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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Rifiuti, VIA VAS AIA Numero: 669 | Data di udienza: 18 Novembre 2016

* VIA, VAS E AIA – RIFIUTI – Progetto di ampliamento di una discarica – Valutazione favorevole da parte dei rappresentati politici della Provincia – Garanzia di esito favorevole della VIA – Esclusione– Ricorso temporaneo a forme speciali di gestione – Art. 191 d.lgs. n. 152/2006 – Periodo massimo di durata della gestione emergenziale – Termine di 18 mesi – Derogabilità – Presupposto – Esaurimento della capacità abbancativa della discarica deputata a ricevere i r.s.u. – Parere degli organi tecnici – Natura vincolante – Esclusione – Potere di stabilire se una determinata attività richieda il rilascio di provvedimenti autorizzativi  – ARPA – Non compete – Deroga a norme di legge o a prescrizioni contenute nei provvedimenti autorizzatori (AIA).


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 1^
Regione: Marche
Città: Ancona
Data di pubblicazione: 29 Novembre 2016
Numero: 669
Data di udienza: 18 Novembre 2016
Presidente: Filippi
Estensore: Capitanio


Premassima

* VIA, VAS E AIA – RIFIUTI – Progetto di ampliamento di una discarica – Valutazione favorevole da parte dei rappresentati politici della Provincia – Garanzia di esito favorevole della VIA – Esclusione– Ricorso temporaneo a forme speciali di gestione – Art. 191 d.lgs. n. 152/2006 – Periodo massimo di durata della gestione emergenziale – Termine di 18 mesi – Derogabilità – Presupposto – Esaurimento della capacità abbancativa della discarica deputata a ricevere i r.s.u. – Parere degli organi tecnici – Natura vincolante – Esclusione – Potere di stabilire se una determinata attività richieda il rilascio di provvedimenti autorizzativi  – ARPA – Non compete – Deroga a norme di legge o a prescrizioni contenute nei provvedimenti autorizzatori (AIA).



Massima

 

TAR MARCHE, Sez. 1^ – 29 novembre 2016, n. 669


VIA, VAS E AIA – RIFIUTI – Progetto di ampliamento di una discarica – Valutazione favorevole da parte dei rappresentati politici della Provincia – Garanzia di esito favorevole della VIA – Esclusione.

L’approvazione del progetto in sede di V.I.A. non può costituire oggetto di un impegno giuridicamente vincolante da parte della Provincia, e ciò sia alla luce della disciplina positiva (la quale prevede il coinvolgimento di vari enti pubblici e soggetti equiparati, i cui pareri sono più o meno vincolanti ai fini della decisione finale), sia in ragione del fatto che il provvedimento finale ha natura ampiamente discrezionale (in questo caso si parla di discrezionalità tecnica, essendo al riguardo decisivi i dati inerenti il bilancio ambientale presunto risultante dalla realizzazione del progetto, i quali vanno a loro volta valutati sulla base delle conoscenze tecnico-scientifiche consolidate nel momento in cui il procedimento si svolge). Per cui, la circostanza che nel corso di incontri informali i rappresentanti politici e/o i funzionari della Provincia avessero favorevolmente valutato il progetto di ampliamento di una discarica,  non può in alcun modo garantire che l’esito favorevole della V.I.A.
 

RIFIUTI – Ricorso temporaneo a forme speciali di gestione – Art. 191 d.lgs. n. 152/2006 – Periodo massimo di durata della gestione emergenziale – Termine di 18 mesi – Derogabilità.

L’art. 191 del d.lgs. n. 152/2016 non prevede in 18 mesi il periodo massimo di durata della gestione emergenziale, il che si desume dalla piana lettura del comma 4, secondo periodo (“Qualora ricorrano comprovate necessità, il Presidente della regione d’intesa con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare può adottare, dettando specifiche prescrizioni, le ordinanze di cui al comma 1 anche oltre i predetti termini”
 

RIFIUTI – Ricorso temporaneo a forme speciali di gestione – Art. 191 d.lgs. n. 152/2006 – Presupposto – Esaurimento della capacità abbancativa della discarica deputata a ricevere i r.s.u..

 L’esaurimento della capacità abbancativa della discarica deputata ordinariamente a ricevere i r.s.u. prodotti nel territorio interessato, costituisce senz’altro presupposto per l’esercizio dei poteri di urgenza ex art. 191 d.lgs. n. 152/2006, essendo quello della raccolta dei rifiuti solidi urbani un servizio che non può subire interruzioni, pena l’immediata insorgenza di problematiche connesse con la salute pubblica, l’inquinamento ambientale e, in generale, il degrado delle città.
 

RIFIUTI – Ricorso temporaneo a forme speciali di gestione – Art. 191 d.lgs. n. 152/2006 – Parere degli organi tecnici – Natura vincolante – Esclusione.

L’art. 191, comma 3, del D.Lgs. n. 152/2006 non qualifica espressamente come vincolante il parere degli organi tecnici o tecnico-sanitari, chiamati ad esprimersi sulle conseguenze ambientali complessive.
 

RIFIUTI – Potere di stabilire se una determinata attività richieda il rilascio di provvedimenti autorizzativi  – ARPA – Non compete.

L’ARPAM non è competente a stabilire se una determinata attività richiede o meno il rilascio di provvedimenti autorizzativi. L’Agenzia, in ragione delle sue prerogative di organo tecnico di supporto alle amministrazioni pubbliche, è invece legittimata ad identificare quale sia l’attività effettivamente svolta in un determinato impianto e ad esprimere le valutazioni circa l’impatto ambientale cagionato da tale attività. Sarà poi l’autorità competente a decidere quale è, fra quelli previsti dall’ordinamento di settore, l’atto autorizzativo che corrisponde alla tipologia di attività svolta nell’impianto (per come identificata dall’ARPAM e dagli altri organismi di supporto tecnico) ed a rilasciare l’atto medesimo all’esito del relativo provvedimento.
 

RIFIUTI – Ricorso temporaneo a forme speciali di gestione – Art. 191 d.lgs. n. 152/2006 – Deroga a norme di legge o a prescrizioni contenute nei provvedimenti autorizzatori (AIA).

Ai sensi dell’art. 191 T.U.A. con le ordinanze extra ordinem ivi previste,  si può anche derogare a norme di legge e, a maggior ragione, alle prescrizioni contenute in provvedimenti autorizzatori (nella specie, AIA).

