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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Diritto dell'energia Numero: 2692 | Data di udienza: 27 Gennaio 2017

* DIRITTO DELL’ENERGIA – Energia eolica – Certificati verdi – Interdittiva antimafia – Accadimenti sopravvenuti (sostituzione degli organi societari – amministrazione giudiziaria) – GSE – Autonoma valutazione – Preclusione – Cessazione dell’efficacia della misura interdittiva – Prefettura – Art. 94 d.lgs. n. 159/2011.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^ ter
Regione: Lazio
Città: Roma
Data di pubblicazione: 22 Febbraio 2017
Numero: 2692
Data di udienza: 27 Gennaio 2017
Presidente: Lo Presti
Estensore: Masaracchia


Premassima

* DIRITTO DELL’ENERGIA – Energia eolica – Certificati verdi – Interdittiva antimafia – Accadimenti sopravvenuti (sostituzione degli organi societari – amministrazione giudiziaria) – GSE – Autonoma valutazione – Preclusione – Cessazione dell’efficacia della misura interdittiva – Prefettura – Art. 94 d.lgs. n. 159/2011.



Massima

 

TAR LAZIO, Roma, Sez. 3^ ter – 22 febbraio 2017, n. 2692


DIRITTO DELL’ENERGIA – Energia eolica – Certificati verdi – Interdittiva antimafia – Accadimenti sopravvenuti (sostituzione degli organi societari – amministrazione giudiziaria) – GSE – Autonoma valutazione – Preclusione – Cessazione dell’efficacia della misura interdittiva – Prefettura – Art. 94 d.lgs. n. 159/2011.

L’inefficacia di un’interdittiva antimafia non può discendere da accadimenti esterni e successivi (nella specie, sostituzione degli organi societari per effetto dell’amministrazione giudiziaria a seguito di intervenuta conferma del sequestro preventivo disposto dal giudice d’appello), la cui portata, al fine di stabilire se sussistono ancora i tentativi di infiltrazione mafiosa, non può che essere valutata, in sede di aggiornamento, dall’unica autorità a ciò preposta dalla legge, e cioè dalla Prefettura territorialmente competente. Nessun ruolo, in questa prospettiva, ed in mancanza di una norma che contempli un potere del genere, può essere riconosciuto all’amministrazione che sovrintende alla concessione od all’erogazione di benefici pubblici, se non quello di dare stretta e vincolata esecuzione alla misura stabilita dal Prefetto,. Di conseguenza, il GSE, ai sensi dell’art. 94 del d.lgs. n. 159 del 2011, non può autonomamente, e senza l’avallo di una nuova (e contraria) informativa proveniente dalla Prefettura, valutare discrezionalmente la portata dell’evento sopravvenuto e farne discendere la cessazione di efficacia dell’interdittiva poco tempo prima recapitata dalla Prefettura.


Pres. Lo Presti, Est. Masaracchia – V. s.r.l. (avv.ti Marini e Sticchi Damiani) c. G.S.E. s.p.a. (avv.ti Paparo, Fadel e Pugliese), Ministero dello Sviluppo Economico e altri (Avv. Stato)


Allegato


Titolo Completo

TAR LAZIO, Roma, Sez. 3^ ter - 22 febbraio 2017, n. 2692

SENTENZA

 

TAR LAZIO, Roma, Sez. 3^ ter – 22 febbraio 2017, n. 2692

Pubblicato il 22/02/2017

N. 02692/2017 REG.PROV.COLL.
N. 03144/2013 REG.RIC.
N. 06783/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Terza Ter)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3144 del 2013, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
VENT1 CAPO RIZZUTO S.R.L., rappresentata e difesa dagli avvocati Francesco Saverio Marini, Andrea Sticchi Damiani, con domicilio eletto presso lo studio Francesco Saverio Marini in Roma, via di Villa Sacchetti, 9;

contro

GESTORE DEI SERVIZI ENERGETICI- G.S.E. S.P.A., rappresentata e difesa dagli avvocati Tommaso Paparo, Maria Antonietta Fadel, Antonio Pugliese, con domicilio eletto presso lo studio Tommaso Paparo in Roma, via di Santa Teresa, 23;
MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO, MINISTERO DELL’AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE, rappresentati e difesi dall’Avvocatura generale Dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;

e con l’intervento di

ad adiuvandum:
AXPO ITALIA S.P.A., rappresentata e difesa dagli avvocati Mario Bucello, Mauro Orlandi, Simona Viola, con domicilio eletto presso lo studio Mauro Orlandi in Roma, via Spallanzani, 22;

nonché sul ricorso numero di registro generale 6783 del 2014, proposto da:
VENT1 CAPO RIZZUTO S.R.L., rappresentata e difesa dagli avvocati Lorenzo Aureli, Mario Sanino, Andrea Sticchi Damiani, con domicilio eletto presso lo studio Andrea Sticchi Damiani in Roma, piazza San Lorenzo in Lucina, 26;

