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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Beni culturali ed ambientali, Diritto urbanistico - edilizia Numero: 44377 | Data di udienza: 15 Settembre 2016

DIRITTO URBANISTICO – BENI CULTURALI E AMBIENTALI – Lottizzazione abusiva in forza di permesso a costruire – Progetto assentito in variante – Cambio di destinazione d’uso – Modifica del carico urbanistico – Configurabilità del reato – Artt. 30, 32 lett. a) 44 lett. e) d. lgs. n.380/2001 – Art. 181 del d. lgs. n.42/2004 – Reati urbanistici – Responsabilità del progettista e del direttore dei lavori – Configurabilità anche a titolo di sola colpa – Mutamento essenziale dell’opera – Reato di lottizzazione abusiva – Lottizzazione abusiva – Confisca operatività e limiti – Autorizzazione in sanatoria o diniego – Effetti giuridici della volontà della pubblica Amministrazione – Principio di “proporzionalità” art. 5 del Trattato della Comunità Europea – Giurisprudenza – Lottizzazione cartolare – Atti equivalenti alla vendita – Effetti della stipula di un contratto preliminare di vendita con finalità edificatoria.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 20 Ottobre 2016
Numero: 44377
Data di udienza: 15 Settembre 2016
Presidente: AMORESANO
Estensore: Andreazza


Premassima

DIRITTO URBANISTICO – BENI CULTURALI E AMBIENTALI – Lottizzazione abusiva in forza di permesso a costruire – Progetto assentito in variante – Cambio di destinazione d’uso – Modifica del carico urbanistico – Configurabilità del reato – Artt. 30, 32 lett. a) 44 lett. e) d. lgs. n.380/2001 – Art. 181 del d. lgs. n.42/2004 – Reati urbanistici – Responsabilità del progettista e del direttore dei lavori – Configurabilità anche a titolo di sola colpa – Mutamento essenziale dell’opera – Reato di lottizzazione abusiva – Lottizzazione abusiva – Confisca operatività e limiti – Autorizzazione in sanatoria o diniego – Effetti giuridici della volontà della pubblica Amministrazione – Principio di “proporzionalità” art. 5 del Trattato della Comunità Europea – Giurisprudenza – Lottizzazione cartolare – Atti equivalenti alla vendita – Effetti della stipula di un contratto preliminare di vendita con finalità edificatoria.



Massima

 


CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. 3^ 20/10/2016 (ud. 15/09/2016) Sentenza n.44377


DIRITTO URBANISTICO – BENI CULTURALI E AMBIENTALI – Lottizzazione abusiva in forza di permesso a costruire – Progetto assentito in variante – Cambio di destinazione d’uso – Modifica del carico urbanistico – Configurabilità del reato – Artt. 30, 32 lett. a) 44 lett. e) d. lgs. n. 380/2001 – Art. 181 del d. lgs. n. 42 del 2004.
 
 
Le diverse modalità con le quali la lottizzazione può essere attuata inquadrano la contravvenzione come reato a forma libera, permanente e progressivo nell’evento, del quale è inoltre pacifica la natura di reato di pericolo, cosicché la sua lesività non può ritenersi confinata nella sola trasformazione effettiva del territorio ma deve, al contrario, essere riferita alla potenzialità di tale trasformazione intesa come il pericolo di una urbanizzazione non prevista o diversa da quella programmata (Cass., Sez. 3, n. 37383 del 16/07/2013, Desimine e altri). Nella specie, l’attivita edificatoria interrotta con il sequestro, quand’anche non ancora caratterizzata da indici di una destinazione contrastante con il permesso originario, abbinata agli ulteriori significativi e specifici dati (ad es. di fatto, cambio destinazione d’uso), non può non essere tale da integrare il lato “materiale” del reato di lottizzazione abusiva, essendo unicamente necessario, secondo la previsione dell’art.30, comma 1, cit., che vengano semplicemente “iniziate” opere che comportino trasformazione urbanistica o edilizia dei terreni, non potendo discutersi, sulla base dei dati riportati in sentenza, che quelle di specie a tale fine fossero volte. 
 

DIRITTO URBANISTICO – Reati urbanistici – Responsabilità del progettista e del direttore dei lavori – Configurabilità anche a titolo di sola colpa – Mutamento essenziale dell’opera – Reato di lottizzazione abusiva.
 
In tema di responsabilità urbanistica edilizia, appare implausibile ogni assunto che tenda ad invocare la mancanza di consapevolezza in capo al progettista e direttore dei lavori circa il mutamento essenziale dell’opera che si venga a realizzare. Inoltre, il reato di lottizzazione abusiva, che è a consumazione alternativa, può realizzarsi sia per il difetto di autorizzazione sia per il contrasto con le prescrizioni della legge o degli strumenti urbanistici, e può essere integrato anche a titolo di sola colpa (Cass. Sez. 3 n. 38799 del 16/09/2015, De Paola; Sez. 3, n. 17865 del 17/03/2009, P.M. in proc. Quarta ed altri).


DIRITTO URBANISTICO – Lottizzazione abusiva – Confisca operatività e limiti – Autorizzazione in sanatoria o diniego – Effetti giuridici della volontà della pubblica Amministrazione – Principio di “proporzionalità” art. 5 del Trattato della Comunità Europea – Giurisprudenza.
 
