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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Rifiuti Numero: 994 | Data di udienza: 2 Marzo 2016

* RIFIUTI – Abbandono – Ordinanza ex art. 192 d.lgs. n. 152/2006 – Proprietario – Rilievo della negligenza – Evoluzione giurisprudenziale.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 1^
Regione: Piemonte
Città: Torino
Data di pubblicazione: 15 Luglio 2016
Numero: 994
Data di udienza: 2 Marzo 2016
Presidente: Giordano
Estensore: Bini


Premassima

* RIFIUTI – Abbandono – Ordinanza ex art. 192 d.lgs. n. 152/2006 – Proprietario – Rilievo della negligenza – Evoluzione giurisprudenziale.



Massima

 

TAR PIEMONTE, Sez. 1^ – 15 luglio 2016, n. 994


RIFIUTI – Abbandono – Ordinanza ex art. 192 d.lgs. n. 152/2006 – Proprietario – Rilievo della negligenza – Evoluzione giurisprudenziale.

 L’art.192 del testo unico n. 152 del 2006 attribuisce rilievo anche alla negligenza del proprietario, che – a parte i casi di connivenza o di complicità negli illeciti  – si disinteressi del proprio bene per qualsiasi ragione e resti inerte, senza affrontare concretamente la situazione, ovvero la affronti con misure palesamenti inadeguate. Questa conclusione è sostenuta dalla più recente giurisprudenza in materia, che, anche al fine di contrastare più efficacemente gli illeciti fenomeni di abbandono di rifiuti, ha notevolmente ampliato il contenuto del dovere di diligenza da esigersi nei confronti del proprietario dell’area interessata e correlativamente ha aumentato le ipotesi di negligenza tali da integrare la culpa in omittendo del proprietario; sul punto il Consiglio di Stato ha rilevato che, nel suo significato lessicale, la negligenza (vale a dire la mancata diligenza) consiste nella trascuratezza, nell’incuria nella gestione di un proprio bene, e cioè nell’assenza della cura, della vigilanza, della custodia e della buona amministrazione del bene (Cfr. Cons. Stato, Sez. V, 10 giugno 2014, n. 2977; T.A.R. CAMPANIA, Napoli,, sez. V, 23/03/2015, n. 1692). In tale situazione la circostanza addotta dalla ricorrente per la quale il deposito dei rifiuti non sarebbe stato perpetrato dalla proprietà, ma da soggetti terzi, è del tutto irrilevante; tale circostanza non sottrae la società ricorrente al proprio obbligo di provvedere alla rimozione strumentale al risanamento dell’area e, con essa, ad inibire pericoli per l’igiene e la salute pubblica, in quanto si tratta di attività che non può non gravare sul titolare del diritto di proprietà della medesima.


Pres. Giordano, Est. Bini – I. s.r.l. in liquidazione (avv. Bruni) c. Comune di Casale Monferrato (avv.ti Imarisio e Dagna)

 


Allegato


Titolo Completo

TAR PIEMONTE, Sez. 1^ – 15 luglio 2016, n. 994

SENTENZA

 

TAR PIEMONTE, Sez. 1^ – 15 luglio 2016, n. 994


N. 00994/2016 REG.PROV.COLL.
N. 00781/2015 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 781 del 2015, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
Ice Tech S.r.l. in Liquidazione, in persona del Liquidatore legale rappresentante, Manuela Denaldi, rappresentata e difesa dall’avv. Bruna Bruni, presso il cui studio ha eletto domicilio, in Torino, corso Re Umberto, 65;


contro

Comune di Casale Monferrato, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dagli avv. Elisa Imarisio, Enrico Dagna, con domicilio eletto presso la Segreteria del T.A.R. Piemonte, in Torino, corso Stati Uniti, 45;
Agenzia Regionale Protezione Ambiente (Arpa) – Piemonte, non costituita in giudizio;

per l’annullamento

con il ricorso principale:

– dell’ordinanza n. 202/2015 del Sindaco del Comune di Casale Monferrato avente ad oggetto “Prescrizioni alla ditta Lajmeri Engejelli e Ice Tech s.r.l. di Casale Monferrato in merito a rimozione e smaltimento rifiuti”, datata 27/04/2015 e notificata il giorno 30/05/2015 a parte ricorrente;

– di ogni altro atto presupposto, conseguente e comunque connesso, e in particolare la relazione tecnica n.SC07-2015/0503-04 dell’ 8 aprile 2015 redatta dall’Arpa Piemonte avente ad oggetto “Segnalazione Comune di Casale M.to per abbandono rifiuti in Str.Alla Diga 2, Casale M.to”;

con motivi aggiunti del 27.11.2015:

– dell’ordinanza n. 486/2015 del Sindaco del Comune di Casale Monferrato avente ad oggetto “Ulteriori interventi immediati a tutela della salute pubblica in Strada alla Diga 4 – Casale Monferrato – datata 1.8.2015 e notificata il giorno 3 agosto 2015;

– di ogni altro atto presupposto, conseguente e comunque connesso.

