+39-0941.327734 abbonati@ambientediritto.it
Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Rifiuti Numero: 427 | Data di udienza: 15 Febbraio 2017

* RIFIUTI – Abbandono – Curatore del fallimento – Responsabilità ex art. 192, c. 3 d.lgs. n. 152/2006 – Inconfigurabilità – Obblighi di ripristino – Meccanismo estensivo di cui all’art. 192, c. 4 d.lgs. n. 152/2006 – Inapplicabilità.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione: Lombardia
Città: Milano
Data di pubblicazione: 20 Febbraio 2017
Numero: 427
Data di udienza: 15 Febbraio 2017
Presidente: Di Benedetto
Estensore: Di Mario


Premassima

* RIFIUTI – Abbandono – Curatore del fallimento – Responsabilità ex art. 192, c. 3 d.lgs. n. 152/2006 – Inconfigurabilità – Obblighi di ripristino – Meccanismo estensivo di cui all’art. 192, c. 4 d.lgs. n. 152/2006 – Inapplicabilità.



Massima

 

TAR LOMBARDIA, Milano, Sez. 3^ – 20 febbraio 2017, n. 427


RIFIUTI – Abbandono – Curatore del fallimento – Responsabilità ex art. 192, c. 3 d.lgs. n. 152/2006 – Inconfigurabilità.

Deve escludersi una responsabilità del curatore del fallimento ai sensi del terzo comma dell’art. 192 dlgs 152/2006: fatta salva la eventualità di univoca, autonoma e chiara responsabilità del curatore fallimentare sull’abbandono dei rifiuti, la curatela fallimentare non può essere destinataria, a titolo di responsabilità di posizione, di ordinanze sindacali dirette alla tutela dell’ambiente, per effetto del precedente comportamento omissivo o commissivo dell’impresa fallita, non subentrando tale curatela negli obblighi più strettamente correlati alla responsabilità del fallito e non sussistendo, per tal via, alcun dovere del curatore di adottare particolari comportamenti attivi, finalizzati alla tutela sanitaria degli immobili destinati alla bonifica da fattori inquinanti (TAR Lombardia-Milano, Sez. III, sentenza 05.01.2016).


RIFIUTI – Abbandono – Curatore del fallimento – Obblighi di ripristino – Responsabilità – Meccanismo estensivo di cui all’art. 192, c. 4 d.lgs. n. 152/2006 – Inapplicabilità.

La responsabilità del curatore fallimentare non può derivare dall’art. 192, comma 4, del d.lgs. n. 152 del 2006, atteso che il Fallimento non può essere reputato un “subentrante”, ossia un successore, dell’impresa sottoposta alla procedura fallimentare. La società dichiarata fallita, invero, conserva la propria soggettività giuridica e rimane titolare del proprio patrimonio: solo, ne perde la facoltà di disposizione, pur sotto pena di inefficacia solo relativa dei suoi atti, subendo la caratteristica vicenda dello spossessamento (art. 42 R.D. n. 267/1942). Correlativamente, il Fallimento non acquista la titolarità dei suoi beni, ma ne è solo un amministratore con facoltà di disposizione, laddove quest’ultima riposa non sulla titolarità dei relativi diritti ma, a guisa di legittimazione straordinaria, sul munus publicum rivestito dagli organi della procedura (art. 31 R.D. n. 267/1942). Il curatore del fallimento, pertanto, pur potendo sottentrare in specifiche posizioni negoziali del fallito (cfr. l’art. 72 R.D. n. 267/1942), in via generale non è rappresentante, né successore del fallito, ma terzo subentrante nell’amministrazione del suo patrimonio per l’esercizio di poteri conferitigli dalla legge (Cassazione civile, sez. I, 23/06/1980, n. 3926). Nei confronti del Fallimento non è dunque ravvisabile un fenomeno di successione, il quale solo potrebbe far scattare il meccanismo estensivo, previsto dall’art. 192, comma 4, d.lgs. cit., della legittimazione passiva rispetto agli obblighi di ripristino che l’articolo stesso pone in prima battuta a carico del responsabile e del proprietario versante in dolo o colpa.


