è stata commessa da lungo tempo o per la non rilevante gravità e importanza della stessa, trattandosi di elementi che non incidono in modo determinante sulla qualificazione della commessa inadempienza, nell’ambito della valutazione della rilevanza sull’affidabilità della impresa concorrente; perciò non esiste nessun particolare onere da parte della stazione appaltante di pronunciarsi in modo specifico su tali circostanze quando venga comunque raggiunto un ragionevole convincimento, debitamente esplicitato, circa la mancanza del requisito di affidabilità, cui consegua la necessità di escludere la ditta partecipante (in termini, ex multis, Cons. Stato, Sez. V, 21 gennaio 2011, n. 409).

Pres. Politi, est. Testini – A. s.r.l. (avv. Orlando) c. Comune di Melito di Porto Salvo (avv. Panuccio)

APPALTI – Imprese responsabili di gravi inadempimenti nell’esecuzione di precedenti contratti – Giudizio formulato dalla stazione appaltante – Sindacato giurisdizionale – Verifica della non pretestuosità.

In presenza di una ragionevole scelta legislativa di consentire il rifiuto di aggiudicazione per ragioni di inaffidabilità dell’Impresa – esemplificativamente indicate in ipotesi di mala fede o colpa grave emerse nella esecuzione del pregresso rapporto o di serie carenze di professionalità emergenti dal passato aziendale – il sindacato di legittimità del giudice amministrativo nello scrutinio di un uso distorto di tale rifiuto deve prendere atto della chiara scelta di rimettere alla stessa stazione appaltante la individuazione del punto di rottura dell’affidamento nel pregresso e/o futuro contraente. Il sindacato sulla motivazione del rifiuto deve, pertanto e specularmente, essere rigorosamente mantenuto sul piano della verifica della non pretestuosità della valutazione degli elementi di fatto esibiti dall’appaltante come ragioni del rifiuto e non può avvalersi, onde ritenere avverato il vizio di eccesso di potere, di criteri che portano ad evidenziare la mera non condivisibilità della valutazione stessa (Cass., Sez. Un., 17 febbraio 2012, n. 2312, cit.). A ciò si aggiungasi che l’applicazione della causa di esclusione di cui si tratta non richiede un preventivo accertamento giurisdizionale della responsabilità dell’inadempimento del privato (Cons. Stato, Sez. VI, 14 agosto 2013, n. 4147 e Corte di Giustizia Unione Europea, Sez. V, 14 dicembre 2014, n. C/440-13): in termini, da ultimo, C.G.A.R.S., Sez. giur., 14 aprile 2016, n. 95.


Pres. Politi, est. Testini – A. s.r.l. (avv. Orlando) c. Comune di Melito di Porto Salvo (avv. Panuccio)

APPALTI – Imprese responsabili di gravi inadempimenti nell’esecuzione di precedenti contratti – Art. 38, c. 1, lett. f) d.lgs. n. 163/2006  – Distinzione tra il giudizio afferente alla fase negoziale del pregresso rapporto e giudizio relativo all’esercizio dei poteri amministrativi – Giurisdizione.

L’art. 38, lett. f), nel prevedere che sono esclusi dalla gara gli operatori economici che secondo motivata valutazione della stazione appaltante hanno commesso grave negligenza o malafede nell’esecuzione delle prestazioni affidate dalla stazione appaltante che bandisce la gara contempla un fatto complesso che impone una distinzione ben precisa: quella tra il giudizio afferente alla fase negoziale del pregresso rapporto e il giudizio relativo all’esercizio di poteri amministrativi. Il primo giudizio è riservato all’amministrazione che, quale parte di un pregresso rapporto, può ritenere che l’altra parte abbia posto in essere, nell’esecuzione delle prestazioni, un comportamento connotato da grave negligenza o mala fede.  Qualora sorgano contestazioni sull’interruzione del rapporto negoziale o, comunque, sul suo svolgimento, la competenza a dirimerle spetta al g.o., che esercita un controllo pieno sulle cause interne che hanno condotto alla non corretta attuazione del rapporto negoziale ed alla sua eventuale interruzione. In tale valutazione rientra, conseguentemente, l’accertamento della fondatezza della eccezione ex art. 1460 c.c. e dunque del ricorrere di tutti i suoi presupposti. A tale giudizio segue un altro, che spetta anch’esso all’Amministrazione la quale, considerati i pregressi rapporti negoziali, adotta, nell’esercizio di un potere pubblico, la determinazione con la quale con la quale esclude una impresa dalla gara ovvero annulla una aggiudicazione già disposta. Si tratta di un potere discrezionale che deve valutare se il fatto pregresso abbia concretamente reso inaffidabile l’operatore economico. Se sorgono contestazioni su tale secondo giudizio, la competenza a dirimerle spetta al giudice amministrativo che esercita un controllo sulle cause esterne che hanno determinato la rottura del rapporto fiduciario, al fine di accertare se esiste una figura sintomatica dell’eccesso di potere idonea a comportare l’illegittimità degli atti gravati.

