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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Diritto processuale penale, Diritto urbanistico - edilizia Numero: 19111 | Data di udienza: 10 Marzo 2016

DIRITTO URBANISTICO – Violazioni urbanistiche e paesaggistiche – Consistenza dell’intervento abusivo – Esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto – Presupposti e limiti – Art. 131-bis cod. pen. – Fattispecie – Condanna per reati edilizi – Sospensione condizionale della pena subordinata alla demolizione dei manufatti abusivamente realizzati – Discrezionalità del giudice – Valutazione delle circostanze di fatto – Obbligo di “facere” direttamente funzionate al ripristino del bene offeso – Ordine di demolizione – Funzione di eliminare le conseguenze dannose del reato – Sospensione condizionale subordinata alla demolizione – Onere di motivazione – DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Silenzio su una specifica deduzione prospettata col gravame – Censurabilità della sentenza – Esclusione quando questa risulta disattesa dalla motivazione complessivamente considerata – Presupposti – Art. 606 cod. proc. pen. – Ricorso per cassazione – Error in procedendo – Esame diretto degli atti processuali – Limiti – Difesa d’ufficio – Sostituzione del difensore di ufficio – Svolgimento di attività a favore dell’imputato – Necessità – Sostituzione illegittima – Presupposti – Assenza di attività difensiva – Rilevanza esterna dell’attività defensionale – Necessità – Sostituzione legittima del difensore d’ufficio – Giudice di appello – Pene sostitutive di quelle detentive brevi – Applicazione d’ufficio – Esclusione. 


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 9 Maggio 2016
Numero: 19111
Data di udienza: 10 Marzo 2016
Presidente: ROSI
Estensore: Scarcella


Premassima

DIRITTO URBANISTICO – Violazioni urbanistiche e paesaggistiche – Consistenza dell’intervento abusivo – Esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto – Presupposti e limiti – Art. 131-bis cod. pen. – Fattispecie – Condanna per reati edilizi – Sospensione condizionale della pena subordinata alla demolizione dei manufatti abusivamente realizzati – Discrezionalità del giudice – Valutazione delle circostanze di fatto – Obbligo di “facere” direttamente funzionate al ripristino del bene offeso – Ordine di demolizione – Funzione di eliminare le conseguenze dannose del reato – Sospensione condizionale subordinata alla demolizione – Onere di motivazione – DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Silenzio su una specifica deduzione prospettata col gravame – Censurabilità della sentenza – Esclusione quando questa risulta disattesa dalla motivazione complessivamente considerata – Presupposti – Art. 606 cod. proc. pen. – Ricorso per cassazione – Error in procedendo – Esame diretto degli atti processuali – Limiti – Difesa d’ufficio – Sostituzione del difensore di ufficio – Svolgimento di attività a favore dell’imputato – Necessità – Sostituzione illegittima – Presupposti – Assenza di attività difensiva – Rilevanza esterna dell’attività defensionale – Necessità – Sostituzione legittima del difensore d’ufficio – Giudice di appello – Pene sostitutive di quelle detentive brevi – Applicazione d’ufficio – Esclusione. 



Massima

 

 

 
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. 3^ 09/05/2016 (Ud. 10/03/2016) Sentenza n.19111

 
 
DIRITTO URBANISTICO – Violazioni urbanistiche e paesaggistiche – Consistenza dell’intervento abusivo – Esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto – Presupposti e limiti – Art. 131-bis cod. pen. – Fattispecie
 
Ai fini della applicabilità dell’art. 131-bis cod. pen. nelle ipotesi di violazioni urbanistiche e paesaggistiche, la consistenza dell’intervento abusivo – data da tipologia, dimensioni e caratteristiche costruttive – costituisce solo uno dei parametri di valutazione, assumendo rilievo anche altri elementi quali, ad esempio, la destinazione dell’immobile, l’incidenza sul carico urbanistico, l’eventuale contrasto con gli strumenti urbanistici e l’impossibilità di sanatoria, il mancato rispetto di vincoli e la conseguente violazione di più disposizioni, l’eventuale collegamento dell’opera abusiva con interventi preesistenti, la totale assenza di titolo abilitativo o il grado di difformità dallo stesso, il rispetto o meno di provvedimenti autoritativi emessi dall’amministrazione competente, le modalità di esecuzione dell’intervento (Cass. Sez. 3, n. 47039 del 08/10/2015 – dep. 27/11/2015, P.M. in proc. Derossi). Nella specie, essendo state violate più disposizioni di legge (urbanistiche, antisismiche e in materia di conglomerato c.a.), non può certo parlarsi di particolare tenuità, avuto riguardo all’offensività complessiva della condotta derivante dalla violazione di più disposizioni della legge penale, pur a fronte dell’unicità naturalistica del fatto.
 