contro

GESTORE DEI SERVIZI ENERGETICI- G.S.E. S.P.A., rappresentata e difesa dagli avvocati Maria Antonietta Fadel, Tommaso Paparo, Fabrizio Pietrosanti, Antonio Pugliese, con domicilio eletto presso lo studio Tommaso Paparo in Roma, via di Santa Teresa, 23;
MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO, MINISTERO DELL’AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE, MINISTERO DELL’INTERNO, PREFETTURA DI GCROTONE, rappresentati e difesi dall’Avvocatura generale Dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;

e con l’intervento di

ad adiuvandum:
AXPO ITALIA S.P.A., rappresentata e difesa dagli avvocati Simona Viola, Mauro Orlandi, Mario Bucello, con domicilio eletto presso lo studio Mauro Orlandi in Roma, via Spallanzani, 22;

per l’annullamento,

previa sospensione cautelare,

quanto al ricorso n. 3144 del 2013:

del silenzio rifiuto sull’istanza a provvedere in ordine alla richiesta di rilascio dei certificati verdi relativi alla produzione di energia elettrica riferibili al parco eolico gestito dalla ricorrente

e della nota prot. n. GSE/P20130100605 dell’08/05/2013 emessa dal G.S.E.;

quanto al ricorso n. 6783 del 2014:

dell’atto prot. n. GSE/P20140032159, del 14.03.2014, con il quale è stata disposta la decadenza e comunque la revoca per la qualifica IAFR n. 3877;

e per la declaratoria di inefficacia e/o l’annullamento, in parte qua, dell’informativa interdittiva adottata dalla Prefettura di Crotone il 5 luglio 2013;

e per il risarcimento dei danni patiti.

Visti i ricorsi i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Gestore dei Servizi Energetici- GSE s.p.a., del Ministero dello Sviluppo Economico e del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare e del Ministero dell’Interno e della Prefettura di Crotone;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 27 gennaio 2017 il dott. Antonino Masaracchia e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

1. La società Vent1 Capo Rizzuto s.r.l. è proprietaria di un parco eolico denominato Wind Farm ICR, composto da n. 48 aerogeneratori e relative opere accessorie, situato in Crotone presso l’Isola di Capo Rizzuto. Il complesso degli impianti aveva ottenuto la qualifica di IAFR (Impianto Alimentato da Fonti Rinnovabili) ai sensi del d.m. 18 dicembre 2008 (recante “Incentivazione della produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, ai sensi dell’articolo 2, comma 150, della legge 24 dicembre 2007, n. 244”) e, di conseguenza, era stato ammesso a beneficiare degli incentivi di cui al c.d. sistema dei certificati verdi.

Con istanza inviata al G.S.E.- Gestore dei Servizi Energetici in data 15-19 febbraio 2013 la Vent1 Capo Rizzuto s.r.l., non avendo più ottenuto, nel corso degli ultimi mesi, il rilascio dei certificati verdi, ha formalmente domandato il rilascio dei certificati arretrati, ossia di quelli relativi ai mesi di luglio, agosto, settembre, ottobre e novembre del 2012.

Non avendo ottenuto alcuna risposta, la medesima società – in persona del proprio amministratore unico e rappresentante legale pro tempore– ha quindi proposto dinnanzi a questo TAR il ricorso introduttivo RG n. 3144/2013, di cui all’epigrafe, con il quale ha domandato sia la declaratoria dell’obbligo dell’amministrazione intimata di rilasciare i certificati verdi arretrati, con relativa condanna al loro rilascio, ai sensi dell’art. 117 cod. proc. amm., sia il risarcimento dei danni patiti.

Si è costituito in giudizio il Gestore dei Servizi Energetici- G.S.E. s.p.a., in persona del Presidente ed Amministratore delegato pro tempore, chiedendo, con memoria di mero stile, il rigetto del ricorso.

Si sono altresì costituiti in giudizio, con atto collettivo di mero stile, il Ministero dello Sviluppo Economico ed il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, rappresentati e difesi dall’Avvocatura generale dello Stato.

1.2. Nelle more del giudizio, in data 8 maggio 2013 è sopravvenuta la nota prot. n. 100605 con la quale il GSE ha comunicato alla società ricorrente che, “a seguito del procedimento penale che ha coinvolto la Vostra società, di cui si è appreso solo attraverso la stampa”, l’erogazione dei certificati verdi “è sospesa fino alla ricezione, da parte della scrivente Società, dell’informazione antimafia richiesta alla Prefettura di Crotone in data 14 novembre 2012, dalla quale non risultino elementi ostativi tali da impedire l’erogazione di incentivi pubblici, alla luce anche di quanto previsto dall’art. 92, comma 5, D.Lgs. n. 159/2011”. Il procedimento penale richiamato è quello che si trovava allora pendente presso la Procura della Repubblica di Catanzaro e che vedeva indagato il legale rappresentante della società ricorrente per i reati previsti e puniti dall’art. 12-quinquies del decreto-legge n. 306 del 1992, convertito in legge n. 356 del 1992 (trasferimento fraudolento di valori), e dall’art. 648-bis c.p. (riciclaggio), per aver posto in essere il rilevante investimento del parco eolico per conto e nell’interesse di una cosca mafiosa. Nell’ambito di tale procedimento penale, peraltro, la società era stata sottoposta alla misura del sequestro preventivo dei beni (tra i quali, l’intero parco eolico), con nomina di amministratori giudiziari (23 luglio 2012); tale misura era stata poi revocata dal Tribunale del Riesame di Catanzaro con relativo provvedimento di dissequestro (ottobre 2012), ma è stata successivamente ripristinata a seguito del giudizio della Corte di cassazione del 30 maggio 2013.