Pres. Politi, est. Testini – A. s.r.l. (avv. Orlando) c. Comune di Melito di Porto Salvo (avv. Panuccio)


Allegato


Titolo Completo

TAR CALABRIA, Reggio Calabria, Sez. 1^ – 13 maggio 2016, n. 509

SENTENZA

 

TAR CALABRIA, Reggio Calabria, Sez. 1^ – 13 maggio 2016, n. 509

 

N. 00509/2016 REG.PROV.COLL.
N. 00099/2016 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria

Sezione Staccata di Reggio Calabria

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 99 del 2016 proposto da:
Ased s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avv. Luciano Orlando, con domicilio eletto presso lo studio dell’Avv. Giuseppe De Luca, in Reggio Calabria, via Sbarre Sup. n. 6/B;

contro

Comune di Melito di Porto Salvo, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avv. Alberto Panuccio, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Reggio Calabria, via Pietro Foti n. 1;

nei confronti di

Locride Ambiente s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avv. Maria Cecilia Gerace, con domicilio eletto presso lo studio dell’Avv. Domenico Iofrida Avv. in Reggio Calabria, prolungamento via Aschenez 38 – Trav. Amendola n.15;

per l’annullamento

– della determinazione dirigenziale n.1 del 13 gennaio 2016 di revoca dell’aggiudicazione provvisoria disposta in favore della ricorrente;

– della determinazione dirigenziale n. 2 del 18 gennaio 2016 di scorrimento della graduatoria;

– della nota prot. n. 1454 del 22 gennaio 2016 del Responsabile del Settore Lavori Pubblici Qualità Urbana e Ambientale con la quale è stata comunicata alla ricorrente l’intervenuta aggiudicazione definitiva della gara in favore di Locride Ambiente s.p.a.;

– della determinazione dirigenziale n. 3 del 22 gennaio 2016, non comunicata, di aggiudicazione definitiva in favore della Locride Ambiente s.p.a.;

– di ogni altro atto antecedente, presupposto, connesso e/o consequenziale, ove lesivo degli interessi della ricorrente.

Visti il ricorso ed i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Melito di Porto Salvo e di Locride Ambiente s.p.a.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
 

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 6 aprile 2016 la dott. Donatella Testini e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

La ricorrente ha partecipato alla procedura aperta indetta dalla S.U.A.P. di Reggio Calabria, nell’interesse del Comune di Melito di Porto Salvo, per l’affidamento, con durata triennale, dei servizi di igiene urbana nel territorio comunale e, avendo presentato l’offerta economicamente più vantaggiosa, è stata dichiarata aggiudicataria in via provvisoria con determina dirigenziale n. 350 del 16 settembre 2015 (all. n. 5 del relativo fascicolo documentale).

Con successiva determina n. 1 del 13 gennaio 2016 (all. n. 1), l’Amministrazione comunale – dopo aver inviato alla ricorrente apposita comunicazione di avvio del procedimento ex art. 8 della L. n. 241/90 in data 7 dicembre 2015 (all. n. 6) ed aver ritenuto non giustificative le controdeduzioni presentate da quest’ultima in data 7 gennaio 2016 (all. n. 8) – ha revocato la predetta aggiudicazione provvisoria in applicazione dell’art. 38, I comma, lett. f), c.c.p.

Si legge nel provvedimento di revoca che la ricorrente, costituta in a.t.i. con la Radi e con Fata Morgana, “ha intrattenuto un rapporto contrattuale (n.d.r. sempre per l’esecuzione del servizio di igiene ambientale) con il Comune dal settembre 2009 al settembre 2014, giusta contratti n. 24 del 6 agosto 2009, oltre proroga prot. n. 120 del primo settembre 2014 fino alla nuova gara, che è stato travagliato da continui e gravi inadempimenti dell’imprenditore e si è concluso con l’interruzione (decisione unilaterale) del servizio da parte dell’a.t.i. in data 28 settembre 2015”.

Le gravi inadempienze stigmatizzate dal Comune sono le seguenti:

a) violazione dell’obbligo sancito dall’art. 34 del Capitolato Speciale di Appalto di pagare gli oneri di discarica ed il tributo per il conferimento dei rifiuti solidi urbani alla Regione ed ai siti di conferimento;

b) mancato raggiungimento non solo della percentuale di raccolta differenziata prevista nel progetto tecnico allegato in sede di gara, ma anche di quella minima imposta dalla normativa comunitaria con conseguente aumento dei rifiuti indifferenziati da conferire in discarica e degli oneri di conferimento e correlato danno erariale rappresentato dall’aumento di questi ultimi da parte della Regione Calabria;

c) interruzione del servizio di raccolta del rifiuto umido (organico) dal primo gennaio 2013 e perdurante fatturazione del servizio, pur non effettuato, con incameramento del corrispettivo;

d) arbitraria interruzione del servizio sull’intero territorio comunale a decorrere dal 28 settembre 2015 in violazione dell’art. 3, II comma, del C.S.A. a norma del quale “i servizi in appalto non possono essere sospesi o abbandonati, salvo comprovati casi di forza maggiore, contemplati dalla normativa vigente in materia ed immediatamente segnalati all’Amministrazione comunale”;

e) una serie di violazioni contrattuali, quali, ad esempio, il mancato lavaggio dei cassonetti, la mancata manutenzione e la mancata raccolta in più periodi, pacificamente non contestate con le modalità previste dal Capitolato Speciale.

Il Comune, a seguito della disposta revoca, ha deliberato lo scorrimento della graduatoria con determina n. 19 del 18 gennaio 2016 e, con determina n. 3 del 22 gennaio 2016, ha aggiudicato la gara in via definitiva alla Locride Ambiente s.p.a.

