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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Diritto urbanistico - edilizia, Procedimento amministrativo Numero: 33 | Data di udienza: 22 Novembre 2016

* PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO – DIRITTO URBANISTICO – Accordi procedimentali – Art. 11, c. 2 l. n. 241/1990 – Applicabilità dei principi del codice civile in materia di obbligazioni e contratti – Tutela giurisdizionale – Disciplina sostanziale e processuale – Art. 13, c. 1 l. n. 241/1990 – Oggetto dell’accordo – Adozione di atti di pianificazione urbanistica generale – Preclusione.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 2^
Regione: Sardegna
Città: Cagliari
Data di pubblicazione: 18 Gennaio 2017
Numero: 33
Data di udienza: 22 Novembre 2016
Presidente: Scano
Estensore: Manca


Premassima

* PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO – DIRITTO URBANISTICO – Accordi procedimentali – Art. 11, c. 2 l. n. 241/1990 – Applicabilità dei principi del codice civile in materia di obbligazioni e contratti – Tutela giurisdizionale – Disciplina sostanziale e processuale – Art. 13, c. 1 l. n. 241/1990 – Oggetto dell’accordo – Adozione di atti di pianificazione urbanistica generale – Preclusione.



Massima

 

TAR SARDEGNA, Sez. 2^ – 18 gennaio 2017, n. 33


PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO – DIRITTO URBANISTICO – Accordi procedimentali – Art. 11, c. 2 l. n. 241/1990 – Applicabilità dei principi del codice civile in materia di obbligazioni e contratti – Tutela giurisdizionale – Disciplina sostanziale e processuale.

Agli accordi procedimentali sono applicabili, in virtù del rinvio operato dall’art. 11, comma 2, della legge n. 241/1990, i principi del codice civile in materia di obbligazioni e contratti in quanto compatibili: dalla convenzione tra amministrazione e privati nascono dunque situazioni giuridiche soggettive riconducibili al paradigma del diritto soggettivo. Nei confronti di tali situazioni soggettive la tutela giurisdizionale riconoscibile alle parti dell’accordo non può essere diversa da quella esperibile da qualunque altro titolare di un diritto. Pertanto, le parti dell’accordo, ove facciano valere in giudizio situazioni giuridiche fondate sulla convenzione conclusa ai sensi dell’art. 11 cit., possono esperire a tal fine tutte le azioni (di accertamento, di condanna o costitutive) che potrebbero proporre davanti al giudice ordinario, secondo la disciplina sostanziale e processuale propria di ciascuna di esse.
 

PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO – DIRITTO URBANISTICO – Accordi procedimentali – Art. 13, c. 1 l. n. 241/1990 – Oggetto dell’accordo – Adozione di atti di pianificazione urbanistica generale – Preclusione.

L’art. 13, comma 1, della legge n. 241 del 1990 non ha l’angusto significato emergente dallo stretto tenore letterale, ossia di precludere l’impiego degli strumenti della partecipazione e degli accordi con i privati nell’ambito dei procedimenti di approvazione degli atti di pianificazione urbanistica, ma ha, piuttosto, la funzione di rinviare la verifica circa l’ammissibilità di tali strumenti alla sede propria della disciplina dettata dalla legislazione urbanistica (statale e regionale). In questa prospettiva, ciò che rileva non è solo la preclusione agli accordi in sede di pianificazione e programmazione ma il dato costituito dalla assenza di una norma che specificamente consenta alle amministrazioni di concludere accordi endoprocedimentali che abbiano per oggetto la pianificazione urbanistica generale (viceversa, nell’ordinamento urbanistico sono presenti norme che autorizzano le amministrazioni a stipulare accordi o convenzioni, con i privati interessati, nell’ambito della pianificazione attuativa). Non trova, in altri termini, trova riscontro nell’ordinamento l’ipotesi di una generale ed atipica potestà del Comune di dare vita a forme non tipizzate di urbanistica contrattata (cfr. Cons. St.,, Sez. IV, 1 giugno 2011, n. 3331; in precedenza si veda anche Sez. IV, 9 dicembre 2002, n. 6685), per cui, quando l’oggetto dell’accordo tra amministrazione e privato è rappresentato dall’esercizio di poteri amministrativi discrezionali finalizzati alla adozione di atti di pianificazione urbanistica generale, non può che operare la preclusione posta dall’art. 13, comma 1, cit.