Con motivi aggiunti depositati il 5 giugno 2013 la società Vent1 Capo Rizzuto s.r.l. (sempre in persona del proprio amministratore unico e rappresentante legale pro tempore) ha impugnato la nota del GSE, domandandone l’annullamento, previa sospensione cautelare, per i seguenti motivi di legittimità: violazione degli artt. 2, 7, 8 e 10 della legge n. 241 del 1990 e del principio di legittimo affidamento; violazione degli artt. 67 e 92, comma 5, del d.lgs. n. 159 del 2011; eccesso di potere per manifesta irragionevolezza ed arbitrarietà e per difetto di motivazione. La ricorrente ha anche rinnovato la domanda di risarcimento dei danni patiti, già avanzata con il ricorso introduttivo.

1.3. Con ordinanza n. 2382 del 2013 questo TAR ha respinto la domanda cautelare di cui ai motivi aggiunti non rivenendo, ad un primo sommario esame tipico di detta fase processuale, sufficienti profili di fondatezza.

Con atto depositato il 23 novembre 2014 è peraltro intervenuta ad adiuvandum, in questo giudizio, la Axpo Italia s.p.a., società che opera nel settore della commercializzazione dell’energia elettrica e dei certificati verdi, titolare di un contratto di somministrazione stipulato nel 2006 con la società ricorrente la quale, proprio in forza di detto contratto, si è obbligata a corrisponderle l’energia prodotta ed i certificati verdi rilasciati dal GSE relativamente al parco eolico per cui è causa.

2. Frattanto, con provvedimento prot. n. 32159, del 14 marzo 2014, il GSE (a firma del Direttore della Direzione Affari Legali e Societari) ha disposto la decadenza degli impianti eolici della società ricorrente dalla qualifica di IAFR, ai sensi dell’art. 94 del d.lgs. n. 159 del 2011: ciò, in quanto in data 15 luglio 2013 era pervenuta “l’informativa antimafia interdittiva nei confronti della Vent1”, emessa dalla Prefettura di Crotone.

La società Vent1 Capo Rizzuto s.r.l. – questa volta in persona degli amministratori giudiziari e legali rappresentanti pro tempore, quali nominati dal GIP del Tribunale di Catanzaro nell’ambito del procedimento penale pendente a suo carico – ha impugnato questo nuovo provvedimento dinnanzi a questo TAR con diverso e separato giudizio, iscritto al n. RG 6783/2014, domandandone l’annullamento, previa sospensione cautelare, per i seguenti motivi di legittimità:

– eccesso di potere per travisamento dei fatti, difetto di istruttoria e contraddittorietà: ciò, in quanto l’interdittiva antimafia del 5 luglio 2013, addotta dal GSE a fondamento del provvedimento di decadenza, sarebbe divenuta inefficace “dal momento in cui gli organi societari sono stati sostituiti dall’amministrazione giudiziaria per intervenuta conferma del sequestro preventivo disposto dal Tribunale di Catanzaro quale giudice dell’appello, il 25.6.2013 / 25.7.2013”, provvedimento che il GSE avrebbe già allora conosciuto; del resto, la Prefettura di Crotone “ha rilasciato la corretta informativa antimafia in data 17.4.2014” nella quale si è dato atto che “a carico degli amministratori giudiziari della Soc. Vent 1 Capo Rizzuto srl e dei soggetti individuati all’art. 85 del D.Lgs. n. 159/2011, nonché dei loro familiari conviventi, alla data odierna non sussistono cause di divieto, di sospensione o di decadenza di cui all’art. 67 del sopracitato decreto legislativo n° 159/2011”;

– violazione degli artt. 7 e 8 della legge n. 241 del 1990, per omessa comunicazione di avvio del procedimento;

– violazione dell’art. 83, comma 3, lett. b, del d.lgs. n. 159 del 2011, in quanto, nel caso di specie, il GSE non avrebbe avuto “alcun obbligo di richiedere l’informativa antimafia” né avrebbe potuto fondare il proprio provvedimento di decadenza “su una informativa non riguardante gli amministratori giudiziari”;

– eccesso di potere per illogicità ed ingiustizia manifesta; abnormità: ciò, in quanto il meccanismo di erogazione dei certificati verdi sarebbe essenziale per la sopravvivenza della società ricorrente e per la sua possibilità di continuare ad operare sul mercato, circostanze che il GSE non avrebbe considerato; inoltre la qualifica di IAFR sarebbe strettamente collegata ad aspetti tecnici dell’impianto e nulla avrebbe a che vedere con le motivazioni sottese al provvedimento di decadenza;

– violazione di legge ed incompetenza della Direzione Affari Legali e Societari del GSE (che non possiederebbe competenze tecniche) a revocare la qualifica di IAFR;

– violazione e/o falsa applicazione dell’art. 94 del d.lgs. n. 159 del 2011;

– incostituzionalità delle norme che comportano l’automatica applicazione della sanzione amministrativa della revoca della qualifica di IAFR (e della connessa perdita dei benefici derivanti dalla stessa) per violazione degli artt. 25 e 117 Cost., in relazione agli artt. 6 e 7 della CEDU.