 
DIRITTO URBANISTICO – Condanna per reati edilizi – Sospensione condizionale della pena subordinata alla demolizione dei manufatti abusivamente realizzati – Discrezionalità del giudice – Valutazione delle circostanze di fatto – Obbligo di “facere” direttamente funzionate al ripristino del bene offeso.
 
In caso di condanna per reati edilizi, è correttamente esercitato il potere discrezionale di subordinare il beneficio della sospensione condizionale della pena alla demolizione dei manufatti abusivamente realizzati quando, in considerazione delle circostanze di fatto, la prognosi di astensione del reo dal commettere nuovi reati può essere positivamente pronunciata solo in presenza di una manifestazione di effettivo ravvedimento, che si traduce nell’adempimento di un obbligo di “facere” direttamente funzionate al ripristino del bene offeso (Sez. 3, n. 3139 del 03/12/2013 – dep. 23/01/2014, Domingo e altro; Sez. 3, sentenza n. 43576 del 2014). Pertanto, il giudice, nel concedere la sospensione condizionale della pena intinta per il reato di esecuzione di lavori in assenza di concessione edilizia o in difformità, legittimamente può subordinare detto beneficio all’eliminazione delle conseguenze dannose del reato mediante demolizione dell’opera eseguita, disposta in sede di condanna del responsabile” (Cass. Sez. U. n. 714 del 20/11/1996, Luongo).
 
 
DIRITTO URBANISTICO – Ordine di demolizione – Funzione di eliminare le conseguenze dannose del reato – Sospensione condizionale subordinata alla demolizione – Onere di motivazione.
 
Non è sufficiente affermare che l’ordine di demolizione ha la funzione di eliminare le conseguenze dannose del reato, ma è necessario spiegare perché, sul piano prognostico di cui all’art. 164 cod. pen., c.1, si ritenga necessario porre l’esecuzione di tale ordine come condizione per la fruizione del beneficio della sospensione condizionale della pena. Altrimenti ragionando si finirebbe per elidere ogni differenza tra l’ipotesi, facoltativa, di cui all’art. 165 cod. pen., comma 1, e quella, obbligatoria, di cui all’art. 165 cod. pen., comma 2.
 
 
DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Silenzio su una specifica deduzione prospettata col gravame – Censurabilità della sentenza – Esclusione quando questa risulta disattesa dalla motivazione complessivamente considerata – Presupposti – Art. 606 cod. proc. pen.
 
In sede di legittimità non è censurabile la sentenza, per il suo silenzio su una specifica deduzione prospettata col gravame, quando questa risulta disattesa dalla motivazione complessivamente considerata, essendo sufficiente, per escludere la ricorrenza del vizio previsto dall’art. 606, comma primo, lett. e), cod. proc. pen., che la sentenza evidenzi una ricostruzione dei fatti che conduca alla reiezione della prospettazione difensiva implicitamente e senza lasciare spazio ad una valida alternativa (Cass. Sez. 2, n. 1405 del 10/12/2013 – dep. 15/01/2014, Cento e altri).


DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Ricorso per cassazione – Error in procedendo – Esame diretto degli atti processuali – Limiti.
 
In tema di impugnazioni, allorché sia dedotto, mediante ricorso per cassazione, un “error in procedendo” ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc, pen., la Corte di cassazione è giudice anche del fatto e, per risolvere la relativa questione, può accedere all’esame diretto degli atti processuali, che resta, invece, precluso dal riferimento al testo del provvedimento impugnato contenuto nella lett. e), del citato articolo, quando risulti denunziata la mancanza o la manifesta illogicità della motivazione (Sez. U. n. 42792 del 31/10/2001 – dep. 28/11/2001, Policastro e altri).
 

DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Difesa d’ufficio – Sostituzione del difensore di ufficio – Svolgimento di attività a favore dell’imputato – Necessità – Sostituzione illegittima – Presupposti – Assenza di attività difensiva – Rilevanza esterna dell’attività defensionale – Necessità – Sostituzione legittima del difensore d’ufficio.
 
