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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Acqua - Inquinamento idrico Numero: 563 | Data di udienza: 1 Aprile 2016

* ACQUA E INQUINAMENTO IDRICO – Concessione di acque pubbliche – Rinnovo – Termine di due anni prima della scadenza (art. 44 r.d. n. 1285/1920) – Termine ordinatorio – Inosservanza – Conseguenza – Domande di proroga presentate successivamente alla scadenza – Rigetto – Legittimità.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 1^
Regione: Marche
Città: Ancona
Data di pubblicazione: 17 Ottobre 2016
Numero: 563
Data di udienza: 1 Aprile 2016
Presidente: Filippi
Estensore: Ruiu


Premassima

* ACQUA E INQUINAMENTO IDRICO – Concessione di acque pubbliche – Rinnovo – Termine di due anni prima della scadenza (art. 44 r.d. n. 1285/1920) – Termine ordinatorio – Inosservanza – Conseguenza – Domande di proroga presentate successivamente alla scadenza – Rigetto – Legittimità.



Massima

 

TAR MARCHE, Sez. 1^ – 17 ottobre 2016, n. 563


ACQUA E INQUINAMENTO IDRICO – Concessione di acque pubbliche – Rinnovo – Termine di due anni prima della scadenza (art. 44 r.d. n. 1285/1920) – Termine ordinatorio – Inosservanza – Conseguenza – Domande di proroga presentate successivamente alla scadenza – Rigetto – Legittimità.

L’art. 44 r.d. 14.8.1920 n. 1285, nel prescrivere che  il rinnovo della concessione di acque pubbliche deve essere richiesto almeno due anni prima della scadenza, senza sanzionare il mancato rispetto del termine biennale, va interpretato nel senso che quest’ultimo è ordinatorio, per cui la sua inosservanza non determina alcuna decadenza, atteso che l’unico rischio derivante dall’inerzia minaccia soltanto il privato (la cui attività può restare interrotta), non essendo in alcun modo compromesso l’interesse o la potestà decisionale dell’Amministrazione (Cassazione civile, Sez. Un., 13.10.2011, n. 21051). Pur aderendo alla tesi della non vincolatività del termine di due anni, tuttavia, per una chiara esigenza di certezza dell’attività amministrativa, non è possibile presentare  le domande di proroga successivamente alla scadenza della concessione.

Pres. Filippi, Est. Ruiu – S. (avv. Cardenà) c. Provincia di Ascoli Piceno, (avv. Cavaliere) e altro (n.c.)


Allegato


Titolo Completo

TAR MARCHE, Sez. 1^ - 17 ottobre 2016, n. 563

SENTENZA

 

TAR MARCHE, Sez. 1^ – 17 ottobre 2016, n. 563

Pubblicato il 17/10/2016

N. 00563/2016 REG.PROV.COLL.
N. 01060/2005 REG.RIC.
N. 00590/2006 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1060 del 2005, proposto da:
S.A.G.M.A, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’avvocato Claudia Cardenà, con domicilio eletto presso Avv. Claudia Cardenà in Ancona, corso Garibaldi, 110;

contro

Provincia di Ascoli Piceno, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’avvocato Carla Cavaliere, domiciliato ex art. 25 cpa presso la Segreteria T.A.R. Marche in Ancona, Via della Loggia, 24;
Dirigente Settore Tutela Ambientale non costituito in giudizio.

sul ricorso numero di registro generale 590 del 2006, proposto da:
S.A.G.M.A. srl, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avvocati Claudia Cardenà, Gabriele Gusella, con domicilio eletto presso Avv. Claudia Cardenà in Ancona, viale della Vittoria, 2;

contro

Provincia di Ascoli Piceno, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’avvocato Carla Cavaliere, domiciliato ex art. 25 cpa presso la Segreteria T.A.R. Marche in Ancona, Via della Loggia, 24;
Dirigente del Settore Tutela Ambientale, Ecologia, Energia non costituito in giudizio;

per l’annullamento

quanto al ricorso n. 1060 del 2005:

della delibera della Giunta Provinciale di Ascoli Piceno n. 517 del 29.12.2004, del documento

istruttorio in essa richiamato, della delibera del Consiglio Provinciale C.P. n. 27 del 10.2. 2005 nonché della determina emessa dal Dirigente del Settore Tutela Ambientale n. 792 del 07.05.2004 oltreché dell’atto medesimo n. 1796 del 30.11.2004;