La ricorrente ha anche domandato la “declaratoria di inefficacia” e/o “l’annullamento in parte qua” dell’informativa interdittiva adottata dalla Prefettura di Crotone il 5 luglio 2013.

2.1. Anche in questo secondo giudizio si è costituito il Gestore dei Servizi Energetici- GSE s.p.a., in persona del Presidente ed Amministratore delegato pro tempore. Nella memoria depositata il 9 giugno 2014 l’amministrazione ha sostenuto l’infondatezza del ricorso, non senza preliminarmente eccepirne la tardività nella parte in cui è stata impugnata anche l’informativa interdittiva.

Si sono inoltre costituiti in giudizio, con atto collettivo di mero stile, il Ministero dell’Interno, l’Ufficio Territoriale del Governo di Crotone, il Ministero dello Sviluppo Economico ed il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare.

E’ poi intervenuta ad adiuvandum la Axpo Italia s.p.a.

Alla camera di consiglio del 27 novembre 2014, chiamata per la discussione dell’incidente cautelare, la causa è stata rinviata al merito.

3. In vista della pubblica udienza di discussione, per entrambe le cause sia la società ricorrente che il Gestore resistente hanno svolto difese, anche nella forma delle repliche. La ricorrente, in particolare, ha riferito dell’avvenuto dissequestro del parco eolico, disposto con ordinanza del Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Catanzaro del 19 luglio – 20 agosto 2014.

Alla pubblica udienza del 27 gennaio 2017, dopo discussione orale, entrambe le cause sono state trattenute in decisione.

 

DIRITTO

1. La società ricorrente, proprietaria di un parco eolico già qualificato come IAFR- Impianto Alimentato a Fonti Rinnovabili (e, quindi, beneficiario degli incentivi pubblici nella forma dei c.d. certificati verdi, a norma del d.m. 18 dicembre 2008), è stata destinataria di un provvedimento del Gestore dei Servizi Energetici- GSE, del 14 marzo 2014, con il quale le è stata revocata la qualifica di IAFR e le è stata preannunziata l’azione per la restituzione degli incentivi già percepiti.

L’amministratore unico della società era stato coinvolto in un procedimento penale (per i reati ipotizzati di trasferimento fraudolento di valori e di riciclaggio), avente ad oggetto proprio l’investimento occorrente alla realizzazione del parco eolico che si sospettava essere stato effettuato per conto di una locale cosca mafiosa. E proprio richiamando la pendenza del procedimento penale il GSE, in un primo momento (nota dell’8 maggio 2013), aveva sospeso l’erogazione dei certificati verdi; quindi, in un secondo momento (provvedimento del 14 marzo 2014), ha comminato la decadenza dalla qualifica di IAFR ai sensi dell’art. 94 del d.lgs. n. 159 del 2011, ossia sulla base dell’informativa antimafia interdittiva che, nel frattempo (15 luglio 2013), era stata comunicata dalla Prefettura di Crotone.

Entrambi i provvedimenti del GSE (sospensione e decadenza) sono stati impugnati, con due diversi ricorsi, dalla società proprietaria del parco eolico la quale – in sintesi – solleva il problema del rapporto tra interdittiva antimafia e prosecuzione dell’oggetto sociale da parte degli amministratori giudiziari. Occorre infatti precisare che, al momento dell’adozione del provvedimento di decadenza, la gestione della società era già transitata agli amministratori giudiziari, in quanto i suoi beni (e, in particolare, tutto il parco eolico) si trovavano in quel momento sottoposti alla misura del sequestro preventivo disposta dal GIP del Tribunale di Catanzaro. La tesi della ricorrente è quindi che, nonostante fosse stata comunicata l’interdittiva antimafia, il GSE non avrebbe potuto revocare gli incentivi pubblici proprio perché quell’interdittiva concerneva solo la vecchia gestione della società e non anche la nuova (affidata, come detto, agli amministratori giudiziari).

2. I due ricorsi vanno anzitutto riuniti per essere definiti con un’unica pronuncia, sussistendo tra di loro un’evidente connessione sia oggettiva (si tratta di provvedimenti, uno di sospensione ed uno di decadenza dal regime di incentivazione pubblica di cui al d.m. 18 dicembre 2008, riguardanti il medesimo parco eolico) che soggettiva (avuto riguardo alle parti costituite nei rispettivi due giudizi).

Quanto poi al primo dei due giudizi (quello con n. RG 3144/2013) – introdotto inizialmente con il rito speciale ex art. 117 cod. proc. amm., in quanto la ricorrente denunziava il silenzio del GSE sulle richieste volte ad ottenere il rilascio dei certificati verdi – deve disporsi la conversione del rito, ai sensi dell’art. 117, comma 5, cod. proc. amm. Come già esposto nella parte in fatto, invero, nel corso del giudizio è sopravvenuto il provvedimento espresso con il quale il GSE ha comunicato le ragioni della disposta sospensione dell’erogazione dei certificati verdi.