Pres. Scano, Est. Manca – I. s.r.l. (avv.ti Lanza e Demartis) c. Comune di Porto Torres (avv. Bionda)


Allegato


Titolo Completo

TAR SARDEGNA, Sez. 2^ - 18 gennaio 2017, n. 33

SENTENZA

 

TAR SARDEGNA, Sez. 2^ – 18 gennaio 2017, n. 33

Pubblicato il 18/01/2017

N. 00033/2017 REG.PROV.COLL.
N. 01182/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1182 del 2014, proposto da:
Immobiliare Spam s.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati Carlo Lanza e Francesco Demartis, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Raffaele Di Tucci in Cagliari, via Tuveri n. 47;

contro
 

il Comune di Porto Torres, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’avvocato Fabrizio Bionda, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Matilde Mura in Cagliari, via Ancona n. 3;

nei confronti di

Fabiani Spa, non costituito in giudizio;

per l’annullamento

– dell’accordo procedimentale stipulato dalla ricorrente e dal Comune di Porto Torres in data 6.4.2010;

– dell’accordo stipulato dalle parti per la provvisoria determinazione dell’indennità di esproprio;

nonché, per la condanna in solido dei convenuti al risarcimento di tutti i danni subiti.

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Comune di Porto Torres;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 22 novembre 2016 il dott. Giorgio Manca e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. – Con il ricorso in esame, la società Immobiliare Spam s.r.l. chiede la restituzione di alcuni immobili di sua proprietà, catastalmente censiti al foglio 8, mappali 3612 e 3614, del catasto terreni di Porto Torres, occupati dal Comune di Porto Torres in esecuzione di decreto di occupazione d’urgenza del 19 luglio 1999, per la realizzazione di un tratto della viabilità tra Porto Torres e Platamona. All’occupazione ha fatto seguito la materiale realizzazione dell’opera, nel corso del 2000. Tuttavia, sostiene la ricorrente, alla occupazione non ha mai fatto seguito l’adozione del decreto di esproprio né è stata stipulato tra le parti un contratto di cessione volontaria.

Con riferimento alla vicenda espropriativa, il 6 aprile 2010 è stato concluso un accordo procedimentale, ai sensi dell’art. 11 della legge n. 241 del 1990, tra la società ricorrente e il Comune (approvato con deliberazione del Consiglio Comunale dell’8 aprile 2010, n. 36, che lo definisce come accordo “con funzione transattiva”). Nell’accordo, l’amministrazione comunale si impegnava «ad inserire nel Piano Urbanistico Comunale attualmente in fase di redazione i terreni di proprietà di Immobiliare Spam srl (…)»; prevedendo, in particolare, che i terreni di cui al foglio 8, mappali 3611 e 3613 fossero inseriti in parte in zona F (turistico ricettiva) e in parte in zona C (nuova espansione residenziale). L’Immobiliare Spam si impegnava, invece, alla cessione al Comune di Porto Torres della proprietà dei terreni di cui al foglio 8, mappali 3612 e 3614 (aree oggetto dell’occupazione d’urgenza per la realizzazione della viabilità, come si è già veduto).

2. – Tuttavia, riferisce la società ricorrente, detto accordo non ha avuto alcun seguito.

Pertanto, la Immobiliare Spam s.r.l., previo accertamento della nullità dell’accordo procedimentale sopra richiamato, ovvero previa risoluzione dell’accordo per inadempimento del Comune, chiede la condanna dell’amministrazione intimata alla restituzione dei terreni illecitamente occupati; nonché, in via subordinata, la condanna del Comune di Porto Torres al risarcimento dei danni derivanti dalla perdita della proprietà dei beni.

3. – In ogni caso, la ricorrente chiede la condanna del Comune al risarcimento dei danni subiti per l’illecita occupazione, calcolati dall’inizio della stessa (luglio 1999), fino alla restituzione del bene.

4. – Si è costituito in giudizio il Comune di Porto Torres, chiedendo in via preliminare che il ricorso sia dichiarato irricevibile per la tardività della notifica (sul presupposto che l’accordo procedimentale abbia natura pubblicistica e i vizi debbano essere fatti valere con l’azione di annullamento da proporre nel termine decadenziale di sessanta giorni dalla piena conoscenza); nel merito replica alle censure della ricorrente, osservando che l’art. 13 della legge n. 241 del 1990 non esclude la possibilità delle amministrazioni di concludere accordi anche in tema di pianificazione urbanistica; rileva, altresì, come l’amministrazione comunale abbia dato attuazione all’accordo procedimentale del 6 aprile 2010 in sede di adozione del nuovo piano urbanistico comunale, all’interno del quale le aree di proprietà della Immobiliare Spam s.r.l. sono state classificate in conformità ai contenuti del predetto accordo.

5. – All’udienza del 22 novembre 2016, la causa è stata trattenuta in decisione.

