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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Diritto urbanistico - edilizia Numero: 5424 | Data di udienza: 25 Ottobre 2016

DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Attività commerciale – Perdurante regolarità sotto il profilo urbanistico-edilizio – Adozione di provvedimenti repressivi accertanti l’abusività delle opere realizzate – Inibizione dell’attività commerciale – Legittimità.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione: Campania
Città: Napoli
Data di pubblicazione: 22 Novembre 2016
Numero: 5424
Data di udienza: 25 Ottobre 2016
Presidente: Donadono
Estensore: Donadono


Premassima

DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Attività commerciale – Perdurante regolarità sotto il profilo urbanistico-edilizio – Adozione di provvedimenti repressivi accertanti l’abusività delle opere realizzate – Inibizione dell’attività commerciale – Legittimità.



Massima

 

TAR CAMPANIA, Napoli, Sez. 3^ – 22 novembre 2016, n. 5424


DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Attività commerciale – Perdurante regolarità sotto il profilo urbanistico-edilizio – Adozione di provvedimenti repressivi accertanti l’abusività delle opere realizzate – Inibizione dell’attività commerciale – Legittimità.

La regolarità urbanistico-edilizia dell’immobile è prescritta per ogni attività commerciale, stante la stretta connessione esistente tra le relative discipline (cfr. in particolare la legge regionale n. 1 del 2014). Pertanto il legittimo esercizio dell’attività commerciale è ancorato, non solo in sede di rilascio dei titoli abilitativi, ma anche per la intera sua durata di svolgimento, alla iniziale e perdurante regolarità sotto il profilo urbanistico-edilizio dei locali in cui essa viene posta in essere, con conseguente potere-dovere dell’autorità amministrativa di inibire l’attività commerciale esercitata in locali rispetto ai quali sono stati adottati provvedimenti repressivi che accertano l’abusività delle opere realizzate ed applicano sanzioni che precludono in modo assoluto la prosecuzione di un’attività commerciale (cfr. Cons. St., sez. VI, 23/10/2015, n. 4880).


Pres. ed Est. Donadono – A. s.r.l. (avv.ti Pennacchio e Pennacchio) c. Comune di Qualiano (n.c.)


Allegato


Titolo Completo

TAR CAMPANIA, Napoli, Sez. 3^ - 22 novembre 2016, n. 5424

SENTENZA

 

TAR CAMPANIA, Napoli, Sez. 3^ – 22 novembre 2016, n. 5424

Pubblicato il 22/11/2016

N. 05424/2016 REG.PROV.COLL.
N. 00579/2016 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente


SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 579 del 2016, proposto da:
Auto Abbate S.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avvocati Domenico Pennacchio C.F. PNNDNC74L17F839W e Luciano Pennacchio C.F. PNNLCN73C01F839I, con domicilio eletto presso gli stessi in Napoli, Centro Direzionale viale della Costituzione Isola G/1;

contro

Comune di Qualiano, in persona del legale rappresentante p.t., non costituito in giudizio;

per l’annullamento

dell’ordinanza n. 36 prot. n. 11458 del 20/10/2015, recante la chiusura immediata dell’attività commerciale di vendita di autoveicoli esercitata in Qualiano alla via Circumvallazione esterna 223; dell’ordinanza n. 31 del 2/10/2015, quale atto presupposto, concernente la lottizzazione abusiva sui suoli riportati in catasto al fl. 1, p.lla 295 (ex 97); nonché degli atti connessi; nonché degli atti connessi;

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Viste le produzioni delle parti;
Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 25 ottobre 2016 il dott. Fabio Donadono e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

In data 9.01.2016, il Comune di Qualiano notificava al legale rappresentante della società Auto Abate s.r.l. l’ordinanza n. 36 del 20 Ottobre 2015 con la quale veniva ordinata la «chiusura immediata dell’attività di commercio di vendita di autoveicoli, esercitata in questo Comune alla Via Circ.ne Esterna, 223, con diffida che, in difetto, si procederà a termini di legge». L’ordinanza motivava, nel preambolo, in tal senso: «Visto, l’Ordinanza n.ro 31 del 02/10/2015 emessa dall’Area Tecnica – Settore 10 – Pianificazione e Gestione del Territorio Servizio Edilizia Privata e antiabusivismo di questo Ente, con la quale si ordinava l’immediata sospensione di ogni opera edilizia e di lottizzazione sui suoli riportati in catasto al foglio 1 p.lla 295 (ex p.lla 97), ubicati in Qualiano (NA) alla Via 223 (ex 124), notificata tra gli altri, anche al Sig. Abbate Antonio (omissis);

Accertato, che su detta area viene svolta attività di vendita di autoveicoli, gestita dal Sig. Abbate Vincenzo (omissis), in qualità di legale rappresentante della Soc. Auto Abbate s.r.l.( omissis), così come comunicato con Segnalazione Certificata di Inizio Attività (Esercizi di commercio al dettaglio di vicinato) trasmesso a questo Ente in data 17/06/2011, prot. N.ro 8120 […]».