3. Il ricorso introduttivo della causa RG n. 3144/2013, quanto alla domanda contro il silenzio, è improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse.

Con esso, come già detto, la ricorrente aveva all’epoca azionato il rimedio contro il silenzio-inadempimento dell’amministrazione, previsto in via generale dall’art. 117 cod. proc. amm., a fronte dell’inerzia mantenuta dal GSE nel rilascio dei certificati verdi dovuti per gli ultimi mesi dell’anno 2012. Con la sopravvenuta nota prot. n. 100605, dell’8 maggio 2013 (poi impugnata con i motivi aggiunti), tuttavia, il Gestore ha esplicitato le ragioni per le quali l’erogazione dei certificati verdi era stata sospesa, così facendo venir meno l’inerzia in origine denunziata dalla ricorrente.

3.1. Anche i motivi aggiunti, presentati contro la nota dell’8 maggio 2013, devono peraltro essere dichiarati – limitatamente alla domanda di annullamento – improcedibili per sopravvenuta carenza di interesse.

L’iniziale provvedimento di sospensione – il quale era stato adottato ai sensi di quanto prescritto dall’art. 92, comma 5, del d.lgs. n. 159 del 2011 (“Il versamento delle erogazioni di cui all’articolo 67, comma 1, lettera g), può essere in ogni caso sospeso fino alla ricezione da parte dei soggetti richiedenti di cui all’articolo 83, commi 1 e 2, dell’informazione antimafia liberatoria”) – è stato infatti doppiato dal provvedimento di definitiva decadenza dalla qualifica di IAFR, sopraggiunto in data 14 marzo 2014. Il potere di sospensione delle erogazioni, esercitato nella specie dal GSE, assumeva dunque portata cautelare e provvisoria, in quanto destinato ad evitare che la prosecuzione delle erogazioni potesse avvenire in favore di un soggetto che, a norma della legislazione antimafia, ed all’esito dei necessari controlli, non avrebbe potuto beneficiare di contributi a carico delle finanze pubbliche. Di conseguenza, i suoi effetti interinali sono cessati nel momento in cui il GSE, avendo ricevuto l’informativa interdittiva, ha adottato il provvedimento definitivo di decadenza dagli incentivi: è quindi unicamente a causa di quest’ultimo che, nella specie, viene a determinarsi la lesione della sfera giuridica del destinatario, con assorbimento del precedente e provvisorio provvedimento di sospensione.

Né può in contrario invocarsi (al contrario di quanto sostenuto dalla ricorrente) il combinato disposto dell’art. 92, commi 3 e 4, e dell’art. 94, comma 2, del d.lgs. n. 159 del 2011, trattandosi di disposizioni manifestamente inconferenti con il caso di specie. Esse stabiliscono che le amministrazioni competenti (nel nostro caso, il GSE) recedono dai contratti (nel nostro caso, dalla convenzione attributiva degli incentivi), “fatto salvo il pagamento del valore delle opere già eseguite e il rimborso delle spese sostenute per l’esecuzione del rimanente, nei limiti delle utilità conseguite” (e non: “fatto salvo quanto già corrisposto”, come vorrebbe la ricorrente), anche quando gli elementi relativi a tentativi di infiltrazione mafiosa siano accertati (come nella specie) successivamente alla stipula del contratto. Non può affatto sostenersi che, a norma di dette disposizioni, il provvedimento di decadenza dagli incentivi avrebbe efficacia solo ex nunc pure nell’ipotesi in cui esso sia stato preceduto da un provvedimento cautelare di sospensione, con la conseguenza che la società ricorrente avrebbe diritto al rilascio dei certificati verdi come compenso dell’energia incentivata prodotta fino all’adozione del provvedimento di decadenza anche con riferimento al periodo durante il quale era vigente il provvedimento di sospensione. In tal modo, per un verso, mediante un’interpretazione distorta, si finisce col porre nel nulla lo strumento cautelare della sospensione previsto dall’art. 92, comma 5, del d.lgs. n. 159 del 2011; per altro verso si confonde la restituzione delle spese già sostenute per la realizzazione di un’opera o per l’avvenuta prestazione di un servizio o di una fornitura (fattispecie in cui ben possono sussistere spese già sostenute dal contraente privato che, se non ripagate, determinerebbero un ingiustificato arricchimento in favore dell’amministrazione) con la fattispecie, del tutto diversa, del versamento di incentivi o di contributi pubblici. In quest’ultimo caso è evidente – in base alla ratio del complessivo sistema – che, in capo al soggetto colpito dall’interdittiva, non può sussistere alcun diritto di mantenere quegli incentivi che avrebbero potuto essere corrisposti se non fosse intervenuto il provvedimento cautelare di loro sospensione. Ciò in quanto, come già detto, il provvedimento di sospensione anticipa interinalmente gli effetti del provvedimento definitivo di decadenza dagli incentivi, con l’alternativa che, se poi non sopraggiunge il provvedimento di decadenza, esso perderà i propri effetti ex tunc, ovvero che, se invece sopraggiunge il provvedimento di decadenza, quegli effetti provvisori verranno fatti salvi in quanto tramutati negli effetti definitivi della decadenza. Rimane pertanto confermata la sopravvenienza della carenza di interesse, in capo alla società ricorrente, in ordine alla disamina della domanda di annullamento dell’atto di sospensione.