Solo l’eventuale autorizzazione in sanatoria a lottizzare è incompatibile con la confisca, atteso che la stessa, pur non estinguendo il reato di lottizzazione abusiva, dimostra ex post la conformità della lottizzazione agli strumenti urbanistici e la volontà dell’amministrazione di rinunciare alla acquisizione delle aree al patrimonio indisponibile comunale (Sez. 3, n. 43591 del 18702/2015, Di Stefano e altri) mentre neppure l’adeguamento degli immobili acquisiti agli standard urbanistici già vigenti o l’adozione di nuovi strumenti urbanistici impedisce il trasferimento dei terreni lottizzati in proprietà al Comune, di per sé conseguente al passaggio in giudicato della sentenza che ha disposto la confisca (Sez. 3, n. 34881 del 22/04/2010, Franzese). Nella specie, il Dirigente del Settore di pianificazione e gestione del territorio del Comune ha comunicato, la emanazione di un provvedimento di diniego di istanza di sanatoria. Sicché, mancando nella specie il necessario elemento rappresentato dalla estrinsecazione di una volontà della pubblica Amministrazione di riconoscere ex post la conformità degli interventi già realizzati allo strumento urbanistico in vigore e di rinunciare all’acquisizione delle aree e dei manufatti al proprio patrimonio disponibile, la confisca deve, nella specie, necessariamente operare. Pertanto, in adesione alla necessità del rispetto del principio di “proporzionalità”, fissato dall’art. 5 del Trattato della Comunità Europea, secondo il quale “le autorità comunitarie e nazionali non possono imporre, sia con atti normativi, sia con atti amministrativi, obblighi e restrizioni alle libertà del cittadino, tutelate dal diritto comunitario, in misura superiore, cioè sproporzionata, rispetto a quella strettamente necessaria nel pubblico interesse per il raggiungimento dello scopo che l’autorità è tenuta a realizzare”, la confisca va limitata a quella porzione territoriale effettivamente interessata dalla vendita di lotti separati, dalla edificazione e dalla realizzazione di infrastrutture (Sez. 3, n.39078 del 13/07/2009; Sez. 3, n. 37472 del 02/10/2008, Belloi ed altri). 


DIRITTO URBANISTICO – Lottizzazione cartolare – Atti equivalenti alla vendita – Effetti della stipula di un contratto preliminare di vendita con finalità edificatoria.
 
A fronte del dettato dell’art. 30 d. lgs. n. 380/2001, alla cui stregua rileva una trasformazione attuata attraverso anche solo “atti equivalenti” alla vendita, anche la stipulazione di un contratto preliminare di vendita può autonomamente dar luogo ad un’ipotesi di lottizzazione abusiva, tanto più laddove lo stesso si collochi in un contesto indiziario atto a rivelare in modo non equivoco la finalità edificatoria, che costituisce l’elemento comune alle varie forme (materiale, negoziale, mista) in cui l’illecito può essere realizzato (Sez. 3, n. 13687 del 28/02/2007, Signori; Sez. 3, n. 35701 del 26/06/2007, De Biase e, con riferimento alla previgente ma corrispondente normativa, Sez.3, n. 3668 del 29/02/2000, Pennelli); non sarebbe infatti dato comprendere perché un contratto preliminare, suscettibile di esecuzione in forma specifica ex art. 2932 e.e. e, quindi, preordinato al “trasferimento”, possa essere escluso dagli “atti equivalenti” alla vendita di cui al citato art.30. Nella specie, la sentenza impugnata, facendo corretta applicazione del principio, ha legittimamente valorizzato l’intervenuta stipulazione di un contratto preliminare per la vendita di uno degli appartamenti in oggetto ad un soggetto del tutto sfornito dei requisiti (ovvero la titolarità di un rapporto di lavoro o di ricerca con l’Università di Pavia) che avrebbero dovuto rendere l’atto conforme alla destinazione urbanistica legittimante la lottizzazione e, dall’altro, del tutto privo di ogni indicazione circa l’obbligo per il promesso acquirente di concedere in godimento l’immobile a persona che tali requisiti avesse.
 
 
(Dichiara inammissibile il ricorso avverso sentenza della CORTE D’APPELLO DI MILANO del 26/06/2015) Pres. AMORESANO, Rel. ANDREAZZA, Ric. Maestri ed altri
 

Allegato


Titolo Completo

CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. 3^ 20/10/2016 (ud. 15/09/2016) Sentenza n.44377

SENTENZA

 

 
 
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. 3^ 20/10/2016 (ud. 15/09/2016) Sentenza n.44377
 
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
 
composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
 
omissis
 
ha pronunciato la seguente
 
SENTENZA
 
sui ricorsi proposti da:
Maestri Eleonora, n. a Como il 10/05/1970; 
Maestri Dario, n. a Pavia il 20/08/1937;
Bianchi Marco Maria, n. a Pavia il 05/01/1969; 
 
avverso la sentenza della Corte d’Appello di Milano in data 26/06/2015;
udita la relazione svolta dal consigliere Gastone Andreazza; 
udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale A. Policastro, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso di Maestri Dario e per l’inammissibilità dei ricorsi di Maestri Eleonora e Bianchi Marco Maria; udite le conclusioni del Difensore di fiducia, Avv. G. Greppi, anche in sostituzione, per Bianchi, dell’Avv. A. Goglino, che ha chiesto l’accoglimento. 
 