Avverso i predetti atti insorge parte ricorrente deducendo l’illegittimità originaria della revoca e, in via derivata, degli atti appena indicati e determinanti l’affidamento del servizio in favore della controinteressata Locride Ambiente s.p.a.

Con unico articolato motivo di censura, lamenta la violazione dell’art. 38, prima comma, lett. f) e l’eccesso di potere per difetto di istruttoria e motivazione nonché per illogicità, contraddittorietà, errore sui fatti e sviamento di potere.

La ricorrente deduce che il Comune “non ha mai puntualmente pagato il corrispettivo convenuto; le fatture emesse sono state pagate sempre con notevole ritardo (anche di un anno), spesso soltanto attraverso acconti parziali e a scadenze notevolmente differite rispetto a quelle naturali ed il rapporto contrattuale è proseguito solo grazie alle cospicue anticipazioni di cassa da parte dell’appaltatore” (pag. 6 del ricorso), tanto che, in data 12 settembre 2015, ha inoltrato al Comune una diffida ad adempiere ex art. 1454 c.c., richiedendo il pagamento dell’importo insoluto, pari ad euro 3.521.683,67 (all. n. 9 del relativo fascicolo).

Tale circostanza, come già rappresentato al Comune in sede di controdeduzioni (nota del 5 gennaio 2016, all. n. 16 del Comune), viene posta dall’Ased a giustificazione degli inadempimenti di cui sopra nei termini che seguono.

Quanto all’asserita arbitraria interruzione del servizio in data 28 settembre 2015 (indicata sub d), essa sarebbe insussistente atteso che l’invio della diffida ad adempiere del 12 settembre 2015 avrebbe determinato la risoluzione ex lege del contratto con il decorso di 15 giorni, ai sensi e per gli effetti dell’art. 1454, III comma, c.c.

Il richiamo operato dall’Amministrazione nel provvedimento gravato all’art. 3, II comma, del Capitolato Speciale d’Appalto (“i servizi in appalto non potranno essere sospesi o abbandonati, salvo comprovati casi di forza maggiore, contemplati dalla normativa vigente in materia ed immediatamente segnalati all’Amministrazione Comunale”) sarebbe inconferente in quanto non solo essa si riferirebbe ai servizi nel corso della oro esecuzione, ma la fattispecie sarebbe regolata dall’art. 25, III comma, C.S.A. ai sensi del quale “L’eventuale ritardo del pagamento, dovuto a cause di forza maggiore, da parte dell’Amministrazione Comunale, delle rate del canone di appalto, non farà sorgere per la concessionaria il diritto di abbandono o di riduzione parziale dei servizi, sotto pena della risoluzione del contratto…”.

Rappresenta altresì la ricorrente che, con decreto ex art. 633 e ss. c.p.c. del primo febbraio 2016 (all. n. 11), il Tribunale civile di Reggio Calabria ha ingiunto al Comune il pagamento di euro 3.521.683,67, oltre interessi di mora ex D.Lgs. n. 231/02 delle singole scadenze fino al soddisfo, per mancato integrale pagamento delle fatture insolute ivi specificate.

Quanto alla violazione dell’obbligo sancito dall’art. 34 del Capitolato Speciale di Appalto di pagare gli oneri di discarica ed il tributo per il conferimento dei rifiuti solidi urbani alla Regione ed ai siti di conferimento (indicata sub a), l’Ased deduce quanto segue:

1. Come da tabella riportata in ricorso, la misura dei canoni dovuti dal Comune (considerati anche gli interessi dovuti per il tardivo adempimento) è sempre stata superiore all’importo degli oneri di conferimento in discarica, in misura talmente elevata da non consentire l’assolvimento di quest’ultimo onere.

Sebbene l’art. 34, I comma, del C.S.A. disponga che “Tutti i costi derivanti dal conferimento, selezione, trattamento, recupero e smaltimento dei rifiuti urbani ed assimilati ordinari e dei rifiuti urbani ed assimilati ingombranti/durevoli sono a carico diretto ed esclusivo dell’Appaltatore”, il Comune avrebbe dovuto compensare quanto dovuto all’impresa con gli importi relativi gli oneri di conferimento pretesi dalla regione nei suoi confronti, essendo fra l’altro l’amministrazione comunale l’unica legittimata ad effettuare i relativi versamenti in favore della Regione che, infatti, ha sempre richiesto il pagamento all’Amministrazione comunale. Deduce che quando, in data 30 maggio 2013, il Comune aveva preteso il pagamento in un’unica soluzione degli oneri di conferimento, ammontanti ad euro 1.690.106,26, il suo credito nei confronti del ridetto Comune sarebbe stato pari ad euro 3.469.564,87, e dunque di gran lunga superiore.

Un comportamento secondo buona fede avrebbe dovuto indurre il Comune “eventualmente a compensare quanto dovuto all’Ati con gli importi relativi agli oneri di conferimento pretesi dalla Regione Calabria nei confronti del Comune e che a norma dell’art. 34 del C.S.A. erano a carico dell’appaltatore”.

Sostiene che, in realtà, il Comune procedendo a liquidare solo acconti e mai il canone per intero, in realtà tratteneva gli importi previsti per oneri di discarica, ma poi non li versava alla Regione, tentando di ascrivere all’Ased tale inadempimento.