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Casale Monferrato;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 2 marzo 2016 la dott.ssa Silvana Bini e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

La società ricorrente è proprietaria di una porzione immobiliare nel territorio del Comune di Casale Monferrato, che fa parte dell’ex stabilimento Eternit.

La società, i cui soci sono stati i Sigg. Roberto Vivino e la sig. Manuela Denaldi, ha svolto attività di vendita e riparazione di elettrodomestici ed è stata posta in liquidazione il 3 agosto 2009.

Una delle porzioni del fabbricato è di proprietà dell’impresa edile Lajmeri Engjelli e altra porzione è della società Comaver che esercita attività di vendita e riparazione di elettrodomestici , frigoriferi e banchi frigo per negozi e bar.

Nel 2014 la porzione di proprietà della società ricorrente è stata affittata alla ditta Everest, che svolge attività di vendita e riparazione di elettrodomestici.

Nel corso del 2015 nella corte interna del fabbricato, di proprietà della società ricorrente, ma utilizzato anche dalla ditta Lajmeri Engejelli, l’Arpa rilevava la presenza di rifiuti abbandonati, consistente in materiale fibroso contenente amianto, in condotti e parti impiantistiche, “presumibilmente riconducibili allo stabilimento Eternit”. In altra zona dell’area venivano rinvenute “carcasse di elettrodomestici fuori uso, in massima parte apparecchiature frigorifere apparentemente bonificate, alcuni monitor pc, riconducibili in massima parte al gruppo 1602 (RAEE rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche) all. D parte IV d. lgs. 152/06, notevoli quantità di materiale isolante, materiale ferroso, laterizi”.

Con ordinanza n. 202 del 27 aprile 2015 l’Amministrazione ordinava al titolare della ditta Lajmeri Engejelli e alla società Ice Tech s.r.l. di provvedere allo smaltimento dei rifiuti depositati sull’area e al ripristino dello stato dei luoghi.

Avverso il provvedimento il liquidatore della società Ice Tech ha articolato le seguenti censure:

1) violazione degli artt. 7 e 8 L. 241/90 e dell’art 192 del d. lgs. 152/2006; eccesso di potere per violazione del principio del contraddittorio, in quanto non è mai stata inviata alcuna comunicazione di avvio del procedimento, violando in tal modo le garanzie partecipative previste anche dall’art 192 del d. lgs. 152/2006;

2) violazione dell’art 192 del d. lgs. 152/2006; eccesso di potere per carenza di motivazione, difetto assoluto di istruttoria, erroneità dei presupposti e manifesta illogicità: il provvedimento è stato adottato senza alcuna indagine circa la responsabilità o corresponsabilità della proprietaria del suolo; la società Ice Tech è inattiva dal 2009 e la tipologia di rifiuti non è riconducibile alla attività svolta. Nel provvedimento si richiama l’art 269 del d. lgs. 152/2006, in materia di autorizzazione alle emissioni in atmosfera, richiamo errato, sintomo della carenza di istruttoria che ha caratterizzato tutto il procedimento.

Si è costituita in giudizio l’Amministrazione comunale intimata, chiedendo il rigetto del ricorso, producendo il provvedimento del 1.6.2015 n. 288, con cui l’Amministrazione ha concesso una proroga per l’esecuzione dell’ordinanza, in accoglimento alla richiesta della società ricorrente.

Con ordinanza n. 238 del 30 luglio 2015 la domanda cautelare veniva accolta, rilevando l’assenza delle ragioni di pericolo e di urgenza.

Medio tempore l’Amministrazione notificava l’ordinanza n. 433 del 9.7.2015, con cui disponeva l’interdizione e il divieto di accesso e di utilizzo dell’area de qua, al fine di ridurre il rischio di esposizione all’amianto.