RITENUTO IN FATTO
 
1. Maestri Eleonora, Maestri Dario e Bianchi Marco Maria hanno proposto, tramite i propri difensori, ricorso avverso la sentenza della Corte d’Appello di Milano del 26/06/2015 che, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Pavia del 29/05/2014, ha dichiarato non doversi procedere nei confronti di Maestri Dario perché estinto il reato per morte dello stesso e ha rideterminato nei confronti di Maestri Eleonora e Bianchi Marco Maria la pena in mesi tre di arresto ed euro 16.000 di ammenda per il reato di cui all’art.44 lett. e) del d. lgs. n. 380 del 2001 in relazione alla realizzazione di un intervento di lottizzazione abusiva in forza di permesso a costruire n. 53/2011 in variante rispetto al permesso n. 53/2010 da ritenere illegittimo sotto molteplici profili e, in particolare, perché rilasciato in violazione dell’art.2, commalO, delle N.t.a. essendo stato presentato dagli imputati un progetto in variante per la realizzazione di “unità immobiliari con l’adozione delle migliori tecniche per scopi di ricerca” che in realtà determinava un mutamento essenziale delle caratteristiche dell’intervento consistito nella trasformazione urbanistica dalla categoria “residenze universitarie” a quella di “residenza” da destinare poi alla libera vendita.
 
2. Con un primo motivo Maestri Eleonora e Maestri Dario lamentano la violazione degli artt. 30 e 44 lett. e) del d.P.R. n. 380 del 2001; premesso che il Tribunale di Pavia ha assolto gli imputati dal reato di cui all’art. 181 del d. lgs. n. 42 del 2004, deve ritenersi acclarato che nessuna modifica è stata introdotta nell’edificio realizzato rispetto al permesso di costruire n. 53/2010 e che il permesso n. 53/2011 non si è mai tradotto in opere edilizie sicché deve escludersi in radice la sussistenza di una lottizzazione materiale; né il contratto preliminare intercorso con il titolare della società Sidertermica relativo ad un appartamento inserito nel complesso in oggetto sarebbe sufficiente per configurare una lottizzazione cartolare; precisa infatti che le unità immobiliari previste all’interno della struttura potevano essere cedute a chiunque sulla base della convenzione annessa al permesso di costruire n. 53 del 2010 atteso che le limitazioni previste non riguardano il diritto di proprietà ma esclusivamente l’uso dell’unità immobiliare limitato a studenti e dipendenti dell’Università. In altri termini, deve ritenersi errata la sentenza laddove la stessa ravvisa il fenomeno lottizzatorio per il solo fatto di avere ottenuto un permesso di costruire totalmente inattuato posto che, pur ottenuta una autorizzazione illegittima, non si concretizza alcun reato se tale autorizzazione non si traduce almeno nell’inizio di opere contrastanti con lo strumento urbanistico; e, nella specie, nessuna opera è iniziata in violazione degli strumenti urbanistici.
 
2.1. Con un secondo motivo lamentano la manifesta illogicità della motivazione e la violazione degli artt. 30 e 32 lett. a) del d.P.R. n. 380 del 2001 e dell’art. 3 del d. m. n. 1444 del 1968; in particolare, deducono che lo stravolgimento delle urbanizzazioni, quale presupposto del reato di lottizzazione abusiva discendente dal cambio di destinazione d’uso, deve derivare dalla diversa destinazione impressa al bene e non può essere anche conseguenza della destinazione legittima originariamente impressa; nella specie, invece, sarebbe stato tale il ragionamento della sentenza impugnata, che ha preteso di riscontrare l’incidenza del cambio di destinazione sulla base della perizia Agnetti che ha fondato il convincimento circa lo stravolgimento non sulla differente necessità indotta da residenze ordinarie rispetto alle residenze universitarie bensì sulla assoluta insufficienza di strade, spazi di sosta e parcheggio, rete elettrica e telefonica, valevoli sia che la destinazione fosse residenza universitaria sia che fosse residenza ordinaria. Lamentano inoltre che la Corte non abbia considerato il prospetto depositato dal consulente di parte Giuliani laddove, raffrontandosi la capacità insediativa assentita con il permesso n. 53 del 2010 e quella derivante dalla variante n. 53 del 2011, si è concluso per la sostanziale indifferenza della diversa destinazione quanto ad incidenza sugli standard delle opere di urbanizzazione; in altri termini il passaggio dalla residenzialità per così dire protetta a quella libera non ha alcuna incidenza sugli standard urbanistici. Anzi, dalla stessa tabella prodotta in allegato alla consulenza si evincerebbe che il carico urbanistico conseguente alla variante, peraltro non attuata, rispetto a quello previsto nel permesso di costruire, è diminuito anziché aumentato; e del resto l’incarico affidato dal tribunale al perito Agnetti è stato erroneamente volto a determinare in assoluto la sufficienza delle opere di urbanizzazione presenti sul territorio senza distinguere, come sarebbe stato necessario, tra carico urbanistico legittimamente assentito e carico urbanistico indotto dal cambio di destinazione d’uso illegittimo. Lamentano inoltre come la Corte d’appello abbia errato nel ritenere che l’area in questione fosse riservata al servizio pubblico.
 
2.2. Con un terzo motivo lamentano la manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione desumibile dalla perizia Agnetti, non desumendosi da alcun punto di questa la sottrazione di spazi destinati alle aree per scopi di studio (peraltro mai accertate nel progetto originario) come affermato dalla sentenza. 
 
2.3. Con un quarto motivo lamentano la violazione dell’art. 44 cit. come interpretato in conformità all’art.1 protocollo n. l addizionale alla Convenzione edu in ordine alla disposta confisca; richiamano in particolare l’indirizzo della giurisprudenza di legittimità secondo cui non può essere mantenuta la confisca quando l’assetto territoriale impresso alla condotta lottizzatoria divenga conforme ad una successiva pianificazione comunale; e, nella specie, la regolarizzazione è già avvenuta con la rinuncia al permesso di costruire in variante e con la manifestazione di volontà di proseguire nell’intervento secondo il legittimo permesso di costruire n. 53 del 2010; contestano il diverso indirizzo che configura in maniera automatica la confisca anche in ragione della necessaria interpretazione conforme al principio di proporzionalità; sicché risulta apertamente in contrasto con tali principi la confisca della costruzione e di tutte le particelle dell’area anche esterne all’intervento stante la raggiunta conformità dell’opera alla normativa comunale per effetto della rinuncia a proseguire l’intervento; è stata inoltre confermata dalla Corte la confisca relativamente all’intero immobile senza considerare che le particelle sequestrate sono in parte prive di qualsiasi edificazione e non hanno allo stato alcuna destinazione urbanistica che non sia terreno incolto.
 
