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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Rifiuti Numero: 7172 | Data di udienza: 12 Gennaio 2017

* CODICE DELL’AMBIENTE – RIFIUTI – Deposito e smaltimento mediante combustione di rifiuti non pericolosi – Responsabilità a titolo di “culpa in vigilando” – Natura di responsabilità diretta – Artt. 256, c.1, lett. a), d.lgs. n. 152/2006. 


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 15 Febbraio 2017
Numero: 7172
Data di udienza: 12 Gennaio 2017
Presidente: Ramacci
Estensore: Aceto


Premassima

* CODICE DELL’AMBIENTE – RIFIUTI – Deposito e smaltimento mediante combustione di rifiuti non pericolosi – Responsabilità a titolo di “culpa in vigilando” – Natura di responsabilità diretta – Artt. 256, c.1, lett. a), d.lgs. n. 152/2006. 



Massima

 

 


CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. 3^ 15/02/2017 (Ud. 12/01/2017) Sentenza n.7172


CODICE DELL’AMBIENTE – RIFIUTI – Deposito e smaltimento mediante combustione di rifiuti non pericolosi – Responsabilità a titolo di “culpa in vigilando” – Natura di responsabilità diretta – Artt. 256, c.1, lett. a), d.lgs. n. 152/2006. 
 
Si configura la responsabilità, quale legale rappresentante di una società dei reati di cui agli artt. 110, cod. pen., 256, comma 1, lett. a), d.lgs. n. 152 del 2006, in concorso con i legali rappresentanti (separatamente giudicati) delle società, titolare dei permessi di costruire, ed esecutrice dei lavori, per aver effettuato, presso il cantiere edile, il deposito e lo smaltimento, mediante combustione, di rifiuti non pericolosi (materiale edile, plastico, metallico, ligneo). Non trattandosi di una responsabilità commissiva per omissione, bensì di responsabilità diretta ed il fatto che una parte dei rifiuti provenisse dall’attività edile nulla toglie al fatto che tra i rifiuti ve ne fossero anche altri di diversa provenienza. Nella specie, è stata ritenuta la responsabilità a titolo di “culpa in vigilando” solo in via ipotetica e alternativa rispetto a quella diretta. 
 

(dich. inammiss. il ricorso avverso sentenza del 28/09/2015 TRIBUNALE DI MONDOVÌ) Pres. RAMACCI, Rel. ACETO, Ric. Biasotti

Allegato


Titolo Completo

CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. 3^ 15/02/2017 (Ud. 12/01/2017) Sentenza n.7172

SENTENZA

 

 
 
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. 3^ 15/02/2017 (Ud. 12/01/2017) Sentenza n.7172
 
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
 
composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
 
omissis
 
ha pronunciato la seguente
 
SENTENZA 
 
 
sul ricorso proposto da Biasotti Andrea, nato a Genova il 12/03/1964,
 
avverso la sentenza del 28/09/2015 del Tribunale di Mondovì;
 
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
 
udita la relazione svolta dal consigliere Aldo Aceto;
 
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Gabriele Mazzotta, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
 
RITENUTO IN FATTO
 
1. Il sig. Andrea Biasotti ricorre per l’annullamento della sentenza del 28/09/2015 del Tribunale di Mondovì che lo ha dichiarato responsabile del reato di cui agli artt. 110, cod. pen., 256, comma 1, lett. a), d.lgs. n. 152 del 2006 (deposito e smaltimento, mediante combustione, di rifiuti non pericolosi), commesso in Frabosa Sottana il 18/06/2012 e, in concorso di circostanze attenuanti generiche, lo ha condannato alla pena di 3.000,00 euro di ammenda. 
 
1.1. Con il primo motivo eccepisce, ai sensi dell’art. 606, lett. e), cod. proc. pen., la contraddittorietà della motivazione con specifici atti dai quali si desume la sua totale estraneità ai fatti.
 
Deduce, al riguardo, che la società da lui legalmente rappresentata non è titolare dell’area nella quale erano stati ammassati i rifiuti e che di essa non aveva la disponibilità, nemmeno attraverso propri dipendenti erroneamente ritenuti tali.
 