Seguiva quindi l’ordinanza n. 486/2015, del 1.8.2015, con cui veniva ordinato alla società immobiliare Stefano e alla Ice Tech in qualità di proprietaria del mapp. 36, 37, 38 e 39 fg. 37 di provvedere a interdire l’area adottando “presidi che creino l’effetto barriera”, a mettere in sicurezza i luoghi al fine di contenere il rilascio di fibre e a bonificare i luoghi entro 60 giorni, previa specifica caratterizzazione delle aree.

Con motivi aggiunti depositati in data 27 novembre 2015 la società ha impugnato l’ordinanza n.486/2015, per i seguenti motivi:

1) violazione degli artt. 7 e 8 L. 241/90 e dell’art 192 del d. lgs. 152/2006; eccesso di potere per violazione del principio del contraddittorio e per carenza di motivazione, in quanto anche questa ordinanza non è stata preceduta dalla comunicazione di avvio del procedimento, pur non sussistendo ragioni di urgenza; viene inoltre rilevato come fossero assenti situazioni di emergenza, in quanto già con le due precedenti ordinanze era stata garantita la sicurezza della collettività;

2) eccesso di potere per carenza di istruttoria, erroneità dei presupposti e manifesta illogicità: la società ricorrente viene erroneamente indicata come proprietaria dei mapp. ex 30 ora 36 -37-38-39, creando così incertezza circa le aree interessate dalla bonifica; inoltre l’ordinanza contiene prescrizioni generiche e un termine non congruo per la messa in sicurezza dei luoghi;

3) violazione dell’art 192 del d. lgs. 152/2006; eccesso di potere per carenza di motivazione, difetto assoluto di istruttoria, erroneità dei presupposti e manifesta illogicità: il provvedimento è stato adottato in assenza di una indagine circa la responsabilità o corresponsabilità della proprietaria del suolo; la società Ice Tech ha cessato l’attività dal 2009 e il materiale rinvenuto non è riconducibile all’attività svolta.

La ricorrente ha altresì chiesto il risarcimento dei danni, derivanti dalle opere di messa in sicurezza che ha effettuato, per senso civico a tutela della salute pubblica.

La difesa del Comune ha depositato in giudizio la determina n. 1229 del 3.11.2015 a firma del responsabile del settore tutela ambientale, in cui si da atto che l’intervento di bonifica dell’area de qua è stato compreso nel programma bonifica dell’amianto e pertanto sono utilizzati i fondi destinati al più ampio progetto di caratterizzazione e di bonifica di interesse nazionale e usufruisce delle disposizioni e dei fondi ex art 33 bis L. 164/2014.

All’udienza del 2 marzo 2016 parte ricorrente ha rinunciato alla domanda di risarcimento dei danni, insistendo in ogni caso per l’accoglimento del ricorso.

Alla medesima udienza il ricorso è stato trattenuto in decisione.


DIRITTO

1) Il presente ricorso verte sul procedimento di bonifica dell’area ex Eternit, sita nel Comune di Casale Monferrato, di proprietà della società Ice Tech s.r.l..

Le due ordinanza impugnate sono state emesse dal Comune di Casale Monferrato a fronte del rinvenimento di rifiuti consistenti in materiale fibroso contenente amianto, in condotti e parti impiantistiche, nonché carcasse di elettrodomestici fuori uso, materiale isolante, materiale ferroso, laterizi.

Il Comune ha quindi ritenuto che detto materiale potesse essere riconducibile all’attività della società Lajmeri (che svolge attività edilizia) e della società Ice Tech, che non solo ha svolto fino al 2009 attività di commercio e riparazione di elettrodomestici, ma è proprietaria dell’area.

Si deve osservare che il primo provvedimento dispone lo smaltimento dei rifiuti, ai sensi dell’art 192 d. lgs. 152/2006, mentre il secondo la bonifica del suolo (che implica la rimozione dei rifiuti) nonché la messa in sicurezza.

Tra i due provvedimenti si sono inserite l’ordinanza n. 288/2015 di proroga dei termini, nonché l’ordinanza n.433 del 9.7.2015, con cui si dispone l’interdizione e il divieto di accesso e di utilizzo dell’area de qua, al fine di ridurre il rischio di esposizione all’amianto.

1.2 Con la prima ordinanza, impugnata con il ricorso principale, il Sindaco ha ordinato lo smaltimento dei rifiuti e il ripristino dello stato dei luoghi.