2.4. Con un quinto motivo infine si rammenta che, essendo intervenuto il sequestro dell’area in data 09/03/2012, non poteva essere contestata la permanenza del reato; eccepito tale punto con I’ atto d’appello, la Corte territoriale ha totalmente ignorato la doglianza evitando di statuire sulla data di consumazione del reato.
 
3. Con il proprio ricorso Bianchi Marco ha lamentato, con un primo motivo, sostanzialmente analogo al primo motivo del ricorso dei coimputati, la manifesta illogicità della motivazione e l’erronea applicazione degli artt. 30 e 44 lett. e) citt..
 
In particolare deduce che entrambe le sentenze di merito non hanno considerato che il permesso di costruire n. 53 del 2010, legittimo e mai contestato, prevedeva la realizzazione di appartamenti e non di un collegio universitario con un’unica limitazione d’uso circa l’esclusiva utilizzazione di soggetti legati all’università, non rinvenendosi alcun impegno ad attenersi alle disposizioni del d.m. n. 118 del 2001 richiamato invece dalla Corte d’appello. Inoltre, trattandosi di zona residenziale già urbanizzata, era fondamentale accertare, ciò che la perizia in atti non ha fatto, se il progetto assentito in variante richiedesse un potenziamento delle opere di urbanizzazione rispetto a quelle necessarie per le costruzioni di cui al progetto precedentemente autorizzato. Nessuna rilevanza, inoltre, poteva attribuirsi al contratto preliminare intercorso con il titolare della società Sidertermica posto che le limitazioni previste nella convenzione annessa al permesso di costruire non riguardavano il diritto di proprietà ma esclusivamente l’uso dell’unità immobiliare. E poiché tutto quanto esistente è perfettamente conforme al permesso di costruire n. 53 del 2010 si sarebbe dovuto stabilire se si sia dato inizio ad opere difformi da tale permesso che abbiano avuto la caratteristica di imprimere la nuova destinazione non consentita; ma la stessa sentenza di primo grado ha assolto gli imputati dal reato paesaggistico accertando che nessuna modifica dell’immobile era intervenuta rispetto alla autorizzazione ambientale giacché lo scheletro dell’immobile non ha subito variazioni rispetto all’originario permesso di costruire.
 
3.1. Con un secondo motivo lamenta la violazione degli artt.30 e 44 citt. e dell’art. 56 c.p. avendo la Corte d’Appello totalmente omesso di verificare se fossero stati quantomeno avviati lavori di costruzione idonei a conseguire il legittimo cambio di destinazione d’uso, presupposto, questo, necessario per ritenere la configurabilità del reato di lottizzazione abusiva, pur a fronte della sua, natura di pericolo, non essendo evidentemente sufficiente in tal senso il mero ottenimento di un permesso di costruire.
 
3.2. Con un terzo motivo, sostanzialmente analogo al secondo motivo del ricorso dei coimputati, lamenta la manifesta illogicità della motivazione e la violazione gli articoli 30 e 32 del d.P.R. cit. e 3 del d.m. n. 1444 del 1968, non essendo stato accertato alcuno stravolgimento dell’ urbanizzazione esistente necessario ai fini della configurazione del reato di lottizzazione abusiva non essendo sufficiente l’incidenza sugli standard di cui al decreto ministeriale giacché tale elemento è espressamente qualificato dalla norma come requisito di punibilità del cambio di destinazione d’uso equivalente all’assenza di permesso di costruire; nella specie, infatti, la perizia Agnetti utilizzata dalla Corte d’appello non ha stabilito l’effetto del cambio di destinazione d’uso sulle opere di urbanizzazione ma, in assoluto, la insufficienza delle medesime, indipendentemente dalla natura di residenze ordinarie ovvero di residenza universitaria.
 
3.3. Con un quarto motivo lamenta il travisamento della prova relativamente alle dichiarazioni rilasciate da Lardera Massimo in data 02/07 /2012 utilizzate impropriamente dalla Corte d’appello per ritenere provato l’elemento soggettivo del reato; il cambio di destinazione d’uso che, secondo la Corte d’appello sarebbe stato perseguito illecitamente dall’imputato, in realtà, come desumibile dalla esatta lettura del verbale di tali dichiarazioni, era già stato lecitamente perseguito in identico modo dai Lardera, precedenti proprietari dell’area.
 
3.4. Con un quinto motivo deduce la mancanza e manifesta illogicità della motivazione e comunque l’erronea applicazione di legge in relazione all’elemento psicologico del reato; nella specie l’asserita illegittimità del permesso di costruire n. 53 del 2011 non sarebbe stata percepibile ictu oculi dall’imputato, giacché non ravvisata dalla stessa Pubblica Amministrazione che lo aveva emesso e non coinvolta nelle indagini neppure a titolo di colpa.
 
3.5. Con un sesto motivo infine lamenta la manifesta illogicità della motivazione e l’erronea applicazione di legge in relazione all’art. 44, comma 2, d.P.R. cit. e dell’art.1, protocollo n.1 addizionale alla Convenzione edu reiterando le medesime argomentazioni già svolte dei coimputati con l’ultimo motivo del proprio ricorso.
 