2. Il Comune, inoltre, non avrebbe mai trasmesso alla ricorrente le richieste di pagamento pervenute dalla Regione, non consentendo la conoscenza degli importi effettivamente dovuti in base ai rifiuti conferiti il cui mancato pagamento sarebbe stato contestato dal Comune solo nel giugno 2013.

3. Gli oneri di conferimento in discarica costituirebbero una componente del canone contrattuale come confermato dall’offerta formulata in sede di gara ed allegata al contratto nella quale il relativo importo è una voce dell’offerta insieme al costo del personale, alle spese generali, all’utile di impresa ecc. Conseguentemente l’omesso o notevolmente ritardato pagamento del canone determina l’impossibilità per l’impresa di assolvere ai predetti oneri.

Quanto al mancato raggiungimento delle percentuali di raccolta differenziata, esso sarebbe dipeso da un grave inadempimento del Comune stesso che, in violazione dell’art. 36, u.c., del C.S.A., avrebbe messo a disposizione delle attrezzature per la raccolta differenziata in parte non corrispondenti nella quantità a quanto dichiarato in sede di gara ed in parte non idonee all’uso, come verificato in sede di sopralluogo del 14 gennaio 2010 (all. nn. 21 e 22) e come inutilmente contestato varie volte al Comune (all. da n. 14 a n. 20).

Quanto alla interruzione del servizio di raccolta del rifiuto umido (organico) dal primo gennaio 2013 e perdurante fatturazione del servizio, pur non effettuato, con incameramento del corrispettivo, deduce quanto segue.

La discarica di Siderno, individuata contrattualmente quale impianto di smaltimento, è stata chiusa nel novembre 2012, come comunicato al Comune il 30 novembre 2013 (all. n. 23).

Il Comune avrebbe dovuto individuare un altro sito, considerato che l’impresa non avrebbe potuto conferire presso un altro impianto senza autorizzazione. Peraltro, l’impianto di Siderno, sarebbe stato nuovamente chiuso dopo la sua riapertura.

Quanto alle generiche contestazioni da ultimo avanzate (“il mancato lavaggio dei cassonetti, la mancata manutenzione, la mancata raccolta in più periodi ecc…”), rileva che non è mai stata svolta istruttoria nei termini previsti dal C.S.A., che dunque non sono individuabili e comunque smentite dalle attestazioni di regolare svolgimento dei servizi versate in atti.

Deduce, infine, la ricorrente che i predetti adempimenti sono precedenti all’espletamento della gara per cui è causa e che la revoca dell’aggiudicazione provvisoria è avvenuta oltre il termine di trenta giorni di cui all’art. 12 del D. Lgs. n. 163/2006.

La scansione temporale suddetta sarebbe ulteriore indice sintomatico della pretestuosità degli elementi di fatto posti a base del provvedimento impugnato, privo della necessaria esaustiva motivazione in punto di effettiva gravità della negligenza nell’esecuzione del contratto precedente nonché della sua effettiva negativa incidenza causale sul rapporto fiduciario e sulle ragioni per tale rottura sia idonea ad incidere sull’interesse pubblico a stipulare un nuovo contratto con la medesima impresa.

Conclude per l’annullamento degli atti gravati, in accoglimento del ricorso.

Si è costituito in giudizio il Comune intimato, che ha puntualmente contestato tutte le avverse doglianze, invocando la reiezione del gravame.

Si è altresì costituita in giudizio la controinteressata Locride Ambiente s.p.a., eccependo l’infondatezza del gravame ed invocandone la reiezione.

In vista della trattazione del merito, le parti hanno depositato ulteriori documenti e memorie.

La causa viene ritenuta per la decisione alla pubblica udienza del 6 aprile 2016.


DIRITTO

Il ricorso è infondato.

1. La ricorrente giustifica le inadempienze ascrittele dall’Amministrazione comunale allegando quale loro titolo di giustificazione, in buona sostanza, l’istituto dell’eccezione di inadempimento ex art. 1460 c.c.

Dal canto suo, il Comune, come già rappresentato, seppur sinteticamente, nella determina di revoca gravata, in parte contesta l’entità degli inadempimenti ascrittegli, dall’altro ritiene che essi comunque non possano giustificare l’inosservanza degli obblighi contrattuali assunti e che l’evolversi del rapporto contrattuale sia stato tale da ledere il rapporto fiduciario tra le parti contraenti, come dimostrato, a tacer d’altro, dalla pendenza del giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo dinanzi al Tribunale di Reggio Calabria.

Giova premettere gli approdi ermeneutici consolidati cui è pervenuta la giurisprudenza in punto di sindacato giurisdizionale sull’art. 38, I comma, lett. f), segnalando fin d’ora, come è ovvio, che la presente fattispecie va sussunta nell’alveo della prima parte della norma.

Quest’ultima dispone che: “Sono esclusi dalla partecipazione alle procedure di affidamento delle concessioni e degli appalti di lavori, servizi e forniture… e non possono stipulare i relativi contratti i soggetti:

… f) che, secondo motivata valutazione della stazione appaltante, hanno commesso grave negligenza o malafede nell’esecuzione delle prestazioni affidate dalla stazione appaltante che bandisce la gara; o che hanno commesso un errore grave nell’esercizio della loro attività professionale, accertato con qualsiasi mezzo di prova da parte della stazione appaltante”.