In tema di difesa d’ufficio, é illegittima perchè lesiva del diritto di difesa la sostituzione, senza giustificato motivo, del difensore nominato che abbia effettivamente esercitato il suo ufficio e svolto in concreto attività a favore dell’imputato. Tuttavia, non vi è, invece, motivo di mantenere ferma la nomina del difensore designato, quando questi non si sia in concreto attivato, svolgendo una qualche incombenza difensiva (v., tra le tante: Sez. 1, n. 19037 del 17/03/2005 – dep. 19/05/2005, Koseni). Sicché, la sostituzione del difensore di ufficio con persona diversa da quello originariamente nominato è legittima ove il primo legale non abbia svolto alcuna attività defensionale, almeno di rilevanza esterna (Sez. 3, n. 25812 del 07/06/2005 – dep. 14/07/2005, Vitale). Ne discende, dunque, che il semplice invio di una missiva con cui il difensore d’ufficio originariamente nominato prende contatto con l’indagato per predisporre una strategia processuale difensiva, non seguito dallo svolgimento di una concreta attività difensiva avente rilevanza “esterna” non rende illegittima la successiva sostituzione del predetto difensore.
 

DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Giudice di appello – Pene sostitutive di quelle detentive brevi – Applicazione d’ufficio – Esclusione. 
 
Il giudice di appello non ha il potere di applicare d’ufficio le pene sostitutive di quelle detentive brevi in assenza di specifici motivi di impugnazione in ordine alla mancata applicazione della sanzione sostitutiva, né a tal fine è sufficiente la generica doglianza in merito alla eccessiva severità della pena inflitta (v., tra re tante: Sez. 3, n. 43595 del 09/09/2015 – dep. 29/10/2015, Russo). 
 
 
 
(riforma sentenza della Corte d’appello di PALERMO in data 18/06/2015) Pres. ROSI, Rel. SCARCELLA, Ric. Mancuso
 
 
 

Allegato


Titolo Completo

CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. 3^ 09/05/2016 (Ud. 10/03/2016) Sentenza n.19111

SENTENZA

 

 
 
 
 
 
 
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
 
composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
 
omissis
 
ha pronunciato la seguente
 
SENTENZA
 
Sul ricorso proposto da: MANCUSO STEFANIA, n. 1/01/1970 a Palermo
avverso la sentenza della Corte d’appello di PALERMO in data 18/06/2015;
visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Alessio Scarcella;
udite le conclusioni del Pubblico Ministero, In persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. P. Fimianl, che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso;
udite, per la ricorrente, le conclusioni dell’Avv. R. Ferrara, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso; 
 
RITENUTO IN FATTO
 
1. Con sentenza emessa In data 18/06/2015, depositata in data 26/06/2015, la Corte d’appello di PALERMO, in parziale riforma della sentenza del tribunale di Palermo emessa in data 17/07/2013, riconosceva alla ricorrente il beneficio di cui all’art. 175 cod. pen., subordinando il beneficio della sospensione condizionale della pena alla demolizione delle opere abusive, da effettuarsi entro gg. 90 dall’irrevocabilità della sentenza; giova precisare che la ricorrente era stata riconosciuta colpevole di reati In materia edilizia, antisismica ed in materia di conglomerato cementizio armato in relazione a fatti contestati come commessi in data 11/12/2010, e condannata alla pena di mesi 4 di arresto ed€ 10.000,00 di ammenda, con il concorso di attenuanti generiche e ritenuta la continuazione, ordinando il primo giudice la demolizione del manufatto abusivo.
 
2. Ha proposto ricorso MANCUSO STEFANIA a mezzo del difensore fiduciario cassazionista, impugnando la sentenza predetta con cui deduce sei motivi, di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex art. 173 disp. att. cod. proc, pen.
 
2.1. Deduce, con il primo motivo, Il vizio di cui all’art. 606, lett. e), cod. proc. pen., per avere la Corte d’appello dichiarato la sua contumacia ritenendo rituale la notifica del decreto di citazione per il giudizio di appello.
 
In sintesi, la censura investe l’impugnata sentenza In quanto, sostiene la ricorrente, la notifica sarebbe Irregolare in quanto effettuata il 24/09/2014 a mani del portiere dello stabile di via Principe di Pantelleria 12/b, dove la stessa non risiedeva dal 10/07 /2012 come risulta da certificato di residenza in atti; a comprova di ciò, l’estratto contumaciale della sentenza è stato notificato al nuovo indirizzo; ciò determina la nullità assoluta che travolge gli atti successivi, non rilevando la circostanza per cui era onere della stessa comunicare l’intervenuta variazione del domicilio, in quanto proprio sulla scorta di tale violazione la notifica avrebbe dovuto essere eseguita ex art. 161 cod. proc, pen. presso il difensore.
 