Pres. Filippi, Est. Capitanio – Comune di Ascoli Piceno (avv.ti Tosti e Iacoboni) c. Provincia di Ascoli Piceno (avv. Cavaliere)
 


Allegato


Titolo Completo

TAR MARCHE, Sez. 1^ - 29 novembre 2016, n. 669

SENTENZA

 

TAR MARCHE, Sez. 1^ – 29 novembre 2016, n. 669

Pubblicato il 29/11/2016

N. 00669/2016 REG.PROV.COLL.
N. 00226/2015 REG.RIC.
N. 00688/2015 REG.RIC.
N. 00699/2015 REG.RIC.
N. 00260/2016 REG.RIC.
N. 00267/2016 REG.RIC.
N. 00256/2015 REG.RIC
.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 226 del 2015, proposto da:
Comune di Ascoli Piceno, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati Sabrina Tosti C.F. TSTSRN68B42A462H, Lucia Iacoboni C.F. CBNLCU60P58G148D, con domicilio eletto presso Avv. Patrizia Niccolaini, in Ancona, via Goito 3;


contro

Provincia di Ascoli Piceno, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’avvocato Carla Cavaliere C.F. CVLCRL55T66H501U, domiciliata ex art. 25 c.p.a. presso la Segreteria T.A.R. Marche, in Ancona, via della Loggia, 24;

nei confronti di

G.E.T.A. S.r.l., Secit S.r.l., non costituite in giudizio;

sul ricorso numero di registro generale 688 del 2015, proposto da:
Comune di Ascoli Piceno, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati Lucia Iacoboni C.F. CBNLCU60P58G148D, Sabrina Tosti C.F. TSTSRN68B42A462H, con domicilio eletto presso avv. Marianna Granato, in Ancona, via Pesaro 9;


contro

Provincia di Ascoli Piceno, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa come sopra;

nei confronti di

G.E.T.A. S.r.l., Soc. Ecoimpianti S.r.l., Ascoli Servizi Comunali S.r.l., Picenambiente S.p.A., non costituiti in giudizio;

sul ricorso numero di registro generale 699 del 2015, proposto da:
Societa’ Ascoli Servizi Comunali S.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’avvocato Daniele Carissimi C.F. CRSDNL73B22G478G, con domicilio eletto presso Avv. Antonio Di Stasi, in Ancona, via degli Orefici, 5;

contro

Provincia di Ascoli Piceno, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difese come sopra;

nei confronti di

G.E.T.A. S.r.l., Ecoimpianti S.r.l., Picenambiente S.p.A., non costituiti in giudizio;

sul ricorso numero di registro generale 260 del 2016, proposto da:
Ascoli Servizi Comunali S.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa come sopra;

contro

Provincia di Ascoli Piceno, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa come sopra;

nei confronti di

G.E.T.A. S.r.l., Ecoimpianti S.r.l., Picenambiente S.p.A., non costituiti in giudizio;

sul ricorso numero di registro generale 267 del 2016, proposto da:
Comune di Ascoli Piceno, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati Sabrina Tosti C.F. TSTSRN68B42A462H, Lucia Iacoboni C.F. CBNLCU60P58G148D, con domicilio eletto presso avv. Marianna Granato, in Ancona, via Pesaro 9;


contro

Provincia di Ascoli Piceno, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa come sopra;

nei confronti di

G.E.T.A. S.r.l., Ascoli Servizi Comunali S.r.l., Picenambiente S.p.A., non costituiti in giudizio;

sul ricorso numero di registro generale 256 del 2015, proposto da:
Ascoli Servizi Comunali S.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa come sopra;

contro

Provincia di Ascoli Piceno, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa come sopra;

nei confronti di

G.E.T.A. S.r.l., Secit S.p.A., non costituiti in giudizio;

per l’annullamento

quanto al ricorso n. 226 del 2015:

dei decreti del Presidente della Provincia di Ascoli Piceno n.16 del 29/1/2015, n.30 del 12/2/2015 e n.57 del 16/3/2015;

quanto al ricorso n. 688 del 2015:

del decreto del Presidente della Provincia di Ascoli Piceno n.155 del 29/7/2015 nonché di ogni atto precedente, presupposto, contestuale, successivo e conseguente, comunque connesso e correlato;

quanto al ricorso n. 699 del 2015:

– del decreto Presidenziale n.155 del 29 luglio 2015, della nota n.43298 del 22 settembre 2015 e di di ogni atto presupposto, connesso e conseguente;

quanto al ricorso n. 260 del 2016:

– del decreto Presidenziale n.10 del 29 gennaio 2016 notificato il 2 febbraio 2016;

– del Decreto Presidenziale n.23 del 19 febbraio 2016 notificato il 25 febbraio 2016;

e di ogni atto presupposto, connesso e conseguente;

quanto al ricorso n. 267 del 2016:

del decreto del Presidente della Provincia di Ascoli Piceno n.23 del 19/2/2016 nonché di ogni atto precedente, contestuale, successivo e conseguente comunque connesso e correlato;

quanto al ricorso n. 256 del 2015:

dei decreti del Presidente della Provincia di Ascoli Piceno n.16 del 29/1/2015, n.30 del 12/2/2015 e n.57 del 16/3/2015.

Visti i ricorsi e i relativi allegati;
Visto gli atti di costituzione in tutti i giudizi della Provincia di Ascoli Piceno;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 7 ottobre 2016 il dott. Tommaso Capitanio e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. I ricorsi che pervengono alla odierna decisione afferiscono tutti alla medesima vicenda sostanziale, ossia all’impugnazione di una serie di decreti emessi dal Presidente della Provincia di Ascoli Piceno ai sensi dell’art. 191 D.Lgs. n. 152/2006 e dichiaratamente finalizzati a fronteggiare una fase emergenziale nel ciclo di gestione dei rifiuti solidi urbani (r.s.u.) prodotti nel territorio provinciale.

Con le predette ordinanze, il Presidente della Provincia ha disposto l’abbancamento temporaneo dei r.s.u. nella discarica gestita dalla ditta GETA in località Alto Bretta – ricadente nel territorio comunale di Ascoli Piceno – discarica che in via ordinaria è autorizzata a ricevere solo rifiuti speciali, pericolosi e non pericolosi. I rifiuti subiscono un primo trattamento meccanico-biologico presso l’impianto ubicato nel Polo di Relluce.

I provvedimenti impugnati si fondano sulla circostanza che la discarica gestita da Ascoli Servizi Comunali in località Relluce (e deputata ordinariamente a ricevere i r.s.u. prodotti nel territorio ricompreso nell’Ambito Territoriale Ottimale n. 5) ha esaurito la propria capacità abbancativa alla data del 31 gennaio 2015.

2. Ascoli Servizi Comunali (d’ora in poi anche A.S.C.) è una società mista locale, partecipata per il 60% dal Comune di Ascoli Piceno e per il restante 40% dal socio privato Ecoinnova, affidataria dal 2003 della gestione del Polo di Relluce, composto da una discarica per r.s.u. e da un impianto di trattamento meccanico biologico (TMB) dei rifiuti.