Pres. Di Benedetto, Est. Di Mario – Fallimento S. s.r.l. (avv. Albè) c. Comune di Cairate (avv.ti Ravizzoli e Colombo)


Allegato


Titolo Completo

TAR LOMBARDIA, Milano, Sez. 3^ - 20 febbraio 2017, n. 427

SENTENZA

 

TAR LOMBARDIA, Milano, Sez. 3^ – 20 febbraio 2017, n. 427

Pubblicato il 20/02/2017

N. 00427/2017 REG.PROV.COLL.
N. 00022/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 22 del 2017, proposto da: Fallimento Se.Si Srl, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’avvocato Alessandro Albe’, con domicilio eletto presso il suo studio in Milano, c/o Segreteria Tar Milano;

contro

Comune di Cairate, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati Angelo Ravizzoli, Rossana Colombo, con domicilio eletto presso lo studio Simona Scarsi in Milano, piazza Grandi 4;

nei confronti di

Agenzia Regionale Protezione Ambiente (Arpa) – Lombardia non costituita in giudizio;
Provincia di Varese non costituita in giudizio;
Ing Lease (Italia) Spa non costituita in giudizio;
Ing Bank N.V. non costituita in giudizio;

per l’annullamento

dell’ordinanza 4 novembre 2016, n. 38, prot. n. 13319, notificata in data 21 novembre 2016, con la quale il Sindaco di Cairate ha ordinato al curatore del Fallimento SE.SI Srl di presentare un piano di intervento e di caratterizzazione dell’area interessata dall’inquinamento presso l’insediamento produttivo sito in Cairate, via Manzoni n. 58 [“1. …separazione e quantificazione per categorie omogenee dei rifiuti presenti; campionamento finalizzato alla caratterizzazione (Reg. n. 1357/14) e successiva classificazione (Dec. n. 955/14); definizione di eventuali rifiuti soggetti alla normativa ADR; deposito in sicurezza di tutti i rifiuti caratterizzati e classificati con apposizione della relativa etichettatura (es. R su foglio giallo, etichettatura ADR se pertinente, ecc.); 2. individuazione, sulla base delle verifiche effettuate, dei soggetti abilitati al trasporto dei rifiuti regolarmente iscritti al-l’Albo nazionale Gestori Ambientali ai sensi dell’art. 212 del d.lgs. n. 152/06 e s.m.i. per le cat. 4 – 5, con invio della documentazione autorizzati-va; 3. l’individuazione dei terminali individuati per le operazioni di avvio a recupero/smaltimento autorizzati per i CER individuati, con invio della do-cumentazione autorizzativa vigente; 4. trasmissione della documentazione attestante il corretto avvio a recupero/smaltimento dei rifiuti – 4° copia del formulario di trasporto eventualmente corredato da scheda Si.Stri; 5. tutte le attività da condursi sul sito dovranno essere comunicate a Comune, ARPA e Provincia di Varese con anticipo di almeno 5 giorni, al fine di poter programmare eventuali attività di verifica; 6. le operazioni di cui ai punti 2, 3, 4 dovranno concludersi entro 45 giorni dalla data di presenta-zione della documentazione di cui al punto 1”, con l’avvertimento che l’inottemperanza avrebbe comportato l’esecuzione d’ufficio degli interventi da parte del Comune e a spese del Fallimento, nonché la denuncia all’autorità competente;

– di ogni altro atto presupposto, connesso e consequenziale, ivi compresa la nota dell’Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente della Lombardia (ARPA), senza data, ma identificata come “Class. 7.11 Fascicolo 2016.4.78.1” a firma del Responsabile del procedimento e Responsabile dell’U.O.C APC Varese Elena Caprioli avente ad oggetto “Capannone industriale ubicato in via Manzoni n. 54-Cairate. Giacenza sostanze tossiche”, nonché il verbale di sopralluogo dell’ARPA Lombardia – dipartimento di Varese datato 3 marzo 2016.

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Comune di Cairate;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 15 febbraio 2017 il dott. Alberto Di Mario e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Sentite le stesse parti ai sensi dell’art. 60 cod. proc. amm.;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. La ricorrente ha impugnato l’ordinanza con la quale il Sindaco di Cairate, ai sensi dell’art. 192 del D.Lgs. 152/06 ha ordinato al curatore del Fallimento SE.SI Srl presentare un piano di intervento e di caratterizzazione dell’area interessata dall’inquinamento presso l’insediamento produttivo sito in Cairate, via Manzoni n. 58, sul quale l’azienda fallita aveva svolto la sua attività, e di smaltire i rifiuti presenti.

Contro il suddetto atto la ricorrente ha sollevato i seguenti motivi di ricorso.

I) Violazione dell’art. 192, d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152 (te-sto unico in materia ambientale) e delle norme della legge fallimentare che escludono la legittimazione passiva del curatore fallimentare per gli obblighi di smaltimento dei rifiuti riferibili alla società fallita.