6. – Preliminarmente, occorre esaminare l’eccezione di rito formulata dalla difesa del Comune resistente.

6.1. – L’eccezione non può essere accolta.

6.2. – Senza voler affrontare ex professo la questione della natura giuridica degli accordi endoprocedimentali o degli accordi sostitutivi del provvedimento, occorre comunque evidenziare che agli accordi sono applicabili, in virtù del rinvio operato dall’art. 11, comma 2, della legge n. 241/1990, i «principi del codice civile in materia di obbligazioni e contratti in quanto compatibili». Su tale base giuridica non sembra dubbio che, fatte salve le ipotesi in cui l’amministrazione ha il potere di incidere unilateralmente sul contenuto o sulla stessa esistenza dell’accordo (esercitando poteri di sicura natura pubblicistica), dalla convenzione tra amministrazione e privati nascono situazioni giuridiche soggettive riconducibili al paradigma del diritto soggettivo (e del correlativo obbligo). Nei confronti di tali situazioni soggettive la tutela giurisdizionale riconoscibile alle parti dell’accordo non può essere diversa da quella esperibile da qualunque altro titolare di un diritto. Il che trova indiretta conferma nella attribuzione delle controversie in tema di formazione, conclusione ed esecuzione agli accordi alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.

5.3. – Pertanto, le parti dell’accordo, ove facciano valere in giudizio situazioni giuridiche fondate sulla convenzione conclusa ai sensi dell’art. 11 cit., possono esperire a tal fine tutte le azioni (di accertamento, di condanna o costitutive) che potrebbero proporre davanti al giudice ordinario, secondo la disciplina sostanziale e processuale propria di ciascuna di esse.

Nel caso di specie, quindi, la proposizione dell’azione di nullità dell’accordo (sotto i diversi profili individuati dalla società ricorrente) segue la disciplina del codice civile, in specie in ordine al termine entro la quale può essere proposta dagli interessati; e non soggiace ai termini decadenziali tipici dell’azione giurisdizionale di annullamento degli atti amministrativi.

7. – Nel merito, con riferimento alla domanda di nullità dell’accordo procedimentale stipulato il 6 aprile 2010, la società ricorrente deduce il vizio di nullità derivante dalla violazione delle norme imperative costituite dall’art. 11 della legge n. 241 del 1990, in relazione all’art. 13 della medesima legge, che precludono all’amministrazione di concludere accordi che condizionano l’esercizio dei poteri discrezionali in materia urbanistica. Sulla questione, la ricorrente richiama conforme giurisprudenza del Consiglio di Stato.

L’accordo procedimentale sarebbe nullo, altresì, anche per la illiceità e impossibilità dell’oggetto, nonché per la sua indeterminatezza; ovvero, in subordine, annullabile per errore di diritto sulla destinazione urbanistica promessa. Secondo la ricorrente, difatti, le destinazioni urbanistiche promesse non sarebbero compatibili con le previsioni del piano paesaggistico regionale del 2006 (in particolare per quanto concerne le zone F).

Ulteriore profilo di nullità emerge ove all’accordo di attribuisca funzione transattiva, posto che la transazione non può avere per oggetto diritti indisponibili (art. 1966 del codice civile), mentre nel caso di specie, come accennato, con l’accordo si disciplina l’esercizio di poteri pubblicistici in materia di pianificazione urbanistica.

7.1. – Il motivo è manifestamente fondato nella parte in cui rileva il contrasto tra l’accordo procedimentale del 6 aprile 2010 e l’art. 13, comma 1, della legge n. 241 del 1990. Norma, quest’ultima, che, come da tempo chiarito dalla dottrina e dalla giurisprudenza, non ha l’angusto significato emergente dallo stretto tenore letterale, ossia di precludere l’impiego degli strumenti della partecipazione e degli accordi con i privati nell’ambito dei procedimenti di approvazione degli atti di pianificazione urbanistica, ma ha, piuttosto, la funzione di rinviare la verifica circa l’ammissibilità di tali strumenti alla sede propria della disciplina dettata dalla legislazione urbanistica (statale e regionale).

In questa prospettiva, ciò che rileva non è solo la preclusione agli accordi in sede di pianificazione e programmazione ma il dato costituito dalla assenza di una norma che specificamente consenta alle amministrazioni di concludere accordi endoprocedimentali che abbiano per oggetto la pianificazione urbanistica generale (è noto, invero, come nell’ordinamento urbanistico sono presenti norme che autorizzano le amministrazioni a stipulare accordi o convenzioni, con i privati interessati, nell’ambito della pianificazione attuativa: tipico il riferimento alle convenzioni di lottizzazione di cui all’art. 28 della legge n. 1150/1942).