A.S.C. e il Comune di Ascoli Piceno ritengono di essere stati lesi dai provvedimenti impugnati e dal complessivo operato della Provincia e dell’Assemblea Territoriale d’Ambito n. 5 (d’ora in poi anche ATA n. 5), e ciò per il fatto che le amministrazioni intimate starebbero perseguendo sotto traccia l’obiettivo di estromettere A.S.C. dalla gestione del ciclo dei rifiuti, quale risulterà dall’emanando nuovo Piano d’Ambito.

Tale obiettivo verrebbe perseguito attraverso:

– dapprima l’omessa e poi la negativa conclusione della procedura di V.I.A. sul progetto di ampliamento della discarica di Relluce presentato da A.S.C. (procedura per la quale è competente la stessa Provincia);

– la sollecitazione rivolta dall’ATA n. 5 alla Regione Marche di disporre il trasferimento dell’impianto di Relluce alla stessa ATA (la Regione risulta infatti proprietaria superficiaria dell’impianto). A tale sollecitazione la Regione ha dato positivo riscontro con la deliberazione di G.R. n. 513/2015, oggetto di separata impugnativa con i ricorsi nn. 696 e 697/2015 R.G. (anch’essi passati in decisione all’odierna udienza pubblica).

Il combinato disposto di tali atti fa in modo che A.S.C. sarebbe di fatto estromessa dalla gestione del ciclo provinciale dei rifiuti (essendo obbligata a trasferire l’impianto all’ATA e non disponendo di ulteriore capacità di abbancamento dei rifiuti), dal che discende un danno anche per il socio pubblico di maggioranza.

Di qui la legittimazione e l’interesse alla proposizione dei ricorsi in epigrafe.

A.S.C. ha altresì impugnato con il ricorso n. 757/2015 R.G. (anch’esso deciso in pari data) la deliberazione dell’ATA n. 5 con cui è stata determinata la tariffa che i Comuni dell’Ambito debbono corrispondere ai soggetti preposti a gestire la fase emergenziale. Tale tariffa viene ritenuta non remunerativa e comunque illegittima in quanto stabilita unilateralmente dall’ATA.

3. Questi i motivi dedotti nei ricorsi in trattazione (le censure sollevate da A.S.C. e dal Comune sono pressoché identiche, salvo alcune specificità di cui si darà conto nel prosieguo):

– violazione e falsa applicazione dell’art. 191 del D.Lgs. n. 152/2006 sotto svariati profili (insussistenza dei presupposti di imprevedibilità, inevitabilità e indispensabilità; assenza di valutazioni tecniche sulle conseguenze ambientali; carenza di istruttoria e di adeguata motivazione; sviamento di potere e disparità di trattamento; assenza di programmazione; omessa valutazione di soluzioni alternative; violazione del termine massimo di efficacia delle ordinanze de quibus; stabilità delle ordinanze medesime e conseguente venir meno del loro carattere extra ordinem);

– quanto ai decreti nn. 16/2015 e 23/2016, carenza del parere obbligatorio dell’ARPAM;

– omessa valutazione e mancato recepimento di alcune delle prescrizioni impartite dall’ARPAM;

– violazione e falsa applicazione dell’art. 200 D.Lgs. n. 152/2006 e incompetenza dell’ATA n. 5;

– violazione dell’art. 200 D.Lgs. n. 152/2006 sotto diverso e peculiare profilo (le presenti censure investono i provvedimenti impugnati con riguardo alla fissazione degli itinerari stradali che i mezzi adibiti al servizio debbono percorrere per raggiungere la discarica GETA. In parte qua viene dedotto che le strade all’uopo indicate non sono adeguate a sopportare questo incremento di traffico pesante e che anche sotto questo aspetto le misure adottate peggiorano il bilancio ambientale complessivo, oltre a provocare un danno al Comune proprietario delle strade in questione);

– ingiustizia manifesta e violazione degli artt. 41 e 23 Cost. (queste censure sono sollevate solo da A.S.C. e riguardano i profili economici della vicenda);

– erroneità dei presupposti e contraddittorietà manifesta (tali doglianze sono state sollevate dal Comune di Ascoli nei ricorsi nn. 688/2015 e 267/2016 e riguardano il fatto che: il decreto n. 155/2015 è stato adottato pretermettendo il parere ARPAM e non considerando che la stessa Provincia ha accertato in capo a GETA molteplici inadempienze alle prescrizioni impartite con i precedenti decreti; il decreto n. 23/2016 è stato adottato in assenza del parere ARPAM e non tenendo conto del fatto che l’istanza di aggiornamento dell’A.I.A. presentata da GETA era stata respinta dal SUAP di Ascoli Piceno, per cui GETA non è abilitata a svolgere il servizio).

Il Comune ha proposto in ogni ricorso anche la domanda risarcitoria.

4. In tutti i giudizi si è costituita la Provincia di Ascoli Piceno, controdeducendo alle censure mosse dai ricorrenti e chiedendo il rigetto dei ricorsi in epigrafe.

Alla pubblica udienza del 7 ottobre 2016 i ricorsi sono passati in decisione.

5. Preliminarmente va disposta, ai sensi dell’art. 70 cod. proc. amm., la riunione dei ricorsi in epigrafe, stante la loro connessione oggettiva (afferendo gli stessi alla medesima vicenda sostanziale e sussistendo anche una dichiarata comunanza di interessi fra il Comune di Ascoli Piceno e A.S.C. rispetto all’annullamento degli atti impugnati).

Nel merito i ricorsi vanno respinti, per le ragioni di seguito esposte.

6. Preliminarmente, è opportuno evidenziare alcune circostanze in punto di fatto e di diritto che al Collegio appaiono dirimenti ai fini della presente decisione.

6.1. E’ indiscutibile che la discarica di Relluce ha esaurito la propria capacità abbancativa alla fine del mese di gennaio 2015 (e ciò computando anche le volumetrie aggiuntive individuate nei decreti adottati dal Presidente della Provincia nel corso 2014 e nella prima metà del mese di gennaio 2015), il che costituisce il primo elemento imprescindibile da considerare per valutare la legittimità dei provvedimenti impugnati. E’ infatti evidente che se la discarica de qua avesse conservato capacità abbancativa residua, il Presidente della Provincia non avrebbe potuto legittimamente modificare il regime ordinario di gestione del ciclo dei rifiuti dell’ATO n. 5 (il quale prevedeva per l’appunto l’abbancamento dei r.s.u. presso il Polo di Relluce).

6.2. Seppure è vero che la prima segnalazione di A.S.C. circa l’imminente esaurimento della discarica risale al 2012, è altrettanto vero che la società non ha presentato formalmente all’epoca alcun progetto di ampliamento. In questo senso non giova ad A.S.C. rimarcare il fatto che degli incontri svolti con le amministrazioni interessate per cercare soluzioni al problema non è stata redatta alcuna verbalizzazione, e questo perché la Provincia e gli altri enti coinvolti avevano l’onere di rispondere solo ad istanze formali, accompagnate da specifiche proposte progettuali. Il Collegio non dubita che, data l’importanza della questione, tali contatti informali vi siano stati, ma non si comprende su cosa la Provincia avrebbe dovuto formalmente esprimersi, se non su un progetto di ampliamento della discarica corredato anche dalla documentazione necessaria per lo svolgimento della procedura di V.I.A.