quanto al ricorso n. 590 del 2006:

della determinazione dirigenziale datata 24.4.4.2006 1935/GEN n. 108/SA del dirigente Servizio Tutela Ambientale –Rifiuti-Energia; della nota 3.03.2006 prot. n. 1140 di comunicazione dell’avvio

del procedimento; della nota del medesimo dirigente del 6.4.2006 prot. 1773 di convocazione della conferenza di servizi; del verbale di conferenza di servizi datato 11. 4. 2006; della nota dirigenziale dell’ll.04.2006 prot. 1865 di comunicazione ai sensi dell’art. 10 bis della legge 241/90 nonché, per quanto occorre possa, della delibera della Giunta Provinciale di Ascoli Piceno n. 585 del 28.12.2005, della delibera G.P. di Ascoli Piceno n. 43 del 13.2.2006, della determinazione del dirigente Servizio Tutela ambientale-Rifiuti-Energia n. 812 del 21. 2. 2006;

Visti i ricorsi e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della Provincia di Ascoli Piceno;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 1 aprile 2016 il dott. Giovanni Ruiu e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

La ricorrente è una società a responsabilità limitata che ha come oggetto sociale l’attività di produzione e commercializzazione di acqua minerale.

In data 1.12.1989, con decreto presidenziale n. 8954/1989 la Regione Marche – ai sensi della legge regionale 23 agosto 1982, n. 32 (Disciplina della ricerca, coltivazione ed utilizzazione delle acque minerali e termali nella Regione Marche) – rilasciava alla società ricorrente concessione mineraria di acque minerali denominata “Fonte Gelata”, insistente nel territorio del Comune di Montegallo (AP).

In data 10.09.1992, con decreto n. 822, il Presidente della Giunta Regionale disponeva la sospensione in via cautelare dell’efficacia dell’autorizzazione all’esercizio della concessione anzidetta per la durata massima di 6 mesi.

In data 19.5.1998, la ricorrente richiedeva all’Ente Parco Nazionale dei Monti Sibillini, l’autorizzazione alla captazione dell’acqua della sorgente “Fonte Gelata” ai sensi dell’art. 25 L. R. Marche n. 36 del 1994, nonché l’autorizzazione alla realizzazione delle opere di condotta a valle.

L’ente Parco Nazionale in data 4.3.1999, comunicava il proprio diniego di autorizzazione, adottato in data 26.2.1999, avverso il quale la società ricorrente proponeva ricorso R.G. 539/99 al T.A.R. Marche.

Con istanza datata 18.2.2000, (assunta al protocollo della Regione Marche il 1.3.2000) la ricorrente chiedeva alla Regione Marche, il rinnovo/proroga della concessione per un ulteriore decennio. Il procedimento veniva avviato, pendendo comunque il parere negativo dell’ente Parco Nazionale. Tale parere veniva però annullato da questo T.A.R. con sentenza 43/2003, per difetto d’istruttoria, con conseguente obbligo per la P.A. di riattivare il procedimento.

Nel frattempo, le funzioni amministrative concernenti la ricerca, la coltivazione e l’utilizzazione delle acque minerali e termali, in attuazione della L. R n. 10 del 1999, venivano trasferite alla Provincia di Ascoli Piceno, la quale con delibera di G.P. 384/2003 approvava il regolamento che disciplina la ricerca, coltivazione ed utilizzazione delle acque minerali e termali della Regione Marche.

In data 27.10.2004, il Dirigente del Settore programmazione della Provincia di Ascoli Piceno comunicava il riavvio della procedura per il rinnovo della concessione in oggetto.

Il dirigente del settore ambiente della Provincia di Ascoli Piceno, in data 30.11.2004, esprimeva parere negativo alla proroga della concessione, in quanto la domanda non sarebbe stata presentata nei tempi previsti dalla L.R. Marche 32/1982, non risultando, altresì, che il concessionario avesse adempiuto agli obblighi derivanti dal provvedimento di concessione come previsto dalla norma stessa.