In tal senso si deve leggere anche la costante giurisprudenza del Consiglio di Stato, che si è consolidata intorno al principio secondo cui «non trova riscontro nell’ordinamento» l’ipotesi di «una generale ed atipica potestà del Comune di dare vita a forme non tipizzate di urbanistica contrattata»; ordinamento che, al contrario, «individua esattamente ed univocamente ambiti e limiti entro i quali tali negoziazioni possono avere vita» (cfr. Cons. St.,, Sez. IV, 1 giugno 2011, n. 3331; in precedenza si veda anche Sez. IV, 9 dicembre 2002, n. 6685). Per cui, quando l’oggetto dell’accordo tra amministrazione e privato è rappresentato dall’esercizio di poteri amministrativi discrezionali finalizzati alla adozione di atti di pianificazione urbanistica generale (per quanto rileva nella fattispecie), non può che operare la preclusione posta dall’art. 13, comma 1, cit. .

7.2. – Pertanto, per il combinato disposto dell’art. 1418 del codice civile e dell’art. 13, comma 1, della legge n. 241 del 1990, occorre dichiarare la nullità dell’accordo stipulato il 6 aprile 2010 tra la Immobiliare Spam s.r.l. e il Comune di Porto Torres.

8. – Ne deriva come conseguenza che non occorre esaminare gli ulteriori profili di nullità dell’accordo, nè la domanda di risoluzione per inadempimento (peraltro, esplicitamente proposta solo in via subordinata).

9. – Passando all’esame della fondatezza della domanda di restituzione dei beni immobili occupati dal Comune, occorre sicuramente concordare con la società ricorrente quando osserva come l’occupazione sine titulo, anche se accompagnata dalla irreversibile trasformazione del fondo, costituisce un fatto meramente materiale e quindi inidoneo a determinare l’effetto traslativo della proprietà del bene occupato. Esito, questo, non consentito dall’art. 1 del Protocollo Addizionale CEDU, come costantemente interpretato dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (ex multis: Sezione Terza, 12 gennaio 2006, Sciarrotta c. Italia, n. 14793/02). Conclusione di recente autorevolmente ribadita sia dalle Sezioni Unite civili della Cassazione (con la sentenza del 19 gennaio 2015, n. 735) sia dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato (con la pronuncia n. 2 del 2016), sottolineando come «alla luce della costante giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, quando il decreto di esproprio non sia stato emesso o sia stato annullato, l’occupazione e la manipolazione del bene immobile di un privato da parte dell’Amministrazione si configurano, indipendentemente dalla sussistenza o meno di una dichiarazione di pubblica utilità, come un illecito di diritto comune, che determina non il trasferimento della proprietà in capo all’Amministrazione, ma la responsabilità di questa per i danni. In particolare, con riguardo alle fattispecie già ricondotte alla figura dell’occupazione acquisitiva, viene meno la configurabilità dell’illecito come illecito istantaneo con effetti permanenti e, conformemente a quanto sinora ritenuto per la c.d. occupazione usurpativa, se ne deve affermare la natura di illecito permanente, che viene a cessare solo per effetto della restituzione, di un accordo transattivo, della compiuta usucapione da parte dell’occupante che lo ha trasformato, ovvero della rinunzia del proprietario al suo diritto, implicita nella richiesta di risarcimento dei danni per equivalente. A tale ultimo riguardo, dissipando i dubbi espressi dall’ordinanza di rimessione, si deve escludere che il proprietario perda il diritto di ottenere il controvalore dell’immobile rimasto nella sua titolarità. Infatti, in alternativa alla restituzione, al proprietario è sempre concessa l’opzione per una tutela risarcitoria, con una implicita rinuncia al diritto dominicale sul fondo irreversibilmente trasformato (cfr. ex plurimis, in tema di occupazione c.d. usurpativa, Cass. 28 marzo 2001, n. 4451 e Cass. 12 dicembre 2001, n. 15710); tale rinuncia ha carattere abdicativo e non traslativo: da essa, perciò, non consegue, quale effetto automatico, l’acquisto della proprietà del fondo da parte dell’Amministrazione (Cass. 3 maggio 2005, n. 9173; Cass. 18 febbraio 2000 n. 1814).» (così Cass. SS.UU. n. 735 /2015 cit.).

La società Immobiliare Spam s.r.l., quindi, ha sempre mantenuto la proprietà delle aree oggetto del procedimento espropriativo, pur avendone perduto la concreta disponibilità a causa della occupazione e della successiva realizzazione dell’opera pubblica.