6.3. Il progetto, come risulta dall’accurata ricostruzione dei fatti operata dalla Provincia nelle memorie difensive presentate in tutti i giudizi, è stato presentato formalmente da A.S.C. il 31 gennaio 2013 al SUAP del Comune di Ascoli Piceno; il procedimento si è protratto per più di un anno, avendo comportato anche l’indizione di un’inchiesta pubblica, ma A.S.C. ha dichiarato di rinunciare all’approvazione del progetto in data 24 aprile 2014, salvo poi ripresentarne un altro in data 26 maggio 2014 (il che ha implicato il riavvio ex novo del procedimento). Successivamente, la società non ha eccepito alcunché circa la durata della procedura di V.I.A. (che ha avuto formalmente inizio il 9 ottobre 2014, data in cui il SUAP ha sospeso il procedimento autorizzatorio, trasmettendo gli atti alla Provincia per l’effettuazione della valutazione di impatto ambientale), avendo riscontrato le richieste di integrazione documentale formulate dalla conferenza di servizi ed avendo partecipato attivamente ad alcune delle riunioni svolte dalla stessa conferenza.

6.4. L’approvazione del progetto in sede di V.I.A. non poteva costituire oggetto di un impegno giuridicamente vincolante da parte della Provincia, e ciò sia alla luce della disciplina positiva (la quale prevede il coinvolgimento di vari enti pubblici e soggetti equiparati, i cui pareri sono più o meno vincolanti ai fini della decisione finale), sia in ragione del fatto che il provvedimento finale ha natura ampiamente discrezionale (in questo caso si parla di discrezionalità tecnica, essendo al riguardo decisivi i dati inerenti il bilancio ambientale presunto risultante dalla realizzazione del progetto, i quali vanno a loro volta valutati sulla base delle conoscenze tecnico-scientifiche consolidate nel momento in cui il procedimento si svolge). Per cui, se anche nel corso degli incontri informali di cui si è detto i rappresentanti politici e/o i funzionari della Provincia avessero favorevolmente valutato il progetto di ampliamento, ciò non avrebbe in alcun modo garantito ad A.S.C. che la V.I.A. sarebbe stata favorevole.

In ogni caso, non è dato sapere i tempi di realizzazione e successiva messa in funzione della nuova vasca. Peraltro, considerato che la procedura di V.I.A. ha avuto inizio nel mese di ottobre 2014, anche nel caso di rilascio di un parere favorevole sull’impatto ambientale e della successiva autorizzazione da parte del SUAP, la vasca n. 6 non avrebbe comunque potuto essere completata e messa in attività per il 1° febbraio 2015.

Per completezza, va detto che successivamente il SUAP di Ascoli Piceno, non condividendo il parere sfavorevole di V.I.A. espresso dalla Provincia, ha trasmesso la pratica alla Presidenza del Consiglio dei Ministri ai sensi dell’art. 14-quater, comma 3, L. n. 241/1990 (nella versione previgente al D.Lgs. n. 127/2016), ma alla data di decisione dei ricorsi in epigrafi non risulta che l’autorità statale si sia pronunciata in merito.

Ma, per chiudere sul punto, quello che non convince di fondo è il tentativo dei ricorrenti di ricondurre l’illegittimità dei provvedimenti impugnati alla mancata conclusione favorevole della procedura di V.I.A. sul progetto di ampliamento della discarica di Relluce. Tale collegamento non è ravvisabile per le ragioni appena esposte.

6.5. Il “triplo ruolo” che il Presidente della Provincia ha rivestito nella vicenda (presidente dell’ente, presidente dell’ATA n. 5 e autorità munita del potere di ordinanza extra ordinem) si fonda su specifiche norme di legge, statale e regionale, ossia l’art. 191 del D.Lgs. n. 152/2006 e l’art. 7, comma 3, della L.R. n. 24/2009. Ma del resto, né A.S.C. né il Comune hanno impugnato sul punto gli analoghi provvedimenti adottati dal Presidente pro tempore nel 2014. Va però evidenziato che il ruolo di presidente della Provincia non consente al titolare di ingerirsi nel procedimento di V.I.A. (stante il principio di separazione fra potere di indirizzo politico e potere gestionale), mentre è indiscutibile che l’ATA – nella persona del legale rappresentante – ha diritto di partecipare al procedimento di V.I.A. afferente l’ampliamento della discarica che serve l’Ambito. Il ruolo di autorità titolare del potere emergenziale sta invece a sé, essendo conferito dalla legge per finalità specifiche. Nel caso in esame, quindi, il difetto sta eventualmente nella legge, ma nulla si può rimproverare in questo senso alla Provincia di Ascoli Piceno e al suo Presidente.

6.6. Non risponde del tutto al vero l’assunto per cui il Polo di Relluce è dichiarato strategico sia nel previgente che nel nuovo Piano Regionale di Gestione dei Rifiuti (quest’ultimo approvato dal Consiglio Regionale nell’aprile 2015). In disparte quanto già detto a proposito della discrezionalità del provvedimento che chiude la procedura di V.I.A. (per cui non è detto che un impianto previsto dal PRGR o dal PPGR sia poi effettivamente realizzabile così come ipotizzato in sede di pianificazione), dallo stralcio del PRGR allegato al ricorso n. 256/2015 R.G. (documenti nn. 13 e 14) emerge che è stata a suo tempo la Provincia di Ascoli Piceno a dichiarare strategico il Polo di Relluce, ma l’ente si è nel contempo riservata la possibilità di mutare in futuro la pianificazione, anche alla luce del nuovo PRGR.

In questo senso, il PRGR del 2015 si limita a riportare quanto dichiarato dalla Provincia.