Secondo il ricorrente l’obbligo di bonifica dei siti inquinati e di smaltimento dei rifiuti grava sul responsabile dell’inquinamento che l’autorità amministrativa ha l’onere di individuare puntualmente. Nel nostro caso, nell’ordinanza sindacale impu-gnata non è stata individuata alcuna responsabilità del Fallimento – in ter-mini di comportamenti commissivi od omissivi – in merito alla presenza di rifiuti e inquinanti; essi, fra l’altro, sono stati rinvenuti in un’area che non è neppure di proprietà della società fallita né tantomeno nella disponibilità di quest’ultima. Inoltre, dopo la dichiarazione di fallimento il curatore non era stato neppure autorizzato all’esercizio provvisorio dell’impresa.

II) Violazione degli artt. 3 e 10, l. 7 agosto 1990, n. 241; Eccesso di potere per difetto di istruttoria.

La difesa del Comune ha chiesto la reiezione del ricorso in quanto la società SE.SI ha operato nella persona dell’amministratore, e poi liquidatore, Roberto Rusca, soggetto che ha rappresentato d’intesa con la curatela l’impegno a bonificare il sito. La Curatela ha poi presentato istanze di proroga 29-11-2016 per tutte le ordinanze interessanti il sito (docc.2-3-4), manifestando la volontà di adempiere, in un quadro “problematico” nei termini rappresentati da ARPA in sede di relazione.

Alla camera di consiglio del 15 febbraio 2017 la causa è stata trattenuta dal Collegio per la decisione con sentenza in forma semplificata previo avviso alle parti.

2. Il ricorso è fondato.

Nel caso in questione non è contestato che il fenomeno di produzione dei rifiuti sia connesso all’esercizio di un’attività economica da parte della società fallita e di altre società, che si è verificata prima della nomina del curatore fallimentare (in tal senso è chiara la relazione dell’ARPA). A sua volta il curatore fallimentare non è stato autorizzato a svolgere attività d’impresa né l’ha svolta in concreto.

In merito agli obblighi dei curatori la giurisprudenza ha chiarito che, fatta salva la eventualità di univoca, autonoma e chiara responsabilità del curatore fallimentare sull’abbandono dei rifiuti, la curatela fallimentare non può essere destinataria, a titolo di responsabilità di posizione, di ordinanze sindacali dirette alla tutela dell’ambiente, per effetto del precedente comportamento omissivo o commissivo dell’impresa fallita, non subentrando tale curatela negli obblighi più strettamente correlati alla responsabilità del fallito e non sussistendo, per tal via, alcun dovere del curatore di adottare particolari comportamenti attivi, finalizzati alla tutela sanitaria degli immobili destinati alla bonifica da fattori inquinanti (TAR Lombardia-Milano, Sez. III, sentenza 05.01.2016).

Deve quindi escludersi una responsabilità del curatore del fallimento ai sensi del terzo comma dell’art. 192 dlgs 152/2006 secondo il quale l’autore della condotta di abbandono incontrollato di rifiuti “è tenuto a procedere alla rimozione, all’avvio a recupero o allo smaltimento dei rifiuti ed al ripristino dello stato dei luoghi in solido con il proprietario e con i titolari di diritti reali o personali di godimento sull’area, ai quali tale violazione sia imputabile a titolo di dolo o colpa, in base agli accertamenti effettuati, in contraddittorio con i soggetti interessati, dai soggetti preposti al controllo”. Infatti egli non è l’autore della condotta di abbandono incontrollato di rifiuti nè titolare di diritti reali o personali di godimento sull’area.

Neppure tale responsabilità può derivare dall’art. 192, comma 4, del d.lgs. n. 152 del 2006 che recita: “Qualora la responsabilità del fatto illecito sia imputabile ad amministratori o rappresentanti di persona giuridica ai sensi e per gli effetti del comma 3, sono tenuti in solido la persona giuridica ed i soggetti che siano subentrati nei diritti della persona stessa, secondo le previsioni del decreto legislativo 08.06.2001, n. 231, in materia di responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni.”

Come chiarito dalla giurisprudenza (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 30.06.2014 n. 3274) ai fini di un’eventuale applicazione della norma appena trascritta si pone la questione di stabilire se il Fallimento possa essere considerato alla stregua di un soggetto “subentrato nei diritti” della società fallita.

Orbene, il Fallimento non può essere reputato un “subentrante”, ossia un successore, dell’impresa sottoposta alla procedura fallimentare.