10. – La domanda di restituzione degli immobili illecitamente occupati, dunque, deve essere accolta. 11. – Tuttavia, occorre precisare (in conformità a quanto di recente statuito dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, con la sentenza 9 febbraio 2016, n. 2; e a quanto costantemente affermato dalla Sezione in precedenti, e del tutto analoghe, occasioni: si veda T.A.R., II, 5 febbraio 2013, n. 94) che il Comune di Porto Torres potrà, in sede di ottemperanza della presente sentenza, avviare, sempreché sussistano i presupposti di legge, il procedimento di cui all’art. 42-bis del D.P.R. n. 327/2001, finalizzato all’adozione di un provvedimento motivato di acquisizione della proprietà dei terreni in oggetto; in questa ipotesi si dovrà riconoscere alla ricorrente il danno derivante dalla perdita definitiva della proprietà, da liquidarsi nel rispetto dei criteri indicati dalla disposizione citata.

12. – Da quanto appena rilevato, discende che il risarcimento del danno ottenibile dalla società proprietaria può attualmente riguardare il solo valore d’uso del bene, ossia il danno per il mancato godimento, a far data dalla sua illegittima occupazione (luglio 1999, come visto) e fino al momento in cui l’amministrazione provvederà alla restituzione dell’immobile o alla legittima acquisizione del diritto di proprietà sull’area. E in effetti la società ricorrente chiede la condanna dell’amministrazione comunale (anche e in ogni caso) al «risarcimento dei danni subiti per effetto della illecita occupazione degli immobili, a partire dalla data di immissione in possesso e fino alla riconsegna degli immobili, nella misura che si determinerà in corso di causa, oltre interessi e rivalutazione» (conclusioni formulate a pag. 14 del ricorso).

Domanda che pone, innanzitutto, la questione della prova del danno (sotto il profilo dell’an e del quantum). Nel caso di specie, infatti, la ricorrente, sulla quale grava – secondo i principi generali – l’onere di provare in giudizio la sussistenza di ciascuno degli elementi che compongono la fattispecie risarcitoria, non allega alcun elemento probatorio riguardo ai danni patrimoniali asseritamente subiti. Né è possibile rimediare al mancato rispetto degli oneri probatori appellandosi ai poteri del giudice di valutazione equitativa del danno ai sensi dell’art. 1226 del codice civile, posto che – secondo il costante orientamento della Cassazione – è possibile operare la valutazione equitativa solo se (pur apparendo certa l’esistenza dei danni lamentati: cfr. Cass. Civ., sez. I, 29 luglio 2009, n. 17677) ricorra anche l’ulteriore presupposto richiesto dalla norma codicistica, costituito dalla relativa impossibilità di fornire la prova del danno da parte del ricorrente (si veda sul punto Cass. Civ., sez. III, 15 maggio 2009, n. 11331).

12. – Per le ragioni appena esposte, deve essere respinta anche l’istanza (formulata dalla ricorrente nella memoria del 14 gennaio 2016) con la quale si chiede di disporre consulenza tecnica d’ufficio al fine di quantificare il danno da illecita occupazione.

13. – Alla luce dei principi appena esposti, e considerato che, nel caso concreto, per il tipo di danno lamentato, gli elementi probatori rilevanti rientrano nella sfera di disponibilità della società ricorrente, la quale, pertanto, anche per il noto principio della c.d. vicinanza della prova, avrebbe potuto allegarli e produrli in giudizio, si deve giungere necessariamente alla conclusione della infondatezza della domanda risarcitoria in esame.

14. – Considerata la peculiarità della vicenda esaminata, si giustifica l’integrale compensazione tra le parti delle spese giudiziali.


P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna, Sezione Seconda, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie in parte e, per l’effetto, così dispone:

– dichiara la nullità dell’accordo stipulato il 6 aprile 2010 tra la società Immobiliare Spam s.r.l. e il Comune di Porto Torres;

– condanna il Comune di Porto Torres alla restituzione delle aree occupate, di cui al foglio 8, mappali 3612 e 3614, salva la facoltà del Comune di procedere alla legittima acquisizione del diritto di proprietà degli immobili, anche mediante adozione del provvedimento autoritativo di acquisizione sanante ai sensi dell’art. 42 bis del d.P.R. 8 giugno 2001 n. 327.

Rigetta la domanda risarcitoria dei danni da illecita occupazione.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Cagliari nella camera di consiglio del giorno 22 novembre 2016 con l’intervento dei magistrati:

Francesco Scano, Presidente
Tito Aru, Consigliere
Giorgio Manca, Consigliere, Estensore
        
L’ESTENSORE
Giorgio Manca
        
IL PRESIDENTE
Francesco Scano
        
        
IL SEGRETARIO

 

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