6.7. Premesso che il disegno persecutorio a danno di A.S.C. e del Comune di cui si parla nei ricorsi in trattazione non trova alcun riscontro negli atti, va altresì osservato che il ritardo con cui l’ATA n. 5 ha avviato la propria attività non è ascrivibile al Presidente pro tempore della Provincia, sia perché nessuna prova è stata fornita in tal senso, sia perché appare plausibile che la costituzione di un’autorità che raggruppa 34 enti pubblici territoriali possa richiedere una certa tempistica (e ciò al netto del ritardo causato dalla paradossale vicenda legislativa che ha visto la soppressione delle Autorità d’Ambito previste in origine dall’art. 201 del D.Lgs. n. 152/2006 e la loro successiva “risurrezione” con diversa denominazione). Quanto alla mancata adozione del nuovo Piano d’Ambito, si deve invece osservare che sarebbe stato del tutto inutile approvare un piano che di lì a poco avrebbe richiesto una revisione alla luce del PRGR in itinere. Come si è detto, il nuovo Piano regionale è stato approvato solo nell’aprile 2015, per cui, a tutto concedere, è dal quel momento che scatta la “mora” a carico dell’ATA. Peraltro, l’art. 20, comma 8, della L.R. n. 24/2009 stabilisce che “Il piano regionale dei rifiuti approvato con Delib.Ass.Legisl. n. 284/1999 e i piani provinciali di gestione dei rifiuti di cui alla L.R. n. 28/1999 conservano efficacia, fatta salva la possibilità di apportare eventuali modifiche cui si applicano le norme procedimentali previgenti, fino all’entrata in vigore del piano di cui all’articolo 5” (ossia del PRGR). L’art. 10, comma 12, della L.R. n. 24/2009 prevede quale unica sanzione per la mancata adozione del Piano d’Ambito l’impossibilità di accedere ad eventuali contributi regionali.

6.8. Seppure fra il Comune e A.S.C. esiste una dichiarata comunanza di interessi in merito alla vicenda sottostante, con riguardo al versante processuale va operata una necessaria distinzione.

A.S.C. è una società con fine di lucro, nella cui ottica imprenditoriale qualsiasi misura diversa dal conferimento dei rifiuti nella discarica di Relluce è da considerare con sfavore. Per cui A.S.C. non può fondatamente lamentare l’omessa considerazione di soluzioni alternative, quando l’unica soluzione alternativa che la ricorrente caldeggia – ossia l’ampliamento della discarica di Relluce – non era nella disponibilità del Presidente della Provincia, né in quanto tale (stante la competenza dei dirigenti a rilasciare le relative autorizzazioni), né in quanto autorità munita del potere di ordinanza. Questo è tanto vero che anche l’analoga soluzione ipotizzata da A.S.C. agli inizi del 2015 – ossia la creazione di una sub-vasca da realizzare in tempi rapidi fra le vasche nn. 3 e 4 – è stata abbandonata in ragione del fatto che tale progetto non poteva essere autorizzato con ordinanza ex art. 191, essendo anche in quel caso necessaria la V.I.A. (al riguardo si vedano i verbali dell’Assemblea ATA del 13 gennaio 2015 e del 28 gennaio 2015).

Per il Comune di Ascoli Piceno il discorso è in parte diverso, perché il Comune non agisce solo in quanto socio di A.S.C. (per il quale varrebbero le medesime considerazioni appena svolte), ma anche in qualità di ente esponenziale della collettività ascolana (e solo in tale qualità l’ente è legittimato a proporre le censure afferenti il presunto peggioramento delle condizioni di inquinamento ambientale, la inadeguatezza del sistema viario e l’ammaloramento delle strade dovuto al passaggio degli automezzi che portano ad Alto Bretta i rifiuti pre-trattati dall’impianto TMB di Relluce). In questo senso, e ribadito quanto appena detto circa l’ampliamento della discarica di Relluce, il Comune non può invocare indiscriminatamente soluzioni alternative, perché il trasporto dei rifiuti fuori Provincia/Regione, o addirittura all’estero, provocherebbe aumenti della tariffa a carico degli utenti (utenti i cui interessi debbono essere ugualmente garantiti e tutelati dal Comune).

In tale ottica, le misure disposte con le ordinanze impugnate sono addirittura favorevoli per l’utenza, visto che A.S.C. lamenta che vi è stata una riduzione della tariffa e che il trasporto nella più vicina discarica per r.s.u. potenzialmente disponibile (quella di Fermo) comporterebbe comunque una tariffa più alta, il cui costo finale graverebbe sui contribuenti ascolani e di quelli degli altri Comuni interessati.

7. Fatte tutte queste premesse, e passando a trattare dei motivi di ricorso, sono infondate le censure con cui si deduce la violazione, a vario titolo, dell’art. 191 del D.Lgs. n. 152/2006.

Va preliminarmente osservato che la contestata continua reiterazione delle ordinanze in parola da parte del Presidente della Provincia è stata dovuta alla disposizione di cui all’art. 191, comma 1, ultimo periodo (il quale stabilisce che ciascuna ordinanza non può avere efficacia superiore a sei mesi), nonché alla necessità di rivedere, in corso d’opera, alcune prescrizioni relative al tragitto degli automezzi. Per inciso, si osserva che i ricorrenti non hanno impugnato tutte le ordinanze emergenziali adottate a far tempo dal gennaio 2015.

7.1. Iniziando dalla durata del periodo massimo previsto dal comma 191, comma 4, del D.Lgs. n. 152/2006, si osserva che:

– non si può seriamente contestare il fatto che il passaggio da un ciclo gestionale in cui i rifiuti, una volta entrati nel Polo di Relluce, non ne escono più ad un sistema in cui i rifiuti subiscono un primo trattamento a Relluce per poi essere trasportati ad Alto Bretta configura una modifica sostanziale del sistema di gestione (in questo senso, le prime ordinanze presidenziali emergenziali avevano modificato la gestione ordinaria solo per quanto concerne la possibilità di abbancare rifiuti anche oltre la capacità autorizzata della discarica di Relluce, c.d. sormonto). Pertanto il periodo di 18 mesi va in ogni caso computato dal momento in cui la nuova modalità di gestione ha avuto inizio, ossia dal 1° febbraio 2015;

– l’art. 191 non prevede in realtà che 18 mesi sia il periodo massimo di durata della gestione emergenziale, il che si desume dalla piana lettura del comma 4, secondo periodo (“Qualora ricorrano comprovate necessità, il Presidente della regione d’intesa con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare può adottare, dettando specifiche prescrizioni, le ordinanze di cui al comma 1 anche oltre i predetti termini”). E poiché i ricorrenti non deducono l’incompetenza del Presidente della Provincia, in parte qua i ricorsi vanno comunque respinti.

7.2. Quanto invece all’asserita assenza dei presupposti di urgenza, ci si deve chiedere cosa sarebbe successo il 1° febbraio 2015 in assenza dell’ordinanza presidenziale n. 16/2015. Non si comprende infatti dove gli operatori incaricati della raccolta dei r.s.u. dell’Ambito avrebbero dovuto portare i rifiuti stessi (circa l’avvenuto esaurimento della discarica di Relluce si è detto ai precedenti punti 6.1. e ss.). E’ evidente che lo stato di emergenza sussisteva, essendo quello della raccolta dei rifiuti solidi urbani un servizio che non può subire interruzioni, pena l’immediata insorgenza di problematiche connesse con la salute pubblica, l’inquinamento ambientale e, in generale, il degrado delle città (del resto, sono ancora vive nella memoria collettiva le immagini relative all’emergenza-rifiuti che ha colpito la Capitale la scorsa estate, per non parlare della gravissima situazione che interessò la provincia di Napoli nel 2006).