2.2. Deduce, con il secondo motivo, il vizio di cui all’art. 606, lett. e), cod. proc. pen., in relazione all’ingiustificata sostituzione in sede di avviso di conclusione delle indagini preliminari del difensore d’ufficio antecedentemente nominato.
 
In sintesi, la censura investe l’impugnata sentenza in quanto, sostiene la ricorrente, il primo difensore di ufficio si sarebbe concretamente attivato contattando tempestivamente la ricorrente con apposita missiva; la Corte d’appello ha rigettato l’eccezione asserendo che, al di fuori di tale missiva, non risultava prodotto alcun atto da cui emergesse l’esercizio dell’attività difensiva né che fosse stato proposto riesame contro il provvedimento di sequestro; non vi sarebbe stata nel caso in esame alcuna inerzia del difensore di ufficio, come infatti risulta dalla missiva in atti, né rileverebbe, ad avviso della ricorrente, il mancato esperimento del riesame, non potendosi escludere che lo stesso costituisse frutto di strategia difensiva.
 
2.3. Deduce, con Il terzo motivo, il vizio di cui all’art. 606, fett. e), cod. proc. pen., in relazione alla nullità della notifica dell’appello del P.G. a mani del portiere dello stabile dell’edificio di via Principe di Pantelleria 12/b, ove la ricorrente non risiedeva più al momento della notifica dell’impugnazione.
 
In sintesi, la censura investe l’Impugnata sentenza in quanto, sostiene la ricorrente, la stessa sarebbe rimasta ignara dell’appello del Procuratore Generale senza poter svolgere alcuna difesa al riguardo né chiedere, in caso di accoglimento dell’appello del P.G., la sostituzione ex art. 53, legge n. 689 del 1981; la qualifica di “appellata” non risulterebbe nemmeno dal decreto di citazione per il giudizio di appello, ove la Mancuso era stata indicata solo quale “appellante”.
 
2.4. Deduce, con U quarto motivo, il vizio di cui all’art. 606, lett. e), cod. proc. pen., sotto il profilo dell’omessa motivazione nella parte in cui la sentenza ha accolto l’appello del P.G. con riferimento alla subordinazione del beneficio di cui all’art. 163 cod. pen. all’ordine di demolizione.
 
In sintesi, la censura investe l’impugnata sentenza in quanto, sostiene la ricorrente, la Corte d’appello ha affermato che detta subordinazione trova giustificazione nella finalità di garantire l’eliminazione delle conseguenze pregiudizievoli delle condotte criminose; diversamente, trattandosi di una facoltà, il suo esercizio dev’essere condotto alla luce del giudizio prognostico ex art. 164 cod. pen., e non è sufficiente affermare che l’ordine di demolizione ha la funzione di eliminare le conseguenze dannose del reato, richiama, a tal fine, una decisione di questa Corte (n. 43576/2014) che confermerebbe l’assunto difensivo.
 
2.5. Deduce, con il quinto motivo, il vizio di cui all’art. 606, lett. e), cod. proc. pen., sotto il profilo dell’omessa motivazione quanto al capo della sentenza in cui è stata confermata la responsabilità penale della ricorrente. 
 
In sintesi, la censura investe l’impugnata sentenza in quanto, sostiene la ricorrente, la difesa aveva censurato l’affermazione del tribunale per cui i manufatti in questione non costituivano pertinenza del corpo principale; il tribunale aveva valorizzato elementi non significativi, quali la presenza di porte o finestre a corredo dei manufatti abusivi; diversamente, nell’atto di appello si erano indicate alcune significative caratteristiche tecniche dei corpi di fabbrica che avvaloravano la natura pertinenziale (ridotta altezza utile dei manufatti; prevalente interramento dei due corpi dì fabbrica; tipologia delle strutture portanti; modeste dimensioni del predetti corpi di fabbrica rispetto alla costruzione principale); la Corte d’appello avrebbe omesso di motivare sul punto, limitandosi solo ad affermare che la presenza di porte e finestre rendeva i due corpi di fabbrica incompatibili con la funzione di vani tecnici; tuttavia è principio pacifico che è viziata la sentenza che motivi per relationem limitandosi a richiamare la prima pronuncia.
 