Re melius perpensa rispetto alla fase cautelare, l’ordinanza risulta legittimamente adottata ai sensi dell’art 192 comma 3 d. lgs 152/2006, che così dispone “ Fatta salva l’applicazione della sanzioni di cui agli articoli 255 e 256, chiunque viola i divieti di cui ai commi 1 e 2 è tenuto a procedere alla rimozione, all’avvio a recupero o allo smaltimento dei rifiuti ed al ripristino dello stato dei luoghi in solido con il proprietario e con i titolari di diritti reali o personali di godimento sull’area, ai quali tale violazione sia imputabile a titolo di dolo o colpa, in base agli accertamenti effettuati, in contraddittorio con i soggetti interessati, dai soggetti preposti al controllo. Il Sindaco dispone con ordinanza le operazioni a tal fine necessarie ed il termine entro cui provvedere, decorso il quale procede all’esecuzione in danno dei soggetti obbligati ed al recupero delle somme anticipate”.

Il primo motivo verte sulla violazione delle garanzie partecipative: lamenta la ricorrente il mancato invio della comunicazione di avvio del procedimento, nonché il mancato svolgimento degli accertamenti in contraddittorio.

E’ noto al Collegio l’orientamento secondo cui ai procedimenti preordinati all’emanazione dell’ordinanza di rimozione e smaltimento dei rifiuti ai sensi dell’art. 192, d.lg. n. 152 del 2006 si deve applicare la disciplina sulla comunicazione di avvio del procedimento ex art. 7, l. n. 241 del 1990, in quanto adempimento obbligatorio, rispetto al quale risulta recessivo, nella specifica materia, l’art. 21 octies, con conseguente illegittimità dell’ordinanza non preceduta dalla comunicazione stessa.

Tuttavia nel caso di specie si ritiene che, in base all’evoluzione dei fatti, non sia stata violata alcuna garanzia partecipativa: l’emissione dell’ordinanza de qua è stata preceduta da due sopralluoghi dell’Arpa, uno risalente al 2012 e l’altro quello del 19.3.2015; l’efficacia della prima ordinanza è stata sospesa ed è poi intervenuto il secondo provvedimento, che ha in sostanza reiterato l’ordine di rimozione, imponendo anche la messa in sicurezza.

Dopo la prima ordinanza la società ben poteva rappresentare le proprie osservazioni e chiedere lo svolgimento di accertamenti in contraddittorio, mentre si è limitata a presentare una istanza di proroga, per la difficoltà di accedere all’area.

Proprio considerando la connessione tra le due ordinanze, si deve ritenere che la prima abbia svolto la funzione di atto di comunicazione del procedimento che si è concluso poi con l’ordinanza n. 486/2015.

1.3 Nel secondo motivo si lamenta invece la violazione dell’art 192 d. lgs. 152/2006, nonché il difetto di motivazione, di istruttoria, l’erroneità dei presupposti e la manifesta illogicità, in quanto l’Amministrazione non ha effettuato alcuna indagine circa la responsabilità del proprietario del fondo rispetto all’inquinamento: dal provvedimento e dalla relazione dell’Arpa non emergerebbe alcun elemento da cui ricavare una corresponsabilità della società ricorrente.

La società al contrario sarebbe estranea all’abbandono dei rifiuti poiché è stata posta in liquidazione dal 2009; per un lungo periodo non è stata operativa e la tipologia di rifiuti (lastre di fibrocemento e materiale isolante, ferroso e laterizi) non è riconducibile all’attività della ricorrente.

L’Amministrazione non avrebbe quindi dimostrato in alcun modo la sussistenza dell’elemento soggettivo, limitandosi ad affermare la responsabilità sulla scorta della sola titolarità del diritto reale.

Né, sempre secondo la tesi della ricorrente, può affermarsi una culpa in vigilando, poiché gli illeciti esulano dalla sfera di controllo della società.

Anche questo motivo non può trovare accoglimento.

Contrariamente a quanto affermato dalla ricorrente, tra i rifiuti rinvenuti vi sono anche elettrodomestici, quindi oggetti che la società ricorrente commercializzava, pertanto può configurarsi anche una responsabilità diretta della ricorrente.