E, fra l’altro, nella specie non si può nemmeno dire che la situazione emergenziale sia addebitabile alla stessa autorità che ha adottato le ordinanze contingibili oggetto dei ricorsi in trattazione. Come si è detto in premessa, infatti, il presidente della Provincia non aveva né il potere di approvare il progetto di ampliamento della discarica di Relluce né, in veste di presidente dell’ATA n. 5, di approvare “in solitaria” il nuovo Piano d’Ambito. Quanto all’opposizione al progetto della vasca n. 6 manifestata dal presidente dell’ATA n. 5 nel corso della procedura di V.I.A., si tratta di legittima facoltà di critica esercitabile da qualsiasi soggetto pubblico o privato chiamato a prendere parte al procedimento e di cui l’autorità decidente può o meno tenere conto in sede di provvedimento finale.

Il Collegio non dubita del fatto che nella vicenda abbiano potuto incidere anche questioni di ordine politico (sempre rilevanti nei procedimenti pianificatori, in materia di rifiuti come anche in materia urbanistica), ma tali profili non possono e non debbono interessare il giudice, nella misura in cui le vicende politiche non rifluiscano in vizi di legittimità degli atti impugnati.

I ricorrenti non spiegano nemmeno quali sono tali ragioni, né chi sarebbero i soggetti e gli enti che il nuovo Piano d’Ambito intenderebbe illegittimamente favorire. Dalla prospettazione dei ricorrenti si deduce infatti che l’ATA starebbe ipotizzando di costruire un nuovo impianto a servizio dell’Ambito destinato a soppiantare definitivamente il Polo di Relluce, ma non si dice in quale località dovrebbe essere ubicato l’impianto, né quali sarebbero gli enti pubblici o i soggetti privati che da ciò ricaverebbero un vantaggio indebito. Per cui i profili di ordine politico, di per sé normalmente irrilevanti in sede giudiziaria, nella specie scolorano ancora di più.

7.3. Le altre censure con cui si deduce la violazione dell’art. 191 sono anch’esse infondate.

Non si può infatti sostenere che vi sia stato un difetto di istruttoria, visto il coinvolgimento attivo e continuo dell’ARPAM, o che non siano state ipotizzate soluzioni alternative.

Con riguardo a questo secondo profilo, A.S.C. stigmatizza il fatto che la Provincia, sul finire del 2014, avesse chiesto alle stesse società incaricate della gestione operativa del servizio (fra cui la stessa A.S.C. e Picenambiente) di proporre soluzioni alla incipiente situazione di emergenza. Tale rilievo, nell’ottica della ricorrente, è funzionale ad evidenziare l’inerzia della Provincia e dell’ATA a ricercare una soluzione definitiva a regime del problema.

Il Collegio ritiene invece che lo sforzo della Provincia sia da giudicare con favore, perché esso dimostra che vi è stata la volontà di trovare soluzioni alternative.

In ultima analisi, poi, la scelta fra più soluzioni alternative spetta pur sempre all’autorità competente ed essa è sindacabile dal giudice solo ab externo (difetto di istruttoria, travisamento dei fatti, etc.) e non nel merito. Nella specie, a parte l’ampliamento della discarica di Relluce, gli stessi ricorrenti non dicono quali sarebbero state le soluzioni alternative effettivamente praticabili (alla luce anche del problema della tariffa di cui si è detto al punto 6.8.).

Ovviamente, laddove anche la discarica GETA dovesse esaurire la propria capacità ricettiva prima dell’adozione del Piano d’Ambito o della costruzione di nuove vasche a Relluce, il Presidente della Provincia sarà probabilmente costretto a modificare nuovamente il regime di gestione emergenziale, esplorando anche soluzioni più costose per gli utenti (quale ad esempio il conferimento dei r.s.u. fuori Provincia o fuori Regione).

7.4. Quanto alla presunta illegittima ingerenza dell’ATA nella vicenda, si deve osservare che:

– come statuito da questo Tribunale nella sentenza n. 467/2015, solitamente l’autorità monocratica munita del potere di ordinanza extra ordinem (Sindaco, Presidente della Provincia o della Regione, Prefetto) non dispone di una struttura burocratica propria, visto che gli uffici che dipendono da tali autorità sono preposti a svolgere le attività ordinarie dell’ente e non sono posti a servizio dell’autorità monocratica in quanto tale. Ed è allora evidente che, in presenza di situazioni emergenziali, l’autorità a cui la legge attribuisce il potere di ordinanza può e deve avvalersi dell’istruttoria svolta da qualsiasi organo, ufficio, agenzia, etc. che abbia competenza nella specifica materia (ad esempio, nella materia dei rifiuti ben può accadere che la situazione di emergenza riguardi solo alcuni dei Comuni ricadenti nell’ATO, i quali possono quindi segnalare la situazione al Presidente della Provincia per l’adozione dell’ordinanza ex art. 191, così come normalmente può accadere che la situazione di emergenza sia rilevata dall’ARPAM o dall’ASL, le quali non dipendono dalle Province);

– in ogni caso appare abbastanza inverosimile che, pur disponendo del potere di ordinanza extra ordinem, l’autorità competente ometta completamente di tenere conto dei pareri e delle opinioni dei soggetti che ordinariamente sono titolari del potere di gestire un determinato settore. Sarebbe come se, nell’ambito di un’emergenza legata ad un sisma, l’autorità statale competente adottasse ordinanze contingibili ed urgenti relative, ad esempio, alla dislocazione delle tendopoli o delle altre strutture emergenziali senza tenere conto dei pareri dei Comuni colpiti dal terremoto. Nella specie, va peraltro evidenziato che l’ATA n. 5, nella riunione del 30 dicembre 2014, aveva all’unanimità (compreso quindi il Comune di Ascoli Piceno, presente nella persona del Sindaco) deciso di ricorrere, quale soluzione alternativa, al conferimento dei r.s.u. nella discarica GETA e di contenere il costo della tariffa sotto la cifra di € 100/ton. La decisione è stata poi ribadita dall’Assemblea all’unanimità nella successiva riunione del 13 gennaio 2015;

– in disparte le superiori considerazioni, nella specie l’ATA si è limitata ad indicare quale fosse la soluzione emergenziale ritenuta più soddisfacente (il che non è di per sé illegittimo), ma la decisione finale è stata assunta in piena autonomia dal Presidente della Provincia.

E non è neanche di per sé illegittimo il fatto che nelle ordinanze impugnate si faccia riferimento all’adottando Piano d’Ambito, sia perché in ogni caso i rifiuti non potevano più essere abbancati a Relluce, sia perché appare corretta l’adozione di soluzioni emergenziali che non pregiudichino o condizionino in modo irreversibile le future scelte pianificatorie.