2.6. Deduce, con il sesto motivo, il vizio di cui all’art. 606, lett. e), cod. proc. pen., sotto il profilo dell’omessa motivazione in ordine al mancato esercizio del potere discrezionale nella sostituzione della pena detentiva ex art. 53, legge n. 689 del 1981.
 
In sintesi, la censura investe l’impugnata sentenza in quanto, sostiene la ricorrente che, pur consapevole dell’esistenza di una giurisprudenza di legittimità in senso contrario, la Corte d’appello avrebbe dovuto ex officio esercitare detto potere discrezionale, essendole stato devoluto il tema del trattamento sanzionatorio.
 
3. Con atto depositato presso la Cancelleria di questa Corte in data 16/02/2016, la ricorrente ha proposto un motivo aggiunto, con cui deduce il vizio di cui all’art.606, lett. e) cod. proc. pen. sotto il profilo dell’omessa motivazione in ordine alla applicabilità della causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto ex art.131 bis, cod. pen.; sostiene la ricorrente che, nel caso di specie, ricorrevano le condizioni di applicabilità della predetta causa di non punibilità, attesa la particolare tenuità dell’offesa in relazione alla modesta consistenza dei manufatti; non ricorrerebbe8abitualità nonostante la contestazione di plurimi reati, essendo agevole cogliere la sostanziale unità della condotta contestata.
 
Con il medesimo atto, peraltro, si rinnova la censura di cui al primo ed al terzo motivo di ricorso, secondo cui le notifiche a mani del portiere della precedente residenza non potrebbe ritenersi valide; infine, sempre con il medesimo atto, nell’insistere nell’accoglimento del sesto motivo, si richiama una recente decisione di questa Corte (la n. 26710/2015) che la ricorrente sostiene confermi l’assunto difensivo.
 
CONSIDERATO IN DIRITTO
 
4. Il ricorso è parzialmente fondato, in relazione al quarto motivo.
 
S. Seguendo la struttura suggerita dall’impugnazione proposta in sede di legittimità, devono essere per primi esaminati i motivi con cui si deducono violazioni della legge processuale, trattandosi di censure in relazione alle quali questa Corte è giudice del fatto, dovendo seguirsi l’autorevole principio fissato dalle Sezioni Unite di questa Corte secondo cui in tema di impugnazioni, allorché sia dedotto, mediante ricorso per cassazione, un “error in procedendo” ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc, pen., la Corte di cassazione è giudice anche del fatto e, per risolvere la relativa questione, può accedere all’esame diretto degli atti processuali, che resta, invece, precluso dal riferimento al testo del provvedimento impugnato contenuto nella lett. e), del citato articolo, quando risulti denunziata la mancanza o la manifesta illogicità della motivazione (Sez. U. n. 42792 del 31/10/2001 – dep. 28/11/2001, Policastro e altri, Rv. 220092).
 
6. Ciò premesso, il primo motivo è manifestamente infondato.
 
Non risulta anzitutto che la Corte d’appello sia stata investita dell’eccezione di nullità della notifica del decreto di citazione per il giudizio di appello. Tuttavia, l’eccezione è priva di pregio, essendo a tal fine sufficiente rilevare che, essendo stata eseguita la notifica presso il domicilio dello stabile – senza che fosse stato rilevato alcunchè da parte del portiere all’atto della consegna, circa il mutamento di residenza della ricorrente – la notifica era da considerarsi come perfezionatasi, non essendo infatti necessaria la consegna al difensore, richiesta dall’art. 161, comma quarto, cod. proc. pen. solo nel caso in cui la dichiarazione o l’elezione di domicilio manchino o sono insufficienti od inidonee; diversamente, proprio l’intervenuta consegna del plico notificato al domicilio originariamente indicato, senza che fosse stato rilevato alcunchè, rendeva lo stesso “idoneo” agli effetti dell’art. 161 cod. proc. pen., con conseguente ritualità della notifica. Del resto, si osserva, è lo stesso disposto dell’art. 162, comma quarto, cod. proc. pen. a stabilire che fino a quando l’autorità giudiziaria che procede non ha ricevuto il verbale o la comunicazione di mutamento del domicilio (nella specie il) mutamento del domicilio originariamente dichiarato di Via Principe di Pantelleria 2/b non risulta essere stato comunicato all’autorità giudiziaria) sono valide le notificazioni disposte nel domicilio precedentemente dichiarato od eletto.
 
7. Parimenti infondato è il secondo motivo.
 
La Corte d’appello, sul punto, afferma che la semplice missiva all’indagato per prendere contatto al fine di concordare una strategia processuale non costituisce concreto esercizio dell’attività difensiva in favore della ricorrente, richiamando giurisprudenza di questa Corte a sostegno.
 