Tali ipotesi rappresentano una consueta condizione ostativa, prevista dall’ordinamento a partire dalla primigenia disciplina in materia di contabilità di stato, essendo sostanzialmente riproduttiva delle previsioni di cui agli artt. 3, III comma, R.D. n. 2440/1923 e 68, I comma, R.D. n. 827/1924.

Si rammenta quanto segue.

“Tale disposizione, nel precludere la partecipazione alle gare d’appalto alle imprese che si sono rese responsabili di gravi inadempienze nell’esecuzione di precedenti contratti (denotando ciò un’inidoneità “tecnico-morale” a contrarre con la P.A.), fissa il duplice principio che la sussistenza di tali situazioni ostative può essere desunta da qualsiasi mezzo di prova e che il provvedimento di esclusione deve essere motivato congruamente (Consiglio di Stato, Sez. V, 27 gennaio 2010 n. 296).

Per procedere alla esclusione in questione è necessario quindi che sia fornita un’adeguata prova dell’inadempimento e che lo stesso rilevi sul piano del venir meno dell’affidabilità dell’impresa nei confronti della Amministrazione e, ai fini della sussunzione nell’ipotesi prevista dall’articolo 38 comma 1 lettera f) del codice dei contratti pubblici, occorre ricordare ulteriormente che quest’ultima postula, alternativamente, una grave negligenza o malafede nell’esecuzione di uno specifico contratto con la medesima stazione appaltante oppure un grave errore nell’esercizio della attività professionale.

La gravità deve essere peraltro idonea ad influire sull’interesse (pubblico) dell’Amministrazione a stipulare un nuovo contratto con l’impresa privata; non a liberarsi dal precedente rapporto, come nel caso della risoluzione.

Ne consegue che la gravità della generica negligenza o dell’inadempimento a specifiche obbligazioni contrattuali va commisurata al pregiudizio arrecato alla fiducia, all’affidamento che la stazione appaltante deve poter riporre, ex ante, nell’impresa cui decide di affidare l’esecuzione di un nuovo rapporto contrattuale.

Quindi la valutazione assume un aspetto più soggettivo (di affidabilità) che oggettivo (il pregiudizio al concreto interesse all’esecuzione della specifica prestazione inadempiuta).

Non a caso, l’articolo 38, lett.f), in questione, include presupposti espressamente soggettivi (la malafede) oppure avulsi dallo specifico rapporto contrattuale (il grave errore nell’attività professionale), ma comunque idonei ad incidere sull’affidabilità dell’impresa privata e, quindi, sull’immagine della stessa agli occhi della stazione appaltante.

L’esclusione dalla gara pubblica per i motivi che interessano non ha quindi carattere sanzionatorio, essendo viceversa prevista a presidio dell’elemento fiduciario destinato a connotare, sin dal momento genetico, i rapporti contrattuali di appalto pubblico.

Alle formulate considerazioni consegue che… l’esigenza soddisfatta dalla richiamata previsione nel delineare la causa di esclusione è salvaguardare l’elemento fiduciario, scalfito in presenza di un giudizio formulato dall’Amministrazione circa la grave negligenza dell’aspirante partecipante (Consiglio Stato, Sez. V, 27 gennaio 2010, n. 296).

Peraltro, la mancanza di ulteriori parametri da parte del legislatore dimostra la volontà di riconoscere in capo alla stazione appaltante un ampio spazio discrezionale nella valutazione circa la sussistenza o meno del requisito di affidabilità.

L’esclusione non può essere impedita per la semplice circostanza che la inadempienza è stata commessa da lungo tempo o per la non rilevante gravità e importanza della stessa, trattandosi di elementi che non incidono in modo determinante sulla qualificazione della commessa inadempienza, nell’ambito della valutazione della rilevanza sull’affidabilità della impresa concorrente; perciò non esiste nessun particolare onere da parte della stazione appaltante di pronunciarsi in modo specifico su tali circostanze quando venga comunque raggiunto un ragionevole convincimento, debitamente esplicitato, circa la mancanza del requisito di affidabilità, cui consegua la necessità di escludere la ditta partecipante” (in termini, ex multis, Cons. Stato, Sez. V, 21 gennaio 2011, n. 409).

Come chiarito da Cass., Sez. Un., 17 febbraio 2012, n. 2312, rientra nella potestà giurisdizionale di questo Collegio la valutazione incidentale dei fatti emergenti dal pregresso rapporto da porre a raffronto con le ragioni addotte a fondamento della decisione di non proseguirlo o di non rinnovarlo, ma ciò esclusivamente al fine del sindacato sull’eccesso di potere in tesi viziante gli atti gravati.

“Onde evitare di incorrere nel vizio di eccesso giurisdizionale, il giudice amministrativo in presenza di una ragionevole scelta legislativa di consentire il rifiuto di aggiudicazione per ragioni di inaffidabilità dell’Impresa – esemplificativamente indicate in ipotesi di mala fede o colpa grave emerse nella esecuzione del pregresso rapporto o di serie carenze di professionalità emergenti dal passato aziendale – il sindacato di legittimità del giudice amministrativo nello scrutinio di un uso distorto di tale rifiuto debba prendere atto della chiara scelta di rimettere alla stessa stazione appaltante la individuazione del punto di rottura dell’affidamento nel pregresso e/o futuro contraente.