4. In data 01/08/2016 tutti i ricorrenti hanno presentato motivi aggiunti deducendo sotto un primo profilo attinente al primo motivo dei ricorsi la non equiparabilità ad una richiesta di sanatoria, come invece ritenuto dalla sentenza, della rinuncia alla variante di permesso a costruire n. 53 del 2011 e reiterando le argomentazioni in ordine alla mancata realizzazione di opere che abbiano stravolto l’assetto territoriale preesistente; sotto un secondo profilo, attinente al quinto motivo del ricorso di Bianchi, ribadendo la non valorizzabilità delle dichiarazioni testimoniali di Lardera Massimo quanto alla consapevolezza del ricorrente di violare i limiti imposti all’intervento e deducendo l’impossibilità di trarre elementi di responsabilità penale a titolo di concorso nel reato di lottizzazione dalla sola veste di progettista e, quanto alla veste di direttore dei lavori, non essendo emersa alcuna difformità delle opere rispetto al permesso a costruire in relazione alla quale solo potrebbe ipotizzarsi, per legge, una responsabilità dello stesso. 
 
CONSIDERATO IN DIRITTO
 
5. Quanto anzitutto al ricorso proposto da Maestri Dario, l’intervenuto decesso del medesimo, che già aveva determinato, in sede di appello, la pronuncia di improcedibilità per estinzione del reato, impone nella presente sede la declaratoria di inammissibilità senza onere di spese né nei confronti della parte privata, che, non essendo più soggetto del rapporto processuale, non può essere destinatario della statuizione, né del difensore, che, sia pur non legittimato al gravame, rappresentando la difesa tecnica, non è parte in senso tecnico e non è soggetto al principio della soccombenza (Sez. 2, n. 25738 del 20/03/2015, Albini e altri, Rv. 264136).
 
6. Quanto agli altri ricorsi, va prioritariamente esaminato, in quanto volto ad assumere, in guisa logicamente pregiudiziale, l’inconfigurabilità, per così dire giuridica, del reato di lottizzazione addebitato nella specie, il primo motivo, di contenuto infatti analogo, di entrambi, poi ripreso dai motivi aggiunti.
 
Dati qui per presupposti l’elaborazione e gli approdi giurisprudenziali intervenuti in ordine alle possibili modalità e forme di consumazione del reato, si assume in entrambi i ricorsi, come appena ricordato, che non sarebbero individuabili nella specie le caratteristiche di una condotta lottizzatoria né sotto il profilo materiale né sotto quello cartolare; non sotto il primo, perché i lavori posti concretamente in essere sarebbero stati eseguiti esclusivamente in aderenza e per effetto dell’originario permesso a costruire n. 53 del 2010 la cui legittimità non è mai stata posta in discussione, mentre, con riguardo alla variante n. 53 del 2011, che rappresenterebbe, secondo lo stesso capo d’imputazione, il “momento” di trasformazione delle caratteristiche e della destinazione dell’intervento edilizio, da assegnare alla categoria urbanistica di “residenza” e non più a quella, originariamente assentita, di “residenza universitaria”, nessuna concreta opera sarebbe mai stata eseguita; non sotto il secondo, poi, perché la mera stipulazione di un contratto preliminare per la vendita di uno degli appartamenti del complesso a soggetto che, secondo la sentenza impugnata, sarebbe stato del tutto estraneo ad un rapporto di lavoro o di studio con l’Università (di qui dunque discendendo il mutamento di destinazione indice della illiceità penale della condotta), sarebbe in realtà elemento del tutto neutro giacché il “vincolo di destinazione” avrebbe a ben vedere riguardato non già il cessionario del bene quanto l’utilizzatore dello stesso, nulla essendo emerso quanto a tale secondo e decisivo aspetto.
 
Ciò posto, detto motivo è infondato. 
 
6.1. Quanto alla pretesa denegata lottizzazione materiale, infatti, la doglianza sollevata appare, a ben vedere, anzitutto far leva su un presupposto fattuale inesatto : la sentenza impugnata, dopo avere illustrato le caratteristiche risultanti dalla perizia secondo cui, in particolare, di 77 unità abitative solo una monocamera con disimpegno e bagno era stata destinata ad “uso laboratorio per il dipartimento di ingegneria civile” con conseguente carattere esclusivamente residenziale dell’insediamento, senza alcuna connessione con servizi universitari, ha dato atto, in particolare a pag.13, in tal modo dunque smentendo l’assunto dei ricorrenti secondo cui lo “scheletro” dell’immobile di fatto realizzato era ancora, lecitamente, del tutto conforme all’originario permesso n. 53 del 2010, della circostanza che le residenze erano state “realizzate” in maniera tale da snaturare del tutto la destinazione imposta dal piano regolatore.
 
Né potrebbe valorizzarsi in tal senso il fatto che la sentenza di primo grado abbia a suo tempo escluso la sussistenza del reato, originariamente contestato al capo b) dell’imputazione, di cui all’art. 181, comma 1, del d. lgs. n. 42 del 2004; tale decisione è infatti stata testualmente determinata dal solo fatto che “la variante assentita con il permesso 53 del 2011 non andava ad incidere sulla struttura e sull’impatto ambientale paesaggistico già considerato con la precedente autorizzazione la quale, dunque, conservava attualità e validità”, senza che da ciò possa trarsi, come pretenderebbe la ricorrente Maestri, una “attestazione” circa il fatto che nessuna opera in più rispetto a quelle realizzate in conformità a detto primo permesso sia stata nella specie posta in essere.
 
Peraltro, ove anche il participio passato (“realizzate”) appena sottolineato e inequivocabilmente indicativo di una condotta materialmente posta in essere dovesse essere inteso (ma non si vede come) in senso puramente figurato, non per questo sarebbe da ritenere che la lottizzazione abusiva sia rimasta ad uno stadio puramente virtuale e, per ciò stesso, penalmente lecito.
 