La censura difensiva, a fronte di tale argomentazione, non ha pregio.
 
Ed invero, vero è che in tema di difesa d’ufficio, é illegittima perchè lesiva del diritto di difesa la sostituzione, senza giustificato motivo, del difensore nominato che abbia effettivamente esercitato il suo ufficio e svolto in concreto attività a favore dell’imputato. Tuttavia, non vi è, invece, motivo di mantenere ferma la nomina del difensore designato, quando questi non si sia in concreto attivato, svolgendo una qualche incombenza difensiva (v., tra le tante: Sez. 1, n. 19037 del 17/03/2005 – dep. 19/05/2005, Koseni, Rv. 231581). Sul punto, ritiene il Collegio di dover dare continuità al principio affermato da questa corte secondo cui la sostituzione del difensore di ufficio con persona diversa da quello originariamente nominato è legittima ove il primo legale non abbia svolto alcuna attività defensionale, almeno di rilevanza esterna (Sez. 3, n. 25812 del 07/06/2005 – dep. 14/07/2005, Vitale, Rv. 231816), in motivazione). Ne discende, dunque, che il semplice invio di una missiva con cui il difensore d’ufficio originariamente nominato prende contatto con l’indagato per predisporre una strategia processuale difensiva, non seguito dallo svolgimento di una concreta attività difensiva avente rilevanza “esterna” – come puntualizzato dalla richiamata sentenza Koseni – non rende illegittima la successiva sostituzione del predetto difensore.
 
8. Non miglior sorte merita il terzo motivo, anch’esso di natura processuale.
 
Ed invero, è stato già affermato da questa Corte che l’appello Incidentale del pubblico ministero non è inammissibile nel caso di omessa notificazione all’imputato appellante, la quale non determina la nullità della sentenza di appello, in quanto non incide in alcun modo sulle prerogative difensive dell’imputato medesimo che ha piena conoscenza del contenuto dell’atto della parte pubblica attraverso il contraddittorio instauratosi nel giudizio di secondo grado (Sez. 4, n. 3481 del 12/12/2007 – dep. 23/01/2008, P.C. e Sturba e altri, Rv. 239028). 
 
Ne discende, pertanto, che la presunta nullità della notifica dell’appello incidentale del P.G. nei termini di cui alla doglianza difensiva sostenuta in ricorso, non merita accoglimento.
 
9. Fondato è invece il quarto motivo.
 
Ed invero, la Corte d’appello sul punto relativo alla subordinazione del beneficio della sospensione condizionale della pena alla demolizione delle opere abusive, motiva osservando: a) che l’eliminazione dei nuovi manufatti s’impone in ragione delle loro assoluta illiceità urbanistica e quale conseguenza automatica del giudizio di penale responsabilità della ricorrente; b) che la subordinazione trova giustificazione ex art. 165 cod. pen. nella finalità di garantire l’eliminazione delle conseguenze pregiudizievoli delle condotte criminose, richiamando giurisprudenza di questa Corte sul punto.
 
Ritiene il Collegio fondate le censure difensive svolte nel quarto motivo, dovendosi infatti dare continuità ad un principio, già affermato da questa Corte, secondo cui in caso di condanna per reati edilizi, è correttamente esercitato il potere discrezionale di subordinare il beneficio della sospensione condizionale della pena alla demolizione dei manufatti abusivamente realizzati quando, in considerazione delle circostanze di fatto, la prognosi di astensione del reo dal commettere nuovi reati può essere positivamente pronunciata solo in presenza di una manifestazione di effettivo ravvedimento, che si traduce nell’adempimento di un obbligo di “facere” direttamente funzionate al ripristino del bene offeso (Sez. 3, n. 3139 del 03/12/2013 – dep. 23/01/2014, Domingo e altro, Rv. 258587; Sez. 3, sentenza n. 43576 del 2014, rie. Principalli ed altro, non massimata).
 
10. A norma dell’art. 165 c.p., comma 1, la sospensione condizionale della pena può essere subordinata all’eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato.
 
È principio consolidato di questa Suprema Corte che “il giudice, nel concedere la sospensione condizionale della pena intinta per il reato di esecuzione di lavori in assenza di concessione edilizia o In difformità, legittimamente può subordinare detto beneficio all’eliminazione delle conseguenze dannose del reato mediante demolizione dell’opera eseguita, disposta in sede di condanna del responsabile” (Sez. U, n. 714 del 20/11/1996, Luongo, Rv. 206659).
 