1.2. Con il secondo motivo, deducendo che i rifiuti erano stati prodotti dai lavori intrapresi dalla società <<Edilvetta S.r.l.>> su lotti di proprietà della società <<Ventuno S.r.l.>> e che alcun obbligo di impedire l’evento incombeva sulla <<Prato Nevoso Costruzioni S.r.l.>>, eccepisce, ai sensi dell’art. 606, lett. b), cod. proc. pen., l’erronea applicazione degli artt. 40, 110, cod. pen., e 256, comma 1, lett. a), d.lgs. n. 152 del 2006.
 
CONSIDERATO IN DIRITTO
 
2. Il ricorso è inammissibile perché manifestamente infondato.
 
3. Il ricorrente è stato ritenuto responsabile del reato di cui agli artt. 110, cod. pen., 256, comma 1, lett. a), d.lgs. n. 152 del 2006, perché, quale legale rappresentante della società <<Prato Nevoso Costruzioni S.r. I.>>, titolare del PEC Zona R5.1B di Prato Nevoso, in concorso con i legali rappresentanti (separatamente giudicati) delle società <<Ventuno S.r.l.>>, titolare dei permessi di costruire, ed <<Edilvetta S.r.l.>>, esecutrice dei lavori, aveva effettuato, presso il cantiere edile <<Borgo Stalle Lunghe>>, il deposito e lo smaltimento, mediante combustione, di rifiuti non pericolosi (materiale edile, plastico, metallico, ligneo). Il fatto è contestato come commesso in Frabosa Sottana il 18/06/2012.
 
3.1. Dalla lettura della sentenza impugnata risulta che: 
 
i) il pomeriggio del 18/06/2012 un’agente del CFS aveva accertato che in località Stalle Lunghe di Frabosa Sottana, all’interno di un’area di cantiere recintata e chiusa da un cancello, erano stati bruciati rifiuti vari (calcinacci, un cartellone pubblicitario di una scuola sci, materassi simili a quelli posti a protezione delle piste da sci, un televisore ed altro);
 
ii) il 25/06/2012 la medesima agente del CFS era tornata sul posto notando che il cancello era aperto e che al cumulo di rifiuti bruciati se ne erano aggiunti altri (erba falciata, reti, infissi);
 
iii) i lotti edificabili dell’area, limitrofa alle piste di sci gestite dalla società <<Prato Nevoso Ski>> ed alla relativa biglietteria (distante 150 metri dal cantiere e sopra la quale era situato l’ufficio dell’imputato), erano intestati alla <<Prato Nevoso Costruzioni S.r.l.>> (titolare del PEC) ed assegnati alla <<Ventuno S.r.l.>> che stava eseguendo i lavori per mezzo della <<Edilvetta S.r.l.>>;
 
iv) il 06/07/2012 la medesima agente di CFS aveva effettuato un terzo sopralluogo ed aveva notato una persona, tale Enea Ermil, aprire e chiudere il cancello del cantiere;
 
v) a domanda dell’agente, l’uomo aveva affermato di essere dipendente della <<Prato Nevoso Costruzioni>> ma, esaminato in dibattimento ai sensi dell’art. 507, c.p.p., aveva negato di aver persino detto di essere dipendente della <<Prato Nevoso Costruzioni>> essendo dipendente della <<Prato Nevoso Ski>> ed aveva precisato che nel 2012, su incarico (testualmente) <<del suo capo Biasotti si era recato presso l’area del cantiere ove lavorava la “Edilvetta” per recuperare un mezzo ( … ) che tale ditta aveva preso in prestito dalla “Prato Nevoso Ski; per aprire e chiudere il cancello aveva utilizzato delle chiavi che aveva recuperato su indicazione del capocantiere della “Edilvetta”> >.
 