In ogni caso, rispetto soprattutto al materiale di natura diversa, si deve ricordare che l’art.192 del testo unico n. 152 del 2006 attribuisce rilievo anche alla negligenza del proprietario, che – a parte i casi di connivenza o di complicità negli illeciti (qui non prospettabili) – si disinteressi del proprio bene per qualsiasi ragione e resti inerte, senza affrontare concretamente la situazione, ovvero la affronti con misure palesamenti inadeguate

Questa conclusione è sostenuta dalla più recente giurisprudenza in materia, che, anche al fine di contrastare più efficacemente gli illeciti fenomeni di abbandono di rifiuti, ha notevolmente ampliato il contenuto del dovere di diligenza da esigersi nei confronti del proprietario dell’area interessata e correlativamente ha aumentato le ipotesi di negligenza tali da integrare la culpa in omittendo del proprietario; sul punto il Consiglio di Stato ha rilevato che, nel suo significato lessicale, la negligenza (vale a dire la mancata diligenza) consisteva e consiste nella trascuratezza, nell’incuria nella gestione di un proprio bene, e cioè nell’assenza della cura, della vigilanza, della custodia e della buona amministrazione del bene (Cfr. Cons. Stato, Sez. V, 10 giugno 2014, n. 2977).

E’ stato altresì rilevato come questa conclusione sia “pienamente in linea con la concezione della proprietà-funzione recepita dalla nostra Costituzione, per la quale la proprietà pone anche degli obblighi di rendersi attivo al suo titolare” (T.A.R. Napoli, (Campania), sez. V, 23/03/2015, n. 1692).

In tale situazione la circostanza addotta dalla ricorrente per la quale il deposito dei rifiuti non sarebbe stato perpetrato dalla proprietà, ma da soggetti terzi, è del tutto irrilevante; tale circostanza non sottrae la società ricorrente al proprio obbligo di provvedere alla rimozione strumentale al risanamento dell’area e, con essa, ad inibire pericoli per l’igiene e la salute pubblica, in quanto si tratta di attività che non può non gravare sul titolare del diritto di proprietà della medesima.

Il ricorso principale va quindi respinto.

II) I motivi aggiunti sono invece proposti avverso l’ordinanza n. 486/2015 con cui viene ordinata l’interdizione dell’area al fine di adottare presidi che determino l’effetto barriera, la messa in sicurezza dei luoghi al fine di contenere il rilascio di fibre e la bonifica dei luoghi entro 60 giorni, previa specifica caratterizzazione delle aree.

2.1 Anche i motivi aggiunti sono infondati.

Il primo motivo ripropone il profilo di violazione delle garanzie partecipative, in quanto anche questa ordinanza non è stata preceduta dalla comunicazione di avvio del procedimento, pur non sussistendo ragioni di urgenza, dal momento che con le due precedenti ordinanze era stata garantita la sicurezza della collettività.

Considerando la stretta connessione e consequenzialità delle due ordinanze, non si ravvisa alcuna violazione delle garanzie partecipative, come sopra esposto.

2.2 Nella seconda censura la ricorrente lamenta la errata indicazione dei mappali di sua proprietà, e la genericità delle prescrizioni, nonché l’incongruità del termine assegnato per la messa in sicurezza.

Anche questi rilievi non sono condivisibili.

Nonostante l’inesattezza dei numeri dei mappali, l’area è facilmente identificata: si tratta infatti del cortile interno della corte e la ricorrente non ha negato la sua qualifica di proprietaria di detta area.

Ugualmente chiare sono le prescrizioni e congruo il termine, anche in considerazione del fatto che fin da aprile la società ricorrente è stata notiziata della presenza dei rifiuti sull’area e, in qualità di proprietaria, dei suoi obblighi di intervento.

2.3. Rispetto alla terza censura, relativa al profilo della responsabilità, è sufficiente rinviare alle considerazioni contenute nel punto 1.3.

4) In conclusione il ricorso e i motivi aggiunti vanno respinti.

Le spese di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte (Sezione Prima) definitivamente pronunciando sul ricorso e sui motivi aggiunti, come in epigrafe proposti, li respinge.

Prende atto della rinuncia alla domanda di risarcimento dei danni.

Condanna la società ricorrente a liquidare a favore del Comune di Casale Monferrato la somma di € 2.000,00 (duemila,00) oltre oneri di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Torino nella camera di consiglio del giorno 2 marzo 2016 con l’intervento dei magistrati:

Domenico Giordano, Presidente
Silvana Bini, Consigliere, Estensore
Giovanni Pescatore, Primo Referendario

L’ESTENSORE

IL PRESIDENTE
   

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 15/07/2016
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
 

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