Ove infatti si tenga conto che neppure i ricorrenti assumono che al momento del sequestro, in data 09/03/2012 (riconosciuto anzi da Maestri Eleonora, con il quinto motivo di ricorso, quale momento consumativo del reato), non fosse in corso alcuna attività edificatoria e che, come risultante dalla sentenza: le caratteristiche delle opere, sia pure, in tesi difensiva, “realizzande”, risultavano, già sulla base degli elaborati grafici di progetto, inequivocabilmente prive di finalizzazione a destinazione universitaria (pag.4); gli annunci pubblicitari per la vendita degli immobili avevano ad oggetto complesso residenziale con elementi di pregio e senza alcun riferimento a destinazioni pertinenti e connesse con l’attività principale (pag.13); i carabinieri di Pavia, presentatisi come interessati simulati acquirenti, non venivano per nulla informati dal personale addetto alla vendita di alcun vincolo (pag.13); nessuna delle finalità di ricerca previste dalla convenzione con il Diet erano presenti (pag. 13), non può non discenderne la configurabilità di una complessiva condotta integrante il reato contestato, essendo niente affatto illogico ritenere che l’attività edificatoria si stesse svolgendo secondo lo stesso progetto e gli elaborati evidentemente basati non sull’originario permesso bensì sulla variante n. 53 del 2011.
 
Sicché, in definitiva, una tale, interrotta con il sequestro, attività edificatoria, quand’anche non ancora caratterizzata da indici di una destinazione contrastante con il permesso originario, abbinata agli ulteriori significativi dati sopra ricordati, non può non essere tale da integrare il lato “materiale” del reato di lottizzazione abusiva, essendo unicamente necessario, secondo la previsione dell’art.30, comma 1, cit., che vengano semplicemente “iniziate” opere che comportino trasformazione urbanistica o edilizia dei terreni, non potendo discutersi, sulla base dei dati riportati in sentenza, che quelle di specie a tale fine fossero volte.
 
Del resto, questa Corte ha chiarito che le diverse modalità con le quali la lottizzazione può essere attuata inquadrano la contravvenzione in esame come reato a forma libera, permanente e progressivo nell’evento, del quale è inoltre pacifica la natura di reato di pericolo, cosicché la sua lesività non può ritenersi confinata nella sola trasformazione effettiva del territorio ma deve, al contrario, essere riferita alla potenzialità di tale trasformazione intesa come il pericolo di una urbanizzazione non prevista o diversa da quella programmata (cfr., in motivazione, Sez. 3, n. 37383 del 16/07/2013, Desimine e altri, Rv. 256519).
 
In conclusione, dunque, la tesi difensiva in ordine all’inesistenza di una lottizzazione materiale, anche a volere accettare il presupposto fattuale reclamato in ricorso e non rinvenibile in sentenza, non può, sotto più versanti, trovare accoglimento.
 
6.2. Anche con riferimento, poi, alla lottizzazione cartolare, le doglianze dei ricorrenti non colgono nel segno.
 
Questa Corte ha già chiarito, infatti, in più occasioni, che, a fronte del dettato dell’art. 30 cit. alla cui stregua rileva una trasformazione attuata attraverso anche solo “atti equivalenti” alla vendita, anche la stipulazione di un contratto preliminare di vendita può autonomamente dar luogo ad un’ipotesi di lottizzazione abusiva, tanto più laddove lo stesso si collochi in un contesto indiziario atto a rivelare in modo non equivoco la finalità edificatoria, che costituisce l’elemento comune alle varie forme (materiale, negoziale, mista) in cui l’illecito può essere realizzato (Sez. 3, n. 13687 del 28/02/2007, Signori, Rv. 236340; Sez. 3, n. 35701 del 26/06/2007, De Biase, Rv. 237472 e, con riferimento alla previgente ma corrispondente normativa, Sez.3, n. 3668 del 29/02/2000, Pennelli, Rv. 215625); non sarebbe infatti dato comprendere perché un contratto preliminare, suscettibile di esecuzione in forma specifica ex art. 2932 e.e. e, quindi, preordinato al “trasferimento”, possa essere escluso dagli “atti equivalenti” alla vendita di cui al citato art.30. 
 
Nella specie, la sentenza impugnata, facendo corretta applicazione del principio, ha legittimamente valorizzato l’intervenuta stipulazione di un contratto preliminare per la vendita di uno degli appartamenti in oggetto ad un soggetto del tutto sfornito dei requisiti (ovvero la titolarità di un rapporto di lavoro o di ricerca con l’Università di Pavia) che avrebbero dovuto rendere l’atto conforme alla destinazione urbanistica legittimante la lottizzazione e, dall’altro, del tutto privo di ogni indicazione circa l’obbligo per il promesso acquirente di concedere in godimento l’immobile a persona che tali requisiti avesse.
 
Né, quand’anche si accedesse all’assunto, già ricusato sopra, della mancanza, nella specie, di una realizzazione dell’immobile, sarebbe fondata l’argomentazione difensiva, sviluppata in particolare all’udienza odierna, secondo cui un tale preliminare non potrebbe rientrare nel novero degli “atti equivalenti” in quanto, concernendo immobile “sulla carta”, lo stesso sarebbe insuscettibile di esecuzione ex art. 2932 e.e., al contrario ben potendo, invece, sulla base dell’indirizzo di questa Corte civile, ottenersi la pronuncia di esecuzione in forma specifica dell’obbligo di concludere un contratto anche in caso di contratto preliminare di vendita di cosa futura (vedi, implicitamente in tal senso, Sez. 2 civ., n. 7252 del 29/03/2006, Rv. 588941; Sez. 2 civ., n. 6383 del 27/05/1992, Rv. 477406). Tutto ciò, poi senza considerare, in ogni caso, l’applicabilità, anche al preliminare di immobile da costruire, della speciale disciplina di tutela del promissario acquirente dettata dal d. lgs. n. 122 del 20 giugno 2005 (Sez. 2 civ., n. 5749 del 10/03/2011, Rv. 616566).
 