Il sindacato sulla motivazione del rifiuto deve, pertanto e specularmente, essere rigorosamente mantenuto sul piano della verifica della non pretestuosità della valutazione degli elementi di fatto esibiti dall’appaltante come ragioni del rifiuto e non può avvalersi, onde ritenere avverato il vizio di eccesso di potere, di criteri che portano ad evidenziare la mera non condivisibilità della valutazione stessa” (Cass., Sez. Un., 17 febbraio 2012, n. 2312, cit.).

A ciò si aggiungasi che l’applicazione della causa di esclusione di cui si tratta non richiede un preventivo accertamento giurisdizionale della responsabilità dell’inadempimento del privato (Cons. Stato, Sez. VI, 14 agosto 2013, n. 4147 e Corte di Giustizia Unione Europea, Sez. V, 14 dicembre 2014, n. C/440-13): in termini, da ultimo, C.G.A.R.S., Sez. giur., 14 aprile 2016, n. 95.

2. Ritiene il Collegio che le motivazioni addotte da parte del Comune a giustificazione della rottura del rapporto fiduciario non siano pretestuose.

In primis, va evidenziato che l’Amministrazione ha stigmatizzato non un episodio isolato (che pure sarebbe in astratto sufficiente a sostenere una valutazione di segno negativo), bensì una serie di inadempienze, ritenute gravi, che hanno travagliato il rapporto contrattuale le quali, valutate nel loro complesso, hanno condotto ad una valutazione globale di inaffidabilità.

Valutazione di inaffidabilità che, in relazione ai singoli episodi stigmatizzati, non appare pretestuosa per le seguenti ragioni.

E’ pacifico, in quanto frutto di allegazione concorde e documentalmente provato (all. n. 8), che la ricorrente non abbia corrisposto né gli oneri di conferimento né le tariffe alla Regione ed al Comune sede di discarica.

L’art. 34, I comma, del C.S.A. dispone che “Tutti i costi derivanti dal conferimento, selezione, trattamento, recupero e smaltimento dei rifiuti urbani ed assimilati ordinari e dei rifiuti urbani ed assimilati ingombranti durevoli sono a carico diretto ed esclusivo dell’Appaltatore”.

Si tratta con tutta evidenza di un accollo interno fra Comune ed appaltatore considerato che si tratta di oneri che gravano per legge sul primo.

Ciò dà ragione dei motivi per cui la Regione abbia correttamente richiesto il pagamento al Comune e non alla ricorrente, senza che ciò possa in alcun modo giustificare l’inadempimento di Ased, che avrebbe dovuto attivarsi spontaneamente (e senza attendere la prima diffida ad adempiere inviata dal Comune con nota del 2 maggio 2013, all. n. 10 del fascicolo del Comune) per adempiere ad una specifica obbligazione dedotta in contratto.

La parziale corresponsione del prezzo mensile dell’appalto non è idonea a scalfire il giudizio di inaffidabilità espresso dall’Amministrazione, con riferimento all’omissione totale della corresponsione degli oneri.

Ritiene il Collegio che non rientri nella propria cognizione giurisdizionale accertare se il parziale pagamento del prezzo dell’appalto sia idoneo a sorreggere una fondata eccezione di inadempimento ex art. 1460 c.c. (rectius, una exceptio non rite adimpleti contractus) da parte della ricorrente, trattandosi di questione di competenza del giudice ordinario davanti al quale, nella specie, pende il giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo.

Come rammentato, da ultimo, dal Consiglio di Stato, Sez. V, con sentenza del 27 marzo 2015, n. 1619, l’art. 38, lett. f), nel prevedere che sono esclusi dalla gara gli operatori economici che secondo motivata valutazione della stazione appaltante hanno commesso grave negligenza o malafede nell’esecuzione delle prestazioni affidate dalla stazione appaltante che bandisce la gara contempla un fatto complesso che impone una distinzione ben precisa: quella tra il giudizio afferente alla fase negoziale del pregresso rapporto e il giudizio relativo all’esercizio di poteri amministrativi.

Il primo giudizio è riservato all’amministrazione che, quale parte di un pregresso rapporto, può ritenere che l’altra parte abbia posto in essere, nell’esecuzione delle prestazioni, un comportamento connotato da grave negligenza o mala fede.

L’amministrazione potrebbe decidere di risolvere il contratto; di sospendere il pagamento del canone; potrebbe, in definitiva, determinarsi come ritiene sul piano dell’esecuzione, esattamente come l’altra parte contrattuale.

Qualora sorgano contestazioni sull’interruzione del rapporto negoziale o, comunque, sul suo svolgimento, la competenza a dirimerle spetta al g.o., che esercita un controllo pieno sulle cause interne che hanno condotto alla non corretta attuazione del rapporto negoziale ed alla sua eventuale interruzione.

In tale valutazione rientra, conseguentemente, l’accertamento della fondatezza della eccezione ex art. 1460 c.c. e dunque del ricorrere di tutti i suoi presupposti.

A tale giudizio segue un altro, che spetta anch’esso all’Amministrazione la quale, considerati i pregressi rapporti negoziali, adotta, nell’esercizio di un potere pubblico, la determinazione con la quale con la quale esclude una impresa dalla gara ovvero annulla una aggiudicazione già disposta.

Si tratta di un potere discrezionale che deve valutare se il fatto pregresso abbia concretamente reso inaffidabile l’operatore economico.