In data 29.12.2004, la Giunta provinciale – con delibera 517, successivamente ratificata dal Consiglio con delibera n. 27 del 10.02.2005 – disponeva la sospensione di tutti i procedimenti avviati dall’Amministrazione provinciale relativi al rilascio di concessioni di utilizzazione delle acque minerarie naturali e delle acque di sorgente in attesa dell’individuazione di criteri omogenei e misure di salvaguardia dell’Autorità di Bacino del Fiume Tronto.

In 7.3.2005, il Dirigente del settore Tutela Ambientale, con lettera prot. 792/2005, comunicava alla ricorrente la sospensione del procedimento in esecuzione della richiamata delibera di Giunta provinciale 517 del 2004, dovendo, l’istanza (di rinnovo della concessione), inquadrarsi come richiesta di nuova concessione ai sensi della richiamata L.R.32 del 1982, non essendo stata, a suo dire, presentata domanda di proroga nei tempi previsti dall’art. 15 stessa legge.

La società impugnava quest’ultimo provvedimento e gli atti presupposti con ricorso straordinario al Capo dello Stato, poi trasposto dalla Provincia di Ascoli Piceno nel ricorso giurisdizionale RG 1060/2005.

Con ordinanza n. 14 del 10.1.2006, questo Tribunale, ritenuto che i motivi di gravame relativi alla tempestività della domanda di rinnovo e comunque della mancata indicazione di un termine finale per la conclusione del procedimento sospeso non si appalesassero manifestamente infondati, ha accolto la richiesta cautelare ai fini del riesame dei provvedimenti impugnati in relazione ai motivi di gravame, “riesame da concludersi con esplicito provvedimento entro sessanta giorni dalla comunicazione della presente ordinanza”.

In data 3.3.2006 la Provincia di Ascoli Piceno avviava il procedimento di riesame, precisando che sarebbe stata convocata un’apposita conferenza di servizi ai sensi della 1egge n. 241 del 1990, disponendo un termine di 180 giorni per la conclusione procedimento.

Dopo una nota di protesta della ricorrente relativa ai tempi del procedimento e l’esame dell’istanza da parte della conferenza di servizi, la Provincia di Ascoli Piceno in data 12.4.2006, comunicava i motivi ostativi all’accoglimento, sostanzialmente confermando la tardività della domanda della ricorrente, presentata dopo la conclusione del periodo di validità della concessione data.

Con determina dirigenziale del Servizio Tutela Ambientale assunta in data 24.4.2006 n. 1955, la Provincia di Ascoli Piceno dichiarava quindi irricevibile l’istanza di concessione presentata dalla società SAGMA.

Il provvedimento, unitamente agli atti presupposti, è stato impugnato dalla ricorrente con ricorso 590/2006, affidato ai seguenti motivi:

I Violazione di legge (L. 241/90 e s.m.i.), eccesso di potere. La ricorrente lamenta la conclusione del procedimento in un termine ben superiore ai 60 giorni assegnati dal T.A.R. e la sostanziale elusione dell’ordinanza 14/2006 dato che, dopo la convocazione della conferenza di servizi, la Provincia si è limitata a confermare la decisione di irricevibilità dell’istanza, al solo scopo di eludere il rispetto del suddetto termine di 60 giorni.

II Violazione di legge (in particolare, art. 15 L.R.32/1982). La ricorrente contesta l’affermata tardività della domanda, dato che il termine per la presentazione doveva tenere conto della sospensione di sei mesi dell’attività disposta con Decreto presidenziale n. 822 del 10. 9. 1992. Inoltre, il termine di due anni prima della scadenza della concessione, previsto dall’art. 15 c. 5 della L.R 32 del 1982 per la presentazione della domanda, non sarebbe perentorio.

III Violazione di legge e delle norme sul procedimento. Eccesso di potere. La dichiarazione di irricevibilità sarebbe stata adottata dopo aver richiesto numerose attività e documenti alla ricorrente e dopo la convocazione della conferenza di servizi, con l’inversione dell’ordine procedimentale.