La ditta AUTO ABBATE s.r.l., con ricorso notificato il 27 gennaio 2016 e depositato il 4 febbraio 2016, impugnava entrambe le ordinanze, sia la n. 36/2015 di chiusura dell’attività sia quella presupposta n. 31/2015, quest’ultima qualificata nel ricorso introduttivo «quale atto presupposto a quello adottato, mai notificato né noto alla ricorrente».

Con decreto presidenziale n. 218 del 4/2/2016, recante misure cautelari urgenti inaudita altera parte, veniva disposta a carico del Comune l’acquisizione dell’ordinanza n. 31/2015, nonché di tutti gli atti e documenti del procedimento, fermo restando l’onere della ricorrente di produrre la documentazione nella sua disponibilità.

Il Comune di Qualiano non si costituiva in giudizio e non eseguiva gli incombenti istruttori, mentre la società ricorrente depositava la suddetta ordinanza n. 31/2015.

Con ordinanza n. 313 del 23/2/2016, veniva accolta la domanda di sospensione dell’ordinanza concernente la chiusura dell’esercizio commerciale, con fissazione dell’udienza per la trattazione del merito.


DIRITTO

1. Nel merito la società ricorrente deduce che:

– la sanzione irrogata, e cioè la chiusura ad horas dell’esercizio commerciale, sarebbe irrituale e sproporzionata; essa deriverebbe unicamente dalla pretesa emanazione dell’ordinanza n. 31/2015, di cui la società ricorrente non avrebbe avuto anteriore conoscenza, adottata per una pretesa lottizzazione abusiva nei confronti del solo proprietario del lotto in cui viene esercitata l’attività;

– se anche fosse sussistente il suddetto illecito, la chiusura dell’esercizio avrebbe dovuto essere preceduta da un procedimento finalizzato alla revoca sia del titolo abilitativo all’attività commerciale (SCIA 17/6/2011), sia della concessione edilizia in sanatoria n. 31 del 2010 e del certificato di agibilità del 22/7/2010; mancherebbe una comunicazione di avvio del procedimento, con violazione dell’art. 7 della legge n. 241 del 1990;

– mancherebbe una adeguata motivazione dell’ordine di chiusura dell’esercizio commerciale, con violazione dell’art. 3 della legge n. 241 del 1990 e dell’art. 97 cost.; l’ordinanza n. 31/2015 sarebbe solo richiamata, senza specificazione del contenuto né allegazione; non sarebbero indicate le ragioni di interesse pubblico sottese all’ingiunzione di chiusura immediata; il mero richiamo all’ordinanza n. 31/2015 sarebbe inidoneo a superare il denunciato deficit motivazionale;

– la irregolarità urbanistica contestata, seppure sussistente, non sarebbe idonea a giustificare la chiusura in ragione dell’affidamento generato dal rilascio dei titoli ampliativi (SCIA 17/6/2011, sanatoria edilizia 4/6/2010 e agibilità 29/7/2010) ed in difetto di un pubblico interesse concreto ed attuale, anche in considerazione del notevole lasso di tempo intercorso.

1.1. Giova premettere che gli atti emanati in forza di un potere di autotutela spettante alla pubblica amministrazione comportano, in linea di principio, l’esigenza di esplicitare compiutamente le ragioni giustificative della nuova determinazione amministrativa secondo il modello delineato dagli artt. 21-quinquies e 21-nonies della legge n. 241 del 1990 (cfr. Cons. St., sez. V, 28/6/2011, n. 3875).

Nondimeno l’intendimento provvedimentale di rimuovere l’atto abilitativo pregresso può emergere implicitamente, purché in modo non equivoco, qualora le ragioni siano chiaramente intuibili sulla base del contenuto del provvedimento esplicito e qualora lo stesso organo competente ad emanare l’atto presupposto, pur omettendo di formalizzale espressamente la determinazione, adotti un atto che sia assolutamente incompatibile con la sopravvivenza dell’atto abilitativo precedente e che quindi chiaramente comporti una volontà equivalente al ritiro dell’atto abilitativo stesso quale indefettibile presupposto dell’atto espresso presupponente.

Pertanto, in definitiva, si realizza una coincidenza nel medesimo atto di due concorrenti determinazioni se l’atto espresso non può esistere, logicamente e giuridicamente, senza necessariamente anche l’atto implicito attraverso un collegamento esclusivo e bilaterale tra atto espresso presupponente ed atto implicito presupposto (cfr. Cons. St., sez. IV, 18/10/2002, n. 5758; sez. VI, 27/11/2014, n. 5887).