7. L’infondatezza del primo dei motivi dei due ricorsi comporta, di conseguenza, l’infondatezza, altresì, del secondo motivo del ricorso di Bianchi Marco non avendo affatto la sentenza ritenuto, per le ragioni già esposte, il “pericolo del pericolo”, di per sé inidoneo a configurare il reato, ma essendosi la stessa, come già detto, basata su atti inequivocamente rivelatori della avvenuta finalizzazione dell’immobile a scopi contrastanti con quelli esclusivamente connessi alla classe 10 dell’art.2 delle N.t.a.. 
 
8. Quanto al secondo e terzo motivo del ricorso di Maestri Eleonora e al terzo motivo del ricorso di Bianchi Marco Maria, anche a seguire il ragionamento che, a prescindere comunque dal decisivo contrasto con il Prg. e le norme di attuazione, pretenderebbe di escludere la lottizzazione perché ci si sarebbe limitati a constatare la insufficienza in assoluto delle opere (di strade, spazi di sosta e parcheggio, rete elettrica e telefonica) indipendentemente dal fatto che la destinazione fosse residenza universitaria (consentita) ovvero residenza ordinaria (non consentita), mentre si sarebbe dovuto farlo con riguardo al secondo aspetto, la sentenza ha logicamente risposto laddove ha sottolineato che del tutto diversi sono gli standards di urbanizzazione relativi ad una struttura inerente a scopi universitari da quelli inerenti ad una struttura di carattere residenziale libero sì che la diversa destinazione è, in sostanza, in re ipsa, idonea ad incidere sul carico urbanistico; ed un tale logico assunto è tale pertanto da rendere superflua ogni eventuale erronea valorizzazione della perizia Agnetti (come anche lamentata nel terzo motivo del ricorso di Maestri Eleonora) in ogni caso da escludere perché, come da sentenza, correttamente al perito è stato richiesto di valutare la sufficienza delle opere “rispetto alla dimensione dell’insediamento residenziale”.
 
9. Il quinto motivo del ricorso di Maestri Eleonora è inammissibile.
 
Non risulta infatti esplicato in alcun modo quale interesse sottostia alla doglianza in ordine alla mancata risposta della sentenza circa il punto con cui, nell’atto di appello, si deduceva che, essendo intervenuto il sequestro dell’area in data 09/03/2012, non poteva essere contestata la permanenza del reato.
 
In particolare, nessun interesse sarebbe poi ravvisabile quanto in particolare agli effetti della individuazione del momento consumativo sulla prescrizione del reato, giacché, a voler ritenere arrestata comunque la permanenza alla data del sequestro, la prescrizione non sarebbe ad oggi in nessun caso maturata.
 
10. Anche il quarto e quinto motivo del ricorso di Bianchi Marco Maria, nonché i motivi aggiunti sul punto, relativi al profilo dell’elemento psicologico del reato di lottizzazione abusiva, sono manifestamente infondati.
 
Le argomentazioni sviluppate dalla sentenza impugnata circa il fatto che si sia avuto nella specie un mutamento di destinazione desunto dalle caratteristiche delle opere realizzate o, a volere accettare il contrario assunto difensivo, sulla base comunque degli indici già evidenziati sopra sub § 6.1., rendono logicamente chiara l’implausibilità di ogni assunto che tenda ad invocare la mancanza di consapevolezza in capo al progettista e direttore dei lavori circa il mutamento essenziale che si veniva a realizzare.
 
Per tale ragione la sentenza impugnata, sia pure con espressione assai sintetica, ma, per i motivi appena esposti, non censurabile, ha affermato, valorizzando anche le dichiarazioni dell’originario destinatario del permesso a costruire n. 53 del 2010 Lardera Massimo, che l’imputato, coordinatore del cantiere e direttore dei lavori, era pienamente a conoscenza dei limiti imposti all’intervento e li ha consapevolmente elusi, tanto più, avendo egli, come decisivamente aggiunto dai giudici di appello, sottoscritto la richiesta del permesso di costruire in variante.
 
E ciò tanto più laddove si consideri che il reato di lottizzazione abusiva, che è a consumazione alternativa, potendosi realizzare sia per il difetto di autorizzazione sia per il contrasto con le prescrizioni della legge o degli strumenti urbanistici, può essere integrato anche a titolo di sola colpa ( Sez. 3 n. 38799 del 16/09/2015, De Paola, Rv. 264718; Sez. 3, n. 17865 del 17/03/2009, P.M. in proc. Quarta ed altri, Rv. 243750).
 
Né, anche al di là della possibilità di invocare un travisamento della prova a fronte di una sentenza d’appello conforme a quella di primo grado, si comprende logicamente perché il fatto che gli originari destinatari del permesso a costruire n. 53 del 2010 si prefiggessero di perseguire (come emergerebbe dal contenuto integrale delle dichiarazioni rese a s.i.t. da Lardera Massimo) un analogo cambio di destinazione d’uso (fatto in sé, evidentemente, lecito ove attuato nel rispetto delle necessarie procedure e sulla base di una variante legittimamente adottata in conformità alla destinazione urbanistica dell’area) potrebbe far ritenere assente nel ricorrente la consapevolezza che il progetto in variante presentato fosse illegittimo giacché determinava nella sostanza, e per il tramite, formalmente, di una volontà di realizzazione di un solo mutamento tipologico nell’ambito della stessa classe di attività, un mutamento essenziale delle caratteristiche dell’intervento tali da comportare, invece, il transito alla categoria di “residenza” di cui all’art.2, comma 2 delle N.t.a ..
 