IV. Violazione di legge (art. 14 L.R. 32 del 1982, art. 14 ter 1. 241 del 1990 e s.m.i.; principio di conservazione degli effetti degli atti giuridici), eccesso di potere per travisamento del fatto, irragionevolezza, contraddizione, omessa, inadeguata, insufficiente motivazione; lesione dell’affidamento. Anche ammettendo l’intempestività della domanda di proroga, la Provincia avrebbe dovuto ricondurre la domanda ad una richiesta di nuova concessione. Inoltre, la decisione provinciale sarebbe in contrasto con gli atti assunti in precedenza dalla Provincia medesima, che avrebbe dovuto ritenere la domanda della ricorrente come domanda tempestiva di nuova concessione. Vi sarebbe in particolare contrasto con la richiesta da parte della Provincia di tutti i pareri agli enti competenti, con inutile aggravamento del procedimento.

Con l’ordinanza 31.8.2006 n. 569 è stata respinta l’istanza cautelare.

Si è costituita la provincia di Ascoli Piceno in entrambi i ricorsi.

Alla pubblica udienza del 1 aprile 2016 i ricorsi sono stati trattenuti in decisione.

1 Preliminarmente, i ricorsi 1060/2005 e 590/2006 devono essere riuniti per evidenti ragioni di connessione oggettiva e oggettiva.

1.1 Il ricorso 1060/2005 deve essere dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse.

Vero è che il nuovo diniego è stato adottato a seguito del riesame disposto da questo Tribunale, ma come si ricava dall’approfondita motivazione dell’atto, non può ritenersi che il provvedimento sia stato emanato in mera esecuzione dell’ordinanza cautelare.

Sicché l’interesse alla coltivazione dell’originaria domanda giudiziale è ormai venuto meno essendo sopravvenuto un nuovo e assorbente provvedimento, parimenti pregiudizievole, che le ricorrenti hanno impugnato. E sul quale, pertanto, si è appuntato ogni residuo interesse.

1.2 Riguardo il ricorso 590/2006, si prescinde dalla eccezioni preliminari in quanto il ricorso è infondato.

2 Con riguardo al primo motivo di ricorso, il mancato rispetto del termine assegnato dal tribunale amministrativo per il riesame di un provvedimento non rende invalido il provvedimento adottato dopo tale data. La scadenza del termine ha l’effetto di dare all’interessato li potere di esercitare gli strumenti di esecuzione della misura cautelare previsti dall’art. 59 c.p.a (o richiedere ulteriori provvedimenti, si veda Tar Piemonte 24.10.2013 n. 1100).

2.1 In tutta evidenza, la circostanza che il Tribunale abbia considerato, in sede di sommaria non manifestamente infondate le censure relative alla tardività dell’istanza non esclude che l’amministrazione non possa giungere alla medesima conclusione con più approfondita motivazione. Anche per il riesame ordinato in sede cautelare, vale il principio per cui può ravvisarsi elusione del giudicato solo quando da questo derivi un obbligo talmente puntuale che l’ottemperanza ad esso si concreta nell’adozione di un atto il cui contenuto, nei suoi tratti essenziali, è integralmente desumibile dalla pronuncia del giudice, nel mentre tale violazione non può dirsi sussistente quando la pronuncia del giudice comporta margini liberi di discrezionalità, in relazione ai quali l’amministrazione può imporre nuovamente la regolazione che più ritiene congrua per l’interesse pubblico affidato alle sue cure, salvo il rispetto delle prescrizioni di natura conformativa derivanti dall’impianto motivazionale del giudicato medesimo (Cons. St. IV, 29.10.2012 n. 4638; Tar Toscana 7.2.2013, n. 220).

2.2 Allo stesso modo l’ordinanza non richiedeva, tantomeno in modo perentorio, il riesame con la conclusione dello stesso procedimento piuttosto che attraverso un nuovo procedimento e una nuova convocazione della conferenza di servizi dove potesse essere valutata, tra l’altro, anche la tardività della domanda. Difatti, al giudice in sede cautelare sono consentiti i più ampi poteri, ivi compresa l’adozione di misure atipiche di “remand”, con la sollecitazione all’esercizio in via autonoma del potere di spettanza dell’Amministrazione, eventualmente anche nell’ottica di un’integrazione e di una correzione del procedimento amministrativo.

3 Passando al secondo motivo di ricorso, a parere del collegio, non è individuabile la fonte in base alla quale la sospensione disposta con decreto 822/1992 (per un periodo di sei mesi) avrebbe dovuto prolungare, in assenza di qualsiasi disposizione a riguardo, nonché di tempestive richieste di proroga da parte della ricorrente, la durata originaria della concessione.