3.2. Quanto alla domanda risarcitoria, proposta nel ricorso introduttivo e nei motivi aggiunti della causa RG n. 3144/2013, la sua sorte è all’evidenza strettamente legata alla disamina, nel merito, del secondo ricorso (proposto avverso il provvedimento definitivo di decadenza): solo in caso di fondatezza di quest’ultimo, invero, e quindi solo nel caso in cui venisse accertato il diritto della ricorrente di poter continuare a godere delle erogazioni per la produzione di energia, la domanda risarcitoria potrebbe essere utilmente scrutinata dal Collegio.

4. Può allora passarsi alla disamina del ricorso proposto contro il provvedimento definitivo di decadenza, di cui al giudizio RG n. 6783/2014.

Esso non è fondato.

Alla data di adozione dell’atto di decadenza (14 marzo 2014) la Prefettura di Crotone aveva trasmesso unicamente l’informativa antimafia interdittiva del 5 luglio 2013 con la quale si dava atto della sussistenza di tentativi di infiltrazione mafiosa, da parte della criminalità organizzata, nei confronti della società Vent1 Capo Rizzuto s.r.l., titolare degli incentivi gestiti dal GSE. A norma dell’art. 94 del d.lgs. n. 159 del 2011, pertanto, il GSE si trovava nella posizione vincolata di non poter più consentire l’erogazione degli incentivi pubblici in favore di detta società. In base al canone del tempus regit actum la legittimità dell’atto amministrativo deve essere vagliata con riferimento al dato di fatto e di diritto esistente al momento della sua adozione: in quel momento non era ancora stata emessa l’informativa liberatoria del Prefetto riguardante gli amministratori giudiziari (sopraggiunta solo successivamente, in data 17 aprile 2014), ma esisteva solo quella interdittiva concernente, genericamente, la società beneficiaria degli incentivi.

Né può dirsi, come fa la ricorrente, che tale informativa interdittiva sarebbe “divenuta inefficace dal momento in cui gli organi societari sono stati sostituiti dall’amministrazione giudiziaria per intervenuta conferma del sequestro preventivo disposto dal Tribunale di Catanzaro quale giudice d’appello, il 25.6.2013 / 25.7.2013”. L’inefficacia di un’interdittiva antimafia non può infatti discendere da accadimenti esterni e successivi pur conosciuti ma la cui portata, al fine di stabilire se sussistono ancora i tentativi di infiltrazione mafiosa, non può che essere valutata, in sede di aggiornamento, dall’unica autorità a ciò preposta dalla legge, e cioè dalla Prefettura territorialmente competente. Nessun ruolo, in questa prospettiva, ed in mancanza di una norma che contempli un potere del genere, può essere riconosciuto all’amministrazione che sovrintende alla concessione od all’erogazione di benefici pubblici, se non quello di dare stretta e vincolata esecuzione alla misura stabilita dal Prefetto, come le è imposto dall’art. 94 del d.lgs. n. 159 del 2011. Di conseguenza, il GSE non poteva autonomamente, e senza l’avallo di una nuova (e contraria) informativa proveniente dalla Prefettura di Crotone, valutare discrezionalmente la portata dell’evento sopravvenuto e farne discendere la cessazione di efficacia dell’interdittiva poco tempo prima recapitata dalla Prefettura.

Del resto, la stessa informativa liberatoria che è invocata dalla ricorrente – e che, come detto, è sopraggiunta solo successivamente rispetto all’adozione del provvedimento di decadenza – risulta aver compiuto una nuova valutazione della situazione in modo globale, non limitandosi alla sola gestione commissariale della società, ma investendo quest’ultima nel suo complesso, in quanto ha escluso l’esistenza delle cause di divieto, di sospensione o di decadenza (di cui all’art. 67 del d.lgs. n. 159 del 2011) a carico non solo degli amministratori giudiziari ma anche di tutti gli altri “soggetti individuati all’art. 85 del D.Lgs. n. 159/2011”, ossia anche con riguardo a tutte le cariche sociali di cui alla citata norma. Si è quindi concluso nel senso che “dalle verifiche svolte non sono emersi elementi circa eventuali tentativi di infiltrazione mafiosa tendenti a condizionare le scelte e gli indirizzi della società”: situazione però – come detto – per legge non conoscibile dal GSE nel momento (temporalmente precedente) in cui, per effetto della precedente informativa interdittiva, è stata varata la misura della decadenza dagli incentivi.

Resta fermo, peraltro, proprio a seguito della comunicazione della successiva informativa prefettizia, il dovere del GSE di rivalutare di conseguenza la situazione complessivamente afferente alla società ricorrente la quale, sin dal giorno di tale seconda informativa, è risultata essere esente da qualsivoglia tentativo di infiltrazione mafiosa e, come tale, non più assoggettabile alla misura della decadenza dagli incentivi di cui all’art. 95 del d.lgs. n. 159 del 2011. Si tratta – come è evidente – di un potere di riesame che è esclusivamente demandato all’amministrazione odierna resistente e sul quale questo TAR non può in questa sede pronunciarsi a mente del divieto di cui all’art. 34, comma 2, prima parte, cod. proc. amm. (“In nessun caso il giudice può pronunciare con riferimento a poteri amministrativi non ancora esercitati”).

