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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Diritto processuale penale, Diritto urbanistico - edilizia Numero: 53928 | Data di udienza: 27 Settembre 2016

DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Immobile abusivo con facoltà di uso residenziale privato – DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Compatibilità del sequestro – Aggravamento del carico urbanistico.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 18 Dicembre 2016
Numero: 53928
Data di udienza: 27 Settembre 2016
Presidente: CARCANO
Estensore: RICCARDI


Premassima

DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Immobile abusivo con facoltà di uso residenziale privato – DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Compatibilità del sequestro – Aggravamento del carico urbanistico.



Massima

 



CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. 3^ 18/12/2016 (Ud. 27/09/2016) Sentenza n.53928



DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Immobile abusivo con facoltà di uso residenziale privato – DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Compatibilità del sequestro – Aggravamento del carico urbanistico.
 
 
In tema di reati edilizi, la facoltà d’uso residenziale privato di un manufatto sottoposto a sequestro preventivo cosiddetto impeditivo è incompatibile con le finalità della misura cautelare (Sez. 3, n. 16689 del 26/02/2014, Squillaci, in una fattispecie di autorizzazione all’uso di un locale costituente domicilio). Sicché, ai fini dell’adozione del provvedimento di sequestro preventivo di un immobile già ultimato ed occupato, l’esigenza cautelare di evitare l’aggravamento del carico urbanistico è incompatibile con l’autorizzazione all’uso dell’immobile stesso (Sez. 3, n. 825 del 04/12/2008, dep. 2009, Violante). 

(dich. inammissibilità il ricorso avverso ordinanza del 17/06/2015 del Gip del TRIBUNALE DI SALERNO) Pres. CARCANO, Rel. RICCARDI, Ric. Ardia
 

Allegato


Titolo Completo

CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. 3^ 18/12/2016 (Ud. 27/09/2016) Sentenza n.53928

SENTENZA

 

 

 
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. 3^ 18/01/2017 (Ud. 05/10/2016) Sentenza n.2245
 
 
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
 
composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
 
omissis
 
ha pronunciato la seguente
 
SENTENZA 
 
sul ricorso proposto da Ardia Mario, nato a Eboli il 24/09/1938;
avverso l’ordinanza del 17/06/2015 del Gip del Tribunale di Salerno;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; 
udita la relazione svolta dal consigliere Giuseppe Riccardi; 
lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Ciro Angelillis, che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso. 
 
RITENUTO IN FATTO
 
1. Ardia Mario ricorre per cassazione avverso l’ordinanza emessa il 17/06/2015 dal Gip del Tribunale di Salerno, con la quale è stata respinta l’opposizione proposta avverso il decreto di rigetto della richiesta di autorizzazione all’uso provvisorio di un immobile, ubicato in Eboli alla via 5. Cataldo, 18, sottoposto a sequestro in relazione ai reati edilizi a lui contestati. 
 
Con un primo motivo deduce il vizio di motivazione, avendo omesso l’ordinanza impugnata la valutazione delle condizioni economiche, di età, di salute e giuridiche dell’istante. 
 
Con un secondo motivo deduce la violazione di legge in relazione all’art. 321 cod. proc. pen., sostenendo che la richiesta concerneva una attenuazione e diversa modalità di applicazione del provvedimento cautelare, in considerazione del fatto che il manufatto era stato ultimato nel 2009, ed era stato assentito con permesso di costruire n. 87 del 2005 come abitazione del custode dell’impianto sportivo; consentire al sig. Ardia, di anni 77 e gravemente cardiopatico, di continuare a vivere nel piccolo appartamento insieme all’anziana moglie non avrebbe compromesso le esigenze cautelari. 
 
La situazione, che ha determinato l’allontanamento dell’odierno ricorrente, ospitato dalla figlia a Lecce, sarebbe altresì contraria al diritto alla casa e ad una abitazione dignitosa salvaguardato dalla Costituzione e dalla CEDU. 
 
CONSIDERATO IN DIRITTO 
 
1. Il ricorso è inammissibile. 
 
2. Oltre ad essere generici, e ad esulare dai limiti valutativi che, in materia cautelare reale, l’art. 325 cod. proc. pen. affida al ricorso per cassazione, consentito soltanto per violazione di legge, i motivi proposti sono manifestamente infondati. È, infatti, pacifico il principio secondo cui, in tema di reati edilizi, la facoltà d’uso residenziale privato di un manufatto sottoposto a sequestro preventivo cosiddetto impeditivo è incompatibile con le finalità della misura cautelare (Sez. 3, n. 16689 del 26/02/2014, Squillaci, Rv. 259540, in una fattispecie di autorizzazione all’uso di un locale costituente domicilio); ai fini dell’adozione del provvedimento di sequestro preventivo di un immobile già ultimato ed occupato, l’esigenza cautelare di evitare l’aggravamento del carico urbanistico è incompatibile con l’autorizzazione all’uso dell’immobile stesso (Sez. 3, n. 825 del 04/12/2008, dep. 2009, Violante, Rv. 242156). Tanto premesso, l’ordinanza impugnata appare immune da censure di illegittimità o di illogicità, avendo fatto buon governo dei principi richiamati, essendo l’incompatibilità della facoltà d’uso residenziale con la finalità cautelare insita nel sequestro impeditivo assorbente di qualsivoglia ulteriore e diversa considerazione, estranea alle esigenze pubblicistiche (aggravamento del carico urbanistico) salvaguardate dal vincolo reale imposto. 
 
3. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue la condanna al pagamento delle spese processuali e la corresponsione di una somma di denaro in favore della cassa delle ammende, somma che si ritiene equo determinare in Euro 2.000,00: infatti, l’art. 616 cod. proc. pen. non distingue tra le varie cause di inammissibilità, con la conseguenza che la condanna al pagamento della sanzione pecuniaria in esso prevista deve essere inflitta sia nel caso di inammissibilità dichiarata ex art. 606 cod. proc. pen., comma 3, sia nelle ipotesi di inammissibilità pronunciata ex art. 591 cod. proc. pen. . 
 
P.Q.M. 
 
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di € 2.000,00 in favore della Cassa delle Ammende. 
 
Così deciso in Roma il 27/09/2016

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