3.1 Come ha osservato la Corte di Cassazione con riguardo alla normativa nazionale (art. 44 r.d. 14.8.1920 n. 1285), la prescrizione per cui il rinnovo della concessione in tema di acque pubbliche deve essere richiesto almeno due anni prima della scadenza, senza sanzionare il mancato rispetto del termine biennale, va interpretato nel senso che quest’ultimo è ordinatorio, per cui la sua inosservanza non determina alcuna decadenza, atteso che l’unico rischio derivante dall’inerzia minaccia soltanto il privato (la cui attività può restare interrotta), non essendo in alcun modo compromesso l’interesse o la potestà decisionale dell’Amministrazione (Cassazione civile, Sez. Un., 13.10.2011, n. 21051). E’ quindi condivisibile che la tardività non si può far discendere automaticamente dalla circostanza che la domanda di rinnovo sia stata presentata oltre due anni dopo la scadenza del titolo.

3.2 Il caso in esame è però del tutto differente. Dato che non era computabile la sospensione, l’istanza di rinnovo è stata comunque presentata posteriormente alla scadenza della concessione (il 1.3.2000, mentre la concessione scadeva il 30.11.1999. Ne consegue che, essendo la domanda posteriore alla scadenza, la stessa non potesse essere considerata come domanda di rinnovo o proroga. Né appare rilevante la circostanza che il parere negativo dell’ente parco nazionale dei Monti Sibillini, datato 26.2.1999, relativo all’autorizzazione per le opere di captazione sia stato annullato da questo Tar con sentenza 3.3.2003 n. 43, dato che, comunque, la ricorrente non ha chiesto tempestivamente alcuna proroga neanche per tale procedura.

3.3 La richiamata legge regionale n. 32 del 1982 in buona parte parifica le domande di proroga alle nuove domande di concessione, stabilendo – all’articolo 32 – che le domande di permesso di ricerca o di concessione di coltivazione e quelle di proroga sono pubblicate per quindici giorni consecutivi nell’albo pretorio dei comuni interessati per territori, e che le stesse possono essere messe in concorrenza. Ne consegue, ad avviso del collegio, che, per una chiara esigenza di certezza dell’attività amministrativa, le domande di proroga non possono essere presentate, pur volendo aderire alla non vincolatività del termine di due anni, successivamente alla scadenza della concessione.

4 Riguardo il terzo motivo di ricorso, la decisione di convocare la conferenza di servizi e richiedere documentazione non rende invalida la decisione basata sulla tardività della domanda, dato che, in tutte evidenza, la scelta di un modulo procedimentale non può influenzare la legittimità o meno della decisione. Del resto, questo tribunale aveva evidenziato un difetto di istruttoria sulla dedotta tardività dell’istanza, che è stato emendato nel corso del procedimento di riesame.

4.1 Con riguardo al quarto motivo, la tesi di parte ricorrente appare contraddittoria. Difatti, questo Tar ha ordinato il riesame proprio sul punto della tardività, e con la diffida del 4 aprile 2006 la ricorrente ha insistito sulla tempestività e sul fatto che si trattasse di una richiesta di proroga/rinnovo. In tutta evidenza, una volta appurata la tardività della richiesta di proroga, parte ricorrente aveva la piena possibilità di presentare una richiesta di nuova concessione, non ponendosi in tal caso il problema della tardività della richiesta di proroga/rinnovo.

5 Alla luce delle considerazioni fin qui svolte, il ricorso 1060/2005 va dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse, mentre il ricorso 590/2006 va respinto.

5.2 In considerazione della particolarità dell’intera vicenda procedimentale e delle intervenute modifiche della disciplina applicabile, le spese possono essere compensate.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche (Sezione Prima), riuniti per la decisione i ricorsi 1060/2005 e 590/2006:

-dichiara il ricorso 1060/2005 improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse;

-respinge il ricorso 590/2006;

Compensa le spese per entrambi i ricorsi.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Ancona nella camera di consiglio del giorno 1 aprile 2016 con l’intervento dei magistrati:

Maddalena Filippi, Presidente
Giovanni Ruiu, Consigliere, Estensore
Simona De Mattia, Primo Referendario

L’ESTENSORE
Giovanni Ruiu
 

IL PRESIDENTE
Maddalena Filippi

 

IL SEGRETARIO

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