4.1. Proprio sulla scorta della natura vincolata del provvedimento di decadenza dagli incentivi, derivante – come detto – dall’inequivoco tenore dell’art. 94 del d.lgs. n. 159 del 2011, devono analogamente essere respinte le ulteriori censure con le quali, nell’ambito dei motivi aggiunti:

a) è stata contestata l’omissione della comunicazione di avvio del procedimento: qui, infatti, vi è da rimarcare che, non potendo l’atto finale avere un contenuto dispositivo diverso da quello in concreto adottato, l’omissione formale non può comunque condurre il Giudice all’annullamento dell’atto ai sensi dell’art. 21-octies, comma 2, della legge n. 241 del 1990; ciò, peraltro, in disparte l’ulteriore considerazione per cui, quantomeno già dalla data del precedente provvedimento di sospensione, la società ricorrente era stata posta nelle condizioni di conoscere l’intendimento che andava maturando in capo al GSE che era in attesa di ricevere l’informativa prefettizia;

b) è stata sollevata la violazione dell’art. 83, comma 3, lett. b, del d.lgs. n. 159 del 2011: si tratta, infatti, di censura inconferente con la situazione (come detto, del tutto vincolata) in cui si è venuto a trovare il GSE il quale non si trovava propriamente in rapporto con altri soggetti pubblici, né tantomeno era competente a valutare la tipologia della gestione cui risultava affidata la società colpita dall’interdittiva, ma era chiamato dalla legge solo a conferire attuazione all’informativa interdittiva che gli era stata trasmessa dalla Prefettura di Crotone (e che, si ribadisce, nel dispositivo si riferiva genericamente alla società beneficiaria degli incentivi);

c) si è denunziato l’eccesso di potere per illogicità ed ingiustizia manifesta e l’abnormità del provvedimento gravato: nessun ruolo potevano infatti giocare, sull’operato del GSE, né l’eventuale valutazione delle residue possibilità per la società ricorrente di continuare ad operare sul mercato né eventuali considerazioni di idoneità tecnica degli impianti, risultando (necessario e) sufficiente, ai fini di disporre la decadenza dalla qualifica di IAFR (funzionale al godimento degli incentivi, a norma del d.m. 18 dicembre 2008), il mero riferimento all’esistenza dell’informativa interdittiva.

4.2. Sotto quest’ultimo profilo, peraltro, deve essere anche disattesa la censura di incompetenza sollevata dalla ricorrente.

Come già detto, infatti (e come del resto evidenzia la stessa ricorrente), la decisione del GSE di far decadere la qualifica di IAFR per gli impianti de quibus è dipesa non certo da valutazioni di natura tecnica, quanto piuttosto (ed unicamente) dal fatto che la Prefettura aveva comunicato l’informativa interdittiva del 5 luglio 2013. Non si vede pertanto come possa sostenersi la competenza dell’organo tecnico del GSE (il Direttore della Direzione operativa), anziché dell’organo preposto alla direzione degli affari legali, ad affermare la decadenza de qua, nemmeno con riferimento alla teoria dei poteri impliciti, non predicabile nel caso di specie proprio perché non si trattava affatto di effettuare valutazioni di natura squisitamente tecnica (le uniche afferenti, come la stessa ricorrente riconosce, alla Direzione operativa).

4.3. Manifestamente infondata, poi, è la censura di violazione e/o falsa applicazione dell’art. 94 del d.lgs. n. 159 del 2011, dalla ricorrente argomentata nel senso che tale norma, laddove stabilisce il potere di revoca nella specie esercitato dal GSE, si riferirebbe “espressamente alla sola ipotesi contemplata nell’art. 67, lettera f), dello stesso codice, vale a dire alle ‘Altre iscrizioni o provvedimenti a contenuto autorizzatorio, concessorio o abilitativo per lo svolgimento di attività imprenditoriali comunque denominati’”.

Il tenore testuale dell’art. 94, invero, non opera alcun riferimento alla sola ipotesi di cui all’art. 67, lett. f, del medesimo codice, prevedendo invece, come evenienza generale, quella del blocco delle erogazioni nei confronti delle imprese colpite dall’informativa prefettizia interdittiva.

4.4. Manifestamente infondata è infine la prospettata questione di legittimità costituzionale delle “eventuali disposizioni” (l’implicito riferimento è, evidentemente, all’art. 94 del d.lgs. n. 159 del 2011) che, nel caso di specie, determinerebbero – nella prospettazione della ricorrente – “la automatica applicazione della sanzione amministrativa applicata di revoca della qualifica e di perdita dei benefici derivanti dalla stessa”.