Occorre, però, che dell’esercizio facoltativo di tale facoltà il giudice dia conto, ove esercitata nel confronti di persone che, come nel caso di specie, non hanno mai fruito del beneficio della sospensione condizionale. 
 
La sentenza di primo grado non aveva subordinato il beneficio della sospensione condizionale alla demolizione del manufatto. La Corte territoriale, investita di specifico gravame sul punto da parte del P.G., ha invece accolto l’Impugnazione subordinando al beneficio alla demolizione, motivandone le ragioni nei termini di cui al precedente § 9.
 
La Corte d’appello, nella sostanza, si è limitata a prendere atto della astratta possibilità di subordinare la sospensione condizionale della pena, ma ha omesso del tutto di considerare che l’esercizio discrezionale di tale facoltà deve essere effettuato (e necessariamente motivato) alla luce del giudizio prognostico dì cui all’art. 164, cod. pen. e coniugarsi con la funzione special – preventiva dell’istituto.
 
Non è dunque sufficiente affermare che l’ordine di demolizione ha la funzione di eliminare le conseguenze dannose del reato, ma è necessario spiegare perché, sul piano prognostico di cui all’art. 164 c.p., comma 1, si ritenga necessario porre l’esecuzione di tale ordine come condizione per la fruizione del beneficio della sospensione condizionale della pena.
 
Altrimenti ragionando si finirebbe per elidere ogni differenza tra l’ipotesi, facoltativa, di cui all’art. 165 c.p., comma 1, e quella, obbligatoria, di cui all’art.165 c.p., comma 2.
 
La sentenza, va dunque annullata in parte qua.
 
11. Infondato è invece il terzo motivo.
 
Ed invero, la Corte d’appello motiva a pag. 3 richiamando quanto sostenuto dal primo giudice; in particolare, a pagg. 5/6 della sentenza di primo grado, il giudice aveva chiarito le ragioni per le quali le opere edilizie realizzate dovevano considerarsi come soggette a permesso di costruire, precisando come le due costruzioni non erano oggettivamente finalizzate a svolgere una funzione contingente, trattandosi di due corpi autonomi dotati di porte e finestre distinte dall’abitazione principale; da qui, per Il primo giudice, la non invocabllità dell’art. 5 della L.R. Sicilia n. 37 del 1985 come modificato dalla L. R. Sicilia n. 26 del 1986, in quanto i manufatti realizzati, per la loro autonomia funzionale, avrebbero richiesto la concessione edilizia.
 
A fronte di tale motivazione della sentenza di primo grado (che, attesa la natura di “doppia conforme” sul punto, s’integra reciprocamente con quella di appello, concordando le stesse nell’analisi e nella valutazione degli elementi di prova posti a fondamento della decisione: Sez. 3, n. 44418 del 16/07/2013 – dep. 04/11/2013, Argentieri, Rv. 257595), la censura difensiva non coglie nel segno. 
 
Ed infatti, la Corte d’appello, seppure motivando per relationem, condivide sul punto l’apparato argomentativo del primo giudice; no rileva l’omissione motivazionale denunciata, atteso che gli elementi Indicati dalla ricorrente, i quali non sarebbero stati valutati, erano da considerarsi implicitamente rigettati dalla Corte d’appello; ed invero, assumeva nell’ottica dei giudici di appello valore assorbente la circostanza che si trattasse di due corpi autonomi, provvisti di porte e finestre, distinti dall’abitazione principale e che, per la loro autonomia funzionale, avrebbero richiesto il permesso di costruire.
 
Trova, dunque, applicazione il consolidato orientamento di questa Corte secondo cui in sede di legittimità non è censurabile la sentenza, per il suo silenzio su una specifica deduzione prospettata col gravame, quando questa risulta disattesa dalla motivazione complessivamente considerata, essendo sufficiente, per escludere la ricorrenza del vizio previsto dall’art. 606, comma primo, lett. e), cod. proc. pen., che la sentenza evidenzi una ricostruzione dei fatti che conduca alla reiezione della prospettazione difensiva implicitamente e senza lasciare spazio ad una valida alternativa (Sez. 2, n. 1405 del 10/12/2013 – dep. 15/01/2014, Cento e altri, Rv. 259643).
 