3.2. Il Tribunale ha ritenuto il pieno coinvolgimento dell’imputato in considerazione: a) della proprietà dell’area nella quale erano stati ammassati i rifiuti; b) della breve distanza tra il suo ufficio ed il luogo del fatto; c) del ruolo apicale svolto anche nella <<Prato Nevoso Ski S.r.l.>> (essendo stato definito “capo” dall’Ermil), che aveva in gestione le adiacenti piste da sci; d) della presenza, nell’area di cantiere, di un mezzo della <<Prato Nevoso Ski>> prestato alla <<Edilvetta S.r.l.>>; e) della presenza, tra i rifiuti, di cose (un cartellone pubblicitario, protezioni in gomma), riconducibili alla attività di gestione delle piste da sci.
 
4. Tanto premesso, osserva il Collegio che l’eccepito travisamento della prova non sussiste in alcun modo.
 
4.1. Diversamente da quanto deduce il ricorrente, il Tribunale non ha mai affermato che l’Ermil fosse dipendente della <<Prato Nevoso Costruzioni S.r.l.>>, ma ha tratto dalla sua testimonianza validi argomenti di prova in ordine all’effettivo dominio dell’area di cantiere, di proprietà di quest’ultima, nella quale erano stati ammassati e bruciati rifiuti oggettivamente estranei all’attività edile e riconducibili all’attività della società di cui l’Ermil era dipendente. Il dato logicamente “forte” è costituito dal fatto, appunto, che il testimone aveva identificato l’imputato come il proprio “capo” obbedendo all’ordine non solo di entrare nell’area, ma anche di prelevarvi un mezzo di proprietà non della <<Prato Nevoso Costruzioni S.r.l.>>, bensì della <<Prato Nevoso Ski S.r.l.>>.
 
4.2. Il binomio: “disponibilità giuridica – disponibilità effettiva” rende non manifestamente illogica la conclusione che l’imputato avesse il dominio effettivo sull’area e sui beni (compresi i rifiuti) nella stessa ammassati e che solo in virtù di tale disponibilità avrebbero potuto essere introdotti nell’area di cantiere. La deduzione che altri si siano accollati il fatto costituisce deduzione fattuale inammissibile in questa sede che non vale ad escludere, in ogni caso, la responsabilità concorrente dell’imputato.
 
4.3. Occorre ricordare che: a) il vizio di motivazione non può essere utilizzato per spingere l’indagine di legittimità oltre il testo del provvedimento impugnato, nemmeno quando ciò sia strumentale a una diversa ricomposizione del quadro probatorio che, secondo gli auspici del ricorrente, possa condurre il fatto fuori dalla fattispecie incriminatrice applicata; b) l’esame può avere ad oggetto direttamente la prova quando se ne denunci il travisamento, purché l’atto processuale che la incorpora sia allegato al ricorso (o ne sia integralmente trascritto il contenuto) e possa scardinare la logica del provvedimento creando una insanabile frattura tra il giudizio e le sue basi fattuali; c) la natura manifesta della illogicità della motivazione del provvedimento impugnato costituisce un limite al sindacato di legittimità che impedisce alla Corte di cassazione di sostituire la propria logica a quella del giudice di merito e di avallare, dunque, ricostruzioni alternative del medesimo fatto, ancorché altrettanto ragionevoli.
 
4.4. Nel caso di specie non sussiste alcun travisamento della prova e l’affermazione della responsabilità dell’imputato non si fonda su un ragionamento manifestamente illogico.
 
5. Le considerazioni svolte in ordine al primo motivo di ricorso, si riflettono sul secondo.
 
5.1. Il Tribunale ha ritenuto la responsabilità dell’imputato a titolo di “culpa in vigilando” solo in via ipotetica e alternativa rispetto a quella diretta. Non si tratta, infatti, di una responsabilità commissiva per omissione, bensì di responsabilità diretta ed il fatto che una parte dei rifiuti provenisse dall’attività edile nulla toglie al fatto che tra i rifiuti ve ne fossero anche altri di diversa provenienza.
 
6. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, ex art. 616 cod. proc. pen., non potendosi escludere che essa sia ascrivibile a colpa del ricorrente (C. Cost. sent. 7-13 giugno 2000, n. 186), l’onere delle spese del procedimento nonché del versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, che si fissa equitativamente, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di € 2.000,00. 

P.Q.M.
 
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di € 2.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
 
Così deciso in Roma, il 12/01/2017.
 
 

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