Il dubbio di costituzionalità che la ricorrente vorrebbe veicolare, per mezzo di questo Collegio, alla Corte costituzionale è infatti argomentato sulla base degli artt. 25 e 117, comma 1, Cost., nonché delle norme interposte di cui agli artt. 6 e 7 della CEDU (che proclamano, rispettivamente, il diritto ad un equo processo ed il principio nulla poena sine lege), ossia con riguardo a parametri tutti relativi a principi cardine del diritto penale che si vorrebbe estendere pure all’ambito delle sanzioni amministrative, anche sulla scorta di quanto affermato in diversi precedenti della giurisprudenza costituzionale nonché di questo stesso TAR. Così prospettata, però, la questione è del tutto inconferente con la fattispecie sottoposta all’odierno giudizio la quale concerne non già l’applicazione di una sanzione amministrativa, quanto piuttosto l’attuazione di una misura di prevenzione.

Come a più riprese affermato dalla giurisprudenza, infatti (cfr., da ultimo, tra le tante, TAR Sicilia, Palermo, sez. I, sent. n. 1588 del 2016), l’anticipazione della soglia di difesa dell’ordine pubblico economico apprestata dall’istituto dell’informativa antimafia prescinde dall’accertamento della commissione di reati o di illeciti amministrativi e può basarsi anche su fatti in sé privi di autonomo disvalore giuridico: scopo dell’istituto in parola non è la sanzione di specifiche condotte umane oggettivamente e soggettivamente connotate, bensì la prevenzione del fondamentale interesse pubblico alla salvaguardia dell’ordine pubblico economico, della libera concorrenza tra le imprese e del buon andamento della pubblica amministrazione. La disciplina della documentazione antimafia e delle preclusioni a contrattare con la pubblica amministrazione costituisce una diretta filiazione di quella sulle misure di prevenzione, sia sotto il profilo dell’origine storica della normativa (da ricondurre alla legge n. 646 del 1982), che sotto il profilo dei contenuti e delle finalità delle norme che regolano le misure di prevenzione giurisdizionali e le misure amministrative (così TAR Calabria, Reggio Calabria, sent. n. 1032 del 2015); al punto che, come per tutte le misure di prevenzione (che hanno carattere anticipatorio della difesa sociale) non è richiesta per l’informativa interdittiva antimafia la stessa intensità probatoria che è invece necessaria per la condanna in sede penale o per l’accertamento della responsabilità nelle altre sedi giudiziarie, essendo invece sufficiente un procedimento logico di carattere indiziario e meramente sintomatico, purché beninteso immune da vizi (così TAR Abruzzo, Pescara, sent. n. 294 del 2016). Ne deriva, a tutta evidenza, l’irrilevanza dei parametri di rango costituzionale in base ai quali la ricorrente ha prospettato la questione di legittimità costituzionale.

5. Quanto, infine, alla domanda di annullamento dell’informativa interdittiva prefettizia del 5 luglio 2013 (di cui al ricorso RG n. 6783/2014), essa deve essere dichiarata irricevibile.

Nello stesso atto del GSE, con il quale è stata comminata la misura della decadenza dalla qualifica di IAFR, infatti, si è dato atto che tale informativa “in data 29 luglio 2013 è stata depositata nel detto giudizio di appello”, ossia nel giudizio di appello proposto dall’odierna ricorrente, dinnanzi al Consiglio di Stato, contro l’ordinanza cautelare n. 2382 del 2013 di questo TAR (giudizio poi conclusosi con una rinuncia da parte dell’appellante). La circostanza non è stata smentita dalla ricorrente. E’ quindi appurato che quest’ultima conosceva già, quantomeno a decorrere dal giorno 29 luglio 2013, l’atto lesivo adottato dalla Prefettura di Crotone; ma la sua impugnazione con i motivi aggiunti è stata notificata soltanto in data 12 maggio 2014, quindi a termine di decadenza abbondantemente scaduto.

6. In considerazione del mancato accoglimento del ricorso RG n. 6783/2014, non può che cadere la domanda di risarcimento del danno avanzata nella connessa causa RG 3144/2013, risultando acclarato che, al momento dell’adozione del definitivo provvedimento di decadenza, la società ricorrente non poteva vantare alcun diritto di vedersi erogati i certificati verdi.

Valutata la natura e la parziale novità delle questioni trattate, comunque, il Collegio rinviene giusti motivi per disporre la compensazione delle spese di lite.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, sede di Roma, Sezione terza-ter, definitivamente pronunciando sui ricorsi in epigrafe, previa loro riunione e previa conversione del rito quanto al giudizio n. RG 3144/2013,

a) dichiara improcedibile il ricorso introduttivo della causa RG n. 3144/2013, quanto alla domanda contro il silenzio;

b) dichiara improcedibili i motivi aggiunti della causa RG n. 3144/2013, limitatamente alle domande di annullamento;

c) respinge la domanda risarcitoria di cui al ricorso RG n. 3144/2013;

d) dichiara irricevibile il ricorso RG n. 6783/2014, nella parte indicata in motivazione, e per il resto lo respinge;

e) compensa le spese di lite tra le parti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 27 gennaio 2017 con l’intervento dei magistrati:

Giampiero Lo Presti, Presidente
Mario Alberto di Nezza, Consigliere
Antonino Masaracchia, Primo Referendario, Estensore

L’ESTENSORE
Antonino Masaracchia
        
IL PRESIDENTE
Giampiero Lo Presti
        
       
IL SEGRETARIO

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