Nella specie è evidente che l’ingiunzione volta alla chiusura dell’esercizio commerciale, reca con sé l’implicita ma inequivoca volontà provvedimentale di revocare il titolo abilitativo in forza del quale l’attività commerciale è svolta.

1.2. Orbene, la regolarità urbanistico-edilizia dell’immobile è prescritta per ogni attività commerciale, stante la stretta connessione esistente tra le relative discipline (cfr. in particolare la legge regionale n. 1 del 2014). Pertanto il legittimo esercizio dell’attività commerciale è ancorato, non solo in sede di rilascio dei titoli abilitativi, ma anche per la intera sua durata di svolgimento, alla iniziale e perdurante regolarità sotto il profilo urbanistico-edilizio dei locali in cui essa viene posta in essere, con conseguente potere-dovere dell’autorità amministrativa di inibire l’attività commerciale esercitata in locali rispetto ai quali sono stati adottati provvedimenti repressivi che accertano l’abusività delle opere realizzate ed applicano sanzioni che precludono in modo assoluto la prosecuzione di un’attività commerciale (cfr. Cons. St., sez. VI, 23/10/2015, n. 4880).

L’esercizio di tale potere ha carattere essenzialmente vincolato e privo di contenuti discrezionali, essendo da escludere qualsiasi possibilità logica e giuridica di ammettere la continuazione di un’attività commerciale in locali per i quali l’autorità amministrativa ha ordinato la demolizione.

Ne consegue che un vizio meramente procedimentale, relativo all’omissione della comunicazione di avvio del procedimento, in base all’art. 21-octies della legge n. 241 del 1990, non è idoneo a provocare l’annullamento di un atto il cui contenuto dispositivo non potrebbe essere diverso da quello contestato dalla società ricorrente.

Inoltre la chiusura di un’attività a seguito di un’ingiunzione di demolizione dei relativi locali è sufficientemente sorretta dalla mera enunciazione dei presupposti di fatto e di diritto da cui scaturisce la determinazione, senza che possano avere considerazione la ponderazione degli interessi pubblici e privati coinvolti, ovvero l’affidamento generato dai titoli abilitativi caducati, che comunque non possono consentire la disapplicazione delle sanzioni inflitte per le opere abusive realizzate.

E’ appena il caso di soggiungere che l’art. 3, co. 3, della legge n. 241 del 1990 consente la motivazione per relationem, richiedendo unicamente che l’atto richiamato “sia indicato e reso disponibile”. Sennonché nella specie l’ordinanza n. 31/2015, concernente la lottizzazione abusiva contestata al proprietario dei suoli, è debitamente contemplata nell’ordinanza n. 36/2015, concernente la chiusura dell’esercizio commerciale e, a quanto pare, non risulta sottratta alla disponibilità della società ricorrente dal momento che la stessa ricorrente ha provveduto a depositare in giudizio copia del documento.

1.3. E’ appena il caso di soggiungere infine che la ripetuta ordinanza n. 31/2015, sebbene eventualmente illegittima e aliunde impugnata in giudizio dall’interessato, è nondimeno efficace e non disapplicabile, per la stessa amministrazione e per il giudice amministrativo, finché non risulti annullata o sospesa nelle forme previste dall’ordinamento.

1.4. In relazione a tutto quanto precede tutte le censure mosse contro l’ordinanza n. 36/2015 si palesano infondate.

2. Con il ricorso in esame la società ricorrente contesta anche l’ordinanza n. 31/2015.

Sennonché la società ricorrente non ha adempiuto all’onere di dedurre i motivi di impugnazione.

Al riguardo, l’art. 40, co. 1, c.p.a. richiede, alla lettera d), tra gli elementi contenutistici necessari dell’atto introduttivo, «i motivi specifici su cui si fonda il ricorso». Il secondo comma dell’articolo statuisce che «i motivi proposti in violazione del comma 1, lettera d), sono inammissibili».

Ne consegue, relativamente al ricorso in parte qua, l’inammissibilità, di cui è stato dato avviso verbalizzato in udienza ai sensi dell’art. 73, co. 3, c.p.a..

3. Attesa la mancata costituzione in giudizio dell’amministrazione intimata, non vi è luogo ad una pronuncia sulle spese di causa.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, respinge l’impugnativa contro l’ordinanza n. 36/2015 e dichiara l’inammissibilità dell’impugnativa contro l’ordinanza n. 31/2015.

Nulla sulle spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 25 ottobre 2016 con l’intervento dei magistrati:

Fabio Donadono, Presidente, Estensore
Vincenzo Cernese, Consigliere
Alfonso Graziano, Consigliere

IL PRESIDENTE, ESTENSORE       
Fabio Donadono       
        

IL SEGRETARIO
 

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