In sostanza, proprio perché si è in una fase emergenziale appare ragionevole l’individuazione di una soluzione che non può essere quella che a regime sarà indicata nel Piano d’Ambito.

7.5. Con specifico riferimento al fatto che l’adozione dei decreti nn. 16/2015 e 23/2016 non è stata preceduta dall’acquisizione del parere ARPAM, va detto che:

– ARPAM non ha mai evidenziato una preclusione assoluta per la soluzione emergenziale qui in contestazione. I numerosi rilievi sollevati dall’Agenzia (ma il Tribunale non è a conoscenza di provvedimenti in materia ambientale la cui adozione non sia accompagnata da un certo numero di prescrizioni cautelative, aventi ad oggetto soprattutto i controlli da eseguire in fase gestionale per verificare il rispetto dei limiti di emissioni e di altri parametri significativi dal punto di vista ambientale) attengono soprattutto alle necessarie misure di adeguamento di una discarica che non è stata concepita per ospitare i r.s.u., nonché a profili di ordine giuridico (in particolare, la questione della non significatività delle modifiche ai fini dell’adeguamento dell’AIA);

– in particolare, nel corso della riunione del 28 gennaio 2015 ARPAM aveva espresso un giudizio favorevole di massima, mentre il parere definitivo favorevole è stato rilasciato il 5 febbraio 2015 (con ciò sanando comunque il procedimento). Ma, come detto, l’emergenza sarebbe iniziata il 1° febbraio 2015, per cui il Presidente della Provincia non poteva ritardare ulteriormente l’adozione del decreto n. 16/2015;

– analogo discorso vale per il decreto n. 23/2016, la cui adozione non poteva essere ritardata dall’assenza del parere ARPAM. Fra l’altro, poiché nella specie si trattava della reiterazione di precedenti decreti, il parere dell’Agenzia non poteva che porsi in linea con quelli favorevoli già rilasciati fino a quel momento.

7.6. Quanto invece all’omesso recepimento delle prescrizioni impartite dall’ARPAM, nemmeno tale vizio sussiste, visto che non tutte le prescrizioni hanno carattere cogente (si pensi, per tutte, alla questione delle emissioni odorigene, per le quali l’Agenzia si è limitata a segnalare la mera “opportunità” della copertura giornaliera dei rifiuti con teli a carbone attivo). Peraltro, l’art. 191, comma 3, del D.Lgs. n. 152/2006 non qualifica espressamente come vincolante il parere degli organi tecnici o tecnico-sanitari, i quali sono chiamati ad esprimersi soprattutto sulle conseguenze ambientali complessive.

Nella specie, considerato che i rifiuti vengono portati in una discarica non esaurita e operante in forza di autorizzazioni a tutt’oggi valide, il problema ambientale assume rilievo meno determinante rispetto ad analoghe situazioni emergenziali (tanto è vero che nella riunione del 28/1/2015 l’ARPAM aveva espresso parere di massima favorevole evidenziando le caratteristiche di elevata protezione ambientale garantite da un impianto funzionante e oggetto di favorevole valutazione di impatto ambientale espressa dalla competente autorità pochi anni prima). Si pensi, ad esempio, alla già richiamata emergenza rifiuti campana, nel corso della quale una delle misure a suo tempo poste in essere fu quella di adibire a siti di stoccaggio dei rifiuti cave dismesse e discariche già esaurite (la qual cosa poneva problematiche ambientali e sociali ben più rilevanti, emerse anche a livello mediatico nazionale).

Il profilo più rilevante, nella specie, era quello della idoneità della discarica GETA a gestire il percolato, visto che i rifiuti ordinariamente trattati ad Alto Bretta non producono percolato. Ebbene, sotto questo profilo nessuna riserva è stata frapposta dall’ARPAM, la quale, come risulta dal punto 3 di pagina 2 del parere 5/2/2015, ha ritenuto accettabile la soluzione tecnica proposta da GETA, dettando alla successiva pagina 5 prescrizioni circa le modalità con cui avrebbe dovuto essere raccolto il percolato.

Con riferimento, invece, alla questione della necessità che GETA presentasse istanza di revisione dell’A.I.A., la prescrizione è stata recepita dai decreti presidenziali e la controinteressata, sia pure con un ritardo di qualche mese, ha presentato tale istanza.

Anche questo gruppo di censure è pertanto da respingere.

7.7. Con specifico riguardo al decreto presidenziale n. 155/2015 va poi osservato che:

– a differenza di quanto opinato dal Comune di Ascoli Piceno, il parere ARPAM del 28 luglio 2015 è favorevole, sia pure con prescrizioni relative soprattutto alle integrazioni da apportare all’A.I.A. relativamente al Piano di monitoraggio e controllo. Si deve infatti considerare che il citato parere va letto in combinato con il precedente parere del 16/7/2015, il quale rimanda, per i profili generali, al parere del 5/2/2015;

– un conto sono i provvedimenti autorizzativi (o nella specie impositivi), altro conto è la fase gestionale. In sede di autorizzazione, infatti, l’autorità competente deve solo verificare se il progetto, per come rappresentato sulla carta, è conforme alla legge e alle c.d. BAT e, in caso di rilascio dell’autorizzazione, può imporre prescrizioni da rispettare in fase di esercizio;

– i controlli, invece, servono a verificare il rispetto di tali prescrizioni e, in questo senso, l’ordinamento prevede una serie di sanzioni commisurate alla rilevanza dell’infrazione. All’esito di controlli eseguiti dalla stessa Polizia Provinciale nel mese di giugno 2015 sono emerse numerose irregolarità, alcune delle quali peraltro riferite alle modalità di gestione dei rifiuti pericolosi e dunque non collegate alla situazione emergenziale che riguarda l’abbancamento dei r.s.u. Con la determinazione dirigenziale n. 1879/2015 la Provincia ha ingiunto a GETA la pronta eliminazione di tali irregolarità, minacciando per il caso di inottemperanza le conseguenti sanzioni. Non si vede, dunque, in cosa risieda la dedotta contraddittorietà fra provvedimenti;

– il Comune insiste molto sulla questione della significatività delle modifiche ai fini dell’A.I.A., che è stata esclusa dalla Regione con la nota del 21/7/2015 indirizzata all’ARPAM. Al riguardo va detto che, al momento dell’adozione del decreto n. 155/2015, la questione era del tutto irrilevante, visto che la competenza a stabilire la necessità della modifica dell’A.I.A. è in capo alla Provincia e che il provvedimento del 21/7/2015 era valido ed efficace. Il Tribunale ritiene corretta l’interpretazione che la Provincia ha dato della normativa di riferimento, visto che nella specie il valore soglia è espresso in termini di quantità di rifiuti da abbancarsi in discarica (quantità che nella specie diminuisce). Il problema peraltro è superato dal fatto che, come emerge dalle vicende esposte nel successivo ricorso n. 267/2016, il SUAP di Ascoli Piceno ha frapposto un diniego definitivo sull’istanza presentata da GETA, che la controinteressata non risulta avere impugnato.