Se sorgono contestazioni su tale secondo giudizio, la competenza a dirimerle spetta al giudice amministrativo che esercita un controllo sulle cause esterne che hanno determinato la rottura del rapporto fiduciario, come già puntualizzato, al fine di accertare se esiste una figura sintomatica dell’eccesso di potere idonea a comportare l’illegittimità degli atti gravati.

3. Alla luce di quanto esposto, ritiene il Collegio che l’operata valutazione di deficit fiduciario, a fronte della totale omissione della corresponsione degli oneri di discarica e, a monte, del disinteressamento prolungato rispetto ad una obbligazione puntualmente dedotta in contratto ed assunta in via esclusiva non sia irragionevole né pretestuosa e ciò anche a fronte della parziale e ritardata corresponsione del prezzo dell’appalto.

L’invocata compensazione da parte del Comune, in realtà, è stata di fatto operata dalla ricorrente irritualmente, mancando il presupposto della liquidità, ed a fronte dell’impugno convenzionale a farsi carico in via esclusiva degli oneri in discorso; pattuizione che ben potrebbe integrare gli estremi della rinuncia tacita preventiva alla compensazione di cui all’art. 1246, n. 4) c.c.; questione della quale, tuttavia, come già specificato non è compito di questo Collegio occuparsi.

Le coordinate ermeneutiche fin qui esposte illuminano anche gli ulteriori episodi che l’Amministrazione ha posto a fondamento della valutazione discrezionale che in questa sede viene censurata.

Il mancato raggiungimento delle percentuali di raccolta differenziata (ed il conseguente aumento degli oneri di conferimento) è anch’esso fatto pacifico.

La prima contestazione del Comune circa la necessità di incrementare il servizio di raccolta differenziata, in seguito alle scadenti percentuali effettive pervenute, risale al 22 novembre 2010 (cfr., nota prot. n. 24104, all. n. 16 bis del fascicolo del Comune).

Dal 2010 al 2015, le percentuali di raccolta raggiunte sono state di gran lunga inferiori rispetto a quelle indicate nell’offerta tecnica e recepite nel C.S.A.

Orbene, ritiene il Collegio che, a fronte di un Capitolato Speciale che:

– all’art. 28 prevede l’impegno della concessionaria di provvedere “alla fornitura, alla riparazione, manutenzione e rinnovazione di tutti i mezzi, attrezzature e materiali occorrenti per il disimpegno del sevizio in modo che risultino sempre tecnicamente ed igienicamente efficienti, a giudizio dei preposti alla sorveglianza”;

– all’art. 36 prevede che “per l’espletamento di tutti i servizi di cui al presente Capitolato, la concessionaria dovrà provvedere con mezzi meccanici propri, muniti delle prescritte autorizzazioni, di tutte le attrezzature adatte alle esigenze del servizio ivi compresa la piccola attrezzatura”;

– nonché di un allegato 2.6. al C.S.A. nel quale, alla voce b), è espressamente previsto che “i costi dei contenitori, di acquisto e di movimentazione di tutti i contenitori/cassonetti sono a carico dell’impresa”;

la ridottissima percentuale raggiunta non appare circostanza pretestuosa, soprattutto ove si consideri che, nel corso del rapporto (tenuto conto delle attrezzature che la ditta ipotizza dovessero essere fornite dal Comune ai sensi dell’art. 36, ultimo comma, C.S.A., di quelle successivamente integrate dal Comune e quelle di proprietà della ricorrente) si raggiunge un parco attrezzature inferiore solo al 10% rispetto alla dotazione minima (all. sub d), pag. 12, del fascicolo del Comune).

Dinanzi ad un servizio pubblico finalizzato ad assicurare l’elevata protezione dell’ambiente e dinanzi ad obblighi che l’Unione Europea pone a tal fine in punto di raccolta differenziata, il Comune ben poteva e doveva valutare gli standard raggiunti nell’ambito del doveroso giudizio di attendibilità onde evitare, per il futuro, ulteriori pregiudizi.

4. Quanto all’ interruzione del servizio di raccolta del rifiuto umido organico dal primo gennaio 2013, determinato dalla chiusura della discarica di Siderno a decorrere dal primo gennaio 2013, ciò che il Comune in primis contesta è l’avvenuta contabilizzazione dei relativi costi nonostante il mancato servizio di raccolta.

Sostiene la ricorrente di aver comunque provveduto ad effettuare la raccolta suddetta, con eguale impegno di mezzi e personale, ma con l’unica differenza di essere costretta a conferirla nella discarica dei rifiuti indifferenziati e non nella catena dell’organico.

In disparte ogni questione circa le eventuali attività amministrative a compiersi a seguito della riapertura della discarica di Siderno, e sulla quale, come di consueto, le parti si rimandano reciproci inadempimenti, più o meno circostanziati, ciò che il Comune ha stigmatizzato è la perdurante contabilizzazione a suo carico di servizio non reso e foriero per tal via degli ulteriori aggravi derivanti dall’incremento degli oneri di discarica collegati al conferimento dell’organico nell’indifferenziato.

Quand’anche venisse accertato che il servizio di raccolta sia stato effettuato, la nota impossibilità di portare a compimento tale attività con l’inserimento nella filiera dell’organico rende poco corretto l’aver imposto, per tal via, al Comune degli oneri contabili non propedeutici al fine previsto ovvero al decremento del conferimento dell’indifferenziato.