12. Parimenti infondato è il sesto motivo di ricorso, con cui si censura l’omessa motivazione in ordine al mancato esercizio da parte della Corte territoriale del potere discrezionale ex art. 53, legge n, 689 del 1981.
 
Sul punto va infatti data continuità al principio, già più volte affermato da questa Corte, secondo cui il giudice di appello non ha il potere di applicare d’ufficio le pene sostitutive di quelle detentive brevi in assenza di specifici motivi di impugnazione in ordine alla mancata applicazione della sanzione sostitutiva, né a tal fine è sufficiente la generica doglianza in merito alla eccessiva severità della pena inflitta (v., tra re tante: Sez. 3, n. 43595 del 09/09/2015 – dep. 29/10/2015, Russo, Rv. 265207). Né, del resto, può ritenersi convincente quanto dedotto dalla ricorrente nella memoria depositata in limine litis, indicando una decisione di questa Corte (Sez. 3, n. 26710 del 05/03/2015 – dep. 25/06/2015, Natalicchio, Rv. 264022) – che tuttavia, affermando il principio della applicabilità d’ufficio ha tuttavia chiarito che della mancata applicazione va data idonea motivazione “qualora di essa vi sia stata esplicita richiesta da parte dell’imputato”, situazione che però non ricorre nel caso in esame -, poiché, ritiene in ogni caso il Collegio, il limite della impossibilità di delibare officiosamente l’applicabilità dell’art. 53, legge n. 689 del 1981, si giustifica in ragione della eccezionalità delle deroghe al principio devolutivo e della natura della sanzione sostitutiva costituente pena autonoma e non, invece, semplice modalità esecutiva della pena sostituita.
 
13. Resta, infine, da esaminare – essendo evidentemente già state trattate in sede di rigetto del primo e del terzo motivo del ricorso originario, le censure riproposte dalla ricorrente in sede di memoria 16/02/2016 sulla nullità della notifica al precedente Indirizzo di via Principale di Pantelleria n. 12/b – la questione dell’applicabilità della causa di non punibilità di cui all’art. 131 bis cod. pen.
 
Sul punto, questo Collegio ritiene di dover dare continuità al principio di diritto già recentemente affermato da questa Sezione secondo cui ai fini della applicabilità dell’art. 131-bis cod. pen. nelle ipotesi di violazioni urbanistiche e paesaggistiche, la consistenza dell’intervento abusivo – data da tipologia, dimensioni e caratteristiche costruttive – costituisce solo uno dei parametri di valutazione, assumendo rilievo anche altri elementi quali, ad esempio, la destinazione dell’immobile, l’incidenza sul carico urbanistico, l’eventuale contrasto con gli strumenti urbanistici e l’impossibilità di sanatoria, il mancato rispetto di vincoli e la conseguente violazione di più disposizioni, l’eventuale collegamento dell’opera abusiva con interventi preesistenti, la totale assenza di titolo abilitativo o il grado di difformità dallo stesso, il rispetto o meno di provvedimenti autoritativi emessi dall’amministrazione competente, le modalità di esecuzione dell’intervento (Sez. 3, n. 47039 del 08/10/2015 – dep. 27/11/2015, P.M. in proc. Derossi, Rv. 265450).
 
Nella specie, essendo state violate più disposizioni di legge (urbanistiche, antisismiche e in materia di conglomerato c.a.), non può certo parlarsi di particolare tenuità, avuto riguardo all’offensività complessiva della condotta derivante dalla violazione di più disposizioni della legge penale, pur a fronte dell’unicità naturalistica del fatto.
 
7. L’Impugnata sentenza dev’essere, conclusivamente, annullata con rinvio ad altra Sezione della Corte d’appello di Palermo, in accoglimento del quarto motivo di ricorso, al fine di rimediare al relativo deficit motivazionale, rigettandosi il ricorso quanto ai restanti motivi, ciò che determina l’irrevocabllità delle statuizioni in punto di responsabilità e di trattamento sanzionatorio, dovendo peraltro rilevarsi che il termine di prescrizione maturerà solo in data 9/04/2016, dovendosi aggiungere al termine finale dell’U/12/2015, mesi 3 e gg. 29 di sospensione del termine di prescrizione in grado di appello.

P.Q.M. 
 
La Corte annulla la sentenza impugnata, limitatamente alla condizione apposta alla sospensione condizionale della pena, con rinvio ad altra Sezione della Corte d’appello di Palermo; rigetta nel resto il ricorso.
 
Così deciso in Roma, nella sede della S.C. di Cassazione, il 10 marzo 2016
 
 
 
 
 

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