7.8. Proprio in relazione a tale ultima vicenda (trattata solo nel ricorso n. 267/2016 R.G.), si osserva che:

– l’ARPAM non è competente a stabilire se una determinata attività richiede o meno il rilascio di provvedimenti autorizzativi. L’Agenzia, in ragione delle sue prerogative di organo tecnico di supporto alle amministrazioni pubbliche, è invece legittimata ad identificare quale sia l’attività effettivamente svolta in un determinato impianto e ad esprimere le valutazioni circa l’impatto ambientale cagionato da tale attività. Sarà poi l’autorità competente a decidere quale è, fra quelli previsti dall’ordinamento di settore, l’atto autorizzativo che corrisponde alla tipologia di attività svolta nell’impianto (per come identificata dall’ARPAM e dagli altri organismi di supporto tecnico) ed a rilasciare l’atto medesimo all’esito del relativo provvedimento;

– ai sensi dell’art. 191 T.U.A. con le ordinanze in parola si può anche derogare a norme di legge e, a maggior ragione, alle prescrizioni contenute in provvedimenti autorizzatori, per cui anche in assenza della modifica dell’A.I.A. il Presidente della Provincia poteva legittimamente disporre l’abbancamento dei r.s.u. pretrattati nel sito di Alto Bretta. D’altra parte, nel momento in cui i primi decreti presidenziali del 2015 hanno iniziato a spiegare i propri effetti GETA non aveva ancora ottenuto l’autorizzazione in variante e, su questo punto, i ricorrenti non hanno formulato specifica censura nell’ambito dei ricorsi nn. 226/2015, 688/2015, 256/2015 e 699/2015, limitandosi ad evidenziare che il Presidente della Provincia non aveva recepito la prescrizione dell’ARPAM relativa all’adeguamento dell’A.I.A. (il che non risponde al vero, come si è detto in precedenza);

– queste considerazioni trovano del resto puntuale riscontro proprio in un provvedimento adottato dal Comune di Ascoli Piceno, ossia la determinazione con cui il dirigente del SUAP ha espresso il diniego sull’istanza di modifica non sostanziale dell’A.I.A. presentata da GETA (documento allegato n. 14 al ricorso n. 267/2016). In effetti, a pagina 5, all’alinea che inizia con la parola “VALUTATO”, il dirigente comunale evidenzia che il diniego non è idoneo a causare alcun pregiudizio a GETA né a cagionare problematiche di ordine igienico-sanitario per la popolazione in quanto esso riguarda un mero adeguamento dell’originaria autorizzazione all’abbancamento di rifiuti pericolosi, e quindi non ha alcuna attinenza con le problematiche inerenti l’abbancamento passato e presente di r.s.u. pretrattati, il quale avviene in esecuzione dei provvedimenti emergenziali adottati dal Presidente della Provincia (e forse ciò spiega perché GETA non ha impugnato il diniego). Il Comune, quindi, con il motivo di ricorso in trattazione pretende di venire contra factum proprium, il che rende la censura in ogni caso inammissibile.

8. Passando quindi a trattare lo specifico profilo del sistema viario, si osserva che:

– l’art. 200 del T.U.A. disciplina il regime di gestione ordinaria del servizio, e in tal senso è persino scontato che la norma imponga all’Autorità d’Ambito di considerare adeguatamente in sede pianificatoria anche il sistema stradale che viene interessato dal passaggio dei mezzi adibiti alla raccolta ed al trasporto dei rifiuti;

– nella specie, però, si è in una fase emergenziale, per cui i parametri ordinari non assumono la medesima rilevanza. Premesso che nessuna delle amministrazioni coinvolte nella vicenda ha mai espresso la volontà di fare di Alto Bretta il nuovo polo impiantistico strategico d’Ambito, è evidente che se la discarica GETA era l’unica al momento disponibile, gli itinerari stradali da utilizzare non potevano che essere quelli che collegano fra loro Relluce e Alto Bretta;

– il fatto che, in parte qua, gli impugnati decreti hanno subito continui rimaneggiamenti è la migliore dimostrazione dell’attenzione che la Provincia ha posto a questo problema e alle esigenze del Comune;

– quanto invece agli oneri manutentivi a carico del Comune ricorrente, le spese necessarie per riparare e tenere in buono stato le vie pubbliche non possono configurare per l’ente competente un danno ingiusto (visto che la manutenzione delle strade pubbliche costituisce per gli enti proprietari un dovere, il cui assolvimento è certamente reso difficoltoso nell’attuale congiuntura da politiche di bilancio che non si possono definire assennate, ma che gli enti territoriali virtuosi subiscono in virtù del c.d. patto di stabilità interno).

Va peraltro considerato che la discarica di Alto Bretta era già in precedenza abilitata a ricevere rifiuti speciali, per cui si deve supporre che le strade di cui si parla nei ricorsi erano già attraversate dagli automezzi adibiti al trasporto dei rifiuti stessi (sia pure in numero certamente minore), senza che il Comune avesse mai avuto nulla da eccepire al riguardo.

9. Infine, con riguardo alla misura della tariffa determinata dall’ATA con la deliberazione n. 21/2015 (oggetto del coevo ricorso di A.S.C. n. 757/2015 R.G.), le censure formulate al riguardo da A.S.C. sono inammissibili per genericità, visto che non viene contestata nel merito la non remuneratività della tariffa. Per i profili di ordine generale si rimanda comunque alla sentenza resa in pari data sul citato ricorso n. 757/2015 R.G.

10. In conclusione, i ricorsi vanno respinti (quelli proposti dal Comune di Ascoli Piceno anche con riguardo alle domande risarcitorie ivi spiegate).

Le spese dei giudizi seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.


P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sui ricorsi, come in epigrafe proposti:

– li riunisce ai sensi dell’art. 70 cod. proc. amm. e li respinge;

– condanna il Comune di Ascoli Piceno e Ascoli Servizi Comunali, in solido fra loro, al pagamento in favore della Provincia di Ascoli Piceno delle spese dei giudizi, che si liquidano in complessivi € 3.000,00, oltre ad accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Ancona nelle camere di consiglio dei giorni 7 ottobre 2016 e 18 novembre 2016, con l’intervento dei magistrati:

Maddalena Filippi, Presidente
Tommaso Capitanio, Consigliere, Estensore
Francesca Aprile, Primo Referendario

L’ESTENSORE
Tommaso Capitanio
        
IL PRESIDENTE
Maddalena Filippi
        
        
IL SEGRETARIO
 

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