Ai sensi dell’art. 1175 c.c., il debitore e il creditore devono comportarsi secondo le regole delle buona fede, il che val quanto dire che il debitore deve fare quanto è ragionevolmente possibile per massimizzare l’utilità che il creditore riceve dalla prestazione; e il creditore deve fare quanto è ragionevolmente possibile per minimizzare i sacrifici che la prestazione impone al debitore.

Se nel caso di specie siano stati integrati gli estremi dell’inadempimento agli obblighi di protezione accessori alla prestazione principale che gravano sulle parti, e che nella predetta norma trovano la fonte, è accertamento che esula dalla cognizione del Collegio e non rileva ai fini del decidere.

L’immanente principio ordinamentale del dovere di buona e fede e correttezza, tuttavia, vale a qualificare come non pretestuosa la valutazione di inaffidabilità adottata dal Comune.

5. Quanto alla ritenuta arbitraria interruzione del servizio in data 28 settembre 2015, parte ricorrente contesta la qualificazione della predetta interruzione in termini di arbitrarietà, posto che il contratto avrebbe dovuto a quella data ritenersi risolto di diritto, ai sensi e per gli effetti dell’art. 1454 c.c., essendo decorso il termine di quindici giorni dall’invio della diffida ad adempiere dell’11 settembre 2015 (all. n. 9 del fascicolo di Ased).

Premesso che, come ormai chiarito, non spetta al Collegio stabilire se esistevano o meno i presupposti per considerare risolto il contratto (inadempimento, colpa del debitore, gravità della violazione contrattuale, congruità del termine assegnato con la diffida), appare ragionevole ritenere che, non potendo i servizi in appalto essere sospesi o abbandonati, “salvo comprovati casi di forza maggiore, contemplati dalla normativa vigente ed immediatamente segnalati all’Amministrazione comunale” (art. 3, II comma, del C.S.A.), all’art. 25 del C.S.A. non possa essere attribuito il significato per cui l’eventuale ritardo del pagamento delle rate del canone non dovuto a cause di forza maggiore faccia sorgere senz’altro il diritto di abbandono o di riduzione parziale dei servizi.

Tale interpretazione priverebbe di efficacia la clausola di cui al predetto art. 3 e non si concilierebbe con l’importanza per l’interesse della collettività della continuità del servizio di raccolta dei rifiuti, nel caso di specie interrotto dalla ricorrente al fine di recuperare un proprio presunto credito.

Considerato che le ulteriori violazioni contrattuali genericamente indicate nel provvedimento di revoca hanno trovato effettiva specificazione solo nel corso del giudizio, il Collegio condivide quanto affermato dalla ricorrente in sede di memoria di replica circa il ricorrere di una inammissibile integrazione della motivazione in giudizio, motivazione che, peraltro, alla luce di quanto fin qui esposto, appare idonea a sfuggire alle dedotte censure seppur privata delle contestazioni de qua.

Deduce, infine, la ricorrente che i predetti adempimenti sono precedenti all’espletamento della gara per cui è causa e che la revoca dell’aggiudicazione provvisoria è avvenuta oltre il termine di trenta giorni di cui all’art. 12 del D. Lgs. n. 163/2006.

Nella memoria di replica del 21 marzo 2016, parte ricorrente, con riferimento alla dedotta violazione del termine di trenta giorni di cui all’art. 12 del D. Lgs. n. 163/2006, conferma che, consapevole della circostanza che il decorso del predetto termine non pregiudica la possibilità per la stazione appaltante di non procedere all’aggiudicazione definitiva, la scansione temporale degli eventi è stata descritta ad ulteriore dimostrazione dell’asserito uso strumentale della causa di esclusione di cui all’art. 38, lett. f).

Considerato quanto fin qui osservato, è evidente che la censura non è idonea ad inficiare la ragionevolezza della determinazione discrezionale gravata che, in disparte il nomen iuris utilizzato, si atteggia alla stregua di annullamento dell’aggiudicazione provvisoria per carenza del requisito di ordine generale in discorso e non di revoca, con conseguente inconferenza della dedotta irrilevanza di fatti non sopravvenuti, ma già noti all’Amministrazione.

D’altro canto la procedura di gara è stata svolta dalla S.U.A.P., che si è determinata in base a quanto dichiarato dalla ricorrente.

Eventuali supposti ritardi dell’Amministrazione, se non si traducono in violazione di termini perentori, possono tutt’al più, e per mera ipotesi, dar luogo a possibili fattispecie risarcitorie per lesione dell’affidamento, sempre che incolpevole, ma non tradursi di ex se in requisiti di legittimità dell’atto.

6. Il ricorso, in conclusione, non è suscettibile di favorevole apprezzamento e, pertanto, va respinto.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria – Sezione Staccata di Reggio Calabria, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna parte ricorrente alla refusione delle spese di giudizio in favore del Comune di Melito di Porto Salvo nella misura di euro 2.000,00 (duemila/00), oltre accessori di legge, e nei confronti della Locride Ambiente s.r.l., nella misura di euro 1.000,00 (mille/00), oltre accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Reggio Calabria nelle camere di consiglio del giorno 6 e 20 aprile 2016 con l’intervento dei magistrati:

Roberto Politi, Presidente
Angela Fontana, Referendario
Donatella Testini, Referendario, Estensore

L’ESTENSORE

IL PRESIDENTE
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 13/05/2016
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
 

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