12. Sono invece fondati il quarto motivo del ricorso di Maestri Eleonora e il sesto motivo del ricorso di Bianchi Marco Maria quanto alla motivazione resa dalla sentenza impugnata in ordine al necessario requisito di proporzionalità della confisca.
 
Devono anzitutto essere disattese le doglianze intese ad escludere tout court la possibilità di confisca sulla base del fatto che la “rinuncia” al permesso di costruire in variante e la manifestazione di volontà di proseguire nell’intervento secondo il legittimo ed originario permesso di costruire n.53 del 2010 avrebbero comportato la regolarizzazione dell’intera costruzione.
 
Infatti, anche al di là della pur pregiudiziale inammissibilità determinata dalla natura meramente fattuale di dette deduzioni, fondate su circostanze che la stessa sentenza impugnata ha qualificato come meramente enunciate (v. pag.12), va ricordato che solo l’eventuale autorizzazione in sanatoria a lottizzare è incompatibile con la confisca, atteso che la stessa, pur non estinguendo il reato di lottizzazione abusiva, dimostra ex post la conformità della lottizzazione agli strumenti urbanistici e la volontà dell’amministrazione di rinunciare alla acquisizione delle aree al patrimonio indisponibile comunale (Sez. 3, n. 43591 del 18702/2015, Di Stefano e altri, Rv. 265153) mentre neppure l’adeguamento degli immobili acquisiti agli standard urbanistici già vigenti o l’adozione di nuovi strumenti urbanistici impedisce il trasferimento dei terreni lottizzati in proprietà al Comune, di per sé conseguente al passaggio in giudicato della sentenza che ha disposto la confisca (Sez. 3, n. 34881 del 22/04/2010, Franzese, Rv. 248360).
 
Nella specie, risulta anzi dalla sentenza impugnata che il Dirigente del Settore di pianificazione e gestione del territorio del Comune di Pavia ha comunicato, in data 13/05/2015, la emanazione di un provvedimento di diniego di istanza di sanatoria (a nulla poi rilevando in questa sede, come affermato nei motivi aggiunti, che il diniego, poi effettivamente rilasciato, sia stato nel frattempo impugnato avanti al T.a.r.).
 
Sicché, mancando nella specie il necessario elemento rappresentato dalla estrinsecazione di una volontà della pubblica Amministrazione di riconoscere ex post la conformità degli interventi già realizzati allo strumento urbanistico in vigore e di rinunciare all’acquisizione delle aree e dei manufatti al proprio  patrimonio disponibile, la confisca deve, nella specie, necessariamente operare.
 
12.1. Quanto invece alla invocata proporzionalità della confisca, va anzitutto ricordato che questa Sezione ha puntualizzato in più occasioni che, in adesione alla necessità del rispetto del principio di “proporzionalità”, fissato dall’art. 5 del Trattato della Comunità Europea, secondo il quale “le autorità comunitarie e nazionali non possono imporre, sia con atti normativi, sia con atti amministrativi, obblighi e restrizioni alle libertà del cittadino, tutelate dal diritto comunitario, in misura superiore, cioè sproporzionata, rispetto a quella strettamente necessaria nel pubblico interesse per il raggiungimento dello scopo che l’autorità è tenuta a realizzare”, la confisca va limitata a quella porzione territoriale effettivamente interessata dalla vendita di lotti separati, dalla edificazione e dalla realizzazione di infrastrutture {Sez. 3, n.39078 del 13/07/2009, Rv. 245344; Sez. 3, n. 37472 del 02/10/2008, Belloi ed altri, Rv. 241101).
 
Nella specie, in particolare nell’atto di appello proposto da Maestri Eleonora si lamentava il fatto che la confisca avesse coinvolto tutte le particelle dell’area anche esterne all’intervento nonché mappali non direttamente interessati dalla costruzione.
 
Ora, la stessa sentenza impugnata, pur parendo prendere atto, per il tramite della giurisprudenza appena citata e a cui fa richiamo, dell’indirizzo di cui sopra, e, dunque, della necessità di non estendere la confisca oltre le aree effettivamente interessate dalla edificazione, ha sostanzialmente omesso di dare risposta a tali specifiche eccezioni limitandosi ad affermare la necessità, per di più facendo riferimento ad un dato (ovvero la condotta dolosa) nella specie non pertinente, che il provvedimento coinvolga “tutto il complesso in sequestro” facendo sempre e solo riferimento alla destinazione ad uso residenziale impressa dal fabbricato, senza che sia tra l’altro dato comprendere se in detto complesso debbano appunto rientrare, e perché, le aree esterne che non abbiano natura di infrastrutture.
 
13. In definitiva, la sentenza impugnata deve essere annullata con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Milano per nuovo esame limitato alla individuazione della esatta delimitazione della confisca dovendo invece i ricorsi di Maestri Eleonora e Bianchi Marco Maria essere, nel resto, rigettati.
 
P.Q.M.
 
 
Dichiara inammissibile il ricorso di Maestri Dario. Annulla la sentenza impugnata nei confronti di Maestri Eleonora e Bianchi Marco Maria limitatamente alla disposta confisca e rinvia sul punto ad altra sezione della Corte d’appello di Milano. Rigetta nel resto i ricorsi dei predetti.
 
 
Così deciso in Roma, il 15 settembre 2016

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