La società dichiarata fallita, invero, conserva la propria soggettività giuridica e rimane titolare del proprio patrimonio: solo, ne perde la facoltà di disposizione, pur sotto pena di inefficacia solo relativa dei suoi atti, subendo la caratteristica vicenda dello spossessamento (art. 42 R.D. n. 267/1942: “La sentenza che dichiara il fallimento, priva dalla sua data il fallito dell’amministrazione e della disponibilità dei suoi beni esistenti alla data di dichiarazione di fallimento”; art. 44: “Tutti gli atti compiuti dal fallito e i pagamenti da lui eseguiti dopo la dichiarazione di fallimento sono inefficaci rispetto ai creditori”).

Correlativamente, il Fallimento non acquista la titolarità dei suoi beni, ma ne è solo un amministratore con facoltà di disposizione, laddove quest’ultima riposa non sulla titolarità dei relativi diritti ma, a guisa di legittimazione straordinaria, sul munus publicum rivestito dagli organi della procedura (art. 31 R.D. n. 267/1942: “Il curatore ha l’amministrazione del patrimonio fallimentare e compie tutte le operazioni della procedura sotto la vigilanza del giudice delegato e del comitato dei creditori, nell’ambito delle funzioni ad esso attribuite”).

Il curatore del fallimento, pertanto, pur potendo sottentrare in specifiche posizioni negoziali del fallito (cfr. l’art. 72 R.D. n. 267/1942), in via generale “non è rappresentante, né successore del fallito, ma terzo subentrante nell’amministrazione del suo patrimonio per l’esercizio di poteri conferitigli dalla legge” (Cassazione civile, sez. I, 23/06/1980, n. 3926).

Più ampiamente, la Suprema Corte ha difatti osservato quanto segue: “Il fatto che alla curatela sia affidata l’amministrazione del patrimonio del fallito, per fini conservativi predisposti alla liquidazione dell’attivo ed alla soddisfazione paritetica dei creditori, non comporta affatto che sul curatore incomba l’adempimento di obblighi facenti carico originariamente all’imprenditore, ancorché relativi a rapporti tuttavia pendenti all’inizio della procedura concorsuale. Al curatore competono gli adempimenti che la legge (sia esso il R.D. 16.03.1942 n.. 267, siano esse leggi speciali) gli attribuisce e tra essi non è ravvisabile alcun obbligo generale di subentro nelle situazioni giuridiche passive di cui era onerato il fallito. … Poiché in linea generale, come ricordato, il curatore, nell’espletamento della pubblica funzione, non si pone come successore o sostituto necessario del fallito, su di lui non incombono né gli obblighi dal fallito inadempiuti volontariamente o per colpa, né quelli che lo stesso non sia stato in grado di adempiere a causa dell’inizio della procedura concorsuale, ancorché la scadenza di adempimento avvenga in periodo temporale in cui lo stesso curatore possa qualificarsi come datore di lavoro nei confronti degli stessi dipendenti, o di alcuni di essi.”.

Per quanto esposto, dunque, nei confronti del Fallimento non è ravvisabile un fenomeno di successione, il quale solo potrebbe far scattare il meccanismo estensivo, previsto dall’art. 194, comma 4, d.lgs. cit., della legittimazione passiva rispetto agli obblighi di ripristino che l’articolo stesso pone in prima battuta a carico del responsabile e del proprietario versante in dolo o colpa.

In definitiva il ricorso va accolto con conseguente annullamento dell’atto impugnato.

3. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto annulla l’atto impugnato.

Condanna l’amministrazione al pagamento delle spese processuali al ricorrente, che liquida in euro 4.000,00 oltre IVA e CPA come per legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 15 febbraio 2017 con l’intervento dei magistrati:

Ugo Di Benedetto, Presidente
Alberto Di Mario, Consigliere, Estensore
Diego Spampinato, Consigliere

L’ESTENSORE
Alberto Di Mario
        
IL PRESIDENTE
Ugo Di Benedetto
        
        
IL SEGRETARIO
 

Iscriviti alla Newsletter GRATUITA

Ricevi gratuitamente la News Letter con le novità di AmbienteDiritto.it e QuotidianoLegale.

N.B.: se non ricevi la News Letter occorre una nuova iscrizione, il sistema elimina l'e-mail non attive o non funzionanti.

ISCRIVITI SUBITO


Iscirizione/cancellazione

Grazie, per esserti iscritto alla newsletter!